N. 600 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 giugno 1991

                                N. 600
 Ordinanza  emessa  il  10  giugno  1991  dal  pretore  di Firenze nel
 procedimento civile vertente tra Stella Monica e  la  S.p.a.  Impresa
 G.A.M.B.A.
 Lavoro (rapporto di) - Contratto di lavoro a tempo parziale - Forma
    diretta  -  Distribuzione  dell'orario con indicazione del giorno,
    settimana, mese ed anno - Mancata  previsione  della  indicazione,
    altresi',   della   distribuzione  dell'orario  nell'ambito  della
    giornata - Mancata disciplina degli effetti della  mancanza  della
    forma  scritta  o della mancanza o insufficienza della clausola di
    distribuzione   dell'orario   -   Ingiustificata   disparita'   di
    trattamento rispetto ad ipotesi analoghe - Incidenza sul principio
    della retribuzione proporzionata ed adeguata.
 (Legge 19 dicembre 1984, n. 863, art. 5, secondo comma).
 (Cost., artt. 3, 36 e 38).
(GU n.39 del 2-10-1991 )
                              IL PRETORE
    Con  ricorso depositato il 27 ottobre 1989 Stella Monica, premesso
 di avere lavorato alle dipendenze della impresa di pulizie G.A.M.B.A.
 dal 5 aprile al 29 dicembre 1988, con contratto individuale  a  tempo
 parziale  nel  quale  la  distribuzione  dell'orario  di  lavoro  era
 effettuata nei seguenti termini: "svolgera' la sua opera durante  gli
 orari  stabiliti  dalla direzione nel limite complessivo di effettivo
 lavoro settimanale pari ad ore venti",  ha  chiesto  al  pretore  del
 lavoro di Firenze di dichiarare la nullita' del contratto di lavoro a
 tempo  parziale  5  aprile  1988  per  mancata  specificazione  della
 distribuzione e dislocazione delle  ore  di  lavoro  da  prestare  in
 ciascun  giorno,  con  condanna  del  datore  di  lavoro  a pagere L.
 5.613.965 a titolo di istituti contrattuali per un rapporto  a  tempo
 normale.
    Ha  inoltre  fatto  presente  di  avere effettuato, oltre l'orario
 seguito giornalmente,  ulteriori  prestazioni  variabili  in  diversi
 orari  della  giornata,  per  il numero di ore complessivo risultante
 dalle buste paga, sicche' le  modalita'  concrete  della  prestazione
 lavorativa   integrano   una   messa  a  disposizione  delle  energie
 lavorative analoga a quella del rapporto a tempo normale (secondo  la
 tematica  di  precedenti  pronunce  di merito: pret Firenze 27 maggio
 1989, n. 577, est. Drago, in Toscana Lavoro giur. 1989, n. 365).
    Ritualmente costituita, la S.p.a. G.A.M.B.A. ha  eccepito  che  le
 ore  ulteriori,  oltre  le  venti  settimanali  pattuite,  sono state
 lavorate queli ore supplementari, come consentito dall'art. 5, quarto
 comma, della legge 19 dicembre 1984, n. 863, e dall'accordo nazionale
 13 settembre 1985 tra Confapi e le tre federazioni Filcams-Cgil, Fit-
 Cisl, Uilt-Uil, nonche' dall'accorto integrativo regionale imprese di
 pulizia 5 novembre 1985.
    Chiedeva   respingersi  il  ricorso  e,  in  via  riconvenzionale,
 dichiararsi legittimo e vincolante tra  le  parti  il  punto  quattro
 dell'accordo  individuale  di lavoro 5 aprile 1988 secondo cui le ore
 di lavoro tra le venti e le quaranta settimanali sono da  considerare
 supplementari e da retribuire senza maggiorazione alcuna.
