N. 260 SENTENZA 23 maggio - 12 giugno 1991

 
 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Acque pubbliche- Regione Lazio- Piccole  derivazioni-  Produzione  di
 energia  elettrica-  Riserva alla Stato delle funzioni amministrative
 in materia- Sottrazione alle regioni di funzioni gia' ad  esse  dele-
 gate- Illegittimita' costituzionale.
 
 (D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 91, n. 6)
 
 (Cost., art. 76 e art. 1, lett. c) della L. 382/1975).
(GU n.24 del 19-6-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele  PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco Paolo
    CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,
    avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
    Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 91, n.  6,  del
 d.P.R.  24  luglio  1977,  n.  616  (Attuazione  della  delega di cui
 all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), in relazione all'art.
 1, lett. c), della  legge  22  luglio  1977,  n.  382,  promosso  con
 ordinanza  emessa  il  18  giugno  1990 dal Tribunale Superiore delle
 acque  pubbliche  sui  ricorsi  riuniti  proposti   dall'Associazione
 Nazionale  Italia Nostra contro la Regione Lazio ed altra iscritta al
 n. 122 del  registro  ordinanze  1991  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  10, prima serie speciale, dell'anno
 1991;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Lazio nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
    Udito nella camera di consiglio  dell'8  maggio  1991  il  Giudice
 relatore Gabriele Pescatore;
                           Ritenuto in fatto
   1. - Il Tribunale superiore delle acque pubbliche - nel corso di un
 procedimento  avente  ad  oggetto  la richiesta di annullamento di un
 decreto del Presidente della  Giunta  regionale  del  Lazio,  che  ha
 autorizzato   l'occupazione  di  urgenza  di  aree  relative  ad  una
 concessione di derivazione  d'acqua  per  la  produzione  di  energia
 elettrica  per  complessivi  Kilowatt  milleduecentodiciannove  -  ha
 sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art.  91,  n.
 6,  del  d.P.R.  24  luglio  1977,  n.  616.  Tale norma riserva alla
 competenza  dello  Stato  le  funzioni   amministrative   concernenti
 l'utilizzazione  di  risorse  idriche  per  la  produzione di energia
 elettrica,  ancorche'  riguardanti  piccole  derivazioni   di   acque
 pubbliche.  Deduce  il  remittente che tale riserva, in quanto estesa
 alle  suddette  piccole  derivazioni,  contrasta  con   il   disposto
 dell'art.  1, lett. c), della legge di delegazione 22 luglio 1975, n.
 382 e viola, quindi, l'art. 76 della Costituzione.
    Nell'ordinanza  di  rimessione  si premette che i ricorrenti hanno
 dedotto, nel giudizio a quo,  la  violazione  da  parte  del  decreto
 impugnato dell'art. 91, n. 6 del d.P.R. n. 616 del 1977, in quanto il
 decreto  e' stato emesso da un organo regionale, mentre trattavasi di
 atto  riservato  alla  competenza  statale.   Le   parti   resistenti
 sostenevano,  al contrario, che trattavasi di concessione di "piccola
 derivazione", attribuita  alla  competenza  regionale  dall'art.  13,
 lett.  d),  del  d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 e che, ove si ritenesse
 diversamente, aderendo all'interpretazione dell'art.  91,  n.  6  del
 d.P.R.  n.  616  del  1977  data dai ricorrenti, quest'ultimo sarebbe
 costituzionalmente illegittimo, per non essere conforme alla legge di
 delegazione.
    Il giudice a quo osserva in proposito che, ai sensi  dell'art.  15
 del  T.U.  11 dicembre 1933, n. 1775, cosi' come modificato dall'art.
 14 del d.P.R. 30 giugno 1955,  n.  1534,  "le  concessioni  di  acqua
 pubblica  per  le  grandi  derivazioni  sono  fatte  con  decreto del
 Ministro per i lavori pubblici, di concerto con il  Ministro  per  le
 finanze".  "Per  le  piccole derivazioni, la concessione e' fatta con
 decreto del provveditore alle opere pubbliche,  sentito  l'intendente
 di   finanza   competente  per  territorio,  salvo  che  siano  state
 presentate opposizioni o  domande  concorrenti,  nei  quali  casi  la
 concessione  e' fatta con decreto del Ministro per i lavori pubblici,
 sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici e  di  intesa  col
 Ministro per le finanze".
    Con  l'art.  13,  lett.  d),  del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, le
 attribuzioni  esercitate  dai  provveditorati  regionali  alle  opere
 pubbliche  in  materia  di  "piccole  derivazioni di acque pubbliche"
 furono delegate alle regioni a statuto ordinario ai  sensi  dell'art.
