N. 596 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 maggio 1991

                                N. 596
 Ordinanza emessa  il  3  maggio  1991  dal  tribunale  amministrativo
 regionale  del  Veneto  sul  ricorso  proposto  da Bolisani Giampaolo
 contro l'u.s.l. n. 21 di Padova
 Impiego pubblico - Stato giuridico del personale delle uu.ss.ll. -
    Medici in posizione non apicale (assistenti ed aiuti  ospedalieri)
    -  Collocamento a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno
    di eta' come il  restante  personale  delle  uu.ss.ll.  -  Mancata
    previsione del trattenimento in servizio fino al settantesimo anno
    di  eta'  per  il  raggiungimento  del  massimo del trattamento di
    quiescenza, come per i primari ospedalieri (legge n. 50/1991) e  i
    dirigenti  civili  dello  Stato  -  Ingiustificata  disparita'  di
    trattamento di situazioni analoghe.
 (D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 53, primo comma).
 (Cost., art. 3).
(GU n.39 del 2-10-1991 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha pronunziato la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  740/1989
 proposto  dal  dott. Giampaolo Bolisani, rappresentato e difeso dagli
 avv.ti Cesare Janna e Franco  Zambelli,  con  elezione  di  domicilio
 presso  il  secondo  in Venezia-Mestre, via Ospedale n. 9/12, come da
 mandato a margine del ricorso, contro la u.l.s.s. n. 21,  in  persona
 del  presidente del comitato di gestione, non costituita in giudizio,
 per l'annullamento della delibera n. 224 del 3 febbraio 1989, con  la
 quale   si  e'  disposto  il  rigetto  dell'istanza,  presentata  dal
 ricorrente, di trattenimento  in  servizio  fino  al  compimento  del
 settantesimo  anno  di  eta'  e  se  ne e' disposto il collocamento a
 riposo;
    Visto il ricorso, notificato il 24 marzo 1989 e depositato  presso
 la segreteria il 6 aprile 1989 con i relativi allegati;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito  alla  pubblica  udienza  del  3  maggio  1991,  relatore la
 dott.ssa Settesoldi, l'avv. Zambelli per il ricorrente;
    Ritenuto e considerato quanto segue;
                               F A T T O
    Il  ricorrente,  che  presta  servizio  presso l'u.l.s.s. n. 21 in
 qualita' di assistente ospedaliero, ha impugnato l'atto in  epigrafe,
 che respinge la sua domanda di essere trattenuto in servizio oltre il
 sessantacinquesimo  anno  di  eta'  per  permettergli di maturare una
 maggiore anzianita' contributiva.
    Viene dedotto il seguente motivo:
    Violazione dell'articolo unico della legge 7 maggio 1965, n.  459,
 e dell'art. 53 del d.P.R. n. 761/1979.
    Il  ricorrente  ricorda  che  la  norma dell'art. 53 del d.P.R. n.
 761/1979, la quale fissa al compimento del sessantacinquesimo anno di
 eta' il limite massimo per il collocamento  a  riposo  del  personale
 delle  uu.ss.ll.,  fa  salve  le  norme  speciali che fissano diversi
 limiti di eta' a seconda degli ordinamenti  di  provenienza  e  delle
 varie categorie di personale.
    In  particolare  una  deroga  e' fissata dall'articolo unico della
 legge n. 459/1965 a favore degli ufficiali sanitari  e  dei  sanitari
 condotti  in  servizio  ad  una  certa  data,  i quali possono essere
 trattenuti in servizio per il tempo necessario al raggiungimento  dei
 quarant'anni  utili a pensione e, comunque, non oltre il settantesimo
 anno. A seguito dell'intervento della  Corte  costituzionale  con  la
 sentenza  n.  398  del  7  aprile 1988 tale beneficio e' stato esteso
 anche ad altre categorie di sanitari di provenienza comunale  ed  ora
 tutti  facenti  parte del personale trasferito alle uu.ss.ll. Proprio
 per questo la suddetta estensione non avrebbe  fatto  venir  meno  la
 discriminazione   che   aveva   originato  la  sentenza  della  Corte
 costituzionale,  perche'  tale  norma,  pur  nella  nuova  accezione,
 dispone  pur  sempre la possibilita' di rimanere in servizio oltre il
 sessantacinquesimo anno di eta' solo a favore di alcuni dei  sanitari
 trasferiti alle uu.ss.ll.
    Il   ricorrente   quindi  ritiene  che  sia  necessario  sollevare
 nuovamente la questione della legittimita' costituzionale della norma
 in questione per violazione  del  principio  di  uguaglianza  laddove
 limita il beneficio a date categorie di sanitari e lo condiziona alla
 data di entrata in carriera.
