N. 334 ORDINANZA 10 - 11 luglio 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale  - Reati perseguibili a querela di parte - Sequestro
 preventivo - Potere del g.i.p. di disporlo  solo  su  iniziativa  del
 p.m.  e  non  su  istanza della persona offesa querelante - Lamentata
 violazione  del  diritto  di  difesa  -  Insussistenza  -   Manifesta
 infondatezza della questione.
 
 (C.P.P., art. 321).
 
 (Cost., art. 24).
(GU n.29 del 24-7-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Ettore GALLO;
 Giudici: prof. Aldo CORASANITI, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele
    PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco Paolo CASAVOLA,
    prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.  Mauro
    FERRI,  prof.  Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato
    GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 321  del  codice
 di procedura penale, promossi con n. 2 ordinanze emesse il 19 gennaio
 1991  dal  Giudice  per  le indagini preliminari presso la Pretura di
 Cosenza, iscritte rispettivamente ai  nn.  157  e  158  del  registro
 ordinanze 1991 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  22  maggio  1991  il  Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
    Ritenuto  che,  il  Giudice  per le indagini preliminari presso la
 Pretura di Cosenza, con due ordinanze di identico contenuto emesse in
 data 19 gennaio 1991, ha sollevato, in riferimento all'art. 24  della
 Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 321
 del codice di procedura penale;
      che la norma impugnata viene censurata nella parte in  cui,  non
 prevedendo  che,  nei  reati  perseguibili a querela, la richiesta di
 sequestro preventivo possa  essere  presentata  anche  dalla  persona
 offesa       querelante,      ne      violerebbe      il      diritto
 costituzionalmentegarantito alla tutela giurisdizionale;
      che  il  giudice  a  quo,  escludendo  che   nella   fattispecie
 sottoposta  al  suo  esame,  ricorrano  i presupposti per disporre il
 sequestro probatorio e condividendo  l'orientamento  della  Corte  di
 cassazione  che, in base al tenore letterale dell'art. 321 del codice
 di procedura  penale,  esclude  la  possibilita'  per  il  g.i.p.  di
 decidere  in  ordine  al  sequestro  preventivo  se  non su esclusiva
 richiesta del p.m., ritiene che, nei reati la cui  procedibilita'  e'
 rimessa   alla  volonta'  dei  privati,  la  richiesta  di  sequestro
 preventivo  non  puo'  rientrare  nell'esclusiva  disponibilita'  del
 pubblico ministero che e' parte;
      che, sempre ad avviso del giudice rimettente, il relativo potere
 andrebbe,   invece,   riconosciuto   anche   al  privato,  dalla  cui
 manifestazione di volonta' dipende l'esercizio dell'azione penale,  e
 la   cui   tutela   giurisdizionale,  garantita  dall'art.  24  della
 Costituzione, risulta  fortemente  limitata  dalla  norma  impugnata,
 soprattutto  in  relazione  agli  effetti  che la misura cautelare in
 questione  sarebbe  in  grado  di  offrirgli,  facendo   cessare   la
 situazione  di  illiceita'  che  lo  aveva  indotto  a  presentare la
 querela;
     che   nel   giudizio   cosi'   promosso  ha  spiegato  intervento
 l'Avvocatura  generale  dello  Stato  rilevando  anzitutto  che,  non
 essendo  stata  presentata  al  giudice  a  quo  alcuna  richiesta di
 sequestro  preventivo,  l'eventuale  accoglimento   della   questione
 risulterebbe irrilevante ai fini del decidere;
      che,  nel  merito,  l'interveniente  ha  poi  osservato  che  il
 fondamento dell'istituto in esame consiste  nell'esigenza  di  tutela
 della   collettivita'   in   relazione  al  protrarsi  dell'attivita'
 criminosa e dei suoi effetti, e pertanto, ogni iniziativa al riguardo
 non potrebbe che spettare, in via esclusiva, al  pubblico  ministero,
 mentre  la  circostanza  che  l'adozione della misura possa risultare
 utile anche al soddisfacimento degli interessi della  persona  offesa
 non potrebbe avere alcun rilievo;
      che,   peraltro,   con   specifico  riferimento  alla  posizione
 processuale del querelante, la questione apparirebbe del tutto  priva
 di  fondamento,  dal  momento  che, nei reati perseguibili a querela,
 l'interesse leso dalla condotta antigiuridica non sarebbe  certamente
 meritevole di una maggiore tutela;
    Considerato  che  l'eccezione  di inammissibilita', per difetto di
 rilevanza, sollevata dall'interveniente non ha fondamento, poiche' la
 concreta   valutazione   dei   presupposti   per   l'emanazione   del
 provvedimento spetta al giudice a quo, che l'ha evidentemente operata
 in relazione a quell'istanza di sequestro che - dall'esame degli atti
 - risulta presentata contestualmente alla proposizione della querela;
      che,  per  quanto  attiene  invece  al  merito  della questione,
 l'esercizio del potere di sequestro preventivo,  essendo  finalizzato
 ad  interrompere  l'iter  criminoso o ad impedirne la progressione, e
 quindi ispirato ad un'evidente ratio di prevenzione  del  reato,  non
 puo'  che  spettare  al  pubblico  ministero, che e' bensi' parte, ma
 parte pubblica (vedi sentt. nn. 190 e 88 del 1991);
      che la predetta esigenza  "di  tutela  della  collettivita'  con
 riferimento al protrarsi dell'attivita' criminosa e dei suoi effetti"
 (relazione  al  Progetto  preliminare del codice di procedura penale)
 non puo' ontologicamente confondersi con l'eventuale interesse  della
 parte offesa querelante alla cessazione della situazione di illecito,
 che non sempre sussiste e che comunque e' ben distinto dall'interesse
 manifestato   -   attraverso   la   presentazione   della  querela  -
 all'esercizio dell'azione penale nei confronti dell'autore del reato;
      che  la  mancata  inclusione  della  tutela  di  tale  interesse
 nell'ambito  delle  finalita'  perseguite dall'istituto del sequestro
 preventivo e' questione che attiene alle scelte del legislatore e, in
 ogni caso, non viola l'invocato parametro costituzionale, sia perche'
 il  predetto  interesse  non  deve  necessariamente  trovare  la  sua
 garanzia, seppure indiretta, negli strumenti del processo penale, sia
 perche'   appare  comunque  sufficientemente  tutelato  dalle  misure
 cautelari esperibili nel processo civile;
      che,   pertanto,   la   sollevata   questione   va    dichiarata
 manifestamente infondata;
    Visti  gli  artt. 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, comma secondo, delle norme integrative per i giudizi davanti
 la Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale  dell'art.  321  del  codice  di   procedura   penale,
 sollevata,  in  riferimento  all'art.  24,  della  Costituzione,  dal
 Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Cosenza, con
 l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 10 luglio 1991.
                         Il Presidente: GALLO
                       Il redattore: CAIANIELLO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria l'11 luglio 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 91C0907