N. 32 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 28 agosto 1991

                                 N. 32
 Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 28 agosto 1991 (della provincia autonoma di Trento)
 Minori - Provincia autonoma di Trento - Interventi in favore di
    soggetti a rischio di  coinvolgimento  in  attivita'  criminose  -
    Invasione  di competenze esclusive dalla provincia - Lesione della
    potesta'  legislativa  primaria  e  secondaria  -  Erogazione   di
    contributi   -   Esclusiva   competenza  provinciale  anche  nelle
    modalita' di riparto.
 (Legge 19 luglio 1991, n. 216, artt. 1, 2, 3 e 6).
 (Statuto speciale T.-A.A., artt. 8, 9 e 16).
(GU n.35 del 4-9-1991 )
    Ricorso della provincia autonoma di Trento, in  persona  del  vice
 presidente  pro-tempore  della  giunta  dott.  Walter Micheli, a cio'
 autorizzato con delibera di  giunta  n.  10227  del  7  agosto  1991,
 rappresentato  e  difeso  giusta  mandato da lui conferito, con firma
 autenticata dal notaio dott. Mot, repertorio n. 56714  del  9  agosto
 1991  dall'avv.  prof.  Umberto  Pototschnig  e  dall'avv.  Vitaliano
 Lorenzoni ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo  in  Roma,
 via Alessandria, 130, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri
 pro-tempore,  elettivamente  domiciliato in Roma, presso l'Avvocatura
 generale  dello  Stato,  per  la  dichiarazione   di   illegittimita'
 costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 6 della legge 19 luglio 1991, n.
 216,  intitolata  "Primi  interventi  a  favore dei minori soggetti a
 rischio di coinvolgimento in attivita' criminose" e pubblicata  nella
 Gazzetta Ufficiale n. 171 del 23 luglio 1991, in relazione agli artt.
 8, 9 e 16 dello statuto speciale per il T.-A.A., approvato con d.P.R.
 31 agosto 1972, n. 670.
    Nella Gazzetta Ufficiale del 23 luglio 1991 e' stata pubblicata la
 legge  19 luglio 1991, n. 216, intitolata "Primi interventi in favore
 dei  minori  soggetti  a  rischio  di  coinvolgimento  in   attivita'
 criminose". Essa cosi' dispone:
    Art.   1.   -   "(1)   Al  fine  di  fronteggiare  il  rischio  di
 coinvolgimento dei minori in attivita' criminose, la  Presidenza  del
 Consiglio  dei  Ministri, dipartimento per gli affari sociali, tenuto
 conto della situazione eccezionale determinatasi nel Paese,  sostiene
 iniziative  volte  a  tutelare e favorire la crescita, la maturazione
 individuale e la socializzazione della persona  di  eta'  minore,  al
 fine di eliminare le condizioni di disaggio mediante:
      a)  l'attivita'  di  comunita'  di  accoglienza dei minori per i
 quali si sia reso necessario l'allontanamento temporaneo  dall'ambito
 familiare;
       b)  l'attuazione di interventi a sostegno delle famiglie, anche
 dopo il rienserimento del minore a seguito della  eliminazione  della
 situazione   di  rischio  in  particolare  per  l'assolvimento  degli
 obblighi scolastici;
      c) l'attivita' di centri di incontro e di iniziativa di presenza
 sociale nei quartieri a rischio;
      d) l'attuazione di interventi da realizzare, previo accordo  con
 le  competenti  autorita'  scolastiche  e  in  base  ad indirizzi del
 Ministro  della  pubblica  istruzione  nell'ambito  delle   strutture
 scolastiche  in  orari non dedicati all'attivita' istituzionale o nel
 periodo estivo.
    (2) Il collocamento dei minori  fuori  della  loro  famiglia  puo'
 essere  disposto  dal  tribunale  per  i  minorenni,  ai  sensi degli
 articoli 330, 333 e  336  del  codice  civile,  su  segnalazione  dei
 servizi  sociali,  degli enti locali, delle istituzioni scolastiche e
 dell'autorita' di pubblica sicurezza".