    Istruita  con  prova  documentale  e testimoniale, la difesa della
 ricorrente ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  5,  quarto  comma,  della  legge 19 dicembre 1984, n. 863,
 nella parte in cui non prevede, nel caso in cui sussista la  nullita'
 del   contratto  a  tempo  parziale  per  mancata  indicazione  della
 distribuzione dell'orario, il diritto del lavoratore a  percepire  la
 normale retribuzione contrattuale a tempo pieno.
    Il  pretore,  con  la presente ordinanza, ritiene la questione non
 manifestante infondata, ed osserva.
    L'art. 5, secondo comma, della legge 19  dicembre  1984,  n.  863,
 dispone: "Il contratto di lavoro a tempo parziale deve stipularsi per
 iscritto.  In  esso  devono  essere  indicate  ....  la distribuzione
 dell'orario con riferimento al giorno, alla  settimana,  al  mese  ed
 all'anno ....".
    L'interpretazione  istituzionale  di tale norma, impersonata dalle
 denunce della Corte di legittimita', come  tali  costituenti  diritto
 vivente  (Corte  costituzionale, da ultima sentenza 5 aprile 1991, n.
 142) si puo' articolare nelle seguenti proposizioni:
       a) il contratto di lavoro a tempo parziale ha in comune con  il
 normale  contratto  a  tempo  pieno  la  causa  giuridica (e cioe' lo
 scambio lavoro-retribuzione) differenziandosene solo per la riduzione
 quantitativa della presentazoine lavorativa, che viene  collocata  in
 un  determinato orario, reputato dalle parti come il piu' rispondente
 ai propri interessi, in ragione della finalita' della norma,  che  e'
 quella  di  incrementare  l'occupazione  mediante  l'acquisizione  al
 mercato del lavoro di quei  lavoratori  disponibili  solo  per  orari
 limitati e determinati; ne consegue, sul piano funzionale, che non e'
 ammissibile  una modifica unilaterale dell'orario stabilito (Cass. 21
 aprile 1986, n. 2797, in Riv. it. dir. lav. 1986, II, 732; (Cass.  22
 marzo 1990, n. 2382, in Giust. civ. 1990, I, 1474);
       b)  sul  piano  genetico,  tuttavia,  e' possibile adottare sia
 formule rigide, recanti l'indicazione sia delle quantita'  che  della
 collocazione  temporale della prestazione, sia formule elastiche, con
 le quali le parti si limitano a determinare  la  durata  del  periodo
 lavorativo  senza  specificarne  la collocazione nell'unita' di tempo
 immediatamente piu' ampia (Cass. 2382/1990 cit.). Sicche', per  stare
 alla  fattispecie  risolta  da  tale  pronuncia, non e' consentito al
 datore di lavoro di trasferire al pomeriggio  una  prestazione  part-
 time  che  da  tempo  i lavoratori svolgeranno al mattino, ma sarebbe
 consentito pattuire una presentazione di quattro ore  al  giorno,  o,
 come  nella  presente  fattispecie,  di  venti ore settimanali, senza
 ulteriore specificazione circa la collocazione temporale;
       c) la forma scritta e' richiesta  ad  substantiam,  ma  la  sua
 mancanza  non  produce  altro  effetto  che  quello  derivante  dalla
 nullita' del contratto ex art.  2126  del  codice  civile  (Cass.  11
 luglio  1989, n. 3266, in Dir. prat. lav. 1989, 35, 2369; in Foro it.
 1990, I, 1320; in Giust. civ. 1989, I, 2283; Cass. 11 agosto 1990, n.
 8169, in Dir. lav. 1990, II, 358; Cass. 3 maggio 1991, n. 4811).
