N. 434 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 dicembre 1990- 14 giugno 1991
N. 434 Ordinanza emessa il 5 dicembre 1990 (pervenuta alla Corte costituzionale il 14 giugno 1991) dal tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Bisegna Ulderico contro il Ministero di grazia e giustizia ed altri Impiego pubblico - Magistrati - Trattamento economico - Importi a quasiasi titolo erogati o da erogare in occasione di provvedimenti giudiziari passati in giudicato - Attribuzione a titolo personale e riassorbimento con la normale progressione economica e nelle funzioni con detrazioni a congaglio a carico della indennita' di buonuscita - Incidenza sul diritto di difesa in giudizio e sul principio della intangibilita' del giudicato - Invasione da parte del legislatore dell'ambito riservato dalla Costituzione all'attivita' giudiziaria - Riferimento alla sentenza n. 413/1988 (non fondatezza di analoghe questioni) ritenuta superabile dal giudice a quo. (Legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 10, secondo comma). (Cost., artt. 3, 24, 25, 101, 102, 103, 104, 108 e 113).(GU n.27 del 10-7-1991 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 2477/90 proposto dal dott. Ulderico Bisegna, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Di Gioia, presso il cui studio e' elettivamente domiciliato in Roma, piazza Mazzini n. 27, contro il Ministero di grazia e giustizia, in persona del Ministro pro-tempore, il Ministero del tesoro in persona del Ministro pro-tempore e l'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i dipendenti dello Stato, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, per: 1) l'annullamento del provvedimento dell'E.N.P.A.S. in data 14 maggio 1990, con il quale nei confronti del ricorrente e' stato disposto il recupero della somma di L. 43.289.275 sulla indennita' di buonuscita; 2) l'annullamento di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenziali tra i quali il provvedimento della P.P.T. di Roma dell'11 aprile 1990, il provvedimento dell'E.N.P.A.S. del 28 luglio 1989, i provvedimenti del Ministero di grazia e giustizia il 15 aprile 1985, 1º luglio 1985, 8 ottobre 1985 e 25 novembre 1986 con i quali da un lato sono state determinate le somme dovute al ricorrente in base al giudicato derivante dalla decisione del Consiglio di Stato Ap. 16 dicembre 1983, n. 27 e dall'altro e' stato disposto il recupero delle somme stesse ai sensi dell'art. 10, secondo comma della legge n. 425/1984; 3) la declaratoria del diritto del ricorrente ad ottenere la conservazione degli aumenti periodici figurativi attribuiti dalle decisioni n. 27/83 ai fini della determinazione del trattamento di fine rapporto e di quiescenza; 4) la declaratoria del diritto ad ottenere l'attribuzione definitiva delle somme dovute per differenze di stipendio in base alla decisione n. 27/83 al lordo di ritenute a favore del fondo pensioni; 5) la declaratoria del diritto ad ottenere l'attribuzione definitiva della rivalutazione monetaria e degli interessi sulle predette differenze degli interessi sulle predette differenze stipendiali calcolati sulla base degli indici I.STAT. fino alla data dell'effettiva corresponsione di tali differenze stipendiali e computati con riferimento agli importi dovuti al lordo sia delle ritenute fiscali che di quelle previdenziali ed esenti essi stessi da tali ritenute; 6) la declaratoria del diritto ad ottenere il computo dell'indennita' integrativa speciale ai fini della determinazione dell'indennita' di buonuscita, nonche' della rivalutazione monetaria ed interessi per il ritardo nella liquidazione della stessa indennita'; 7) la declaratoria del diritto ad ottenere la riliquidazione dell'indennita' di buonuscita in base al nuovo trattamento economico spettantegli in virtu' delle sentenze n. 27/1983 con condanna delle amministrazioni al pagamento in favore del ricorrente delle maggiori somme dovute, oltre rivalutazione monetaria ed interessi calcolati secondo i criteri suesposti; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni in- timate; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Uditi alla pubblica udienza del 5 dicembre 1991 la relazione del consigliere Franco Bianchi e uditi, altresi', l'avv. Di Gioia per il ricorrente e l'avv. dello Stato Linda per le amministrazioni resistenti; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F A T T O Con