N. 211 SENTENZA 23 aprile - 13 maggio 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Notifica a mezzo posta -  Compiuta  giacenza  della
 raccomandata  -  Presunzioni  legali  e  diritto di difesa - Presunta
 incompatibilita' - Richiamo alla costante giurisprudenza della  Corte
 (sentenze  nn. 181/1980, 77/1972 e 170/1976) - Adeguata assicurazione
 di ogni garanzia di difesa - Non fondatezza.
 
 (C.P.P., art. 170, in relazione all'art. 8 della  legge  20  novembre
 1982, n. 890).
 
 (Cost., artt. 24, secondo comma, e 3).
(GU n.20 del 22-5-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele  PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco Paolo
    CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,
    avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
    Renato GRANATA;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 170 del  codice
 di  procedura penale, in relazione all'art. 8 della legge 20 novembre
 1982, n. 890 (Notificazione di atti a mezzo posta e di  comunicazioni
 a  mezzo  posta  connesse  con  la notificazione di atti giudiziari),
 promosso con ordinanza emessa il 23 settembre 1990 dal Giudice per le
 indagini preliminari presso il Tribunale di Bolzano nel  procedimento
 penale  a  carico  di  Kaserer  karl, iscritta al n. 754 del registro
 ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 3, prima serie speciale dell'anno 1991;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  20 marzo 1991 il Giudice
 relatore Aldo Corasaniti.
                           Ritenuto in fatto
    Il Giudice per le indagini  preliminari  presso  il  Tribunale  di
 Bolzano,  nel  procedimento penale a carico di Kaserer Karl, rilevato
 che la notifica del decreto di  fissazione  dell'udienza  preliminare
 era  avvenuta  a  mezzo  posta nelle forme di cui all'art. 8, secondo
 comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890, mediante  spedizione  al
 destinatario assente di avviso di giacenza del plico presso l'ufficio
 postale,  e  con  restituzione  all'ufficiale  giudiziario dell'atto,
 perche' non ritirato nel termine di dieci giorni, ha  sollevato,  con
 ordinanza  emessa  il  23  ottobre  1990,  questione  di legittimita'
 costituzionale, in riferimento agli artt.  24,  secondo  comma,  e  3
 della  Costituzione,  dell'art.  170  del  nuovo  codice di procedura
 penale in  relazione  al  suindicato  art.  8,  nella  parte  in  cui
 considerano avvenuta la notifica a mezzo posta a carico della persona
 non  rinvenuta  nella  propria  abitazione, dopo compiuta la giacenza
 della raccomandata presso gli uffici postali;
    Siffatta disciplina, ad avviso del giudice a quo,  sarebbe  lesiva
 del  diritto  di  difesa  del  cittadino,  poiche'  l'affissione o la
 spedizione dell'avviso non danno  alcuna  garanzia  che  la  giacenza
 della  raccomandata  sia  portata  a  conoscenza del destinatario, il
 quale, comunque, non  ha  l'obbligo  di  ricevere  la  corrispondenza
 inviatagli,  ne' di rientrare presso il proprio domicilio almeno ogni
 dieci giorni;
    Essendo poi rimessa  all'arbitrio  dell'ufficiale  giudiziario  la
 scelta  del  modo di notifica, a mezzo posta o nelle forme ordinarie,
 sussisterebbe, secondo il giudice a quo, disparita' di trattamento in
 danno dei destinatari delle notificazioni a  mezzo  posta,  apparendo
 piu'    garantiti    i   destinatari   di   notificazioni   ordinarie
 dall'attivita' di informazione  e  ricerca  che  deve  essere  svolta
 dall'ufficiale giudiziario;
    Non  vi  e'  stata  costituzione  di  parti  ne' e' intervenuto il
 Presidente del Consiglio dei ministri.
                         Considerato in diritto
    1. - E' sollevata innanzi a questa Corte questione di legittimita'
 costituzionale,  in  riferimento  agli  artt.  24, secondo comma, e 3
 della Costituzione, dell'art. 170, primo comma, del vigente codice di
 procedura penale, secondo il quale "Le notificazioni  possono  essere
 eseguite  anche  col  mezzo  degli uffici postali, nei modi stabiliti
 dalle relative norme speciali", in relazione all'art. 8  della  legge
 20  novembre  1982,  n. 890 (Notificazione di atti a mezzo posta e di
 comunicazioni a mezzo posta connesse con  la  notificazione  di  atti
 giudiziari),  nella  parte in cui tale seconda disposizione, nel caso
 di  temporanea  assenza  del  destinatario,  considera  avvenuta   la
 notifica  a  mezzo  posta  per  effetto  dell'affissione di un avviso
 (secondo comma), del deposito  del  piego  presso  l'ufficio  postale
 (terzo  comma),  e  del  mancato  ritiro  entro  dieci giorni (quarto
 comma).
