N. 413 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 dicembre 1990- 3 giugno 1991

                                N. 413
 Ordinanza emessa il 5 dicembre 1990 ed il 19 dicembre 1990 (pervenuta
 alla Corte costituzionale  il  3  giugno  1991)  dal  tribunale
 amministrativo regionale  delle Marche sui ricorsi riuniti proposti
 da Principe Vera contro l'u.s.l. n. 12 di Ancona e da Picciotti
 Ovidio contro l'u.s.l. n. 21 di Fermo.
 Impiego pubblico - Stato giuridico del personale delle uu.ss.ll. -
    Medici in posizione apicale - Collocamento a riposo al  compimento
    del  sessantacinquesimo  anno  di  eta' come il restante personale
    medico delle uu.ss.ll. - Mancata previsione del  trattenimento  in
    servizio  fino  al  settantesimo anno di eta' come per i dirigenti
    civili dello Stato e i professori - Ingiustificata  disparita'  di
    trattamento  di  situazioni  analoghe - Incidenza sul diritto alla
    retribuzione (anche differita) proporzionata ed  adeguata  nonche'
    sui principi di imparzialita' e buon andamento della p.a.
 (D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 53; d.-l. 27 dicembre 1989, n.
    413,  art.  1,  comma 4-quinquies, convertito in legge 28 febbraio
    1990, n. 37).
 (Cost., artt. 3, 38, secondo comma, e 97).
(GU n.24 del 19-6-1991 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi nn. 940 e 818  del
 1990  proposti,  rispettivamente,  da  Principe Vera, rappresentata e
 difesa  dall'avv.  Marco   Bertinelli   Terzi,   presso   lo   stesso
 elettivamente  domiciliata  in  Ancona,  piazza  Stamira,  13, contro
 l'unita' sanitaria locale n. 12 con sede in Ancona,  in  persona  del
 presidente  pro-temporedel  comitato  di  gestione,  rappresentata  e
 difesa  dall'avv.  Paolo  Pauri,  presso  lo   stesso   elettivamente
 domiciliata  in  Ancona,  via  XXV Aprile, 28, e da Picciotti Ovidio,
 rappresentato e difeso dagli avv.ti Antonio Funari  e  Nicola  Sbano,
 presso  il  secondo  elettivamente  domiciliato  in  Ancona,  via San
 Martino, 23, contro l'unita' sanitaria  locale  n.  21  con  sede  in
 Fermo,   in  persona  del  presidente  pro-tempore  del  comitato  di
 gestione, rappresentata e difesa dall'avv. Aldo  Vecchiotti,  con  lo
 stesso  elettivamente  domiciliato  in Ancona, via Piave 6/ b, presso
 l'avv. Massimo Belelli, per l'annullamento:
       a) quanto al ricorso n. 940 del 1990:
       della  deliberazione  25  maggio  1990  n.  1337/II  con cui il
 comitato  di  gestione  dell'u.s.l.  n.  12  di  Ancona  ha  respinto
 l'istanza  della  ricorrente  volta  ad  ottenere il trattenimento in
 servizio fino al compimento del  settantesimo  anno  d'eta',  nonche'
 della relativa nota di comunicazione 25 luglio 1990, n. 13953;
       b) quanto al ricorso n. 818 del 1990:
       della  deliberazione 5 giugno 1990, n. 354, con cui il comitato
 di gestione dell'u.s.l. n. 21 di  Fermo  ha  respinto  l'istanza  del
 ricorrente  volta  ad  ottenere  il  trattamento  in servizio fino al
 compimento del settantesimo anno di eta', nonche'  occorrendo,  della
 deliberazione  20 febbraio 1990, n. 82, con cui lo stesso comitato di
 gestione aveva disposto il collocamento a  riposo  del  ricorrente  a
 decorrere dal 26 agosto 1990;
    Visti i ricorsi con i relativi allegati;
    Visti  gli atti di costituzione in giudizio delle unita' sanitarie
 locali n. 12 di Ancona e n. 21 di Fermo;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle  rispettive
 difese;
    Vista  la  propria  ordinanza  collegiale 8 novembre 1990, n. 671,
 resa nel ricorso n. 940/1990, con cui e' stata accolta la domanda  di
 sospensione  dell'atto  impugnato,  prodotta  dalla dott.ssa Principe
 Vera;
    Vista la propria ordinanza collegiale 25 luglio 1990, n. 469, resa
 nel ricorso n. 818/1990, con cui e'  stata  respinta  la  domanda  di
 sospensione dell'atto impugnato, prodotta dal dott. Picciotti Ovidio;
    Visti gli atti tutti delle cause;
    Udito,  alla  pubblica  udienza del 5 dicembre 1990, il magistrato
 relatore cons. Mario Di Giuseppe  e  uditi,  altresi',  l'avv.  Marco
 Bertinelli  Terzi  per  la  ricorrente Principe, e gli avvocati Paolo
 Pauri ed  Aldo  Vecchiotti  per  le  amministrazioni  rispettivamente
 patrocinate;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
     A).  -  Con  atto  notificato  in  data 4 settembre 1990 (ric. n.