ricorso (n. 2477 del 1990) notificato il 6 luglio 1990 il dott. Ulderico Bisegna ha adito questo tribunale per ottenere: 1) l'annullamento del provvedimento dell'E.N.P.A.S. in data 14 maggio 1990 con il quale nei confronti del ricorrente e' stato disposto il recupero della somma di L. 43.289.275 sulla indennita' di buonuscita; 2) l'annullamento di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenziali, tra i quali il provvedimento della D.P.T. di Roma dell'11 aprile 1990, il provvedimento dell'E.N.P.A.S. del 28 luglio 1989 ed i provvedimenti del Ministero di grazia e giustizia il 15 aprile 1985, 1º luglio 1985, 8 ottobre 1985 e 25 marzo 1988 con il quale da un lato sono state determinate le somme dovute al ricorrente in base al giudicato derivante dalla decisione del Consiglio di Stato Ap. 16 dicembre 1983, n. 27 e dall'altro e' stato disposto il recupero delle somme stesse ai sensi dell'art. 10, secondo comma della legge n. 425/1984; 3) la declaratoria del diritto del ricorrente ad ottenere la conservazione degli aumenti periodici figurativi attribuiti dalle decisioni n. 27/1983 ai fini della determinazione del trattamento di fine rapporto e di quiescenza; 4) la declaratoria del diritto ad ottenere l'attribuzione definitiva delle somme dovute per differenze di stipendio in base alle decisioni n. 27/1983 al lordo di ritenute a favore del fondo pensioni; 5) la declaratoria del diritto ad ottenere l'attribuzione definitiva della rivalutazione monetaria e degli interessi sulle predette differenze degli interessi sulle predette differenze stipendiali calcolati sulla base degli indici I.STAT. fino alla data dell'effettiva corresponsione di tali differenze stipendiali e computati con riferimento agli importi dovuti al lordo sia delle ritenute fiscali che di quelle previdenziali ed esenti essi stessi da tali ritenute; 6) la declaratoria del diritto ad ottenere il computo dell'indennita' integrativa speciale ai fini della determinazione dell'indennita' di buonuscita, nonche' della rivalutazione monetaria ed interessi per il ritardo nella liquidazione della stessa indennita'; 7) la declaratoria del diritto ad ottenere la riliquidazione dell'indennita' di buonuscita in base al nuovo trattamento economico spettantegli in virtu' della sentenza n. 27/1983 con condanna delle amministrazioni al pagamento in favore del ricorrente delle maggiori somme dovute, oltre rivalutazione monetaria ed interessi calcolati secondo i criteri suesposti. Premette il ricorrente - magistrato dell'ordine giudiziario - di aver ottenuto con sentenza del Consiglio di Stato Ap. n. 27 del dicembre 1983 la declaratoria del diritto ad ottenere l'applicazione della disciplina degli aumenti periodici di stipendio prevista per i magistrati della Corte dei conti dell'art. 5 del d.P.R. n. 1080/1970 e dalle norme ivi richiamate, con conseguente condanna dell'amministrazione al pagamento delle maggiori somme dovute, comprensive di interessi e rivalutazione monetaria. Con successiva decisione del Consiglio di Stato, quarta sezione 15 febbraio 1985, n. 50, in accoglimento del ricorso per l'esecuzione del giudicato di cui alla predetta sentenza n. 27/1983, veniva dichiarato l'obbligo dell'amministrazione di corrispondere le somme dovute. A cio' provvedeva, con atti in data 15 aprile 1985, 6 maggio 1985 e 1º luglio 1985, il Ministero di Grazia e Giustizia che, pur attribuendo il nuovo trattamento economico, disponeva sul contempo il recupero delle somme erogate. Detti provvedimenti venivano impuganti dal ricorrente davanti al t.a.r. Lazio, che in accoglimento della domanda incidentale di sospensione degli stessi, con ordinza 13 gennaio 1986 n. 21, disponeva la sospensione del disposto recupero. Successivamente al collocamento a riposto del ricorrente, per limiti di eta', avvenuto il 24 gennaio 1989, il Ministero di Grazia e Giustizia e l'ENPAS dipsonevano il recupero sull'indennita' di buonuscita della somma di L. 43.289.275 erogata per differenze stipendiali relative al periodo 1º luglio 1979 - 30 giugno 1983, rivalutazione monetaria interessi e spese di giudizi. L'operato dell'Amministrazione e' ritenuto illegittimo per i seguenti motivi: I) Violazione dell'ordinanza del t.a.r. Lazio, I Sez. gennaio 1986 n. 21 in relazione alla legge n. 1034 del 1971 ed ai principi generali vigenti in materia. Eccesso di potere per illogicita' errata valutazione di