N. 452 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 marzo 1991

                                N. 452
 Ordinanza emessa il  21  marzo  1991  dal  giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso il tribunale di Catania nel procedimento penale a
 carico di Pellegriti Giuseppe
 Processo penale - Procedimento penale con magistrato parte offesa -
    Previsto  spostamento  della  competenza  territoriale   -   Reato
    commesso  in  udienza - Deroga allo spostamento della competenza -
    Illogica disparita' di trattamento tra  imputati  in  procedimenti
    con  parte offesa un magistrato a seconda che il reato sia stato o
    meno   commesso   in   udienza   -   Violazione    dei    principi
    dell'imparzialita'  del  giudice  e  della sua soggezione soltanto
    alla legge.
 (C.P.P. 1988, art. 11, terzo comma).
 (Cost., artt. 3, 101 e 104).
(GU n.27 del 10-7-1991 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    A    scioglimento    della    riserva    formulata    nel    corso
 dell'interrogatorio di Pellegriti Giuseppe;
                             O S S E R V A
    In  data  12  marzo  1991 il p.m. ha richiesto a questo giudice la
 applicazione della misura  coercitiva  della  custodia  cautelare  in
 carcere nei confronti dell'indagato sopraindicato, siccome autore del
 delitto di calunnia nei confronti dei magistrati Armando Licciardello
 e  Rodolfo  Materia,  allo  stato  entrambi in servizio presso questo
 distretto  di  corte  di  appello,   per   episodi   riguardanti   il
 maxiprocesso  da  costoro  istruito  nella  loro  qualita' di giudici
 istruttori.
    L'indagato in sostanza ha affermato, nel corso dell'interrogatorio
 reso  dinnanzi  alla  seconda  sezione  di  questa  corte  di  assise
 all'udienza   del   15  febbraio  1991,  di  avere  rilasciato  certe
 dichiarazioni e sottoscritto i  relativi  verbali  nella  fase  della
 istruzione  formale  di  quel  processo,  perche' costrettovi da tali
 magistrati, i quali in tal modo  gli  avrebbero  fatto  affermare  il
 falso  onde  obbedire  a  una  certa "ricostruzione prefabbricata" di
 tutti i fatti di cui al procedimento stesso.
    In data 16 marzo 1991  veniva  emessa  l'ordinanza  relativa  alla
 applicazione  della misura richiesta, e indi veniva fissato il giorno
 20  marzo  corrente  per  l'assunzione  dell'interrogatorio.  in  via
 preliminare   all'assunzione  dell'interrogatorio  stesso,  e'  stata
 sollevata dai difensori dell'indagato, avvocati Ernesto Pino ed Alfio
 Finocchiaro, questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  11,
 terzo  comma, del c.p.p., gicche' la relativa norma sarebbe in palese
 contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
    Conseguentemente hanno chiesto la sospensione del  procedimento  e
 la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
    In  ordine  a  tale  questione  il  p.m.  ha osservato che essa e'
 manifestamente infondata, e  ha  percio'  chiesto  il  rigetto  della
 relativa domanda dei difensori.
    La  questione  non  appare  affatto manifestamente infondata, anzi
 sembra piuttosto rilevante, e pertanto la domanda della difesa merita
 accoglimento.
    Rileva in proposito questo decidente che in effetti appare  quanto
 mai  singolare  la  norma  in  virtu'  della  quale  la  competenza a
 giudicare in un procedimento riguardante un  magistrato,  allorquando
 questi  sia offeso o danneggiato da un reato commesso in udienza, sia
 sottratta al giudice naturale, che e' precostituito per legge, e  che
 si  identifica in quello che ha sede nel capoluogo del distretto piu'
 vicino, uruglamente competente per materia.
    Ed invero, se la ratio generale delle disposizioni che  precedono,
 sancite  nei  primi  due  commi  dall'art.  11  del  c.p.p. e' quella
 apprezzabilissima e rispondente  al  principio  costituzionale  della
 imparzialita'  del giudice e della sua soggezione soltanto alla legge
 ex art. 101 e 104  della  Costituzione,  non  si  vede  perche'  tale
 principio  debba  essere  per  cosi'  dire  "sacrificato" allorquando
 invece si tratti di reato commesso in udienza  nei  confronti  di  un
 magistrato.
    E'  evidente in tal caso che non possa assolutamente garantirsi la
 necessaria serenita', e soprattutto  imparzialita'  del  giudice  che
 venga  ad  occuparsi  del processo, o quanto meno non si puo' affatto
 assicurare che egli appaia sereno e imparziale, specie allorquando ad
 essere danneggiati siano colleghi dello stesso ufficio, come nel caso
 in esame il dott. Materia, anch'egli g.i.p.
   Ne'  appare  verosimile  che  la  norma  in  contestazione   voglia
 rispondere  ad esigenze di speditezza del giudizio, onde ripristinare
 l'ordine giuridico violato, e di esemplarita' della sanzione, perche'
 per il primo fine e' da notare come, contrariamente alla disposizione
 del codice abrogato, ex art. 435, l'art. 476 del c.p.p.  vigente  non
 consente  la  sospensione  del processo e la definizione del giudizio
 per il reato commesso in udienza.
    Per  il  secondo  va  rilevato  come  esso  denoterebbe   comunque
 l'assenza di serenita' e imparzialita' di cui si e' detto sopra.
    Alle  suindicate  esigenze  comunque si puo' ugualmente provvedere
 mediante le disposizioni dello stesso codice di rito, peraltro  indi-
 cate negli art. 27 e 476 del c.p.p.
    Il  legislatore  ordinario sostanzialmente ha introdotto una norma
 che viola oltre al surrichiamato  principio  costituzionale,  l'altro
 altrettanto  rilevante  costituito  dalla  uguaglianza  dei cittadini
 dinnanzi alla  legge,  ex  art.  3  della  Costituzione,  giacche'  a
 identiche  situazioni di fatto, reati commessi in danno di magistrati
 corrispondono discipline attributive di competenza differenti, con la
 cessazione delle garanzie previste per  l'imputato  per  i  reati  in
 generale, allorquando invece, questi vengano commessi in udienza.
    Appare  poi abbastanza evidente come il presente giudizio non puo'
 essere definito indipendentemente dalla risoluzione  della  questione
 di legittimita' costituzionale di che trattasi.
    Pertanto  va  disposta  la  sospensione del giudizio in corso e la
 immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
                               P. Q. M.
    Dichiara non manifestamente infondata, e rilevante,  la  questione
 di  legittimita' costituzionale dell'art. 11, terzo comma, del c.p.p.
 in relazione agli artt. 3, 101 e 104 della Costituzione;
    Dispone la sospensione del  processo  pendente  nei  confronti  di
 Pellegriti  Giuseppe,  nato  ad  Adrano il 22 gennaio 1957 e detenuto
 presso la casa circondariale di Bicocca -  Catania,  e  la  immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  che  a  cura  della  cancelleria la presente ordinanza sia
 notificata  ai  difensori  dell'indagato  e  al  pubblico  ministero,
 nonche'  al Presidente del Consiglio dei Ministri, e venga comunicata
 ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Catania, addi' 21 marzo 1991
           Il giudice per le indagini preliminari: BOGNANNI

 91C0826