N. 485 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 marzo 1991

                                N. 485
      Ordinanza emessa il 13 marzo 1991 dal tribunale militare di
                         sorveglianza di Roma
         nel procedimento penale a carico di Reitano Francesco
 Ordinamento penitenziario - Affidamento in prova al servizio sociale
    -  Concessione - Condizioni - Previsione per i condannati militari
    della  previa  osservazione  di  almeno  un  mese  da  effettuarsi
    indefettibilmente   nello   stabilimento   militare   di   pena  -
    Ingiustificata disparita' di trattamento  rispetto  ai  condannati
    civili, i quali possono usufruire del beneficio, indipendentemente
    dalla  previa osservazione, per effetto della sentenza della Corte
    costituzionale  n.  569/1989  -  Incidenza  sul  principio   della
    funzione rieducativa della pena.
 (Legge 29 aprile 1983, n. 167, art. 2, primo comma, sostituito dalla
    legge 23 dicembre 1986, n. 897, art. 1, n. 1).
 (Cost., artt. 3 e 27).
(GU n.28 del 17-7-1991 )
                 IL TRIBUNALE MILITARE DI SORVEGLIANZA
    Ha  pronunciato,  all'udienza  del  13  maggio  1991,  la seguente
 ordinanza.
    1. - In data 14 marzo  1991  il  difensore  del  militare  Reitano
 Francesco,  nato a Torino il 21 maggio 1971 e residente a Nome in via
 Monviso n. 5, condannato con sentenza 20 febbraio  1991  dal  giudice
 dell'udienza  preliminare  presso  il  tribunale  militare  di Napoli
 (irrevocabile il  18  marzo  1991)  alla  pena  di  mesi  quattro  di
 reclusione,  sostituita con la reclusione militare per uguale durata,
 per il reato di rifiuto del servizio militare di leva (art.  8  della
 legge  n.  772/1972),  ha chiesto, con istanza diretta al procuratore
 militare della Repubblica presso il predetto tribunale,  che  il  suo
 assistito,   previa   sospensione   dell'emissione   dell'ordine   di
 esecuzione della pena, venisse affidato in prova al servizio sociale,
 senza procedere alla preventiva osservazione in carcere,  e  che  gli
 atti  fossero  trasmessi  a  questo  tribunale, competente a decidere
 sull'istanza di affidamento. In subordine  la  difesa,  tenuto  conto
 delle   statuizioni   della   sentenza   n.   569/1989   della  Corte
 costituzionale, ha sollecitato il  predetto  procuratore  militare  a
 sollevare  la  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 2
 della legge n. 167/1983 (che prevede  la  indefettibile  osservazione
 per almeno un mese nello stabilimento militare di pena) per contrasto
 con  gli  artt.  3  e  27, secondo comma (rectius: terzo comma) della
 Costituzione.
    Con provvedimento in data 25  marzo  1991  il  citato  procuratore
 militare,  ritenendo  non  manifestamente  infondata  la  prospettata
 questione  di  legittimita'  costituzionale,  ha  sospeso  ai   sensi
 dell'art. 47, quarto comma, legge n. 354/1975 l'emissione dell'ordine
 di  esecuzione  di  pena  detentiva  nei  confronti  del Reitano e ha
 trasmesso gli atti a questo tribunale di sorveglianza.
    2. - Ritiene il tribunale che nella fattispecie  l'art.  47  della
 legge  n. 354/1975 non puo' trovare applicazione; ed invero sembra in
 proposito appena il caso di rilevare che l'istituto  dell'affidamento
 in  prova  del condannato dall'autorita' giudiziaria militare risulta
 autonomamente disciplinato con la speciale  normativa  dettata  dalla
 legge   29   aprile   1983,   n.   167,  che,  tra  l'altro,  prevede
 indefettibilmente, per l'adozione del  provvedimento,  l'osservazione
 per almeno un mese nello stabilimento militare di pena (art. 2, primo
 comma,  della  legge  ultima  citata). Consegue da quanto precede che
 alla stregua della vigente normativa l'istanza  principale  inoltrata
 difensore  di  fiducia del Reitano dovrebbe dichiararsi inammissibile
 per difetto delle condizioni di legge.