presupposti, contraddittorieta', difetto di motivazione, in quanto i provvedimenti con i quali era stato disposto il recupero delle somme erogate a favore del ricorrente in esecuzione della decisione dell'Ap. del Consiglio di Stato n. 27/1983 erano stati sospesi dal t.a.r. del Lazio con l'ordinanza in epigrafe citata, sicche' nello spazio intercorrente fino alla pronuzia di merito, neppure recupero poteva essere efettuato a carico del ricorrente. II) Violazione dell'art. 10, secondo comma legge n. 425 del 1984 e dei principi generali vigenti in materia. Eccesso di potere, per illogicita', errata valutazione di presupposti, difetto di motivazione. Illegittimita' derivata. La norma richiamata in epigrafe prevede il riassorbimento e non gia' il recupero delle somme erogate ai predetti titoli, sicche' non poteva nella specie, l'Amministrazione dipsorre l'integrale recupero delle somme corrisposte al ricorrente in esecuzione del citato giudicato. Il recupero potrebbe in ogni caso riguardare le sole differenze stipendiali corrisposte e non anche la rivalutazione monetaria e gli interessi i quali costituiscono elementi accessori aventi mera funzione di conservazione del valore delle somme dovute rispetto al momento dell'effettiva corresponsione. III) Violazione dell'art. 1 della legge n. 324 del 1989 in relazione agli artt. 3 e 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973 ed all'art. 22 legge n. 16 del 1975, dovendo l'Amministrazione determinare l'indennita' di buonuscita spettante al ricorrente computando anche l'indenita' integrativa speciale ed inoltre la rivalutazione monetaria e gli interessi. Per questi motivi l'istante ha chiesto al tribunale di volere, previa adozione di idonei provvedimenti cautelari, annullare i provvedimenti impugnati ad accogliere le pretese economiche specificate in epigrafe, con tutte le conseguenze di legge, anche in ordine alle spese, competenze ed onorari. Con successiva memoria, il ricorrente ha illustrato ulteriormente tutti i motivi di ricorso, rilevando in subordine che il recupero poteva semmai riguardare le differenze stipendiali corrisposte, ma non gia' la rivalutazione monetaria e gli interessi ed inoltre il recupero doveva riferirsi agli importi erogati al ricorrente al netto delle ritenute fiscali e contributive e non gia' come illegittimamente disposto, al lordo di tale ritenute. Per resistere all'impugnativa, si sono costituiti in giudizio le intimate Amministrazioni le quali hanno confrontato i motivi di ricorso, di cui hanno chiesto il rigetto con ogni conseguenziale pronuncia anche in ordine alle spese. Alla pubblica udienza del 5 dicembre 1990 dopo la discussione orale, la causa e' stata assunta in decisione. D I R I T T O Sono oggetto del giudizio - fra l'altro - i provvedimenti (specificato nella relazione in fatto) con i quali il Ministero di Grazia ed Giustizia e l'ENPAS disposto ed effettuato il recupero sull'indennita' di buonuscita (corrisposta al ricorrente, collocato a riposo per i limiti di eta' il 24 gennaio 1989) della somma di L. 43.289.275 attribuitegli in esecuzione del giudicato (nascenete dalla decisione del t.a.r. Lazio I sez. 4 luglio 1984 n. 599 e del Consiglio di Stato, IV sez. 13 marzo 1989 n. 166, che aveva dichiarato applicabile - in favore di tutti i magistrati e degli avvocati e procuratori dello Stato - la disciplina degli aumenti periodici di stipendio originariamente prevista per i soli magistrati della Corte dei conti dall'art. 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1080 del 1970. Il recupero di cui alla controversia - relativo alle somme spettanti in applicazione del predetto giudicato per il periodo 1º gennaio 1979-30 giugno 1983 - e' stato disposto ai sensi dell'art. 10, secondo comma, legge 6 agosto 1984 n. 425 recante disposizioni sul trattamento economico dei magistrati. E' pregiudiziale ad ogni altra pronuncia la questione di costituzionalita' che il Colleggio - d'ufficio - intende sollevare nei riguardi della predetta norma, la cui conformita' alla Costituzione appare seriamente sospetta, avuto riguardo, in particolare, agli artt. 3, 24, 25, 70, 101, 102, 108 e 113. E' noto che la questione di che trattasi non e' nuova, avendo la Corte Costituzionale, su plurime ordinanze di remissione dei tribunali amministrativi regionali, spcificamente esaminato (con sent. n. 413 del 7 aprile 1988) la norma di cui all'art. 10, secondo