 118,  secondo comma, della Costituzione. Tale delega riguardava tutte
 le "piccole derivazioni" da utilizzare "per forza motrice, per  acqua
 potabile, per irrigazione e per bonificazione per colmata" secondo la
 classificazione  contenuta  nell'art. 6 del T.U. 11 dicembre 1933, n.
 1775.
    E' poi intervenuta la  legge  22  luglio  1975,  n.  382,  che  ha
 demandato al Governo l'emanazione di uno o piu' decreti aventi valore
 di  legge  ordinaria,  diretti,  fra  l'altro  (art.  1,  lett. c)) a
 "delegare, a norma dell'art. 118, secondo comma, della  Costituzione,
 le   funzioni   amministrative   necessarie   per  rendere  possibile
 l'esercizio organico da parte delle regioni delle funzioni trasferite
 o gia' delegate".
    Tale dizione - osserva il giudice a  quo  -  fa  ritenere  che  il
 legislatore  delegante  abbia  inteso riferirsi unicamente a funzioni
 amministrative in aggiunta  a  quelle  gia'  trasferite  o  delegate,
 cosicche',  in  mancanza di attribuzione al Governo della potesta' di
 modificare o integrare i decreti delegati del 1972,  le  nuove  norme
 non potevano avere effetto riduttivo delle competenze gia' attribuite
 alle regioni a statuto ordinario.
    Poiche'  l'art.  91, n. 6, del d.P.R. n. 616 del 1977 - stabilendo
 che   sono   riservate   allo   Stato   le    funzioni    concernenti
 "l'utilizzazione  di  risorse  idriche  per  la produzione di energia
 elettrica"  -  sembra  comprendere  sia  le  grandi  che  le  piccole
 derivazioni  di  acque  pubbliche, da utilizzare per la produzione di
 energia elettrica, esso si porrebbe in  contrasto  con  la  legge  di
 delegazione e violerebbe l'art. 76 della Costituzione.
   2.  -  Dinanzi  a  questa  Corte  e'  intervenuto il Presidente del
 Consiglio dei Ministri, col patrocinio dell'Avvocatura generale dello
 Stato, eccependo, in via pregiudiziale, una  carenza  di  motivazione
 sulla rilevanza, che renderebbe necessaria la restituzione degli atti
 al  giudice  a  quo.  Nel  merito  ha  chiesto  che  la questione sia
 dichiarata non fondata.
    Riguardo  alla  propria  richiesta   pregiudiziale,   l'Avvocatura
 generale  dello Stato afferma che la distinzione tra piccole e grandi
 derivazioni e' stabilita, per quanto  attiene  alle  derivazioni  per
 forza  motrice,  dalla  legge 18 ottobre 1942, n. 1426, in termini di
 "potenza media annua" espressa in Kilowatt; sono  grandi  derivazioni
 quelle   che   eccedono  Kilowatt  duecentoventi.  Poiche'  nel  caso
 all'esame del giudice a quo si  sarebbero  concesse  derivazioni  per
 Kilowatt  milleduecentodiciannove,  dovrebbe escludersi che si tratti
 di  piccola  derivazione,  con  la  conseguente   irrilevanza   della
 questione.
    Quanto  al  merito,  nell'atto  di  intervento  si sostiene che il
 dedotto eccesso di delega non sussiste in quanto, ai sensi  dell'art.
 8,  secondo  comma,  del  d.P.R.  n.  8 del 1972, la competenza degli
 organi statali in ordine alla "tutela,  disciplina  ed  utilizzazione
 delle acque pubbliche" era restata ferma.
    Pertanto,  il  d.P.R.  n.  616, con il disposto dell'art. 91, n. 6
 impugnato, non avrebbe  operato  un  ritrasferimento  allo  Stato  di
 funzioni  gia'  trasferite  alle  regioni,  ma  avrebbe escluso dalla
 delega a queste ultime la "utilizzazione di risorse  idriche  per  la
 produzione  di energia elettrica" in quanto funzione che - proprio in
 ossequio al criterio della "organicita'" degli ambiti  di  competenza
 indicato  nella  legge  di  delega  n.  382  del  1975  - deve essere
 esercitata unitariamente dallo Stato.
    3. - Nell'imminenza della camera di consiglio, si e' costituita la
 Regione  Lazio,  deducendo  la  legittimita'   costituzionale   della
 legislazione  vigente,  da  interpretarsi  nel senso della permanente
 competenza  delle  Regioni  a  provvedere  in  ordine  alle   piccole
 concessioni  di  acque  pubbliche,  anche  se  a scopo idroelettrico.
 Secondo le argomentazioni svolte, infatti, l'art. 91, n. 6 del d.P.R.
 n. 616 del 1977 non avrebbe innovato rispetto a quanto  stabilito  al
 riguardo dal d.P.R. n. 8 del 1972.
