N. 19 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 aprile 1991

                                 N. 19
 Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 30 aprile 1991 (del commissario  dello  Stato  per  la
 regione Sicilia)
 Sanita' pubblica - Regione Sicilia - Comitati di gestione delle
    uu.ss.ll.  -  decadenza  del  comitato  di  gestione  ove  risulti
    impossibile procedere alla surrogazione di uno o piu' membri  solo
    nel caso in cui vengano a mancare per tale causa la meta' piu' uno
    dei  componenti  assegnati  -  Asserita  elusione  della normativa
    statale  recepita  nella  legge  regionale  n.  4/1986  circa   la
    composizione  numerica  (5 o 7 membri) dei comitati in questione -
    Asserito contrasto della normativa impugnata con la previsione del
    d.-l. n. 35/1991 convertito in legge n. 111/1991 che  detta  norme
    per  lo scioglimento degli organi di governo delle uu.ss.ll. e per
    la loro sostituzione con nuovi organi, il comitato dei  garanti  e
    l'amministratore straordinario, che dovranno essere nominati entro
    il  15  maggio  ed  il  15 giugno 1991 - Riferimento alla sentenza
    della Corte costituzionale n. 38/1957.
 (Legge regione Sicilia 16 aprile 1991).
 (Cost., art. 97; statuto speciale regione Sicilia; art. 17, lett. c),
    in  relazione  alla  legge  23 dicembre 1978, n. 833, e alla legge
    regione Sicilia 15 gennaio 1986, n. 4).
(GU n.20 del 22-5-1991 )
    L'assemblea regionale siciliana, nella seduta del 16 aprile  1991,
 ha  approvato  il  disegno  di legge n. 943, dal titolo "Integrazione
 dell'art. 14 della legge regionale 12 agosto 1980, n. 87, concernente
 i comitati di gestione delle unita' sanitarie locali",  comunicato  a
 questo  commessario  dello Stato, ai sensi dell'art. 28 dello statuto
 speciale, il successivo 19 aprile 1991.
    L'art. 1 testualmente recita: "All'art. 14 della  legge  regionale
 12  agosto  1980,  n. 87, e' aggiunto il seguente comma: "Ove risulti
 impossibile procedere alla surrogazione di uno o piu' componenti  del
 comitato di gestione, si verifica decadenza dell'organo solo nel caso
 in  cui  vengano  a  mancare  per  tale  causa  la meta' piu' uno dei
 componenti  assegnati";  stando  ad  una  interpretazione  logica   e
 sistematica,  la riportata disposizione da' adito a rilievi sul piano
 della legittimita' costituzionale.
    Non vi e' alcun dubbio che qui si verte nella esplicatazione della
 competenza legislativa concorrente, derivante alla regione  siciliana
 dall'art.  17,  lett. c), dello statuto, competenza che, com'e' noto,
 incontra il limite dei principi ed interessi generali cui si  informa
 la legislazione dello Stato.
    Nella  specie,  il  limite  alla potesta' normativa della regione,
 deriva dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833,  csoi'  come  ripresa  e
 modificata dall'articolo unico della legge 15 gennaio 1986, n. 4.
    Obiettivo specifico del legislatore regionale, con la legge di cui
 trattasi, e' - come anche si evince dalla relazione introduttiva allo
 stesso  disegno di legge - quello di limitare i casi di decadenza dei
 comitati di gestione delle unita' sanitarie locali ed il  conseguente
 rinnovo  solo  al verificarsi della mancanza della meta' piu' uno dei
 componenti assegnati, allorche' sia risultato "impossibile" surrogare
 i componenti venuti meno per dimissioni, decadenza o morte.
    In altri termini, cio' significa dare legittimazione ad un  organo
 collegiale,   qual'e'   appunto   il   comitato  di  gestione,  nella
 composizione risultante a seguito del  progressivo  venire  meno  dei
 suoi  componenti, senza che si sia dato luogo alla loro sostituzione,
 fino al raggiungimento della soglia minima sopra riferita.
    In proposito, vale la pena di richimare le disposizioni vigenti in
 ordine alla elezione e sostituzione dei componenti  degli  organi  di
 amministrazione delle uu.ss.ll., quali derivano dalle leggi regionali
 n.  87/1980  e  n.  20/1986, in attuazione delle previsioni normative
 statali contenute nell'art. 15 della legge n. 833/1978 e nella  legge
 n. 4/1986.
    Dalle  fonti  teste'  citate si ricava che, in atto, nella regione
 siciliana, i comitati di gestione delle unita' sanitarie locali  sono
 composti  da  5  o  7  membri,  eletti dal consiglio comunale o dalla
 assemblea intercomunale, tra cittadini aventi adeguata esperienza  di
 amministrazione  nella materia, sulla base di liste presentate da uno
 o piu' componenti gli stessi organi elettori.