comma legge 6 agosto 1984 n. 425, ritenendola conforme a tutti i parametri costituzionali sopra richiamati, in riferimento ai quali i giudici a quibus avevano sollevato la questione. Con una prospettazione volta ad evidenziare nuove implicazioni derivanti dall'applicazione della predetta norma, la sezione ritiene ora di dover riproporre la questione di costituzionalita', persistendo aspetti non ancora esaustivamente esplorati circa l'effettiva portata dispositiva della norma. Come e' noto, antecedentemente alla legge n. 425 del 1984, recante disposizioni in ordine al trattamento economico dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari e degli avvocati e procuratori dello Stato si era formato un orientamento giurisprudenziale dei giudici amministrativi di primo grado e del Consiglio di Stato (cfr. per tutte, la decisione dell'Ap. 16 dicembre 1983 n. 27) che, ispirato alla unitarieta' ed uniformita' del trattamento economico delle categorie magistratuali e di quelle equiparate, aveva - in sostanza - riconosciuto in favore di tutti i magistrati indistintamente, la spettanza della speciale indennita' di cui all'art. 3 della legge 19 febbraio 1981 n. 27, originariamente attribuita, secondo il dettato letterale della norma, ai soli magistrati ordinari ed esteso inoltre ugualmente a tutte le categorie, la disciplina degli aumenti periodici di stipendio dettata per i soli magistrati della Corte dei conti dall'art. 5 decreto del Presidente della Repubblica n. 1080 del 1970. L'anzidetto quadro normativo - univocamente interpretato dalla giurisprudenza nel senso teste' ricordato - si e' modificato con l'emanazione della legge n. 425 del 1984 il cui art. 1, primo comma, (con valore di interpretazione autentica) chiarisce che la speciale indennita' ex legge n. 27 del 1981 compete, antecedentemente al 1º gennaio 1983 - data dalla quale ne viene disposta l'estensione a tutti - solo ai magistrati dell'ordine giudiziario. Il secondo comma dello stesso art. 1 (anch'essa norma interpretativa) afferma a sua volta che i particolari criteri di calcolo degli aumenti per anzianita' originariamente previsti per i soli magistrati della Corte dei conti, debbono essere in effetti applicati solo a questi ultimi. Tale criterio di calcolo viene, tuttavia abolito (art. 3) anche per i predetti magistrati contabili, a decorrere dal 1º luglio 1983 e sostituiti, per tutti, con un nuovo criterio di progressione economica, articolato in otto classi biennali del 6% ed in aumenti biennali del 2,50%. Della legittimita' costituzionle di queste norme interpretative, e' stata nuovamente investita la Corte, sospettandosi, da parte dei giudici remittenti, della conformita' di un intervento di interpretazione autentica, diretto ad imporre, in giudizi pendenti, una soluzione contrastante con i precedenti giurisprudenziali e sfavorevoli ad una uniformita' di trattamento retributivo fra tutte le categorie magistratuali ed equiparate (cons. Stato, IV sez. 4 febbraio 1988, n. 22; t.a.r. Brescia 14 novembre 1987, n. 957). Siffatta questione di illegittimita' costituzionale - tuttora pendente - e' scaturita, in sostanza, da una pronuncia di incostituzionalita' emessa dalla Corte, dell'art. 10, primo comma, legge n. 425 del 1984 il quale, disponendo l'estinzione d'ufficio dei giudizi pendenti in qualsiasi stato e grado si trovino alla data di entrata in vigore della legge stessa, precludeva, con cio' violando l'art. 24 della Costituzione, al giudice di merito di pronunciarsi sulle controversie relative al trattamento economico dei magistrati, cosi' come prefissato dalle ricordate norme interpretative del diritto previgente (Corte costituzionale 10 aprile 1987, n. 123). Sull'art. 10, secondo comma, della legge n. 425 del 1984 - che interessa il presente giudizio - necessita ora soffermarsi. La norma in questione recita testualmemte: "Gli importi a qualsiasi titolo erogati o da erogare al personale previsto dall'art. 3 della presente legge in esecuzione di provvedimenti giudiziari passati in giudicato, rimangono attribuiti a titolo personale e sono riassorbiti con la normale progressione economica e nelle funzioni ed inoltre, se necessario, operando le conseguenti detrazioni a conguaglio a carico dell'indennita' di buonuscita". Nella pronucia della Corte, soprarichiamata (n. 413 del 1988) si legge che in tale norma".. .. .. non e' configurabile ne' lo svuotamento