N. 531 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 aprile 1991
N. 531 Ordinanza emessa il 4 aprile 1991 dal tribunale amministrativo regionale della Liguria sui ricorsi riuniti proposti da Gasparini Alessandro contro il Ministero delle finanze ed altri Forze armate - Procedimento disciplinare - Nomina del difensore di fiducia - Possibilita' di sceglierlo solo fra i militari appartenenti al Corpo cui e' preposto il comandante legittimato ad irrogare la sanzione - Sussistenza di un rapporto gerarchico tra il difensore ed il comandante decidente con conseguente incidenza sullo svolgimento obiettivo del mandato - Prospettata violazione del principio della imparzialita' della pubblica amministrazione. (Legge 11 luglio 1978, n. 382, art. 15, secondo comma). (Cost., art. 97).(GU n.34 del 28-8-1991 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi nn. 1576/1988 e 608/1989 r.g.r. proposti da Gasparini Alessandro, elettivamente domiciliato in Genova, via Palestro 3/4 presso l'avv. Franco Batistoni Ferrara, che lo rappresenta e difende per mandato a margine dei ricorsi, unitamente all'avv. Alfredo Galasso, ricorrente, contro: il Ministero delle finanze e il Ministero della difesa, in persona dei rispettivi Ministri in carica; comando generale della guardia delle finanze; comandante della zona ligure della guardia di finanza; comandante del nucleo regionale di polizia tributaria della guardia di finanza, tutti domiciliati in Genova, viale Brigate Partigiane 2 presso l'avvocatura dello Stato che la rappresenta e difende ex lege, resistenti, per l'annullamento: quanto al ricorso n. 1576/1988 del provvedimento in data 4 novembre 1988 del comandante del nucleo regionale di polizia tributaria della guardia di finanza di Genova, con il quale e' stata inflitta al ricorrente la sanzione disciplinare di giorni 7 (sette) di consegna di rigore; quanto al ricorso n. 608/1989, del provvedimento in data 16 gennaio 1989 del comandante della zona ligure della guardia di finanza con il quale e' stato respinto il ricorso gerarchico proposto dal ricorrente contro il provvedimento in data 4 novembre 1988, con il quale gli e' stata inflitta la sanzione disciplinare di giorni 7 (sette) di consegna di rigore; Visti i ricorsi con i seguenti allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello Stato; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza del 4 aprile 1991, la relazione del referendario R. Prosperi e uditi, altresi', l'avv. F. Batistoni Ferrara per il ricorrente e l'avv. dello Stato G. Novaresi pe le Amministrazioni resistenti; Ritenuto e considerato quanto segue; ESPOSIZIONE DEL FATTO Con ricorso notificato il 12 febbraio 1988, il maresciallo capo in servizio presso il nucleo regionale di polizia tributaria della guardia di finanza di Genova impugnava, chiedendone l'annullamento, il provvedimento in data 4 novembre 1988 con il quale il comandante del nucleo regionale di polizia tributaria della guardia di finanza di Genova aveva inflitto al ricorrente la sanzione disciplinare di giorni 7 (sette) di consegna di rigore con la conseguente trascrizione di tale atto nella documentazione personale. Premetteva in fatto il ricorrente di aver partecipato nei giorni 7 e 8 ottobre 1988, a Bologna, ad un convegno indetto dal sindacato unitario lavoratori di polizia e dal coordinamento per la riforma della guardia di finanza sul tema della riforma delle polizie. In rappresentanza di tale coordinamento il sig. Gasperini ebbe a leggere una relazione senza qualificarsi come appartenente alla guardia di finanza e in borghese. Per il contenuto di tale relazione, in chiave politico-sindacale molto critica, veniva inflitta al ricorrente la sanzione disciplinare qui impugnata. Contro tale provvedimento il Gasparini aveva altresi' proposto ricorso gerarchico dato il disposto dell'art. 16 secondo comma della legge n. 382/1978, prevedente l'inimpugnabilita' giurisdizionale degli atti non definitivi in materia di disciplina militare. Il ricorrente sollevava quindi eccezione di legittimita' costituzionale in riferimento agli artt. 13 e 113 della Costituzione nell'eventualita' di una dichiarazione di inammissibilita' del ricorso dell'art. 16, secondo comma, della legge 382/1978. Tale norma costituirebbe un eccessivo aggravio per la tutela giurisdizionale avverso provvedimenti disciplinari e renderebbe la tutela cautelare della liberta' personale del militare punito, il quale dovrebbe sempre scontare senza difesa immediata consegne semplici e consegne di rigore. A sostegno dell'impugnativa il ricorrente deduceva quindi i seguenti motivi: 1) violazione di legge: art. 5 della legge 11 luglio 1978, n. 382 e difetto di motivazione: l'art. 5 della legge n. 382/1978 prevede che il regolamento di disciplina si applichi in relazione all'osservanza "dei doveri inerenti al giuramento prestato, al grado, alla tutela del