    Nel caso di dimissioni, decadenza o morte di uno dei componenti il
 comitato stesso, e' prevista la sostituzione con  il  primo  dei  non
 eletti   nella   stessa   lista  cui  apparteneva  il  componente  da
 sostituire; ovvero, in mancanza  di  iniziativa  spontanea  da  parte
 dell'organo   competente   -   nel  caso,  il  consiglio  comunale  o
 l'assemblea - l'art. 30  della  legge  regionale  n.  87/1980,  prima
 citata,  affida  all'assessore regionale alla sanita' l'esercizio del
 relativo potere sostitutivo, che puo' spingersi fino alla  nomina  di
 un commissario straordinario da parte del presidente della regione.
    Da  qanto teste' esposto, in relazione al contenuto del disegno di
 legge  de  quo  nonche'  alla  effettiva  disponibilita'  del   mezzo
 giuridico,  non  paiono  sufficientemente giustificate le motivazioni
 che  possono  rendere  "impossibile"  procedere  alla   surroga   dei
 componenti venuti a mancare.
    Dalle   sopra  riferite  disposizioni,  si  rivela  piuttosto  che
 volonta'  del  legislatore,  statale  e  regionale,  e'   quella   di
 richiedere  una  composizione degli organi di governo delle uu.ss.ll.
 quanto piu' rispondente possibile alla  composizione  originaria;  ed
 infatti  la  previsione  dell'esercizio del potere di controllo sugli
 organi  medesimi  risponde  proprio  alla   (stessa)   finalita'   di
 ripristinare    le   condizioni   strutturali   di   operativita'   e
 funzionalita' dei predetti organi, nella  ipotesi  che,  per  qualche
 causa, ne venga ad essere modificata la composizione numerica.
    In relazione a tali considerazioni, assume valore indefettibile la
 previsione  contenuta  nell'articolo unico della legge n. 4/1986, che
 stabilisce tassativamente la composizione numerica  dei  comitati  di
 gestione  delle  uu.ss.ll.  (5  e  7  membri),  innovando,  peraltro,
 rispetto alla stessa legge n. 833/1978, che  aveva  invece  demandato
 alle  Regioni  la  emanazione  di  norme  in tema di organizzazione e
 funzionamento delle unita' sanitarie  locali;  e  la  stessa  regione
 siciliana,   con  la  legge  n.  20/1986,  ha  recepito  le  suddette
 "indicazioni", rivedendo, percio',  la  composizione  numerica  degli
 organi in questione.
    Orbene, il disegno di legge regionale teste' approvato, nonostante
 le  affermazioni  ricavabili  dalla  relazione  introduttiva, e ad un
 esame piu' attento,  si  configura  come  una  norma  attinente  alla
 costituzione  degli organi di cui trattasi e non invece come norma di
 funzionamento, in  ordine  alla  quale  la  regione  potrebbe  invece
 legiferare.
    La   natura   costitutiva   della   norma   in   questione  deriva
 principalmente dalla considerazione che il normale  funzionamento  di
 un organo collegiale, regolarmente costituito, e' comunque assicurato
 dalla  presenza, in via normale, del cosiddetto quorum funzionale (in
 genere corrispondente proprio alla  meta'  piu'  uno  dei  componenti
 assegnati).
    Inoltre,  anche  nel  caso  in  cui  vengono  a mancare uno o piu'
 componenti,  per  cause  che  qui  non  interessa   specificare,   e'
 consentito   che   lo   stesso   collegio   continui   a   funzionare
 legittimamente fino a quando il numero dei  componenti  previsti  non
 scenda  al di sotto dello stesso quorum funzionale. Questo principio,
 - come ovviamente non sfugge a codesta ecc.ma  Corte  -  generalmente
 accolto  dalla  dottrina,  e'  stato  anche piu' volte ribadito dalla
 giurisprudenza  del  Consiglio  di  Stato,   che   ha   ritenuto   di
 privilegiare  la  continuita'  dell'azione amministrativa rispetto al
 possibile venir meno della piena  rispondenza  alla  totalita'  degli
 interessi  rappresentanti  nella composizione originaria ed integrale
 del collegio.
    Non  vi  e'  alcun  dubbio,  invero,  che,  quando  il legislatore
 nazionale prevede  l'attribuzione  di  determinate  funzioni  ad  una
 struttura  collegiale,  cio'  corrisponde alla specifica finalita' di
 garantire lo svolgimento  della  connessa  attivita'  amministrativa,
 secondo  certe regole (quelle appunto del collegio) che sono ritenute
 le piu' idonee ad assicurare la realizzazione degli interessi che  ne
 stanno alla base.
    E  tuttavia,  per  prassi  consolidata e legittimata anche in sede
 giurisdizionale, si e' giunti a conferire piena legittimita' anche ad
 atti emanati da un collegio, per cosi' dire "a ranghi  ridotti",  nel
 primario  scopo  di  salvaguardare  la  stessa  possibilita' di "fare
 amministrazione".
    Da quanto precede  deriva  che  l'intervento  legislativo  di  cui
 trattasi,  se dovesse intendersi solo come norma di funzionamento dei
 comitati di gestione, si appaleserebbe del tutto  inutile:  altra  e'
 pertanto  la  sua  finalita', individuabile nell'obiettivo, del resto
 dichiarato, di conferire legittimazione agli stessi organi collegiali
 in una composizione difforme da quella prevista da  una  legge  dello
 Stato, superando il ricorso alle fisiologiche procedure di intervento
 surrogatorio e di controllo sostitutivo.