del contenuto economico del giudicato, ne' l'impiego della funzione legislativa per invadere l'ambito riservato dalla Costituzione all'attivita' giudiziaria, in quanto la norma stessa, funzionale alla generale finalita' perequativa perseguita dalla legge n. 425 del 1984 per tutti i magistrati mira ad eliminare, con il meccanismo della gradualita' temporale proprio del riassorbimento nella progressione economica, esiti privilegiati di trattamento economico riporduttivo di disparita' non tollerabili nel quadro di intenti costituzionali legittimi della volonta' legislativa". Un approfondimento della questione deve muovere dalla situazione reale prefigurata della stessa legge n. 425 del 1984 sul trattamento economico dei magistrati, cosi' come risultante in vigore, dopo le pronunce correttive della Corte Costituzionale. Il trattamento economico dettato per tutti i magistrati sulla base di un nuovo meccanismo retributivo e' in vigore dall'1º luglio 1983. Messo a raffronto con quello previgente, determinato, in ipotesi, anche a seguito di provvedimenti giudiziali passati in giudicato, e' ipotizzabile che esso risulti inferiore o superiore a quest'ultimo. Nessuna implicazione lesiva si verifica, per entrambi i casi per l'interessato il quale dal 1º luglio 1983, ha comunque diritto di conservare il trattamento precedente piu' vantagioso sotto forma di assegno personale pensionabile e riassorbibile con la normale progressione economica pari alla differenza fra le due retribuzioni. L'art. 8 della legge n. 425 cit. assicura, infatti, tale sito conservativo attraverso lo strumento tipico del "riassorbimento", che consiste nel mantenere il trattamento economico raggiunto piu' elevato di quello stabilito da una disciplina sopravvenuta, con il congelamento della progressione economica fino al momento in cui gli incrementi retributivi derterminano la parificazione dei due trattamenti. Di talche', per il periodo succcessivo al 1º luglio 1983, l'eventuale provvedimento giudiziale che abbia, in ipotesi, concorso a determinare un maggior trattamento economico viene salvaguardato nei suoi effetti sostanziali, che continuano a prodursi per l'interessato grazie al riassorbimento ( ex art. 8 cit.). Altrettanto non puo' dirsi per il periodo precedente al 1º luglio 1983, vale a dire per il periodo che va dal 1º gennaio 1979 a tale data, cui si riferiscono i giudicati di cui trattasi, in quanto l'art. 10, secondo comma, legge n. 425 del 1984, dettato espressamente per tale lasso temporale, impone che gli importi a qualsiasi titolo erogati in esecuzione di giudicati, siano riassorbiti con la normale progressione di carriera o nelle funzioni, operando le conseguenziali detrazioni anche a carico dell'indennita' di buonuscita. Gli effetti di tale norma, letta nel combinato disposto dell'art. 8 cit., appaiono profondamente diversificati a seconda che il giudicato abbia determinato al 1º luglio 1983 una retribuzione maggiore o inferiore rispetto a quella (nuova) derivante dalla legge n. 424 del 1984. Nel primo caso, l'interessato, per il periodo post. 1º luglio 1983, fruisce di tutti gli effetti favorevoli del giudicato, conservando l'assegno ad personam, finanche a fini pensionistici - se necessario - mentre, contraddittoriamente, per il periodo ante 1º luglio 1983, gli importi percepiti ex giudicato dovranno essere interamente recuperati anche a carico dell'indennita' di buonuscita. Nel caso di trattamento economico ex giudicato inferiore a quello ex legge n. 425/1984 - come nel caso dell'attuale ricorrente - non e' applicabile l'art. 8, perche' non vi e' l'esigenza di attribuire all'interessato, per il periodo post. 1º luglio 1983, l'assegno ad personam, ma soltanto l'art. 10, secondo comma, della legge n. 425/1984, attraverso il recupero delle somme corrisposte, utilizzando sia il meccanismo del riassorbimento con la normale progressione economica e nelle funzioni, sia il recupero vero e proprio a carico dell'indennita' di buonuscita. E' agevole scorgere, nell'effettiva portata precettiva della norma succitata un sostanziale svuotamento del giudicato correlato alla circostanza che, laddove quest'ultimo abbia attribuito un trattamento economico risultante al 1º luglio 1983 inferiore a quello determinato ex legge n. 425/1984, nessun assegno personale ( ex art. 8) va riconosciuto all'interessato che e' tenuto, tuttavia ( ex art. 10, secondo