 940/1990) la ricorrente, primario di ruolo di anestesia  in  servizio
 presso  l'unita'  sanitaria  locale  n. 12 di Ancona, ha impugnato la
 deliberazione 25 maggio 1990, n. 1337/II,  con  cui  il  comitato  di
 gestione  non  ha  accolto  la  sua  domanda  19 aprile 1990 volta ad
 ottenere  il  trattenimento  in  servizio  fino  al  compimento   del
 settantesimo  anno  d'eta'  allo scopo di conseguire il massimo della
 pensione, ai sensi dell'art.  1,  comma  4-quinquies,  del  d.-l.  27
 dicembre  1989, n. 413, come convertito dalla legge 28 febbraio 1990,
 n. 37.
   A sostegno del gravame  sono  stati  dedotti:  violazione  e  falsa
 applicazione  dell'art.  1,  comma  4-quinquies del d.-l. 27 dicembre
 1989, n. 413, convertito con modificazioni in legge 28 febbraio 1990,
 n. 37, in relazione all'art. 15, secondo e terzo comma,  della  legge
 30  luglio  1973,  n.  477,  ed all'art. 10, sesto comma, del d.-l. 6
 novembre 1989, n. 357, convertito con modificazioni  dalla  legge  27
 dicembre  1989, n. 417; violazione ed errata applicazione degli artt.
 53 e 83 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761,  e  dell'art.  47  della
 legge 23 dicembre 1978, n. 833.
    L'amministrazione  ha  respinto  l'istanza  della ricorrente sulla
 base della considerazione che al  personale  del  servizio  sanitario
 nazionale  sia  applicabile  esclusivamente  l'art.  53 del d.P.R. n.
 761/1979  citato,  da  cui   e'   obbligatoriamente   prescritto   il
 collocamento    a    riposo    dei   sanitari   al   compimento   del
 sessantacinquesimo anno d'eta'.
    La ricorrente sostiene, in contrario, che l'art.  53  citato,  non
 esclude l'applicabilita' nella specie dell'art. 1, comma 4-quinquies,
 della  legge  n. 37/1990 citata, poiche' quest'ultimo costituisce ius
 superveniens da cui non e' possibile prescindere e poiche'  la  prima
 norma riguarda tutto il personale mentre la seconda si riferisce solo
 a quello rivestente una posizione dirigenziale apicale.
    Sostiene,  ancora,  la  ricorrente  che  la  norma sopravvenuta va
 interpretata nel senso di ricomprendere nell'ambito  dei  beneficiari
 anche i primari ospedalieri senza che possa ostarvi l'art. 53 citato.
    Secondo  la  ricorrente,  peraltro,  la  sopravvenuta  legge n. 37
 citata opera non soltanto nei riguardi dei dirigenti dello Stato,  ma
 anche  per  le  categorie  ad esse equiparate e, quindi, agli apicali
 (primari) ai sensi dell'art. 47 della legge n.  833  citato,  secondo
 cui  in  materia  di  stato  giuridico  ed  economico  del  personale
 sanitario trovano applicazione  i  principi  generali  e  comuni  del
 pubblico impiego.
