N. 589 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 aprile 1991
N. 589 Ordinanza emessa il 4 aprile 1991 dal tribunale di Monza nel procedimento civile vertente tra Anedda Paolo e Corriga Patrizio ed altro Responsabilita' civile - Incidenti di caccia - Applicabilita' della norma generale sulla responsabilita' per l'esercizio di attivita' pericolose - Attribuzione dell'onere della prova per l'individuazione del responsabile ai danneggiati da tali attivita', anche in casi di pluralita' di condotte simultanee in cui tale individuazione risulti pressocche' impossibile (come nel caso di specie, riguardante la richiesta di risarcimento di un cacciatore, per la perdita di un occhio causata sicuramente da un pallino partito da uno dei fucili di altri due cacciatori, ma senza che possa stabilirsi da quale di essi) - Lamentata omessa previsione di presunzione di responsabilita' nei confronti di tutti i partecipi all'attivita' - Disparita' di trattamento rispetto alle maggiori garanzie assicurate alle vittime di incidenti stradali - Lesione del diritto di difesa per la tutela dei diritti e degli interessi legittimi. (C.C., art. 2050). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.39 del 2-10-1991 )
IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al numero di ruolo di cui sopra vertente tra Anedda Paolo rappresentato dall'avv. L. Crugnola di Milano, via Castelmorrone, 4, delega in atti, attore; contro Corriga Patrizio e Biassoni Ermenegildo rappresentati dall'avv. A. Verdirame di Milano e G. Chinni di Monza, via S. Martino, 2, delega in atti, convenuti. Oggetto: Risarcimento danni ex art. 2043 e seguenti del c.c. Rileva il tribunale che l'attore, premettendo di essere stato colpito nel corso di una battuta di caccia dal fucile di uno dei due convenuti, i quali avevano fatto fuoco simultaneamente provocando il rimbalzo di un pallino nella sua direzione, ha chiesto la condanna di entrambi, anche in via solidale, al risarcimento di tutti i danni conseguenti alla totale perdita della vista all'occhio destro; che i convenuti, costituitisi a mezzo dello stesso procuratore, hanno contestato ogni responsabilita', eccependo essersi verificato l'evento per caso fortuito e per il concomitante comportamento colposo dell'Anedda che nel corso della battuta di caccia si era staccato dal gruppo dei cacciatori, contravvenendo ad un'essenziale norma di prudenza che l'esercizio di tale sport impone: quella di procedere uniti e nella stessa direzione. La fattispecie va correttamente inquadrata nella previsione dell'art. 2050 del c.c. essendo opinione assolutamente costante ed incontroversa in dottrina e giurisprudenza che l'esercizio della caccia, in considerazione dell'utilizzo di armi da fuoco, integri un'attivita' pericolosa (cfr. per tutte Cass. 13 aprile 1963, n. 937). La dinamica dell'incidente, come ricostruita attraverso le allegazioni delle parti, le deposizioni testimoniali e le risultanze della c.t.u. medica, induce ad escludere la sussistenza dell'elemento concorsuale nella determinazione dell'evento, essendo stato accertato che uno solo fu il pallino che colpi' all'occhio destro l'attore e che il colpo fu sicuramente esploso da uno dei due convenuti i quali puntarono la preda e spararono contemporaneamente mentre procedevano affiancati e di poco distanziati dal compagno. Non appare dunque ipotizzabile neppure in via astratta o presuntiva una solidarieta' passiva ex art. 2055 del c.c. giacche' uno solo dei due convenuti deve ritenersi il responsabile dell'evento. In base all'attuale formulazione dell'art. 2050 del c.c. l'inversione dell'onere probatorio opera solo in relazione alla prova dell'elemento soggettivo della colpevolezza, dovendo il preteso responsabile dimostrare di avere adottato tutte le cautele atte ad evitare l'evento dannoso, mentre permane sull'attore l'onere di provare il nesso causale esistente tra condotta ed evento lesivo. Orbene, la pedissequea applicazione dei suesposti principi comporta, nel caso di specie, nonche' in tutte le altre ipotesi di danno derivante dall'esercizio di un'attivita' pericolosa svolta simultaneamente e con condotte uniformi da piu' persone, che il danneggiato risulti gravato dall'onere probatorio di individuazione del responsabile di impossibile assolvimento concreto, dovendo egli dimostrare nella fattispecie da quale dei due fucili che