comma) a restituire con il sistema del riassorbimento e della detrazione sull'indennita' di buonuscita le somme percepite ex giudicato. Invero, non e' agevole nemmeno comprendere come, nella specie, possa operare lo stesso meccanismo del riassorbimento (previsto dalla predetta norma) il quale, come e' noto, e' volto a mantenere un trattamento economico piu' elevato di quello stabilito da una disciplina sopravvenuta con il congelamento della progressione economica fino al momento in cui gli incrementi retributivi determinano la parificazione dei due trattamenti. Ma nella specie, non ricorre tale presupposto e ciononostante l'art. 10, secondo comma, cit. vuole che le somme corrisposte " ex giudicato", siano "riassorbite". Non e' nemmeno agevole scorgere la finalita' perequativa di detta norma che, anzi, appare nella sua concreta applicazione, tale da operare concretamente in misurta diversificata a seconda delle ipotesi verificabili, incidendo, conseguentemente, altrettanto in misura diversificata, sul giudicato di cui trattasi, al quale e' consentito in taluni casi di spiegare i propri effetti, laddove ( ex art. 8 cit.) si consente all'interessato di continuare a fruire, anche a fini pensionistici, di un trattamento economico piu' favorevole, mentre in altri lo si svuota completamente, laddove ( ex art. 10, secondo comma cit.) si prescrive il recupero che comunque deve avvenire, delle somme corrisposte fino al 1º luglio 1983. In questo senso e' stata applicata - come non poteva non farsi - la disposizione di cui all'art. 10, secondo comma, della legge n. 425/1984, in quanto l'Amministrazione, edotta che l'interessato, " ex giudicato", come sopra precisato, aveva percepito importi retributivi a titolo di scatti di anzianita' ritenuti spettanti, ha recuperato sulla indennita' di buonuscita del ricorrente la somma di L. 43.289.275 corrispostagli per il periodo 1º luglio 1979-30 giugno 1983. Nella specie lo svuotamento totale del giudicato e' in re ipsa, avendo l'interessato dovuto restituire tutto il conseguito. La salvaguardia del giudicato, del diritto di difesa e della stessa funzione giurisdizionale, limiti invalicabili per qualsiasi intervento legislativo che voglia risultare conforme ai dettami costituzionali contenuti negli artt. 24, 25, 101, 102, 103 e 115 della Costituzione - come ha sempre riconosciuto il giudice delle leggi - mentre appare osservata dal disposto dell'art. 8 della legge n. 425/1984 che ha fatto uso, secondo uno schema tipico del pubblico impiego, del solo "riassorbimento", appare invece disattesa - con conseguente violazione di tutti i parametri costituzionali sopra ricordati, oltre che dello stesso art. 3 della Costituzione, da parte dell'art. 10, secondo comma, della stessa legge che - almeno in taluni casi comporta irreversibilmente la totale restituzione di somme attribuite nel periodo 1º gennaio 1979-30 giugno 1983, consentendo all'Amministrazione di operare un equivalente recupero sulla indennita' di buonuscita. Per le considerazione esposte, le delineate questioni vanno rimesse alla Corte Costituzionale, restando sospeso il giudizio, con riserva di ogni ulteriore statuizione all'esito della risoluzione dell'incidente di costituzionalita'.
P. Q. M. Il tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione prima, solleva, nel giudizio promosso dal dott. Ulderico Bisegna come in epigrafe, la questione di legittimita' costituzionale, in relazione agli artt. 3, 24, 25, 101, 102, 103, 104, primo comma, 106, secondo comma e 113 della Costituzione, dell'art. 10, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425, nella parte in cui consente il riassorbimento degli importi retributivi attribuiti da sentenze passate in giudicato anche mediante l'eventuale conguaglio dell'indennita' di buonuscita. Dispone la sospensione del giudicato e riserva ogni ulteriore pronunzia all'esito della risoluzione dell'incidente di costituzionalita'. Dispone che, a cura della segreteria della sezione, gli atti siano trasmessi alla Corte costituzionale e che la presente pronunzia sia notificata alle parti in giudizio ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Roma, addi' 5 dicembre 1990, dal tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione prima, in camera di consiglio con l'intervento dei signori: Il presidente: DE ROBERTO Il consigliere est.: BIANCHI Il consigliere: TAVARNELLI 91C0808