segreto e al dovuto riserbo sulle questioni militari" ed inoltre ad altre ipotesi determinate. Poiche' il ricorrente, nel suo intervento al convegno non era in divisa, ne' si e' qualificato come appartenente al corpo e nemmeno gli e' stata contestata una violazione dei doveri inerenti al giuramento, al grado, al segreto o al riserbo sulle questioni militari, non si ravvisano quelle ipotesi determinate nel regolamento che sanzionerebbero solo un lecito diritto di critica; 2) violazione di legge: art. 9, primo comma, della legge n. 382/1978, art. 33 reg. disciplina: poiche' i militari possono sempre manifestare il proprio pensiero, tranne per gli argomenti riservati per i quali deve essere chiesta autorizzazione, si puo' ritenere che sia stato compresso illegittimamente un diritto costituzionale garantito. L'argomento del convegno riguardava infatti questioni politico-sindacali, quindi non riservate e riconducibili a liberta' di tutti i cittadini; 3) violazione di legge: art. 15 legge n. 382/1978, art. 66, secondo comma, reg. di disciplina: al maresciallo Gasparini era stato contestato "di aver esposto fatti, notizie e considerazioni in chiave fortemente critica e comunque totalmente negativa nei confronti del corpo". La sanzione e' stata poi emessa causa "alcune espressioni gravemente lesive del prestigio e della reputazione del corpo di appartenenza", e percio' per fatti non precedentemente contestati; 4) violazione di legge: art. 15, secondo comma, della legge 382/1978 e art. 68, primo comma, reg. di disciplina militare. Illegittimita' costituzionale dell'art. 15, secondo comma, legge n. 382/1978 se interpretato nel senso che esso limiti la scelta del difensore a militare appartenente al corpo cui e' preposto il comandante legittimato ad infliggere la sanzione anziche' all'intera guardia di finanza: il maresciallo Gasparini aveva indicato come proprio difensore nel procedimento disciplinare il vice brigadiere Traverso in servizio presso altro reparto e tale nomina era stata ritenuta sulla causa le norme sopraindicate. Tale interpretazione e' contraria al principio di imparzialita' di cui all'art. 97 della Costituzione dato il rapporto di subordinazione tra il difensore ed il decidente; 5) illegittimita' costituzionale dell'art. 14, secondo, terzo e quarto comma e dell'art. 15 ultimo comma legge n. 382/1978 per contrasto con l'art. 13 secondo comma della Costituzione: le sanzioni della consegna e della consegna di rigore previste dall'art. 14 della legge n. 382/1978 costituiscono limitazioni della liberta' personale e vengono irrogate tramite procedimento amministrativo senza l'intervento dell'Autorita' giudiziaria. Il che e' palesemente in contrasto con quanto disposto dall'art. 13 della Costituzione circa la riserva di provvedimento giurisdizionale per le limitazioni sopradette. Il ricorrente concludeva, pertanto, chiedendo l'accoglimento del ricorso vinte le spese di causa. Con il successivo ricorso n. 608/1989 notificato l'8 marzo 1989 il maresciallo Alessandro Gasparini impugnava il provvedimento in data 16 gennaio 1989 del comandante della zona ligure della guardia di finanza con il quale era stato respinto il ricorso gerarchico proposto dal ricorrente il 4 novembre 1988 avverso la sanzione disciplinare medesima, deducendo motivi gia' formulati per il primo ricorso e riportati sub 1), 2) 3) e 5). Il ricorrente concludeva, pertanto, chiedendo l'accoglimento del ricorso vinte le spese di causa. Il Ministero delle finanze ed il ministero della difesa, costituitisi in giudizio, hanno eccepito l'inammissibilita' del primo ricorso e comunque la complessiva infondatezza di ambedue le impugnative. Chiamati all'odierna pubblica udienza, i ricorsi sono stati trattenuti per la decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE Stante l'evidente connessione, i ricorsi possono essere riuniti e decisi con un'unica pronuncia. Il tribunale, rigettata la questione di legittimita' costituzionale sollevata dal ricorrente in ordine all'ammissibilita' del primo ricorso, lo ha dichiarato inammissibile, perche' proposto senza la necessaria presentazione del preventivo ricorso gerarchico ai sensi dell'art. 16, secondo comma, della legge n. 382/1978. Cio' premesso, in ordine al secondo ricorso il collegio ritiene invece di sollevare d'ufficio, perche' non manifestamente infondata, la questione di costituzionalita' prospettata dal ricorrente con il quarto motivo del primo ricorso, circa l'art. 15, secondo comma, della legge n. 382/1978 in riferimento all'art. 97, primo comma della Costituzione, per la parte in cui si preclude al militare sottoposto a procedimento disciplinare, di indicare come difensore nel procedimento stesso altro militare non appartenente al proprio ente. Infattti il maresciallo Gasparini aveva nominato proprio difensore ai sensi dell'art. 15, secondo comma, della legge n. 382/1978, un