N. 37 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 settembre 1991
N. 37 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 30 settembre 1991 (della provincia autonoma di Trento) Assistenza e beneficenza - Riconoscimento, sostegno, tutela e disciplina del volontariato - Previsione per le organizzazioni di volontariato di svolgere le proprie attivita' all'interno di strutture sia pubbliche che convenzionate con le regioni e prov- ince autonome - Imposizione di forme di partecipazione consultiva delle organizzazioni di volontariato nella programmazione di interventi in settori in cui operano, con incisione sulla programmazione regionale e provinciale in settori di competenza - Imposizione della partecipazione di volontari ai corsi di formazione, qualificazione e aggiornamento professionale - Prevista costituzione dell'"osservatorio nazionale per il volontariato", presieduto dal Ministro per gli affari sociali e composto esclusivamente da esperti e rappresentanti dei sindacati maggiormente rappresentativi - Obbligo per le regioni e province autonome di costituire fondi speciali con quota parte della somma che gli enti creditizi pubblici e le casse di risparmio debbono destinare per legge ad opere di beneficenza e di pubblica utilita' al fine di istituire e finanziare centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di volontariato - Lamentata omessa previsione di intervento e di potere di disciplina delle regioni e province autonome in dette gestioni e nella utilizzazione dei centri summenzionati - Denunciata omessa previsione di attribuzione di risorse finanziarie per fronteggiare gli oneri ad esse imposti dalla normativa impugnata - Conseguente lesione dell'autonomia legislativa, organizzativa, finanziaria e di spesa delle regioni e province autonome, nonche' della competenza delle stesse nei settori interessati dalle attivita' di volontariato. (Legge 11 agosto 1991, n. 266, artt. 1, secondo comma, 3, 6, 7, 10, 12, primo comma, lettere d), e) e g), e 15). (Cost., art. 81; statuto speciale T.-A.A. (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 8, nn. 1 e 4, 25 e 29, 9, n. 10, 16 e titolo IV).(GU n.41 del 16-10-1991 )
Ricorso della provincia autonoma di Trento, in persona del presidente della giunta provinciale sig. Mario Malossini, autorizzato con deliberazione della giunta provinciale n. 11874 del 13 settembre 1991, rappresentato e difeso dagli avvocati prof. Valerio Onida e Gualtiero Rueca, ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo in Roma, largo della Gancia, 1, come da mandato speciale a rogito notaio dott. Pierluigi Mott di Trento in data 17 settembre 1991, n. 56791 rep., contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per la dichiarazione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, secondo comma, dell'art. 12, primo comma, dell'art. 15, nonche', in quanto occorra, dell'art. 6 della legge 12 agosto 1991, n. 266 ("Legge- quadro sul volontariato"), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 196 del 22 agosto 1991. La legge n. 266/1991 si presenta come "legge-quadro" sul volontariato e all'art. 1, secondo comma, precisa che essa "stabilisce i principi cui le regioni e le province autonome devono attenersi nel disciplinare i rapporti fra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato nonche' i criteri sui debbono uniformarsi le amministrazioni statali e gli enti locali nei medesimi rapporti". Questa stessa autoqualificazione della legge dimostra o conferma che il volontariato non costituisce propriamente una "materia" oggetto di disciplina legislativa, della quale si possa affermare l'appartenenza alla competenza statale ovvero regionale e provinciale, ma piuttosto un fenomeno che si presenta, ed e' quindi di una pluralita' di materie, la maggior parte delle quali rientrano nella competenza legislativa primaria o concorrente, nonche' nella competenza amministrativa della provincia autonoma. Ora, in linea di principio, mentre la disciplina del fenomeno del volontariato nell'ambito di materie estranee alla competenza provinciale costituisce solo uno dei possibili profili di una disciplina statale di tali settori materiali, disciplinare invece lo stesso fenomeno in quanto si presenta nell'ambito delle materie attribuite alla provincia significa null'altro che disciplinare un aspetto di tali materie. In tanto, dunque, lo Stato puo' legittimamente legiferare in