    Ad avviso del giudice a quo, la  suindicata  disciplina  (che  nel
 caso   ha  trovato  applicazione  per  la  notifica  del  decreto  di
 fissazione  dell'udienza  preliminare  all'imputato,   non   comparso
 all'udienza medesima) sarebbe lesiva:
       a)  del  diritto  di  difesa  del cittadino non garantito dalla
 "finzione di conoscenza" connessa alle menzionate operazioni, poiche'
 egli  puo'  non  essere   raggiunto,   per   fortuite   eventualita',
 dall'avviso, e non ha comunque alcun onere di diligenza ne' nel senso
 di  esser  presente  nel  proprio  domicilio con periodicita' tale da
 poter ricevere l'avviso, ne' nel senso di ritirare  presso  l'ufficio
 postale   il   piego   raccomandato,  contenente  l'atto  oggetto  di
 notificazione cui l'avviso si riferisce, piego di cui egli ignora  il
 contenuto;
       b)   del   principio  di  eguaglianza,  apparendo  sfavoriti  i
 destinatari delle notificazioni a mezzo posta rispetto a quelli delle
 notificazioni  compiute   personalmente   ad   opera   dell'ufficiale
 giudiziario   in   considerazione   delle   maggiori   garanzie   che
 quest'ultima assicura.
    2. - La questione non e' fondata.
    Va anzitutto rilevato  che,  diversamente  da  quanto  ritiene  il
 giudice   a  quo,  nella  materia  penale  non  vi  e'  una  assoluta
 incompatibilita'  delle  presunzioni  legali  di  conoscenza  con  le
 garanzie di difesa.
    La  giurisprudenza  di questa Corte, formatasi in ordine al codice
 ora abrogato, e' stata invero costante  nel  ritenere  rispettate  le
 suindicate  garanzie anche nel caso di forme di notificazioni che non
 assicurano  la  conoscenza  "reale",  in   quanto   non   raggiungono
 direttamente  la  persona  dell'imputato,  ma soltanto una conoscenza
 "legale",  cioe'  fondata  su  presunzioni,  purche'   queste   siano
 rispondenti  a criteri tali da realizzare una elevata probabilita' di
 conoscenza effettiva (sentt. n. 181 del 1980 e n. 170 del 1976),  dal
 momento  che  lo  scopo  della  notificazione e' quello di portare il
 contenuto dell'atto nella sfera  di  conoscibilita'  dell'interessato
 (sentt.  n.  77  del 1972 e n. 170 del 1976). La qual cosa vale, poi,
 non solo per la notificazione a mezzo posta, ma anche per la  maggior
 parte  delle  altre forme di notificazione (senz'altro per quelle che
 si attuano in modo diverso dalla consegna dell'atto alla persona).
    Non e',  poi,  accettabile  la  totale  negazione,  postulata  dal
 giudice  a quo, di un onere di diligenza a carico del destinatario di
 notificazioni.
    In  un  sistema  in  cui,  come si vedra' fra poco, le garanzie di
 difesa del detto destinatario  sono  particolarmente  accentuate  per
 quel  che  riguarda  la  notificazione  degli  atti  aventi rilevanza
 centrale nel processo, e in cui, su un piano generale,  le  posizioni
 dell'accusa  e  della  difesa sono tendenzialmente equiparate, non si
 prescinde - ne'  cio'  contrasta  con  coerenza  e  con  un  corretto
 bilanciamento dei valori in gioco - da un'esigenza di cooperazione da
 parte   del   destinatario   stesso   (cfr.   Relazione  al  progetto
 preliminare, p. 52).
    Di  cio'  costituisce  significativa  espressione  la   previsione
 dell'invito  diretto all'imputato (o all'indagato) - in occasione del
 suo primo contatto con il giudice, o con il pubblico ministero, o con
 la   polizia   giudiziaria,   ovvero    in    occasione    dell'invio
 dell'informazione  di  garanzia  o della prima notificazione disposta
 dall'autorita' giudiziaria -, a dichiarare o eleggere  domicilio  per
 le  notificazioni,  e  del conseguente suo obbligo di comunicare ogni
 mutamento del domicilio  dichiarato  o  eletto:  salva,  in  caso  di
 inottemperanza  o  di  inesatta  ottemperanza,  l'effettuazione delle
 notificazioni mediante consegna al difensore nel primo caso, e  nello
 stesso  luogo  della  informazione  o  della  prima notificazione nel
 secondo  caso  (art.  161  codice  di  procedura  penale,  nel  testo
 risultante  dal  decreto  legislativo  14 gennaio 1991, n. 12). Ed e'
 ovvio, poi, che l'onere di diligenza e di cooperazione  si  specifica
 quando il destinatario degli atti sia stato reso avvertito, a seguito
 dei  suindicati  contatti  o precedenti notificazioni (soprattutto se
 eseguite personalmente) o informazioni, della esistenza  di  indagini
 preliminari che lo riguardano.