    Art. 2. - (1) Ai comuni, alle province,  ai  loro  consorzi,  alle
 comunita'  montane,  nonche' ad enti, organizzazioni di volontariato,
 associazioni e cooperative di solidarieta' sociale che operino  senza
 scopo  di  lucro nelle attivita' e con le specifiche finalita' di cui
 all'art. 1, primo comma, nel rispetto dell'equilibrato sviluppo della
 personalita' dei minori, sono destinati contributi a carico del fondo
 di cui all'articolo 1.
    (2) I contributi sono erogati previa dimostrazione  dell'effettiva
 realizzazione delle iniziative e dei servizi, sui quali l'ente locale
 competente per territorio ha espresso il parere.
    (3) Gli enti, le organizzazioni di volontariato, le associazioni e
 le  cooperative  di  solidarieta' sociale sono tenuti a trasmettere i
 propri bilanci e una relazione sull'attivita' svolta alla commissione
 di cui al quinto comma.
    (4) I contributi destinati ai comuni,  ai  loro  consorzi  e  alle
 comunita'  montane, previa relazione sulla rispondenza alle effettive
 esigenze del territorio e sulla corrispondenza ai  criteri  elaborati
 dalla  commissione  di  cui  al  quinto comma, possono essere erogati
 anche per l'avvio di nuove iniziative.
    (5) I contributi vengono ripartiti sulla base dei  criteri  e  dei
 requisiti  determinati  da  apposita  commissione istituita presso la
 Presidenza del Consiglio dei Ministri con decreto  del  Ministro  per
 gli  affari  sociali, il quale la presiede personalmente o a mezzo di
 suo delegato, scelto  tra  gli  esperti  o  tra  i  funzionari  della
 Presidenza del Consiglio dei Ministri. La commissione e' composta dal
 presidente,  da  un  funzionario  della  Presidenza del Consiglio dei
 Ministri  con  funzioni  di  segretario,  da  un  rappresentante  per
 ciascuno  dei  Ministeri  dell'interno, di grazia e giustizia e della
 pubblica  istruzione,  da  tre  docenti  universitari  esperti  nelle
 problematiche  dell'eta'  evolutiva  designati  dal  Ministro per gli
 affari sociali, nonche' da tre rappresentanti  delle  regioni  e  tre
 rappresentanti  dei  comuni,  designati rispettivamente, entro trenta
 giorni dalla data di entrata in vigore della  presente  legge,  dalla
 Conferenza  permanente  per  i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
 province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  e   dall'Associazione
 nazionale  dei  comuni  italiani.  La commissione formula al Ministro
 dell'interno la proposta riguardante la  concessione  dei  contributi
 riferiti alle domande presentate.
    (6)  Il  Ministro  dell'interno,  con  proprio decreto, dispone il
 finanziamento entro il termine di trenta  giorni  dalla  formulazione
 della proposta.
    (7)   La  documentazione  e  la  domanda  da  parte  dei  soggetti
 destinatari dei contributi di cui al primo comma  sono  inoltrate,  a
 cura  del  comune  e  per  il tramite della prefettura competente per
 territorio, entro il 30 marzo di ciascun anno".
    Art. 3. - (1) Per l'erogazione  dei  contributi  e'  istituito  un
 apposito  fondo  per  il  triennio  1991-1993  per  lo sviluppo degli
 investimenti sociali, aggiuntivo rispetto ai fondi previsti dall'art.
 2 del d.-l. 28 dicembre 1989, n. 415, convertito, con  modificazioni,
 dalla  legge  28  febbraio  1990,  n.  38.  La dotazione del fondo e'
 determinata in lire 25.000 milioni per l'anno 1991 ed in lire  50.000
 milioni per gli anni 1992 e 1993.
    (2)  A  valere  sul  fondo  di  cui  al  primo  comma  il Ministro
 dell'interno eroga i finanziamenti stabiliti con il  decreto  di  cui
 all'art. 2, sesto comma".
    Art.  6.  -  "(1)  Le regioni, le province autonome di Trento e di
 Bolzano, gli enti locali  e  i  loro  enti  strumentali  e  ausiliari
 possono  concedere  in uso gratuito agli enti, alle organizzazioni di
 volontariato ed alle associazioni beni immobili  di  loro  proprieta'
 con vincolo di destinazione alle attivita' di cui all'art. 1.
    (2) L'uso e' disciplinato con apposita convenzione che ne fissa la
 durata,  stabilisce  le  modalita'  di  autorizzazione  ad  apportare
 modificazioni o addizioni al bene".