    L'Avvocatura  generale  dello  Stato,  a  sua  volta  -  pur senza
 formalmente rinunciare all'eccezione di irrilevanza della questione -
 ha precisato che l'art. 1 della l. 24 gennaio 1977, n. 1  ha  elevato
 il limite fra grandi e piccole derivazioni a tremila kilowatt.
                        Considerato in diritto
    1.  - In via preliminare va dichiarata l'irricevibilita' dell'atto
 di costituzione della Regione Lazio, depositato dopo la scadenza  del
 termine perentorio previsto dagli artt. 25 della legge 11 marzo 1953,
 n.  87  e  3 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
 costituzionale.
    2. - Va pure precisato che la  rilevanza  della  questione  appare
 sufficientemente motivata.
    Il giudizio a quo ha per oggetto la richiesta di annullamento, per
 incompetenza, di un decreto del Presidente della Giunta regionale del
 Lazio, col quale e' stata autorizzata l'occupazione d'urgenza di aree
 relative  ad una concessione di derivazione d'acqua per la produzione
 di     energia     elettrica      per      "complessivi      kilowatt
 milleduecentodiciannove".
    Con  l'ordinanza  di rimessione il Tribunale superiore delle acque
 pubbliche  ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  91,  n.  6  del d.P.R. n. 616 del 1977, nella parte in cui
 riserva   allo   Stato   le   funzioni   amministrative   concernenti
 l'utilizzazione  di  risorse  idriche  per  la  produzione di energia
 elettrica riguardanti "piccole derivazioni" di  acque  pubbliche.  Ha
 ritenuto,   infatti,   la   questione  rilevante  in  relazione  alla
 determinazione dell'organo competente ad emanare l'atto impugnato.
    Poiche' a norma dell'art. 1 della l. 24 gennaio 1977,  n.  7  sono
 considerate  piccole  derivazioni  per  forza  motrice quelle che non
 eccedono la potenza nominale media  annua  di  tremila  kilowatt,  la
 rilevanza  in  concreto  sussiste.  Infatti  il giudizio a quo ha per
 oggetto   un   provvedimento   relativo   ad   una   concessione   di
 milleduecentodiciannove  kilowatt  e cioe' una "piccola derivazione",
 cosicche' il Tribunale superiore delle acque pubbliche, per  statuire
 sulla competenza ad emanarlo, deve fare applicazione dell'art. 91, n.
 6, del d.P.R. n. 616 del 1977, nella parte impugnata.
    3.  - Passando all'esame del merito, deve precisarsi che - secondo
 quanto gia' sopra accennato - il giudice a quo, interpretando  l'art.
 91,  n.  6,  del  d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 nel senso che esso ha
 riservato alla competenza  dello  Stato  le  funzioni  amministrative
 concernenti  l'utilizzazione  di risorse idriche per la produzione di
 energia elettrica, ancorche'  riguardanti  "piccole  derivazioni"  di
 acque  pubbliche,  ne  ha  dedotto,  per tale parte, il contrasto con
 l'art. 76 della Costituzione. Cio' sotto il profilo della  violazione
 del  principio  stabilito  nell'art.  1,  lett.  c),  della  legge di
 delegazione 22 luglio 1975, n. 382, che non consentiva al legislatore
 delegato  di   escludere   dalla   delega   alle   regioni   funzioni
 amministrative  ad  esse  gia'  delegate  in  precedenza, quali erano
 quelle relative alle "piccole derivazioni" di acque pubbliche.
    4. - La questione e' fondata.
    Tranne alcune tassative eccezioni (relative alle acque minerali  e
 termali  e agli acquedotti d'interesse regionale), la disciplina e il
 governo delle acque non furono devoluti, dagli artt. 117 e 118  della
 Costituzione  alla competenza legislativa e amministrativa regionale,
 in  base  ad  una   precisa   scelta   del   Costituente,   correlata
 all'opportunita'   di   riservare   alla   valutazione   dello  Stato
 l'utilizzazione delle acque in ogni parte del  territorio  nazionale,
 tenuto conto dell'interesse unitario proprio alla materia.
    In base a tale scelta l'art. 8, secondo comma, lett. a) del d.P.R.
 15  gennaio 1972, n. 8, aveva tenuto ferma la competenza degli organi
 statali in ordine "alla  tutela,  disciplina  e  utilizzazione  delle
 acque pubbliche".
    E'  da  rilevare,  poi, che l'art. 12 dello stesso d.P.R. n. 8 del
 1972 trasferi' alle regioni i  provveditorati  regionali  alle  opere
 pubbliche  (con  esclusione di alcune particolari sezioni e di alcuni
 servizi).  Poiche'  ai  detti  provveditorati   era   attribuita   la
 competenza  a  provvedere  in  ordine  alle concessioni relative alle
 piccole derivazioni di acque pubbliche, l'art. 13,  lett.  d),  dello
 stesso  d.P.R.  n.  8  del  1972 delego' alle regioni le attribuzioni
 esercitate da tali uffici relative alle piccole derivazioni.