    3.  -  Peraltro, prima di pervenire alla sopraindicata conclusione
 il  tribunale  ritiene  di  dover   considerare   rilevante   e   non
 manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
 proposta dal difensore dell'instante in via subordinata e, quindi, di
 dover prospettare il dubbio circa la conformita' dell'art.  2,  primo
 comma,  della legge n. 167/1983 agli artt. 3 e 27, terzo comma, della
 Costituzione. In proposito appare  illuminane  la  motivazione  della
 citata  sentenza  13-22  dicembre  1989, n. 569 con la quale la Corte
 costituzionale   ha   dichiarato   l'illegittimita'    costituzionale
 dell'art.  47,  terzo  comma,  della  legge  n.  354/1975, cosi' come
 modificato dall'art. 11 della legge 10 ottobre 1986,  n.  663,  nella
 parte   in   cui  non  prevede  che,  anche  indipendentemente  dalla
 detenzione per espiazione  di  pena  o  per  custodia  cautelare,  il
 condannato  possa essere ammesso all'affidamento in prova al servizio
 sociale se, in presenza delle  altre  condizioni,  abbia  serbato  un
 comportamento  tale  da  consentire  il giudizio di cui al precedente
 secondo comma dello stesso articolo.
    Nella sopraindicata decisione si legge che nel  corso  degli  anni
 l'istituto  dell'affidamento in prova al servizio sociale, cosi' come
 introdotto dall'art. 47 della legge n. 354/1975, ha subito numerose e
 rilevanti  modificazioni  che  ne  hanno  attenuato   gli   originari
 caratteri  provocando una sostanziale trasformazione della sua stessa
 natura. Ed invero, ha  soggiunto  la  Corte,  a  parte  le  modifiche
 intervenute in ordine alla soppressione di talune preclusioni (art. 4
 della legge 12 gennaio 1977, n. 1, e 7 della legge 13 settembre 1982,
 n. 646), gia' con l'art. 4- bis, inserito nel decreto legge 22 aprile
 1985,  n.  144,  al  momento  della conversione nella legge 21 giugno
 1985, n. 297, il periodo di osservazione venne diminuito da tre a  un
 mese,  e  con  l'art.  4-  ter, pure inserito in sede di conversione,
 venne  formulato  l'art.  47-  bis  della  legge  n.  354/1975   che,
 consentendo  al tossicodipendente o alcooldipendente, che avesse gia'
 in corso un programma di recupero, di chiedere l'affidamento in prova
 senza osservazione in  carcere,  ha  sconvolto  la  stessa  filosofia
 dall'istituto  privandolo del suo carattere originario, che lo voleva
 riservato ai detenuti in  espiazione  carceraria.  Ma,  ha  osservato
 ancora  la  Corte, fu, infine, l'art. 11 della legge 10 ottobre 1986,
 n. 663, che riformando totalmente il testo  dell'art.  47,  porto'  a
 termine  l'opera  di  progressiva  demolizione attribuendo alla linea
 generale  dell'istituto  una  natura  ibrida  e  contraddittoria.  Ed
 infatti,  mentre  i  primi due commi del nuovo art. 47 mantenevano in
 sostanza integro l'originario  istituto,  riservato  ai  detenuti  in
 espiazione   carceraria   della   pena,   i   due   commi  successivi
 introducevano una nuova specie  di  affidamento,  che  prescinde  del
 tutto   dall'osservazione   in  carcere  e  la  sposta,  invece,  sul
 comportamento  tenuto  dal  condannato  nel   periodo   di   liberta'
 successivo  ad una eventuale custodia cautelare, di qualsiasi durata.
 A questo punto, prosegue la sentenza della Corte,  deve  evidenziarsi
 che  la  nuova formulazione dell'art. 47, terso comma, ha dato vita a
 gravissimi problemi; ed invero, se il periodo di  custodia  cautelare
 non  serve  all'osservazione  che viene spostata su quello successivo
 della liberta', e se, per questo, non occorre nemmeno  piu'  che  sia
 rispettato   il  termine  di  almeno  un  mese  stabilito  dal  comma
 precedente appare oscuro il significato di questa condizione  che  si
 pone  come  inutile  pesupposto  della  grave  deroga alla disciplina
 generale, rimasta ferma nei primi due commi.