spararono contemporaneamente sia partito il proiettile che l'ha colpito. Cio' mentre in altri settori della responsabilita' civile l'orientamento legislativo e giurisprudenziale ha dato vita a principi massimamente garantisti nei confronti delle vittime; basti pensare alla recente legislazione in materia di circolazione dei veicoli a motore che e' giunta fino al punto di garantire il risarcimento anche dei danni provocati dai veicoli rimasti sconosciuti, fattispecie in cui il danneggiato e' esonerato dall'onere probatorio dell'individuazione dell'autore dell'illecito. Il progressivo ampliamento delle ipotesi di risarcibilita' del danno derivante dalla circolazione dei veicoli ha determinato il c.d. fenomeno della "socializzazione del diritto al risarcimento" cio', in considerazione delle dimensioni e dell'incidenza che ha assunto in epoca moderna la circolazione automobilistica e delle conseguenze economico-sociali dei danni da essa derivati. Osserva il collegio che appare ingiustificata la massima protezione accordata dall'ordinamento giuridico alla vittima incolpevole dei soli incidenti stradali e crea disparita' di trattamento nei confronti di vittime altrettanto incolpevoli di attivita' diverse ed il cui potenziale di rischio e di allarme sociale non e' certamente inferiore. E' il caso dell'attivita' venatoria, essendo la stessa sempre piu' frequentemente ed indiscriminatamente praticata da parte di soggetti che, per negligenza, imprudenza od imperizia provocano gravi danni ed incidenti a terzi estranei all'attivita' che per malaugurata casualita' vengono a trovarsi in zone interessate a questo sport. Gli innumerevoli episodi di cronaca che denunziano vittime della caccia non possono non evidenziare come questa attivita' sia diventata tale, per modalita' di svolgimento o per carenza di idonea regolamentazione, da destare allarme sociale e richiedere la predisposizione di idonei strumenti legislativi atti a garantire, quantomeno dal punto di vista economico, coloro che ne riportano conseguenze lesive. Al contrario, in presenza dell'unico riferimento normativo costituito dall'art. 2050 del c.c., le vittime di attivita' rischiose diverse dalla circolazione degli autoveicoli vengono a trovarsi in una situazione di evidente svantaggio, incombendo sulle stesse un onere probatorio, connesso all'individuazione del responsabile, di difficile o addirittura impossibile assolvimento allorche' il danno si sia verificato in costanza di una pluralita' di condotte simultanee e tutte teoricamente possibili cause del danno. Detta disparita' di trattamento appare ingiustificata in relazione all'art. 3 della Costituzione che sancisce un generale principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, nonche' dell'art. 24 della Costituzione che garantisce il diritto di difesa per la tutela dei diritti e degli interessi legittimi. Deve pertanto denunziarsi d'ufficio l'incostituzionalita' dell'art. 2050 del c.c. nella parte in cui non prevede che allorche' non sia possibile l'individuazione di uno specifico responsabile del danno nell'esercizio di un'attivita' pericolosa sia applicabile la presunzione di responsabilita' nei confronti di tutti i partecipi all'attivita', incombendo su questi ultimi anche la prova liberatoria in ordine alla sussistenza del nesso causale tra la loro condotta e l'evento dannoso. La questione non appare infondata ed e' rilevante ai fini del decidere perche' e' pacifico in causa che l'attore ha subi'to danno dall'attivita' di uno solo dei convenuti mentre entrambi hanno posto in essere un comportamento del tutto identico e simultaneo per cui, pur di fronte alla certezza che uno dei due e' il responsabile, la domanda dell'attore dovrebbe essere rigettata nei confronti di entrambi.
P. Q. M. Solleva d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2050 del c.c. nei sensi di cui in motivazione, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso sino all'esito di quello costituzionale; Dispone che a cura della cancelleria la presente ordinanza venga notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e venga comunicata al Presidente della Camera dei deputati e del Senato. Cosi' deciso in camera di consiglio il 4 aprile 1991. Il presidente: DI ORESTE Il cancelliere: (firma illeggibile) Depositata in cancelleria oggi 25 maggio 1991. Il cancelliere: (firma illeggibile) 91C1062