    La  ricorrente  conclude,  pertanto,  che  i  primari  ospedalieri
 possono godere del beneficio del  trattamento  in  servizio  fion  al
 settantesimo anno d'eta' purche' in servizio al 1º ottobre 1974 e non
 abbiano  maturato  il  massimo della pensione, tenuto conto anche dei
 servizi riscattati.
    Con memoria depositata in  data  5  dicembre  1990  la  resistente
 u.s.l.  n.  12  di  Ancona  ha  controdedotto nel merito del ricorso,
 chiedendone la reiezione.
    Con memoria depositata in data 23 novembre 1990 la ricorrente  ha,
 peraltro,  sollevato  eccezione  d'incostituzionalita'  dell'art. 53,
 primo comma, del d.P.R. n. 761/1979 con riferimento agli artt. 3, 97,
 35, 36 e 38 della Costituzione.
     B). - Con atto  depositato  in  data  10  luglio  1990  (ric.  n.
 818/1990)  il ricorrente, quale veterinario dirigente di ruolo presso
 l'u.s.l. n. 21 di Fermo, ha impugnato la deliberazione 5 giugno 1990,
 n. 354 con cui il comitato di gestione ha respinto la sua domanda  10
 maggio  1990  volta  ad ottenere il trattenimento in servizio fino al
 compimento del settantesimo anno d'eta' allo scopo di  conseguire  il
 massimo  della pensione, ai sensi dell'art. 1, comma 4-quinquies, del
 d.-l. 27 dicembre 1989,  n.  413,  come  convertito  dalla  legge  28
 febbraio 1990, n. 37.
    Contestualmente  il  ricorrente ha impugnato, occorrendo, anche la
 deliberazione 20 febbraio 1990, n. 82, con cui lo stesso comitato  di
 gestione  aveva disposto il suo collocamento a riposo (per compimento
 del sessantacinquesimo anno di eta') a decorrere dal 26 agosto 1990.
    A sostegno del gravare sono stati dedotti:
      1) violazione e mancata applicazione  della  legge  28  febbraio
 1990, n. 37, in relazione all'art. 47 della legge n. 833/1978 ed agli
 artt. 53 e 83 del d.P.R. n. 761/1979.
    Il  ricorrente  sostiene,  in sintesi, che non puo' essere esclusa
 l'applicabilita'  in  proprio  favore  della  sopravvenuta  legge  n.
 37/1990,  sia  perche'  l'art.  47  citato  estende  al personale del
 servizio  sanitario  nazionale  i  principi  generali  e  comuni  del
 pubblico impiego, sia perche' lo stesso art. 53 citato, facendo salve
 le  vigenti  deroghe in materia di limite massimo d'eta', non pone un
 tassativo  principio  di  collocamento a riposo al sessantacinquesimo
 anno d'eta' per tutto il personale delle uu.ss.ll.;
      2) in subordine, questione di legittimita' costituzionale  della
 legge   n.  37/1990,  ove  questa  non  venga  ritenuta  direttamente
 applicabile ai dipendenti  del  servizio  sanitario  nazionale,  alla
 stregua  delle  gia'  esistenti  ordinanze  di  rimessione alla Corte
 costituzionale della medesima questione;
      3) violazione dell'art. 4 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n.  1092,
 poiche'   il  provvedimento  di  collocamento  in  pensione  di  esso
 ricorrente avrebbe dovuto decorrere non prima del 1º  settembre  1990
 (primo  giorno del mese successivo a quello del compimento del limite
 d'eta');
      4)  ulteriori  questioni  di  legittimita'   costituzionale   in
 relazione  agli  artt.  3  e  97 della Costituzione, all'art. 6 della
 legge n. 336/1964, alla legge 3 settembre 1982, n. 627, alla legge  7
 maggio  1965,  n.  459, alla legge 2 aprile 1968, n. 517, ed all'art.