    Una  deroga  che  fa  dell'affidamento  previsto nei commi terzo e
 intermedio, dopo una custodia cautelare, anche di brevissima  durata,
 abbia   tenuto  un  comportamento  tale  da  consentire  un  giudizio
 prognostico favorevole  in  termini  rieducativi.  Ma,  ha  avvertito
 ancora  la  Corte,  l'elemento della custodia cautelare, che dovrebbe
 giustificare il diverso e sfavorevole trattamento riservato a chi non
 ha avuto la ventura di incorrervi, e' privo di  significato  ai  fini
 del   giudizio   di   idoneita'   del   soggetto  alla  rieducazione,
 specialmente quando si  tratti  di  un  periodo  brevissimo;  il  che
 significa  che  e'  anche privo di significato in termini di art. 27,
 terzo comma, della Costituzione. Ed invero, a parte la considerazione
 che la custodia cautelare puo' dipendere  da  varie  e  imprevedibili
 circostanze  (art.  274, lettere a), b) e c del c.p.p.) deve comunque
 rilevarsi che poiche' le misure cautelari coercitive  possono  essere
 applicate soltanto quando si proceda per delitti per i quali la legge
 prevede  la  pena  dell'ergastolo  o  della  reclusione superiore nel
 massimo a tre anni, l'affidamento finirebbe per  essere  riservato  a
 coloro  che,  avendo  commesso  reati  piu' gravi o avendo dimostrato
 maggiore pericolosita', sono stati sottoposti alle  misure  predette.
 Ma,  si legge ancora nella decisione, sembra, difficile sostenere che
 questi posseggano maggiore idoneita' alla rieducazione rispetto a chi
 non abbia sperimentato la custodia cautelare. Ne consegue, ad  avviso
 della   Corte,   che   l'unico   elemento   significativo  rimasto  a
 contraddistinguere la disciplina comune  dell'affidamento,  vuoi  del
 detenuto  in espiazione, vuoi del condannato ancora in liberta', vuoi
 del condannato  tossico  o  alcooldipendente  e'  l'osservazione  del
 comportamento  ai  fini  del  giudizio  prognostico  di idoneita' del
 soggetto alla rieducazione: osservazione che il legislatore ha  ormai
 riconosciuto  poter  utilmene  avvenire  tanto  durante  l'espiazione
 carceraria della pena (47, secondo comma), quanto  in  liberta'  (47,
 terzo  comma, e 47- bis). Pertanto, conclude la sentenza, il punto di
 discrimine incentrato su una custodia cautelare, anche di  brevissima
 durata,  per  ammettere o escludere l'affidamento di chi non si trovi
 in espiazione di pena, si presenta incompatibile con  i  principi  di
 cui agli artt. 3 e 27 della Costituzione.
   4.  - Esposto tutto quanto al punto che precede con l'ampiezza resa
 necessaria  dall'importanza  della  questione  trattata,  osserva  il
 tribunale  che  la  speciale  normativa dettata dalla legge 29 aprile
 1983, n. 147, e' stata introdotta proprio al  fine  di  estendere  al
 condannato    dall'autorita'    giudiziaria    militare,    con   gli
 indispensabili  adattamenti  richiesti  dalla  particolare  finalita'
 della  pena militare, l'istituto previsto dall'art. 47 della legge n.
 354/1975.  Tale  speciale  normativa,  peraltro,  se   si   prescinde
 dall'adeguamento  della  durata  dell'osservazione nello stabilimento
 militare di pena (ridotta da tre mesi a un mese dall'art.  1,  n.  1,
 della  legge  23  dicembre  1986,  n.  897,  in conformita' di quanto
 disposto per l'affidamento al servizio sociale dell'art. 4- bis legge
 21 giugno 1985, n. 297), e' rimasta del tutto estranea all'evoluzione
 dell'istituto   comune,   culminata   con   la    dichiarazione    di
 incostituzionalita'   dell'art.  47,  terzo  comma,  della  legge  n.