    Tale  difformita'  nella  composizione numerica configura pertanto
 una violazione delle prescrizioni contenute nella piu'  volte  citata
 legge  n.  4/1986,  che  ha  ritenuto  di stabilire una quantita' ben
 definita di membri, vincolando di conseguenza la potesta' legislativa
 della Regione, come deriva dall'art. 17, lett. c), dello statuto.
    Non sembra del tutto conferente, inoltre, il possibile riferimento
 analogico al  meccanismo  di  rinnovazione  integrale  del  consiglio
 comunale,  previsto  dal  testo unico 16 maggio 1960, n. 570, art. 8,
 lett. b), allorche' quest'ultima ipotesi trova ingresso nel  caso  in
 cui  venga  a  mancare  contemporaneamente  la meta' dei consiglieri,
 essendo, peraltro, prevista la surroga per sopperire a defezioni  che
 di volta in volta si verificano.
    Da  questo  punto di vista, l'intervento del legislatore regionale
 potrebbe addirittura assumere anche la  funzione  di  suggellare  una
 condotta   anomala  dell'organo  preposta  all'elezione  e  di  qello
 controllate, ponendosi in  contrasto  con  quel  principio  del  buon
 andamento  della  p.a.,  ex  art.  97, della Costituzione, che invece
 richiederebbe l'impiego ordinario dei mezzi giuridici a  disposizione
 per fronteggiare le varie situazioni.
    L'intervento   legislativo   regionale  de  quo  risulta,  ancora,
 censurabile sotto altro profilo.
    E' noto come la legge istitutiva del servizio sanitario nazionale,
 n. 833/1978, sia da qualche tempo sottoposta ad  un  processo,  anche
 legislativo,  di  generale revisione e, del resto, la stessa legge n.
 4/1986 assumeva la connotazione di norma anticipatrice di un generale
 riassetto del servizio in questione.
    Nell'ambito di tale revisione, il legislatore nazionale  ha  messo
 in  atto  una  prima  fase  - con il d.-l. n. 35 del 6 febbraio 1991,
 convertito con legge n. 111 del 4 aprile 1991 -, dettando  norme  per
 lo scioglimento degli organi di governo delle unita' sanitarie locali
 e per la loro sostituzione con nuovi organi - il comitato dei garanti
 e  l'amministratore  straordinario  -  che  dovranno essere nominati,
 rispettivamente, entro il 15 maggio e il 15 giugno 1991.
    In  relazione  alle  appena  citate  previsioni,  e soprattutto in
 considerazione   dell'oramai   ristressimo   lasso   di   tempo   per
 l'attuazione  di questa prima riforma, risultano altrettanto limitati
 i margini di operativita', temporale e  materiale,  dei  comitati  di
 gestione che il legislatore regionale ancora disciplina.
    A   questo   proposito,  non  puo'  farsi  a  meno  di  sottoporre
 all'attenzione  di  codesta  ecc.ma   Corte   che   la   disposizione
 legislativa  regionale,  teste' approvata, in realta', si riferisce e
 assume a presupposto un sistema normativo  oramai  del  tutto  privo,
 anche della cosiddetta "forza di legge".
    Non  trascurabile  in  proposito  e' la circostanza che gli stessi
 comitati di gestione non trovano alcun riscontro,  neppure  in  forma
 diversa, nella riforma del servizio sanitario in itinere.
    Alla luce di quanto precede, non del tutto improbabile si potrebbe
 considerare  la dichiarazione di incostituzionalita' della previsione
 normativa  regionale  in  questione,   in   quanto   opererebbe   con
 riferimento  a  parametri  legislativi  implicitamente  gia' abrogati
 dall'entrata in vigore del decreto legge n. 35/1991 (il  riferimento,
 in  proposito,  e'  alla situazione analoga presa in esame da codesta
 Corte con la sentenza n. 38/1957).
                               P. Q. M.
 e con riserva di  presentare  memorie  illustrative  nei  termini  di
 legge,   il   sottoscritto   prefetto  Antonio  Prestipino  Giaritta,
 commissario dello Stato per la regione siciliana, ai sensi  dell'art.
 28  dello statuto speciale, con il presente atto impugna l'art. 1 del
 disegno di legge n. 943, del titolo "Integrazione dell'art. 14  della
 l.r.  12 agosto 1980, n. 87, concernente i comitati di gestione delle
 unita' sanitarie locali", approvato dall'a.r.s. nella seduta  del  16
 aprile  1991,  per  violazione  dell'articolo  unico  della  legge 15
 gennaio 1986, n. 4 e dell'art. 97 della Costituzione, in relazione ai
 limiti posti alla competenza legislativa della regione dalla legge 23
 dicembre 1978, n.  833  e  dall'art.  17,  lett.  c),  dello  statuto
 speciale,   chiedendo  pertanto  che  la  legge  in  questione  venga
 dichiarata incostituzionale.
      Palermo, addi' 24 aprile 1991.
 Il commissario dello Stato per  la  regione  siciliana:  prefetto  A.
 Prestipino GIARRITTA
 91C0592