                             D I R I T T O
    La  normativa  attuale  non  permette,  ad  avviso  della sezione,
 l'accoglimento della domanda del  ricorrente.  Infatti,  da  un  lato
 l'art.  53  del d.P.R. n. 761/1979, relativo allo stato giuridico del
 personale  delle  unita'  sanitarie  locali,  fissa  il  limite   del
 compimento del sessantacinquesimo anno di eta' come termine finale dl
 rapporto di lavoro del personale sanitario, senza alcuna possibilita'
 di deroga, dall'altro la legge 7 maggio 1965, n. 459, non puo' essere
 applicarsi  a  tutto  il  personale sanitario dipendente dalle unita'
 sanitarie locali ma solo a quello proveniente dagli enti locali.
    L'eccezione  di  illegittimita'  costituzionale  della  legge   n.
 459/1965,  nella  parte  in  cui  non estende il beneficio anche agli
 altri  sanitari  trasferiti  alle  uu.ss.ll.  con  l'istituzione  del
 Servizio  sanitario  nazionale  ed  indipendentemente  dalla  data di
 entrata in carriera nell'ente di  provenienza  appare  manifestamente
 infondata oltre che irrilevante in causa. Infatti la normativa citata
 si  riferisce  ai  sanitari  comunali  ed e', oltretutto, una norma a
 termine, dal momento che il beneficio del trattenimento  in  servizio
 viene    circoscritto,    anche   dopo   l'intervento   della   Corte
 costituzionale, al personale in servizio all'entrata in vigore  della
 legge ed in carriera da epoca anteriore al 31 dicembre 1952.
    La  ratio  della  norma  e',  evidentemente,  quella  di sistemare
 situazioni particolari che riguardavano il personale comunale  e  che
 devono  ritenersi  destinate ad un prossimo esaurimento. Non sussiste
 quindi  motivo  di  ritenere  che  la  mancata  estensione  di   tale
 previsione normativa anche a personale di diversa provenienza (il cui
 rapporto  di  lavoro era quindi sorto nella vigenza di una differente
 normativa pensionistica) e con diversa data di  entrata  in  carriera
 violi in qualche modo il principio di uguaglianza, dal momento che le
 situazioni considerate sono oggettivamente diverse.
    Peraltro  la  sezione  ritiene  di  dover  sollevare  d'ufficio la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 53 del  d.P.R.  n.
 761/1979,   nella   parte   in   cui   fissa  il  limite  massimo  di
 sessantacinque anni per il collocamento a riposo per raggiunti limiti
 di eta' del personale sanitario e tecnico  laureato,  amministrativo,
 di  assistenza  religiosa  e  professionale, senza la possibilita' di
 deroga alcuna  in  relazione  alla  possibilita'  di  raggiungere  il
 massimo,  o addirittura il minimo, della pensione. Infatti, ad avviso
 della sezione, e' con riferimento alla normativa generale  che  viene
 in  rilievo  la  discriminazione fra i vari tipi di personale attuata
 dalle  varie  normative  derogatorie   che   finiscono   per   creare
 trattamenti  di  favore,  i quali, come si dimostrera' nel prosieguo,
 non appaiono giustificati da situazioni di oggettiva  differenza.  Il
 legislatore  ha, in effetti, previsto notevoli deroghe alla rigidita'
 dell'eta' massima per il collocamento in quiescenza a favore  di  de-
 terminate  categorie di personale sanitario. Al riguardo non viene in
 considerazione solo la norma citata dallo stesso ricorrente, e  cioe'
 la  legge 7 maggio 1965, n. 459, che gia' la Corte costituzionale con
 la sentenza n. 398 del 24 marzo-27 aprile 1988 ha avuto occasione  di
 ritenere  costituzionalmente  illegittima  nella  parte  in  cui  non
 riguardava tutti i sanitari comunali, ma soprattutto  assume  rilievo
 la  recentissima legge 19 febbraio 1991, n. 50, che concede a tutti i
 primari ospedalieri di ruolo la possibilita' di  chiedere  di  essere
 trattenuti  in  servizio  fino  al  settantesimo  anno  di eta', onde
 permettere loro di raggiungere il numero massimo di anni di  servizio
 effettivo  necessario per conseguire il massimo della pensione. Al di
 fuori del campo sanitario e' noto come analoga possibilita' sia stata
 concessa ai dirigenti statali (art. 1, comma 4-quinquies della  legge
 28  febbraio  1990, n. 37, di conversione del d.-l. 22 dicembre 1989,
 n. 413) ed al personale della scuola (legge 30 luglio 1973, n. 477).