 354/1975. Si e' in tal modo venuta a creare, ad avviso del  Collegio,
 una  irragionevole  ed  ingiustificata  disparita'  di trattamento in
 danno del cittadino alle armi. Ed infatti, se e' vero che nella legge
 n.  167/1983  appare  pienamente  giustificata  l'esistenza  di norme
 speciali  dirette  a  realizzare   gli   indispensabili   adattamenti
 richiesti  dalla  specialita'  degli organi giudiziari militari e del
 diritto penale militare, nonche' dalla necessita'  di  distinguere  a
 seconda  che il condannato abbia terminato oppure no il periodo della
 ferma (ad esempio le disposizioni di cui agli artt. 4, 3, 8, e  9  in
 materia   di   competenza,   di   modalita'   per  l'affidamento,  di
 legittimazione  alla  richiesta  del  beneficio,   di   comunicazione
 all'autorita'  di pubblica sicurezza), e' altrettanto vero, ad avviso
 del  tribunale,  che  tali  esigenze  di  specialita'   non   possono
 ragionevolmente  spingersi  fino  al  punto  di  porre  nel  nulla un
 principio di valenza assolutamente  generale  (l'equivalenza,  cioe',
 tra  l'osservazione  durante l'espiazione carceraria e l'osservazione
 in  liberta')  che,  pur   affermato   dalla   Corte   costituzionale
 relativamente  all'istituto comune, sembra dover valere, per evidenti
 ragioni di eguaglianza, anche in ordine  all'istituto  speciale.  Ne'
 pare al tribunale che la indefettibile osservazione intramurale possa
 essere  giustificata  dalla  peculiare  configurazione  dell'istituto
 dell'affidamento in prova del condannato militare che prevede che  lo
 stesso  sia  affidato  non  gia'  al  servizio sociale (per essere da
 questo  controllato  ed  aiutato  a  superare   le   difficolta'   di
 adattamento  alla  vita  sociale)  ma  a  un comando o ente militare,
 ovvero o un ufficio o ente pubblico non militare per  la  prestazione
 di  un  determinato  servizio.  Ed  invero,  sembra  in  proposito al
 collegio che, pure in presenza  di  tale  particolare  configurazione
 dell'istituto,   sufficienti  ad  adeguati  elementi  di  valutazione
 possano  trarsi,  ai  fini  dell'adozione  del  provvedimento,  dalle
 informazioni  degli organi di polizia e dalle risultanze delle visite
 attitudinali eseguite all'atto della selezione. Oltre che con  l'art.
 3  della  Costituzione,  il  tribunale ritiene, infine, che l'art. 2,
 primo comma, della legge 29 aprile 1983, n. 167, confligga anche  con
 l'art.   27,   terzo  comma,  perche',  prevedendo  indefettibilmente
 l'osservazione intramurale per almeno un mese, viene, in sostanza, ad
 eludere  la  finalita'  rieducativa  delle  pene   detentive   e   in
 particolare di quelle meno gravi.
    La  rilevanza della prospettata questione appare evidente perche',
 ove si ritenesse  indispensabile  l'osservazione  nello  stabilimento
 militare di pena, l'istanza dovrebbe essere dichiarata inammissibile.
                               P. Q. M.
    Sentite  le  richieste  delle  parti  che  hanno  concluso come da
 verbale;
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Solleva la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  2,
 primo  comma,  della  legge  29  aprile 1983, n. 167, come sostituito
 dall'art. 1, n. 1, della legge 23 dicembre 1986, n. 897, nella  parte
 in  cui non prevede che, anche indipendentemente dalla detenzione per
 espiazione di pena o per  custodia  cautelare,  il  condannato  possa
 essere  ammesso  all'affidamento in prova, se in presenza delle altre
 condizioni, abbia serbato un  comportamento  tale  da  consentire  il
 giudizio  di  cui  al medesimo art. 2, primo comma, in relazione agli
 artt. 3  e  27,  terzo  comma,  della  Costituzione,  ritenendo  tale
 questione rilevante e non manifestamente infondata;
    Ordina  la  trasmissione  degli  atti  alla Corte costituzionale e
 sospende il giudizio in corso;
    Dispone  inoltre  che,  a  cura  della  cancelleria,  la  presente
 ordinanza  sia  notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e
 comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Roma, addi' 13 maggio 1991
                   Il presidente estensore: FABRETTI
                              Il collaboratore di cancelleria: LAVEZZO
    Depositata in cancelleria il 17 maggio 1991.
    La presente ordinanza, ai sensi dell'art. 23 della legge 11  marzo
 1953,  n.  87, e' stata notificata al condannato il 3 giugno 1991; al
 Presidente del Consiglio dei Ministri il 24 maggio 1991, e comunicata
 al Presidente della Camera dei deputati,  al  Presidente  del  Senato
 della Repubblica il 24 maggio 1991 e 27 maggio 1991.
                              Il collaboratore di cancelleria: LAVEZZO
 91C0887