    Per le ragioni che subito si diranno, la provincia ritiene che  le
 disposizioni   qui   riportate  siano  ingiustamente  invasive  della
 competenza  costituzionalmente  assegnatale,   in   particolare   per
 violazione  e  falsa applicazione degli artt. 8, 9 e 16 dello statuto
 speciale  per  il  T.-A.A.,  nonche'  del  principio   di   autonomia
 finanziaria  della  provincia.  Essa pertanto le impugna col presente
 atto per i seguenti motivi di
                             D I R I T T O
    1. - Violazione e falsa applicazione degli artt. 8, 9 e  16  dello
 statuto  speciale  per  il  T.-A.A.,  anche in relazione al d.P.R. 31
 agosto 1972, n. 670, al d.P.R. 1º novembre 1973, n. 687 e  al  d.P.R.
 15 luglio 1988, n. 405.
    In  base  a  queste  norme  la  provincia  autonoma  di  Trento ha
 competenza primaria in materia di assistenza e beneficienza pubblica,
 di assistenza  scolastica,  di  attivita'  artistiche,  culturali  ed
 educative  locali.  Ha competenza secondaria in materia di istruzione
 elementare e secondaria. La provincia di Trento assomma cosi'  in  se
 stessa  tutte  le  diverse  competenze che dovranno essere mobilitate
 dalla  nuova  legge  19  luglio  1991,  n.  216  (salvo  soltanto  il
 collocamento dei minori fuori della loro famiglia, che  e'  riservato
 al tribunale per i minorenni).
    Cio'  nonostante  questa  legge  ignora  totalmente  la  provincia
 autonoma, come quella delle regioni  (sia  a  statuto  speciali,  che
 quelle  a  statuto ordinario). (Tamquam non essent.. .. ..). L'intero
 "progetto" delineato dalla  legge  n.  216  e'  rivolto  infatti  "ai
 comuni,  alle  province,  ai  loro consorzi, alle comunita' montane -
 nonche' (lo dice testualmente l'art. 2) ad  enti,  organizzazioni  di
 volontariato,  associazioni  e  cooperative di solidarieta' sociale".
 Passa dunque sulla testa delle  regioni  e  delle  province  autonome
 senza  neppure sfiorarle, non riservando loro nessun potere autonomo,
 ne'   nella   concessione   dei   singoli   contributi,   ne'   nella
 determinazione dei criteri e dei requisiti che vi devono presiedere e
 neppure  -  a livello piu' basso - nell'inoltro delle domande e della
 documentazione (in occasione del quale si sarebbe potuto supporre che
 le regioni e le province autonome sarebbero  potute  intervenire  con
 proprie valutazioni).
    Infatti  l'organo  cui  spetta la responsabilita' di vertice delle
 iniziative  volute  dalla  legge  n.  216/1991  e'   costituito   dal
 dipartimento  per  gli affari sociali, istituito presso la Presidenza
 del Consiglio (art. 1). Analogamente l'organo cui spetta disporre  il
 finanziamento  delle  iniziative e' il Ministro dell'interno (art. 2,
 sesto comma) (e art. 3, secondo comma). Ancora: l'organo  cui  spetta
 stabilire gli indirizzi per l'attuazione degli interventi nell'ambito
 delle  strutture  scolastiche  in orario non destinato alla attivita'
 istituzionale o nel periodo estivo, e'  il  Ministro  della  pubblica
 istruzione.  E'  altresi'  di  appartenenza  allo  Stato  l'"apposita
 commissione" prevista dall'art.  2,  quinto  comma,  della  legge  n.
 216/1991, istituita per la determinazione dei criteri e dei requisiti
 necessari  per  ottenere  i  contributi  promessi  e per formulare al
 Ministro dell'interno la  proposta  riguardante  la  concessione  dei
 contributi.  Vero  e'  che di questa commissione fanno parte, a norma
 dell'art. 2, quinto comma, anche tre rappresentanti delle regioni. Ma
 e' pure vero:
      a) che, sebbene la  loro  designazione  spetti  alla  Conferenza
 permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province
 autonome, la norma e' tale da non assicurare una rappresentanza delle
 province autonome;
      b) che tale rappresentanza e' comunque assolutamente minoritaria
 (tre membri su un tale di 14);
      c) che trattandosi di una rappresentanza avente il medesimo peso
 di quella  assicurata  ai  comuni,  non  le  si  puo'  attribuire  un
 significato  particolare,  legato  alla peculiarita' delle competenze
 regionali. Quanto poi alla obiezione secondo cui negli  organi  misti
 Stato-regioni,  ben  si  puo'  ammettere  una  presenza  marcatamente
 minoritaria di queste ultime, va tenuto presente  che  questa  regola
 vale  per  la  realizzazione  dei casi di leale collaborazione, e non
 anche, come nel caso in esame, quando la competenza e' tutta  e  solo
 della regione o della provincia autonoma.