proposito, in quanto si mantenga nei limiti che sono propri del legislatore statale allorquando intende dettare norme negli ambiti materiali di competenza regionale o provinciale. Cio', come si e' detto, sembra presupposto dello stesso art. 1, secondo comma, della legge: anche se le successive disposizioni della legge stessa e in particolare gli artt. 6, 10 e 16, sembrerebbero configurare la disciplina del volontariato come interamente di competenza regionale e provinciale. Infatti l'art. 6 affida alle regioni e alle province autonome la disciplina, l'istituzione e la tenuta dei registri generali di (tutte) le organizzazioni di volontariato. L'art. 10 attribuisce alle leggi regionali e provinciali il compito di salvaguardare l'autonomia del volontariato, e favorirne lo sviluppo (primo comma), e in particolare di stabilire le modalita' cui dovranno attenersi le organizzazioni di volontariato per lo svolgimento delle prestazioni "all'interno delle strutture pubbliche e di strutture convenzionate con le regioni e le province autonome" (secondo comma, lett. a)): le forme di partecipazione consultiva delle organizzazioni "alla programmazione degli interventi nei settori in cui esse operano (lett. b)); i requisiti e i criteri che danno titolo di priorita' nella scelta delle organizzazioni per la stipulazione delle convenzioni, anche in relazione ai diversi settori di intervento" (lett. c)); gli organi e le forme di controllo (lett. d); le condizioni e le forme di finanziamento e di sostegno delle attivita' di volontariato (lett. e)); la partecipazione dei volontari ai "corsi di formazione, qualificazione e aggiornamento professionale svolti o promossi dalle regioni, dalle province autonome e dagli enti locali nei settori di diretto intervento delle organizzazioni stesse". L'art. 16, a sua volta, stabilisce che, "fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, le regioni provvedano ad emanare o adeguare le norme per l'attuazione dei principi contenuti" nella legge stessa "entro un anno dalla data della sua entrata in vigore". Di fatto, come si e' accennato, le materie su cui il fenomeno incide appartengono per gran parte alla competenza primaria della provincia (ordinamento degli uffici, manifestazioni culturali ed educative, assistenza e beneficenza pubblica, addestramento e formazione professionale: art. 8, nn. 1, 4, 25 e 29 dello stat. spec.), e per altra parte alla competenza concorrente della stessa (igiene e sanita', assistenza sanitaria: art. 9, n. 10, dello stat. spec.). Pertanto l'autoqualificazione della legge come legge di "principi", contenuta nell'art. 1, secondo comma, non e' sufficiente, di per se', a fondare l'intervento statale nelle materie di competenza primaria, non avendo la legge la pretesa di porre norme fondamentali di riforma economico-sociale o principi generali dell'ordinamento giuridico, in ipotesi atti a vincolare la potesta' legislativa primaria delle regioni e delle province autonome. In ogni caso, la provincia ricorrente puo' non avere interesse a contestare l'intervento del legislatore statale finche' esso si limiti a disciplinare aspetti per cosi' dire soggettivi e strutturali del fenomeno del volontariato, e cioe' la natura e il regime giuridico e fiscale delle attivita' e delle organizzazioni di volontariato (artt. 2, primo comma, e artt. 3, 5, 8, 9, 11), o i diritti e i doveri dei volontari (artt. 2, secondo e terzo comma, 4 e 17), o infine la istituzione e la tenuta di registri regionali o provinciali generali delle organizzazioni di volontariato, con effetti condizionanti sul godimento dei benefici riconosciuti alle medesime (art. 6: salvo quanto si dira' piu' oltre in ordine all'onere finanziario relativo). Ma il discorso cambia quando il legislatore statale pretende di disciplinare invece aspetti che incidono direttamente sulle materie di competenza locale. E' quanto e' accaduto con alcune disposizioni della legge - specificamente gli artt. 10, 12 e 15 - che pertanto risultano lesive dell'autonomia costituzionale della ricorrente. L'art. 10 della legge, come si e' ricordato, nel definire i contenuti della disciplina legislativa regionale e provinciale, non si limita a fissare il principio della salvaguardia dell'autonomia di organizzazione e di iniziativa del volontariato e del favore per il suo sviluppo (primo comma); ne' a richiedere la disciplina attuativa di aspetti strutturali del