    Il  pretore  dubita  che  la norma, quale risulta da tale apparato
 interpretativo, sia  conforme,  in  tutte  le  sue  enunciazioni,  ai
 principi   costituzionali  di  cui  agli  artt.  3,  36  e  38  della
 Costituzione, per due rilievi principali:
      1) se e' vero che "il rapporto di lavoro a  tempo  parziale,  in
 dipendenza   della   riduzione   quantitativa   della   presentazione
 lavorativa  e,  correlativamente,  della  retribuzione,   lascia   al
 prestatore  d'opera  spazio  per  altre  eventuali  attivita', la cui
 programmabilita' deve essere salvaguardata, anche all'ovvio  fine  di
 percepire,  con  piu'  rapporti  a  tempo  parziale, una retribuzione
 complessiva sufficiente a realizzare un'esistenza libera e dignitosa"
 (Cass. 2392/1990 cit.; Cass.  25  febbraio  1988,  n.  2027),  appare
 contraddittorio  cosentire,  nel  momento  genetico,  alla  parti  di
 attribuire  al  datore   di   lavoro   un   potere   unilaterale   di
 determinazione  e  di  variazione  dell'orario  confliggente  con  la
 lettera e la finalita'  della  norma  che,  suscettibile  di  rendere
 impossibili altre attivita' lavorative, confligge non solo con l'art.
 36,  ma  anche  con  l'art.  38  della  Costituzione, stante la minor
 incidenza  del  tempo   parziale   sui   riflessi   previdenziali   e
 pensionistici;
      2)  la  forma scritta o solenne e' richiesta dall'ordinamento in
 determinati casi, a sottolineare l'importanza dell'atto,  in  ragione
 del  suo oggetto o contenuto (artt. 1350 e 1503 del codice civile. in
 materia immobiliare), o del  valore  sociale  (artt.  162  e  167  in
 materia  di  convenzioni  matrimoniali;  484,  519  e 1543 in materia
 testamentaria  ed  ereditaria),  o   del   carattere   pluripersonale
 dell'accordo  (artt.  14,  918,  2328,  2475,  2498,  2504 e 2518, in
 materia associativa, consortile e societaria), o,  infine,  a  tutela
 del  contraente  ritenuto  piu'  debole  (art.  1284  sugli interessi
 convenzionali superiori al tasso legale).
    Le prescrizioni laburistiche richiedenti la forma scritta  trovano
 la   propria   giustificazione   in   quest'ultima  motivazione,  che
 costituisce la ragione d'essere del diritto del lavoro  e  della  sua
 specialita'  ed  autonomia  rispetto  al  diritto  civile, in cui pur
 s'iscrive, ma i cui canoni non possono essere integralmente applicati
 alla nostra materia: art. 2096 sul patto  di  prova,  art.  2125  sul
 patto  di non concorrenza, art. 1 della legge 18 aprile 1962, n. 230,
 sul contratto a termine, artt. 3, nono comma, della legge n. 863/1984
 e 8, settimo comma,  della  legge  29  dicembre  1990,  n.  407,  sul
 contratto  di  formazione e lavoro, art. 5 della legge n. 863/1984 in
 esame sul contratto a tempo parziale.
    Il vizio di forma  ad  substantiam  produce  normale  la  nullita'
 dell'atto o della singola clausola cui afferisce, e la mancanza degli
 effetti collegati alla parte affetta da nullita' (artt. 1418, secondo
 comma,  1325,  n.  4);  ma  l'ordionamento  si  preoccupa  di salvare
 limitati effetti, o dando rilievo alla volonta' comune residua  delle
 parti  (art.  1419,  primo  comma,  art.  1424  del  codice civile) o
 sostituendovi di diritto norme imperative (art. 1419, secondo  comma,
 art.  1339;  ad  es. 1284, terzo comma, sulla costituzione di diritto
 della misura legale alla  puttuizione  su  interessi  maggiori  priva
 della forma scritta).
    Nel  diritto  del lavoro, nella quale la quaestio voltatis si pone
 nei termini problematici  derivanti  dalla  funzione  tutoria  insita
 nella  specialita'  di  tale  ramo  del  diritto,  il  legislatore ha
 adottato, a seconda dei casi, in modo articolato, una delle  tecniche
 menzionate,  disciplinando  espressamente gli effetti della nullita',
 oppure no, in modo da raggiungere in ogni caso l'obiettivo di  tutela
 in funzione del quale e' stata prescritta la forma solenne.