    In  conclusione:  le  regioni  e  le  due  province  autonome  non
 compaiono dunque in nessuna fase e in nessun momento di  applicazione
 della  legge, ne' per le iniziative degli enti locali, ne' per quelle
 dei restanti enti od  organizzazioni  ricompresi  tra  i  destinatari
 della  legge.  Questo  fatto  e' tanto piu' grave ed offensivo per le
 regioni e per le province autonome se si considera che all'"ente  lo-
 cale  competente  per  territorio  la  legge  (art. 2, secondo comma)
 chiede invece espressamente di formulare un "parere" sulla  effettiva
 realizzazione  dell'iniziativa  e dei servizi. Mentre nulla di simile
 viene riconosciuto alle regioni e alle due province autonome, con  la
 ovvia conseguenze che viene a mancare, per la politica dei contributi
 da  concedere ai fini della legge n. 216, ogni valutazione di sintesi
 a livello regionale: e cioe' proprio a quel livello  istituzionale  e
 ad   opera   di  quella  autorita'  cui  spettano  il  governo  e  la
 programmazione degli interventi nel settore.
    Non si puo' negare che la legge n. 216/1991 attiene  ad  attivita'
 che,  almeno  nel  loro  nucleo  fondamentale,  rientrano  tra quelle
 tipiche dell'assistenza sociale, venendo anzi a coincidere con quelle
 che  l'originaria  formula  statutaria  ha  chiamato  "assistenza   e
 beneficienza pubblica. In questo senso soccorre anche un dato formale
 e  cioe' il coinvolgimento, quale responsabile primo degli interventi
 della legge il dipartimento per gli affari sociali.
    Ma decisiva, per l'interpretazione della legge e'  soprattutto  la
 indicazione  degli  obiettivi  e  degli  strumenti.  Quanto ai primi,
 bastera' ricordare che la legge n.  216/1991  li  definisce  mettendo
 l'accento  da un lato (pars destruens) sulle esigenze di eliminare le
 condizioni  di  disagio  del  minore,  dall'altro  (pars  construens)
 sull'esigenza  di  tutelare  e  favorire  la crescita, la maturazione
 individuale e  la  socializzazione  delle  persone  di  eta'  minore.
 Obiettivo,  questo,  che non si differenza in nulla, sostanzialmente,
 da  quelli  che  la  provincia  autonoma  si  e'  proposta  da   se',
 classificandoli  nell'art. 2 della legge prov. 12 luglio 1991, n. 14,
 contenente  "l'ordinamento   dei   servizi   socio-assistenziali   in
 provincia di Trento".
