N. 416 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 dicembre 1989- 3 giugno 1991
N. 416 Ordinanza emessa il 20 dicembre 1989 (pervenuta alla Corte costituzionale il 3 giugno 1991) dalla commissione tributaria di primo grado di Milano sul ricorso proposto da Grondona Alfonso ed altri, nella qualita' di eredi, contro l'ufficio successioni di Milano. Imposta di successione - Presentazione della dichiarazione - Termini - Mancata equiparazione della data di spedizione a mezzo posta a quella della presentazione - Ingiustificata disparita' di trattamento in relazione alla disciplina stabilita per le dichiarazioni relative ad altre imposte (I.V.A. e I.R.PE.F.) - Riferimento a precedenti decisioni della Corte costituzionale dichiarative della manifesta infondatezza di analoga questione, peraltro non condivise dal giudice a quo. (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, art. 39). (Cost., art. 3).(GU n.24 del 19-6-1991 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO RITENUTO IN FATTO Con avviso di liquidazione notificato il 29 settembre 1987 l'ufficio successioni di Milano, ritenendo tardiva la dichiarazione presentata in morte della sig.ra Olga Almici ved. Grandona - spedita il 19 febbraio 1985 e cioe' nei termini, ma pervenuta all'ufficio il 27 febbraio 1985 e cioe' due giorni dopo il termine di scadenza del 25 febbraio 1985 - irrogava le sanzioni di legge. Si opponevano tempestivamente gli eredi Grandona sollevando, in via pregiudiziale, eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 39, primo comma, in constrasto con l'art. 3 della Costituzione nella parte in cui non prevede l'equiparazione della data di spedizione a quella di presentazione. Con successive memorie mettevano in evidenza che tale contrasto e' ancor piu' evidente allorche' si tratta - come nel caso - di dichiarazione avente la stessa natura giuridica di quelle relative all'Irpef ed all'Iva (come riconosciuto dalla giurisprudenza e dallo stesso Ministero), per le quali tale equiparazione e' riconosciuta dalla legge. Sollevano, inoltre, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 50 stesso d.P.R., in contrasto con gli artt. 3 e 53 della Costituzione nella parte in cui non prevede la graduazione della pena in base al periodo del ritardo. Nel merito chiedevano che la pena pecuniaria doveva essere calcolata sull'imposta al netto dell'Invim. All'udienza di discussione del 21 novembre 1989 gli eredi, rappresentati dalla dott.ssa Adriana Carabellese, confermavano quanto esposto nel ricorso e nelle memorie, mentre il rappresentante dell'ufficio dott. Viola chiedeva il rigetto delle domande di parte. La commissione si riservava la decisione, che viene ora sciolta con il deposito della presente. RITENUTO IN DIRITTO La sollevata eccezione di incostituzionalita' dell'art. 50 del d.P.R. n. 637/1972 laddove non prevede una graduazione della pena pecuniaria per le dichiarazioni presentate in ritardo di pochi giorni o di lunghi periodi, non puo' essere accolta in quanto, in contrasto con l'assunto di parte, il secondo comma del citato art. 50 prevede la riduzione della pena se il ritardo non supera i trenta giorni. Questo collegio condivide, invece, la questione di legittimita' costituzionale sollevata dai ricorrenti in via pregiudiziale per contrasto dell'art. 39, primo comma, del d.P.R. n. 637/1972 con l'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede l'equiparazione della data di spedizione alla data di presentazione diretta della dichiarazione di successione, come previsto per le dichiarazioni Iva e Irpef. Questa commissione non ignora il principio affermato dalla Corte costituzionale e cioe' che la mancanza di un sistema generale concernente la presentazione di atti di diversa natura agli organi tributari rende impossibile individuare un principio generale che consenta di valutare la ragionevolezza delle singole disposizioni (sentenza n. 121/1985 e ordinanze nn. 342 e 485 del 1987). Tuttavia si ritiene che se tale principio - che in sostanza giustifica la disparita' di trattamento in tema di presentazione di atti - puo' trovare legittimazione in presenza di atti aventi natura giuridica diversa, lo stesso non puo' ragionevolmente estendersi ad atti aventi identica natura giuridica, per alcuni dei quali l'equiparazione della data di spedizione a quella di presentazione e' gia' stata codificata (art. 12 del d.P.R. n. 600/1973 e art. 37 del d.P.R. n. 633/1972) e che per cio' stesso offre valido termine di valutazione per l'esame di legittimita' costituzionale di quelle altre norme che, pur concernendo atti aventi la medesima natura giuridica, tale equiparazione non prevedono. E', infatti, pacifico in dottrina e giurisprudenza che, al pari delle dichiarazioni Iva e dei redditi, anche la dichiarazione di successione ha natura giuridica di manifestazione di scienza e non di volonta'. In altri termini con la denuncia il contribuente non pone in essere un atto negoziale, ma si limita a portare a conoscenza dell'ufficio impositore una determinata situazione suscettibile di tassazione. Il concetto e' stato fatto proprio dal Ministero delle finanze (ris. del 9 febbraio 1987, n. 1/195) il quale, appunto per tale motivo, ha considerato fondata la sollevata questione di legittimita' costituzionale del censurato art. 39. Sempre per lo stesso motivo e recependo i suggerimenti forniti dalla prassi amministrativa e dalla giurisprudenza, anche il legislatore e' orientato ad accogliere totalmente l'assunto. Nello schema di testo unico dell'imposta sulle successioni e donazioni, attualmente all'esame della commissione dei trenta, all'art. 28, n. 1, si legge testualmente che la dichiarazione "puo' essere spedita per raccomandata e si considera presentata, in tal caso, nel giorno in cui e' presentata all'ufficio postale.. .. .." e nella relazione, al parag. 20, si afferma che cio' risponde a "criteri di armonizzazione con la disciplina della dichiarazione dei redditi (consideratane l'evidente analogia.. .. ..) ed ancora, al parag. 27, si manifesta l'esigenza di allineare la disciplina delle sanzioni a quella stabilita per l'Irpef" in considerazione dell'analoga struttura a carattere globale delle basi imponibili e della identica funzione e rilevanza della dichiarazione dei soggetti passivi. Tutto cio' considerato questo collegio ritiene che la riconosciuta identita' della natura giuridica e della funzione della dichiarazione dei redditi e dell'imposta di successione, da' origine ad una evidente quanto ingiustificata disparita' di trattamento integrata dall'art. 39, primo comma, del d.P.R. n. 637/1972 in violazione dell'art. 3 della Costituzione, laddove non prevede l'equiparazione della data di spedizione a quella di presentazione della denuncia di successione, cosi' come e' previsto, invece, per le dichiarazioni dei redditi e dell'Iva.
P. Q. M. Ritiene non manifestamente infondata la sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 39 del d.P.R. n. 637/1972 per violazione dell'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede l'equiparazione della data di spedizione a quella di presentazione della dichiarazione; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e sospende il giudizio; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Milano, addi' 20 dicembre 1989 Il vice presidente sezione sesta: SPINA 91C0752