    Cosi'  il  patto di prova orale o successivo all'assunzione, nulla
 disponendo l'art. 2096 sugli  effetti  della  nullita',  tamquat  non
 esset,  e  il  rapporto  di  lavoro  nasce  privo  di  tale  clausola
 limitativa,  e  quindi  come  normale  rapporto  di  lavoro  a  tempo
 indeterminato (Cass. 20 agosto 1987, n. 6982).
    L'art.  2125  viceversa  dispone  espressamente  la nullita' della
 durata del patto  di  non  concorrenza  per  la  parte  eventualmente
 eccedente il limite di legge.
    L'art.  2126  sancisce  l'inefficacia della nullita' del contratto
 sulle prestazioni rese.
    L'art. 1, terzo comma,  della  legge  n.  230/1962  cit.  sancisce
 l'inefficacia  del  termine  non  risultante  da  atto  scritto, e la
 conseguente prosecuzione del rapporto a tempo indeterminato, a tutela
 dell'interesse del lavoratore, comunemente sussistente, al  carattere
 definitivo  del  rapporto  (Cass.  28  gennaio  1987, n. 832, in Foro
 it.1988, I, 3051).
    L'art. 8, settimo comma, della legge n. 407/1990 cit.  dispone  in
 mancanza  di  forma  scritta  del contratto di formazione e lavoro il
 lavoratore si  intende  assunto  con  contratto  di  lavoro  a  tempo
 indeterminato.
    Tali  ultime  disposizioni  paiono  ispirate ad una presunzione di
 interesse del lavoratore al rapporto a tempo indeterminato puro  (non
 potendosi  escludere  in  fatto  un interesse del lavoratore al tempo
 definito, cosi' come al tempo parziale) che legittima quella tesi che
 vede nel rapporto di lavoro a tempo pieno e a tempo indeterminato  la
 forma  normale di collaborazione subordinata (trib. Firenze 12 maggio
 1988, n. 182, in Toscana Lavoro giur. 1988, 637; idem 5 novembre 1988
 in Riv. it. dir. lav. 1989, II, 465); nonche' ispirate altresi' ad un
 valore  confirmatario  della  norma   e   sanzionatorio   della   sua
 inosservanza  mediante  la  trasformazione  del  rapporto,  da  tempo
 determinato, o da formazione e lavoro, in tempo indefinito.
    Tale funzione sanzionatoria e' lessicalmente piu'  evidente  nella
 disposizione  di  cui all'art. 3 nono comma, stessa legge n. 863/1984
 in questione, secondo cui "In  caso  di  inosservanza  da  parte  del
 datore di lavoro degli obblighi del contratto di formazione e lavoro,
 il contratto stesso si considera a tempo indeterminato fin dalla data
 dell'instaurazione del relativo rapporto".
    Dovendosi  invece  l'art.  5  della  legge  n. 863/1984 intendere,
 secondo il diritto vivente, nel senso che  la  mancanza  della  forma
 scritta  produce  il  solo  effetto  dell'obbligo  di  retribuire  le
 prestazioni di fatto rese ex art. 2126 del codice civile,  ne  deriva
 una  irrazionale  contradditorieta'  tra voluntas legis di tutela del
 lavoratore part-time ex  artt.  3,  36  e  38  della  Costituzione  e
 funzione  pratica  di tutta la normazione sul tempo parziale, perche'
 la norma non regola piu' il conflitto di interessi tra le  parti,  in
 funzione tutoria di quella piu' debole, ma pone il lavoratore a tempo
 parziale,  il cui contratto sia nullo per vizio di forma, alla totale
 merce' del datore di lavoro, il che costituisce lesione dei  principi
 costituzionali menzionati (ove infatti il lavoratore facesse rilevare
 la nullita', e manifestasse o notificasse al datore la sua intenzione
 o volonta' di proseguire a lavorare, a tempo parziale o a tempo pieno
 che  sia  -  tribunale  di  Firenze 12 maggio 1988, n. 182, cit. - il
 datore di lavoro potrebbe porre fine immediatamente alla  prestazione
 lavorativa di fatto, priva di valido atto genetico).