fenomeno, come gli organi e le forme di controllo (secondo comma, lett. d)); ma va molto oltre, fissando alcuni contenuti necessari della disciplina regionale e provinciale, che attengono certamente agli ambiti materiali di competenza della ricorrente. Cosi' e' quando si prevede che le organizzazioni di volontariato siano chiamate a svolgere le loro prestazioni all'interno sia delle strutture pubbliche che di "strutture convenzionate" con le regioni e le province autonome, cosi' di fatto - sembra - trasformando in obbligo la facolta' di stipulare convenzioni con le organizzazioni di volontariato, prevista dall'art. 7, primo comma (art. 10, secondo comma, lett. a)). Cosi' e' pure quando si prevede che debbano essere disciplinate "forme di partecipazione consultive delle organizzazioni" di volontariato "nella programmazione degli interventi nei settori in cui esse operano" (lett. b)). Qui si incide addirittura sulla organizzazione e sui procedimenti della programmazione provinciale nei settori di competenza, imponendo forme di partecipazione consultiva che finiscono per vincolare detti procedimenti. Ancora, quando si richiede la disciplina dei "requisiti" e dei "criteri" che "danno titolo di priorita' nella scelta delle organizzazioni per la stipulazione delle convenzioni, anche in relazione ai diversi settori di intervento" (lett. c)) si incide direttamente ed esplicitamente nella disciplina dei settori, ancora una volta presupponendo l'obbligatorieta' delle convenzioni, e forse imponendo una difficilmente praticabile disciplina settoriale dei criteri di priorita'. Quando si impone una disciplina delle condizioni e delle "forme di finanziamento e di sostegno delle attivita' di volontariato" (lett. e)) si incide sull'autonomia finanziaria e di spesa della Provincia, rendendo obbligatorie forme di finanziamento e con cio' sostanziando uno specifico intervento nell'ambito dei settori di competenza provinciale. Infine, imponendo la partecipazione dei volontari "ai corsi di formazione, qualificazione e aggiornamento professionale svolti o promossi dalle regioni, dalle province autonome e degli enti locali nei settori di diretto intervento delle organizzazioni stesse" (lett. f)), si impongono interventi che attengono esclusivamente all'ambito, di competenza primaria della provincia, della formazione e dell'addestramento professionale. Vi e', e' vero, la clausola di salvaguardia dell'art. 16, che fa "salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle prov- ince autonome di Trento e Bolzano". Se cio' dovesse significare che, quanto meno nelle materie, di competenza primaria della provincia, questa e' vincolata dai principi posti dalla legge, e specificamente dall'art. 10, la provincia ricorrente potrebbe ritenersi sufficientemente tutelata da una siffatta interpretazione, restando solo da osservare che taluni "principi" dell'art. 10 appaiono essi stessi talmente penetranti e dettagliati da ledere l'autonomia anche nell'ambito delle competenze concorrenti: cosi' dovrebbe dirsi, quanto meno, della lett. b) dell'art. 10, secondo comma, in cui si impongono forme di partecipazione consultiva alla programmazione degli interventi settoriali, tali da vincolare e appesantire oltre misura i procedimenti programmatori locali. Ma il rapporto fra l'art. 10 e l'art. 16 non e' del tutto chiaro, ne' e' chiaro se dalla seconda disposizione possa desumersi che la prima non si applica quanto meno nei settori di competenza primaria delle regioni speciali e delle province autonome. Resta pertanto la necessita' di una pronuncia di questa Corte che tuteli l'autonomia costituzionale della ricorrente. L'art. 12 della legge disciplina la costituzione e l'attivita' dell'"Osservatorio nazionale per il volontariato", presieduto dal Ministro per gli affari sociali o da un suo delegato e composto esclusivamente da esperti e da rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative (mentre non e' prevista alcuna rappresentanza delle regioni e delle province autonome). Tale struttura e' incardinata presso il segretariato generale della Presidenza del Consiglio, e si avvale di un "fondo per il volontariato" istituito presso la Presidenza del Consiglio, dipartimento per gli affari sociali. Ora, la struttura in questione (che rappresenta un ennesimo trasparente tentativo di dar vita a strutture e a competenze opera- tive, con poteri di spesa, alle dipendenze di un