    La delega ora detta era fondata sull'art. 17, lett. b) della l. 16
 maggio 1970, n. 281, secondo il quale il trasferimento delle funzioni
 statali alle regioni  doveva  realizzarsi  per  settori  organici  di
 materie  ed essere effettuato "mediante il trasferimento degli uffici
 periferici  dello  Stato". Qualora gli uffici stessi fossero titolari
 anche di competenze statali residue, queste dovevano essere  delegate
 alle   regioni   ai   sensi   dell'art.  118,  secondo  comma,  della
 Costituzione.
    Nel momento  in  cui  il  legislatore  procedeva  (con  la  delega
 contenuta  nella  legge  22  luglio  1975, n. 382) al riassetto delle
 attribuzioni  regionali,  la  competenza  in   ordine   alle   grandi
 derivazioni di acque pubbliche era, quindi, demandata al Ministro per
 i  lavori  pubblici, di concerto col Ministro delle finanze (art. 14,
 primo comma, del d.P.R. n. 1534 del 1955). La competenza a provvedere
 alle piccole derivazioni era,  invece,  delegata  alle  regioni,  nei
 limiti  in  cui essa era precedentemente attribuita ai provveditorati
 regionali alle opere pubbliche:  ne  erano  soltanto  eccettuate,  ai
 sensi  dell'art.  14,  secondo comma, del d.P.R. n. 1534 del 1955, le
 ipotesi delle domande concorrenti e delle opposizioni,  in  relazione
 alle  quali  era competente il Ministro dei lavori pubblici, salvo il
 caso previsto dall'art. 6 del d.P.R. n. 1090 del 1968.
    5. - La delega, prevista dall'art. 1 della l.  n.  382  del  1975,
 aveva  per  contenuto  e finalita' il completamento della devoluzione
 alle regioni delle funzioni amministrative per  le  materie  indicate
 nell'art.  117  della  Costituzione;  non  era consentito, invece, al
 legislatore  delegato  di  ritrasferire  allo  Stato,  funzioni  gia'
 attribuite alle regioni.
    In  coerenza  con  tale  indirizzo,  la lett. c) dell'art. 1 della
 legge n.  382  del  1975  prevedeva  l'ampliamento  della  delega  di
 funzioni  amministrative,  ex art. 118 della Costituzione, al fine di
 "rendere possibile l'esercizio organico, da parte delle regioni delle
 funzioni trasferite o gia' delegate". Non era consentito, quindi,  di
 sottrarre alle regioni competenze ad esse gia' delegate.
    In  questo  quadro  normativo  si  e' inserito il d.P.R. 24 luglio
 1977, n. 616, emanato in attuazione della l. n. 382 del 1975;  l'art.
 90  di  tale  decreto  ha  mantenuto ferma la titolarita' dello Stato
 inerente  alle  funzioni   circa   la   tutela,   la   disciplina   e
 l'utilizzazione  delle  risorse idriche, delegandone l'esercizio alle
 regioni. Sono eccettuate da tale  delega  le  funzioni  espressamente
 riservate  allo  Stato  dall'art.  91:  tra queste, il n. 6 di questa
 norma    comprende    le    funzioni    amministrative    concernenti
 "l'utilizzazione  di  risorse  idriche  per  la produzione di energia
 elettrica".
    In tal modo il legislatore delegato e'  incorso  nella  violazione
 del  principio  direttivo stabilito dall'art. 1, lett. c) della legge
 n. 382 del 1975, in quanto ha  sottratto  alle  regioni  le  funzioni
 amministrative  gia'  ad  esse  delegate, comprensive anche di quelle
 inerenti alle derivazioni per la produzione di energia elettrica.
    Ne consegue che l'art. 91, n. 6, del d.P.R. n.  616  del  1977  va
 dichiarato costituzionalmente illegittimo, in riferimento all'art. 76
 della Costituzione, nella parte in cui non esclude dalla riserva allo
 Stato le funzioni amministrative concernenti le "piccole derivazioni"
 di acque pubbliche.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 91, n. 6, del
 d.P.R. 24 luglio  1977,  n.  616  (Attuazione  della  delega  di  cui
 all'art.  1  della  legge 22 luglio 1975, n. 382), nella parte in cui
 non esclude dalla  riserva  allo  Stato  le  funzioni  amministrative
 concernenti le "piccole derivazioni" di acque pubbliche.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte Costituzionale,
 Palazzo della Consulta il 23 maggio 1991.
                       Il Presidente: CORASANITI
                        Il redattore: PESCATORE
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 12 giugno 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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