    La questione proposta appare pertanto rilevante in causa, rispetto
 alla  domanda  formulata  di condanna al pagamento della retribuzione
 corrispondente  ad  un  normale  rapporto  a  tempo  pieno,   e   non
 manifestamente  infondata,  ex  art.  3  della Costituzione, sotto il
 profilo della diversa coerenza di tutela conseguente alla  violazione
 di  precetti  a  presidio di situazioni analoghe, di pari gravita', e
 parimenti fornite della faranzia della forma solenne, ed ex artt.  36
 e  38 della Costituzione per il venir meno della garanzia retributiva
 e previdenziale per fatto esclusivo del datore di lavoro.
    Piu' precisamente l'art. 5, secondo comma, della legge 19 dicembre
 1984, n. 863, sembra confliggere con gli  artt.  3,  36  e  38  della
 Costituzione sotto due profili: in quanto non specifica la necessita'
 che la distribuzione dell'orario sia precisata, oltre che rispetto al
 giorno,  alla  settimana,  al  mese  ed  all'anno, altresi' nella sua
 collocazione temporale nell'ambito  della  giornata;  in  quanto  non
 disciplina  gli  effetti  della mancanza della forma scritta, o della
 mancanza o insufficiente formulazione della clausola di distribuzione
 dell'orario, da ritenere equivalente a mancanza di forma scritta, nel
 senso che in tal caso il rapporto si deve intendere a tempo pieno e a
 tempo indeterminato.
    Ne' pare ostare a tale ordine di considarazione la  preoccupazione
 dell'indebito  arricchimento  che il lavoratore, che abbia lavorato a
 tempo  parziale,  riceverebbe  dalla  conversione  a  posteriori  del
 rapporto  a  tempo  pieno,  sia  perche'  il valore deterrente di una
 chiara  disposizione  in  tal  senso  eviterebbe  il  verificarsi  di
 siffatte   situazioni,   sia   perche'  il  valore  sanzionatorio  di
 disposizioni similari puo' comportare effeti di tal genere (come  nel
 caso  dell'art. 3, nono comma, della legge n. 863/1984 menzionato, in
 cui il datore di lavoro inadempiente ha  gli  obblighi  pieni  di  un
 rapporto a tempo indeterminato a fronte di un sinallagma originario a
 tempo  limitato  e  di  una prestazione presuntivamente ridotta dalla
 esigenza di formazione).
                               P. Q. M.
    Visti gli artt. 134 e seguenti della Costituzione e 23 della legge
 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 5, secondo comma, della  legge  19  dicembre
 1984,  n.  863,  per  contrasto  con  gli  artt.  3,  36  e  38 della
 Costituzione nella parte in cui non specifica la  necessita'  che  la
 distribuzione  dell'orario  sia  precisata,  oltre  che  rispetto  al
 giorno, alla settimana, al  mese  ed  all'anno,  altresi'  nella  sua
 collocazione  temporale  nell'ambito della giornata; e nella parte in
 cui non disciplina gli effetti della mancanza  di  forma  scritta,  o
 della  mancanza  o  insufficienza  della  clausola  di  distribuzione
 dell'orario, da ritenersi equivalente a mancanza  di  forma  scritta,
 nel  senso  che il rapporto si deve intendere a tempo pieno e a tempo
 indeterminato;
    Dispone  la  sospensione  del  presente  giudizio e la trasmisione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del
 Consiglio dei  Ministri,  ed  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
 Parlamento.
      Firenze, addi' 10 giugno 1991
                          Il pretore: DE MATTEIS

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