    Altrettanto  si  puo'  ripetere  per  gli strumenti, dove figurano
 iniziative - come quelle delle comunita' di accoglienza, del sostegno
 alla famiglia, dei centri di  incontro  e  di  presenza  sociale  nei
 quartieri  a  rischio,  degli  interventi nell'ambito delle strutture
 scolastiche - che hanno tutte l'equivalente negli "interventi  socio-
 assistenziali"  gia'  definiti  e classificati come tali capo V della
 legge prov. 14 luglio 1991, n. 14. Si noti  tra  l'altro  che  questa
 legge  riprende (e rende sistematica) la "disciplina degli interventi
 volti a prevenire e a rimuovere gli stati di  emarginazione"  di  cui
 alla  legge  prov.  31  ottobre  1983,  n.  35,  che se ne occupa con
 particolare riguardo all'emarginazione giovanile ed al  reinserimento
 sociale dei giovani (art. 1), nonche' ai minori "privi di conveniente
 sostegno  familiare"  (art.  5).  Orbene  la  legge  n. 216, anziche'
 incrementare  queste  attivita'  nell'ambito  dei  servizi   il   cui
 ordinamento  la  provincia  di Trento ha gia' definito, istituisce in
 buona sostanza un canale parallelo per iniziative che si aggiungono a
 quelle  gia'  regolate  dalla  legge   provinciale,   senza   potersi
 coordinare con queste e anzi ignorandole. Una disciplina siffatta non
 solo    e'    contraria    al    principio    del    buon   andamento
 dell'amministrazione, ma viola palesemente  la  norma  di  attuazione
 dello  statuto  speciale  per il T.-A.A. che ha chiamato la provincia
 autonoma  di  Trento  ad  esercitare  in  proprio   le   attribuzioni
 dell'amministrazione   dello   Stato   in  materia  di  assistenza  e
 beneficienza    pubblica,    attribuzioni   esercitate   sinora   sia
 direttamente dagli organi centrali e periferici dello Stato, sia  per
 il  tramite di altri enti e istituti pubblici (art. 1 d.P.R. 28 marzo
 1975, n. 469). Analogo trasferimento alle province delle attribuzioni
 dello Stato si e' avuto, e' appena il caso di ricordarlo  in  materia
 di  assistenza  scolastica  col d.P.R. 1º novembre 1973, n. 687, e in
 materia di ordinamento scolastico con d.P.R. 15 luglio 1988, n. 405.
    Ne' va taciuto il fatto che la provincia autonoma di  Trento,  per
 mezzo  della  legge  31  ottobre  1983, n. 35 e della legge 12 luglio
 1991, n. 14, ha gia' disciplinato la materia trattata dalla legge  n.
 216/1991;  sicche'  stando  ai  principi  stabiliti  da questa ecc.ma
 Corte, si dovrebbe concludere che quest'ultima legge non puo'  e  non
 deve  trovare  applicazione  in  provincia  di Trento, a meno che non
 venga espressamente richiamata dalla stessa legislazione provinciale.
    Per giunta la legge n. 216/1991 non e' una legge che  pretenda  di
 essere,  in  parte  qua,  una legge quadro o legge di principi. Manca
 qualunque cenno a una legislazione  regionale,  attuativa  di  quella
 statale.  Al  contrario:  la nuova normativa si presenta completa nel
 disciplinare un settore di interventi socio-assistenziali, per la cui
 attuazione non si richiede l'intermediazione della  legge  regionale.
 Accettando  questa  conclusione verrebbe da chiedersi se a soddisfare
 la provincia ricorrente non basti una  pronunzia  del  giudice  delle
 leggi  che  dichiari  inapplicabile nel territorio della provincia la
 legge n. 216/1991. Ma la  risposta  non  puo'  essere  che  negativa,
 dovendosi  escludere  che l'accoglimento del presente ricorso porti a
 una  penalizzazione  delle  provincia  ricorrente,  escludendola  dai
 finanziamenti previsti.
    Resta  un  ultimo  punto da chiarire. Si puo' prevedere facilmente
 infatti che controparte  cerchera'  di  resistere  al  ricorso  della
 provincia  giustificando  la  legge n. 216/1991 come conseguente alla
 "situazione eccezionale determinatasi  nel  Paese"  (art.  1).  Nella
 giurisprudenza  di questa ecc.ma Corte si rinviene infatti l'opinione
 che "gli interventi predisposti e realizzati  dallo  Stato  siano  da
 ritenere  pienamente  legittimi" quando si tratti di provvidenze che,
 pur avendo attinenza a materie di competenza regionale, presentino il
 carattere della straordinarieta' e  i  relativi  finanziamenti  siano
 aggiuntivi  rispetto  ai  trasferimenti ordinari, richiedendo criteri
 uniformi per  la  loro  attuazione  e  certezza  che  il  fine  venga
 raggiunto  con pari incidenza in tutto il territorio nazionale (sent.
 n. 180/1991). In senso analogo si esprime la  sentenza  n.  459/1989,
 che  fa  salva  la  competenza  statale  nella  predisposizione di un
 programma di prevvidenze straordianrie ed eccezionali in  materia  di
 parcheggi, in presenza di una "emergenza" che postula - si e' detto -
 l'esigenza  di  interventi  rapidi  ed  immediati  a  salvaguardia di
 esigenze primarie dei singoli e dell'intera collettivita' nazionale.