 53, ultimo comma, del d.P.R. n. 761/1979.
    Il ricorrente espone, ampiamente,  le  proprie  argomentazioni  in
 ordine alle varie questioni di costituzionalita' prospettate, che non
 sarebbero state ancora affrontate e decise dalla Corte costituzionale
 e  tutte comunque coinvolgenti il diritto alla permanenza in servizio
 fino al settantesimo anno d'eta' per i sanitari in posizione apicale.
    Con memoria dopositata in data 17  novembre  1990,  la  resistente
 u.s.l.  n.  21  di  Fermo  ha  controdedotto  nel merito del ricorso,
 chiedendone la reiezione.
    Con memoria depositata in data 22 novembre 1990, il ricorrente  ha
 ulteriormente insistito per l'accogliemento del gravame.
    Alla  pubblica udienza del 5 dicembre 1990 entrambi i ricorsi sono
 stati posti in decisione.
                             D I R I T T O
    I ricorsi in  epigrafe  possono  essere  riuniti,  ai  fini  della
 decisione  con  unica  pronuncia, prospettando entrambi, sia pure con
 argomentazioni in parte diverse, l'illegittimita' del collocamento  a
 riposo  dei loro proponenti al compimento del sessantacinquesimo anno
 di eta' senza aver conseguito il diritto al massimo  della  pensione,
 riservato a coloro che abbiano maturato l'anzianita' di quaranta anni
 di servizio.
    Comune  ai  diversi  gravami  e' la censura di incostituzionalita'
 dell'art. 53 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, nella misura in cui
 esso effettivamente precluda l'applicazione della  diversa  normativa
 che   consente   ad   altre   categorie  di  dipendenti  pubblici  il
 trattenimento in servizio oltre il sessantacinquesimo anno di eta' e,
 comunque, non oltre il settantesimo, ai fini  del  conseguimento  del
 menzionato diritto.
    Cio'  comporta  che,  sebbene con i predetti ricorsi si chieda, in
 principalita', l'annullamento dei  provvedimenti  impugnati,  siccome
 illegittimi  per  violazione di legge, assume assorbente rilevanza la
 censura di illegittimita' costituzionale riferita al citato  art.  53
 e/o  alle  diverse  norme  che  tale  accoglimento precludono, stante
 l'inestensibilita', ad avviso del collegio, in via interpretativa del
 loro  contenuto  precettivo  ai  ricorrenti,  dipendenti  di   unita'
 sanitarie locali con qualifica apicale.
    Il  collegio rileva, peraltro, che il quadro legislativo nel quale
 la  Corte  costituzionale  ha  dichiarato  manifestamente   infondate
 analoghe  questioni  e'  radicalmente  mutato, come e' stato posto in
 luce dal tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione
 staccata di Brescia, e da quello per la Campania, con  le  ordinanze,
 rispettivamente,  n.  510  del  27 aprile 1990 e n. 708 del 17 luglio
 1990.
    Al mutamento di tale quadro ha concorso da ultimo, l'art. 1, comma
 4-quinquies, introdotto dalla legge 28 febbraio 1990, n. 37, in  sede
 di  conversione  del  d.-l.  27  dicembre  1989,  n. 413, il quale ha
 stabilito che, dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, le
 disposizioni di cui all'art. 15, secondo e terzo comma,  della  legge
 30  luglio  1973,  n.  477  e  all'art.  10, sesto comma, del d.-l. 6
 novembre 1989, n. 357, convertito, con modificazioni, dalla legge  27
 dicembre 1989, n. 417 "sono estese ai dipendenti civili dello Stato".
    Come  e'  stato  posto  in  evidenza, in particolare, nella citata
 ordinanza dal tribunale amministrativo  per  la  Campania,  con  tale
 ultimo  ampliamento  della  sfera  dei  destinatari del beneficio del
 trattenimento in servizio fino al settantesimo anno di eta', ai  fini
 sopra   ricordati,   sono   venute  meno  quelle  ragioni  equitative
 (assicurare un regime transitorio nel passaggio  da  un  regime  piu'
 favorevole  ad  uno meno favorevole) che erano state evidenziate, per
 il personale della scuola in servizio alla data del 1º ottobre  1974,
 dalla  stessa  Corte  costituzionale  nelle  sentenze n. 207 del 9-24
 luglio 1986 e n. 461 del 19-27 luglio 1989.