    Ma  cio'  non  e'  ignorato neppure dalla normativa concernente la
 notificazione del decreto di fissazione  dell'udienza  preliminare  -
 che qui viene particolarmente in esame - e del decreto di citazione a
 giudizio.  Normativa,  desumibile  dal combinato disposto degli artt.
 485 e 420, quarto comma, del codice di procedura penale, dalla  quale
 risulta  che  - pur accentuandosi le garanzie di difesa in vista, per
 quanto possibile, della  conoscenza  effettiva  dell'atto  notificato
 mediante   la  rinnovazione  di  una  notificazione  pur  formalmente
 regolare - l'operativita' del rimedio e' correlata  alla  valutazione
 del comportamento (assenza di colpa) del notificando.
    In ogni caso, al fine di verificare la idoneita' del sistema della
 notificazione  a  mezzo  posta  ad  apprestare  adeguate  garanzie di
 conoscibilita' dell'atto notificato  da  parte  del  notificando,  e'
 decisivo  osservare  che  le norme impugnate vanno coordinate proprio
 con quelle ora indicate, concernenti la notificazione del decreto  di
 fissazione dell'udienza preliminare (della quale notificazione qui si
 tratta)  e  del decreto di citazione a giudizio - e cioe' di atti che
 assumono rilievo centrale ai  fini  della  garanzia  del  diritto  di
 difesa   dell'imputato  in  vista  della  costituzione  del  rapporto
 processuale - norme le quali dispongono  che,  nel  caso  di  mancata
 presentazione all'udienza dell'imputato, il giudice, anche d'ufficio,
 dispone  -  cioe'  "deve disporre" - la rinnovazione della citazione,
 quando e' provato o appare probabile  che  l'imputato  non  ne  abbia
 avuto conoscenza (senza sua colpa).
    L'esercizio  di  tale  potere-dovere  (della  cui  attribuzione il
 giudice a quo non ha tenuto alcun conto) presuppone che sia  provata,
 o  che  appaia,  secondo  la  libera  valutazione  del giudice, anche
 soltanto probabile, la mancata conoscenza effettiva  della  citazione
 da  parte  dell'imputato  nonostante  la  regolarita'  formale  della
 notificazione (artt. 485 e 420, quarto comma). Ora e' chiaro  che  la
 mancata   conoscenza  effettiva  non  puo'  non  ritenersi  altamente
 probabile - ed anzi addirittura provata - quando, come avviene  nella
 ipotesi in argomento, per effetto dell'applicazione dei commi terzo e
 quarto  dell'art.  8  della legge n. 890 del 1982 (a norma dei quali,
 trascorso un certo termine dalla  data  in  cui  il  piego  e'  stato
 depositato  nell'ufficio  postale, senza che il destinatario o un suo
 incaricato ne abbia curato il ritiro, il piego stesso  e'  restituito
 in raccomandazione, unitamente all'avviso di ricevimento, al mittente
 con  l'indicazione  "non  ritirato"), il giudice e' messo in grado di
 constatare  che  il  destinatario  non  ha  preso  visione  dell'atto
 notificato.
    In   siffatto   quadro   complessivo,   le   garanzie   di  difesa
 dell'imputato appaiono quindi adeguatamente  assicurate.  Tanto  piu'
 che  il  giudice,  nell'esercizio  del  potere-dovere  di disporre la
 rinnovazione della notificazione,  tenuto  conto  della  inidoneita',
 palesatasi  nel  caso  concreto,  (eventualmente anche in relazione a
 particolari circostanze, come attivita'  professionali  o  situazioni
 personali  del  notificando)  della  notificazione  a  mezzo  posta a
 rendere possibile l'effettiva conoscenza  dell'atto  notificato,  ben
 potra'  ordinare - come prevede l'art. 1, primo comma, della legge n.
 890  del  1982  -  che  la   nuova   notificazione   sia   effettuata
 personalmente ad opera dell'ufficiale giudiziario.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata la questione di legittimita' costituzionale,
 in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 3 della  Costituzione,
 dell'art.  170 del codice di procedura penale in relazione all'art. 8
 della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti  a  mezzo
 posta  e di comunicazione a mezzo posta connessa con la notificazione
 di  atti  giudiziari),  sollevata  dal  giudice   per   le   indagini
 preliminari  presso  il Tribunale di Bolzano con l'ordinanza indicata
 in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 23 aprile 1991.
                 Il Presidente e redattore: CORASANITI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 13 maggio 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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