    Si danno fondati motivi peraltro per negare  che  vi  siano  nella
 specie  analoghi  e  sufficienti  presupposti  di straordinarieta' ed
 eccezionalita'.  Anzitutto  perche'  l'intervento  non  ha  carattere
 aggiuntivo,  tanto  e' vero che la legge s'intitola "primi interventi
 in favore.. .. ..".
    In secondo luogo perche' l'intero finanziamento  delle  iniziative
 previste dalla legge n. 216/1991 e' subordinato alla presentazione di
 una  domanda da parte degli enti od organismi legittimati a farlo. In
 terzo  luogo  perche'  ogni  applicazione  della  legge  n.  216/1991
 richiede  tempi verosimilmente lunghi per l'istituzione dell'apposita
 commissione ex art. 2, quinto comma, nonche'  per  la  determinazione
 dei  criteri  e  dei  requisiti. In quarto luogo perche' i contributi
 sono erogati solo ex post e cioe' previa dimostrazione dell'effettiva
 realizzazione  delle  iniziative  e  dei  servizi,  e  senza   alcuna
 considerazione di tipo programmatorio.
    2.   -   Violazione   e   falsa  applicazione  delle  gia'  citate
 disposizioni statutarie, anche in relazione all'art. 5 della legge 30
 novembre 1989, n. 386. Quest'ultima  legge,  sostituendo  gran  parte
 delle disposizioni contenute nel titolo VI dello statuto speciale per
 il  T.-A.A.  ha  espressamente  stabilito  tre  principi di carattere
 generale:
      al  primo  comma:  "le  province   autonome   partecipano   alla
 ripartizione di fondi speciali istituiti per garantire livelli minimi
 di  prestazioni in modo uniforme su tutto il territorio nazionale 5..
 .. ..);
      al secondo comma: "i finanziamenti  recati  da  qualunque  altra
 disposizione  di  legge  statale,  in  cui  sia previsto il riparto o
 l'utilizzo a favore  delle  regioni,  sono  assegnati  alle  province
 autonome   ed   affluiscono  al  bilancio  delle  stesse  per  essere
 utilizzati,   secondo   normative   provinciali,   nell'ambito    del
 corrispondente  settore,  con  riscontro  nei contri consuntivi delle
 rispettive province";
      al  terzo  comma:  "per  l'assegnazione   e   l'erogazione   dei
 finanziamenti  di  cui  al  secondo  comma, si prescinde da qualunque
 adempimento previsto  dalle  stesse  leggi  ad  eccezione  di  quelli
 relativi all'individuazione dei parametri e delle quote di riparto".
    Ebbene  la  legge  n.  216/1991  contrasta manifestamente con tali
 disposizioni, malgrado che esse  siano  di  valore  costituzionale  o
 comunque  rinforzata,  in  quanto  costituisce un corpus unico con le
 altre disposizioni di  modifica  puntuale  degli  articoli  statutari
 contenuti  nella  legge  n.  386/1989  (si  veda  in  questo senso la
 sentenza dell'ecc.ma Corte n. 116/1991).
    3.  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  6  della  legge  n.
 216/1991.  La  disposizione,  che si e' gia' riportata all'inizio del
 ricorso, appare  anch'essa  invasiva  della  competenza  provinciale,
 perche'  volta  a  riconoscere alla provincia una facolta' che quanto
 meno per i beni di sua  proprieta',  deve  ritenersi  gia'  implicita
 nelle  restanti  sue  attribuzioni. Cosi' come sta, sembrerebbe quasi
 che fuori di questo caso la concessione in uso gratuito  di  immobili
 provinciali  non  sia  ammessa  e  che  anche nel caso considerato la
 concessione non sia possibile  se  fatta  con  modalita'  diverse  da
 quelle indicate nel secondo comma.
                               P. Q. M.
    La  provincia  autonoma  di  Trento,  come  sopra  rappresentata e
 difesa,  chiede  che  l'ecc.ma  Corte  costituzionale   dichiari   la
 illegittimita'   costituzionale   delle   norme  qui  impugnate,  per
 violazione degli artt. 8, 9 e 16 dello statuto speciale per
 il T.-A.A.
      Milano-Roma, addi' 12 agosto 1991
       Avv. prof. Umberto POTOTSCHNIG - Avv. Vitaliano LORENZONI

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