    Senza riproporre in questa  sede  le  argomentazioni  gia'  svolte
 nelle recenti richiamate ordinanze del giudice amministrativo, sembra
 soltanto  opportuno  ribadire  che la logica delle deroghe, di cui un
 lungo elenco (di tipo esemplificativo)  si  rinviene  nella  sentenza
 della  Corte  costituzionale n. 134/1986 e nelle stesse ordinanze dei
 tribunali  amministrativi  regionali  per  la  Lombardia  e  per   la
 Campania,  ancorata a principi di salvaguardia di posizioni acquisite
 (come e' stato detto a proposito del  personale  del  comparto  della
 scuola),  ha  ceduto  il passo a diverse esigenze, tra cui quella, di
 valenza costituzionale, evidenziata dalla stessa Corte costituzionale
 nella sentenza n. 444  del  12  ottobre  1990,  della  piu'  compiuta
 attuazione  dell'art. 38, secondo comma, della Costituzione auspicata
 dal giudice delle leggi in precedenti occasioni (n. 461/1989).
    Il  medesimo  giudice,  nella   piu'   recente   pronuncia   sopra
 richiamata,  ha  rilevato,  per  un  verso,  come  sia "meritevole di
 considerazione" l'interesse del lavoratore ad  essere  trattenuto  in
 servizio  per  il  tempo  necessario "al conseguimento della pensione
 normale.. .. ...", tenuto conto che "la presunzione  secondo  cui  al
 compimento  dei  sessantacinque  anni  si  pervenga  a  una diminuita
 disponibilita' di  energie  incompatibile  con  la  prosecuzione  del
 rapporto  e'  destinata  ad  essere  vieppiu'  inficiata dai riflessi
 positivi del generale miglioramento delle condizioni di vita e di sa-
 lute dei lavoratori sulla capacita' di lavoro", e, per  altro  verso,
 proprio  riferendosi  all'intervenuta  legislazione  di estensione ai
 dirigenti civili dello Stato della legislazione  gia'  in  vigore  in
 favore  del  personale  della  scuola  in  servizio  alla data del 1º
 ottobre 1974, che tale  legislazione  "mira  ad  estendere  ad  altre
 categorie  le norme derogatorie dettate per il personale scolastico",
 nella ricordata ottica della piu'  compiuta  attuazione  del  diritto
 garantito dall'art.  38 della Costituzione.
    Con   quest'ultima   pronuncia   la   Corte  ha  riconosciuto  che
 l'esclusione del personale ultrasessantacinquenne,  assunto  dopo  la
 ripetuta data del 1º ottobre 1974, dal trattenimento in servizio, sia
 pure  fino  al  conseguimento  del  diritto  alla  pensione minima (e
 comunque non oltre il  settantesimo  anno  di  eta')  "non  risponde,
 nell'attuale  quadro  normativo,  al precetto contenuto nel parametro
 costituzionale dianzi citato", quadro che, viceversa, si  considerava
 di realizzazione dell'equilibrio faticosamente raggiunto allorche' la
 ripetuta  Corte  venne  investita  della  questione  di  legittimita'
 costituzionale della legge 3  settembre  1982,  n.  627  (sentenza  4
 giugno 1986, n. 134).
    In  tale  rinnovato  contesto  di  valutazioni  a fondamento della
 deroga al pensionamento dei pubblici dipendenti al raggiungimento del
 sessantacinquesimo anno di eta' non sembra  manifestamente  infondato
 al collegio il dubbio di legittimita' costituzionale dell'art. 53 del
 d.P.R. n. 761/1979 e/o dell'art. 1, comma 4-quinquies, della legge n.