    La legge  n.  50/1991  e'  particolarmente  significativa  perche'
 attribuisce  al personale ivi considerato la possibilita' di posporre
 il pensionamento oltre il normale massimo limite di eta' con norma  a
 regime,  vale  a  dire  non condizionata ad alcuna data di entrata in
 servizio  o  alla  prestazione  di  servizio  in  un  dato   momento,
 foss'anche  quello  di  entrata  in  vigore  della legge, come invece
 avevano disposto tutte le altre precedenti normative derogatorie, ivi
 comprese le norme specifiche che gia' concedevano tale  beneficio  ad
 alcuni  primari,  e  cioe'  la  legge  336/1964  e la n. 627/1982, di
 conversione  del  d.-l.  n.   402/1982,   che   condizionavano   tale
 possibilita'  al  possesso  della  qualifica  primariale ad una certa
 data,  ed  il  cui  disposto,  come  chiarito  dalla   stessa   Corte
 costituzionale,  andava  interpretato  restrittivamente, onde non far
 incorrere tale normativa di favore in censure di incostituzionalita'.
 Per i primari ospedalieri il legislatore ha ora introdotto una deroga
 permanente  al  principio  del limite massimo di eta', che non appare
 neppure   giustificata,   come   era   avvenuto   per   le    deroghe
 precedentementee  disposte  a favore di altre categorie di personale,
 da una modificazione del regime pensionistico o quant'altro. In altre
 parole, il legislatore  ha  ritenuto  che  il  principio  del  limite
 massimo  di  eta'  valido per il pensionamento dovesse fare eccezione
 fino ai settant'anni per la succitata categoria  di  personale,  onde
 consentire ai primari di maturare ulteriore anzianita' pensionistica.
 Ritiene la sezione, a questo punto, che non sussistano ragioni alcune
 per  giustificare  l'introduzione  del  beneficio  sopra  descritto a
 favore dei primari e non degli aiuti e degli  assistenti,  posto  che
 anche   le   restanti  due  posizioni  funzionali  appartengono  alla
 cosiddetta  "dirigenza  medica"  e  sono  accomunate  ai  primari  da
 identiche  norme  di  stato  giuridico  e  da  un'identica  normativa
 pensionistica. Non si vede quindi in  che  cosa  consista  l'elemento
 differenziatore  che  possa  giustificare  una diversa disciplina del
 collocamento in quiescenza, volta a permettere ai primari, e non agli
 aiuti ed assistenti (cui tale possibilita' resta negata dalla lettera
 dell'art.  53),  di  maturare  la  massima  anzianita'   contributiva
 possibile  entro il limite dei settanta anni. E' infatti indubbio che
 il limite dei sessantacinque anni  e'  stato  ritenuto  dallo  stesso
 legislatore  non  piu'  tassativo,  sicche'  non si vede perche' esso
 debba continuare a ritenersi inderogabile a solo danno di alcune fig-
 ure di quelle categorie di personale che, prima, l'art. 53 accomunava
 in un identico regime.
    La sezione ritiene quindi, assumendo la  legge  19  febbraio  1991
 come  tertium  comparationis, che una simile discriminazione violi il
 principio di uguaglianza ex art. 3 della Costituzione  e  che  questo
 comporti  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 53 del d.P.R. n.
 761/1979 nella parte in cui non ammette, al limite del collocamento a
 riposo  al  compimento  del  sessantacinquesimo  anno,   le   deroghe
 necessarie  a  maturare  la  massima  (e a maggior ragione la minima)
 anzianita' pensionistica, sia pure  entro  il  limite  ulteriore  dei
 settant'anni, fissato per tutte le deroghe al momento esistenti.
    La  questione  e'  rilievante in causa perche' solo l'accoglimento
 della  suddetta  eccezione  di  incostituzionalita'  puo'  consentire
 l'accoglimento   della  domanda  del  ricorrente.  La  non  manifesta
 infondatezza si desume dalle considerazioni precedentemente svolte.
                               P. Q. M.
    Rimette alla Corte costituzionale  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale,  con  riferimento  all'art.  3,  primo  comma,  della
 Costituzione, dell'art. 53, primo  comma,  del  d.P.R.  n.  761/1979,
 nella  parte  in cui non ammette, al limite del collocamento a riposo
 al compimento del sessantacinquesimo anno, le  deroghe  necessarie  a
 maturare  la  massima  (e  a  maggior  ragione  la minima) anzianita'
 pensionistica, entro il limite ulteriore dei settant'anni;
    Sospende, frattanto, il giudizio in corso;
    Dispone che a cura della  segreteria  la  presente  ordinanza  sia
 trasmessa  alla Corte costituzionale, sia notificata alle parti ed al
 Presidente del Consiglio dei Ministri, e sia comunicata ai Presidenti
 dei due rami del Parlamento.
      Cosi' deciso in Venezia, addi' 3 maggio 1991.
                         Il presidente: ROSINI
   L'estensore: SETTESOLDI
                                    Il segretario: (firma illeggibile)
 91C1069