sottufficiale in forza alla Brigata della guardia di finanza di Busalla, ma tale nomina era stata ritenuta nulla dal comandante del nucleo regionale presso il quale il ricorrente presta servizio e nel cui ambito lo stesso procedimento doveva svolgersi, con conseguente nomina d'ufficio di altro difensore. Effettivamente l'interpretazione data all'inciso di cui all'art. 15, secondo comma del comandante del nucleo appare corretta, poiche' laddove norme di legge indichino le dizioni di "Corpo" o "Ente" questi devono intendersi le unita' tipiche delle F.F.A.A. comunemente definite "reparto" ed aventi la consistenza di battaglione o di gruppo al comando di un colonnello o tenente colonnello e tra quali puo' appunto farsi rientrare il nucleo regionale di polizia tributaria di cui alla fattispecie concreta. Conseguenza logica pertanto e' che il difensore del militare nel procedimento disciplinare e' necessariamente subordinato in via gerarchica al comandante dell'ente, vale a dire l'autorita' decidente che, udita la commissione appositamente formata, infligge la sanzione disciplinare. La stessa legge n. 382/1978 si da' effettivamente carico della posizione particolare rivestita dal militare difensore e per lo stesso prevede una sorta di guarentigia, costituita dal divieto di irrogare sanzioni per fatti che rientrano nell'espletamento del mandato ed inoltre lo stesso regolamento di esecuzione - d.P.R. n. 545/1986 - all'art. 68 quinto comma la dispensa del servizio per il tempo necessario all'adempimento di tali funzioni. Non sembra pero' che tali disposizioni possano essere sufficienti a garantire l'efficace espletamento delle funzioni di difensore, anche se all'interno di un procedimento non giurisdizionale, poiche' le funzioni suesposte implicano che il difensore abbia a pronunciarsi sullo svolgimento di vicende che - dati i rapporti umani che si vengono a creare nell'ambito militare e di reparto - possonoavere a volte contenuto assai aspro. E' dubbio infatti che l'essere svincolato parzialmente e momentaneamente da taluni vincoli gerarchici sia sufficiente ad assicurare al difensore una serenita' tale da permettergli lo svolgimento obiettivo del mandato. Per non citare poi i casi in cui il militare si sia posto, date le vicende che danno causa al procedimento, in contrasto con tutti i commilitoni di reparto, tanto da non individuare tra questi un difensore adeguato. Poiche' l'imparzialita' della p.a. di cui all'art. 97, primo comma, della Costituzione richiede che vengano poste una serie di regole procedimentali della condotta amministrativa necessarie ad assicurare un'esatta valutazione degli interessi interferenti sulla decisione da adottare, cosi' da poter procedere sulla base di principi di congruenza e ragionevolezza sino alla decisione finale, non sembra che tutto questo possa essere pienamente assicurato dalla previsione di cui all'art. 15 della legge n. 382/1978. E va anche detto che tali previsioni non rispondono logicamente al fatto che le c.d. sanzioni di corpo si esauriscano tutte nella vita di reparto. Al contrario, sotto un punto di vista soggettivo, le sanzioni di corpo possono essere inflitte dal superiore anche nei confronti di subordinati effettivi in altri corpi o enti e solo aggregati presso il reparto del comandante decidente e da un punto di vista oggettivo le stesse sanzioni si riflettono, sia pure indirettamente, sullo stato del militare e possono certamente influenzare le valutazioni da esprimere ad es. al momento di promozioni o consimili. Le sanzioni di corpo si riflettono percio' nel piu' ampio rapporto intercorrente tra militare punito e Forza armata di appartenenza. Per le suesposte considerazioni, va riconosciuta la rilevanza, ai fini della decisione del ricorso, e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15, secondo comma, della legge 11 luglio 1978, n. 382, in riferimento all'art. 97, primo comma, della Costituzione nella parte in cui preclude al militare sottoposto a procedimento disciplinare di indicare come difensore nel procedimento stesso altro militare non appartenente all'ente medesimo. Deve quindi disporsi la sospensione del giudizio e la rimessione della questione all'esame della Corte costituzionale ai sensi dell'art. 134 della Costituzione, dell'art. 1 della legge costituzionale n. 1 del 1948 e dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
P. Q. M. Riservata ogni ulteriore pronunzia visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dispone la sospensione del giudizio e l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale perche' si pronunci sulla questione di legittimita' costituzionale come sopra formulata ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati. Cosi' deciso in Genova, nella camera di consiglio del 4 aprile 1991. Il presidente: VIVENZIO Il consigliere: FRANCO Il referendario estensore: PROSPERI 91C0999