 413/1989,  che  priva  i dipendenti delle unita' sanitarie locali con
 funzioni  primariali,  in  servizio  al  1º   ottobre   1974,   della
 possibilita'  di  permanere  in  servizio  fino  al conseguimento del
 diritto al massimo della pensione, come e', invece, consentito,  ora,
 a  tutti  i  dirigenti  delle amministrazioni statali. Ne' per questi
 ultimi, in difetto di qualsiasi ausilio ermeneutico desumibile  dagli
 atti  parlamentari,  e'  dato rintracciare una ratio legis diversa da
 quella della considerazione  del  normale  ritardo  dell'ingresso  in
 carriera,  dipendente  dal  completamento  di  un piu' ampio ciclo di
 studi,  tanto  piu'  verificabile  per  il  personale  sanitario   di
 qualifica  apicale,  attesa  la  lunghezza  della durata del corso di
 laurea in medicina e la necessita' di specializzazione.
    Conclusivamente sembra al collegio che il piu' volte  citato  art.
 53  del  d.P.R.  n.  761/1979  ovvero l'art. 1, comma 4-quinquies del
 d.-l. n. 413/1989, convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  n.
 37/1990,  nella  parte  in  cui  non  estende  al  personale medico o
 veterinario  in  posizione  apicale  il   beneficio   ivi   previsto,
 contrasti:
      con   l'art.   3   della   Costituzione,  poiche'  il  deteriore
 trattamento  per  il  personale  di  che   trattasi   con   qualifica
 dirigenziale  non  si  dimostra  ne' logico ne' razionale a confronto
 della situazione del personale dirigente dello Stato;
      con l'art. 97, primo comma, della Costituzione, poiche'  in  tal
 modo  la  pubblica  amministrazione  viene a privarsi di esperienza e
 professionalita' di  personale  qualificato,  la  cui  formazione  ha
 richiesto ingenti costi per la collettivita';
      con  l'art.  38, secondo comma, della Costituzione, in quanto la
 mancata estensione al  personale  sanitario  dirigente  delle  unita'
 sanitarie  locali dell'art. 15, secondo e terzo comma, della legge n.
 477/1973, la cui finalita' e' anche quella di  incrementare  la  base
 stipendiale pensionabile, rappresenta una minore garanzia del diritto
 alla  pensione  sotto  forma  del  diritto  alla  giusta retribuzione
 differita, riconosciuto a tutti i lavoratori (Corte costituzionale n.
 238/1988).
                               P. Q. M.
    Visti  gli  artt.  134   della   Costituzione,   1   della   legge
 costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953,
 n. 87;
    Ritenuta  rilevante  e  non  manifestamente infondata in relazione
 agli  artt.  3,  38,  secondo  comma,  e  97,  primo   comma,   della
 Costituzione,  la  questione  di  costituzionalita'  dell'art. 53 del
 d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, e dell'art.  1,  comma  4-quinquies,
 del  d.-l.  27  dicembre 1989, n. 413, come convertito dalla legge 28
 febbraio 1990, n. 37, nella parte in  cui  non  prevede  l'estensione
 delle  disposizioni  dell'art. 15, secondo e terzo comma, della legge
 30 luglio 1973, n. 477, e dell'art. 10,  sesto  comma,  del  d.-l.  6
 novembre  1989, n. 357, come convertito dalla legge 27 dicembre 1989,
 n. 417, anche al personale medico veterinario delle unita'  sanitarie
 locali in posizione apicale;
    Sospende il giudizio e ordina la immediata trasmissione degli atti
 alla Corte costituzionale;
    Dispone  che,  a  cura della segreteria, la presente ordinanza sia
 notificata a tutte le parti in causa e al  Presidente  del  Consiglio
 dei  Ministri  e  comunicata  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
 Parlamento.
    Cosi' deciso in Ancona, nella camera  di  consiglio  del  5  e  19
 dicembre 1990.
                         Il presidente: GRASSI
   Il consigliere estensore: DI GIUSEPPE
                                               Il consigliere: RAVALLI
 91C0749