Ministro senza portafoglio, nel caso quello per gli affari sociali, operante in materie di schietta competenza regionale e provinciale), cautamente denominata "osservatorio", e' destinata secondo la legge a svolgere compiti che non si limitano affatto a mera raccolta e diffusione di informazioni (lettere a), f) e h)), o alla promozione di studi o di incontri o conferenze (lettere b) e i)). Essa ha altresi' compiti schiettamente operativi. Dovra' infatti, da un lato, "fornire ogni utile elemento per la promozione e lo sviluppo del volontariato" (lett. c)), dizione, questa, particolarmente vaga e indeterminata; dall'altro lato, soprattutto, "approvare progetti sperimentali elaborati, anche in collaborazione con gli enti locali, da organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui all'art. 6 per far fronte ad emergenze sociali e per favorire l'applicazione di metodologie di intervento particolarmente avanzate" (lett. d)), progetti sperimentati destinati ad essere sostenuti finanziariamente attraverso il fondo per il volontariato di cui al secondo comma; "offrire sostegno e consulenza per progetti di informatizzazione e di banche-dati nei settori di competenza" della legge stessa (lett. e)), "sostenere, anche con la collaborazione delle regioni, iniziative di formazione ed aggiornamento per la prestazione dei servizi (lett. g)). Ora, tali competenze operative, gestionali e di spesa attribuite all'"Osservatorio" ledono direttamente e gravemente le competenze della ricorrente. Infatti - a parte la genericita' del "fornire ogni utile elemento per la promozione e lo sviluppo del volontariato, di cui alla lett. c) - sta di fatto che i progetti sperimentali di cui alla lett. d), "per far fronte ad emergenze sociali e per favorire l'applicazione di metodologie di intervento particolarmente avanzate" non possono che essere progetti di intervento concreto, fra l'altro a carattere puntuale e localizzato, dato che sono elaborati da organizzazioni iscritte nei registri regionali, e afferenti a campi - soprattutto l'assistenza e la sanita', ma anche altri - di piena competenza provinciale. Il finanziamento centrale di tali progetti ne conferma la natura operativa e costituisce una ulteriore invasione, anche sotto il profilo finanziario e della spesa, di ambiti spettanti alla provincia. Ancora, il "sostegno", oltre che la "consulenza" a "progetti di informatizzazione e di banche-dati", di cui alla lett. e) (da realizzare, si badi, "nei settori di competenza" della legge, cioe' nei settori - di competenza provinciale, come si e' detto - in cui operano le organizzazioni di volontariato) nell'altro significa se non l'effettuazione di interventi operativi e di spesa nei settori medesimi. A loro volta, le "iniziative di formazione e di approfondimento" - relativi, si badi, proprio alla prestazione dei servizi - di cui e' parola nella lettera g, ricadono per intero nella competenza provinciale in materia di formazione e addestramento professionale oltre che nelle materie cui i servizi si riferiscono. Nulla d'altronde, nella disposizione citata, lascia capire e tanto meno dimostra che le iniziative in questione possano avere rilevanza nazionale o rispondere a particolari interessi nazionali: al contrario, e' evidente che si tratta di micro-progetti ben localizzati, ancorche' presentati sotto l'etichetta della "sperimentalita'" (ma tutto e' sperimentale in questo campo³) o delle metodologie di intervento "particolarmente avanzate", o della informatizzazione. E' dunque palese, sotto ogni profilo, che si viene a realizzare, attraverso l'"Osservatorio", un intervento diretto, attraverso una struttura amministrativa centrale nemmeno raccordata in alcun modo con le regioni e le province autonome, con contenuto di gestione di interventi puntuali e di spesa, in ambiti di competenza provinciale, ledendo cosi' l'autonomia della provincia ricorrente. L'art. 15 della legge dispone che gli enti creditizi pubblici ristrutturati ai sensi del d.lgs. 20 novembre 1990, n. 336 (primo comma), nonche' le Casse di risparmio fino a quando non abbiano proceduto alle operazioni di ristrutturazione di cui a detto d.lgs. n. 356/1990 (secondo comma), debbano destinare, rispettivamente, una quota non inferiore a un quindicesimo dei propri proventi non vincolati a riserva per aumenti di capitale delle societa' esercenti l'impresa bancaria (art. 12, lett. d), d.lgs. n. 356 cit.), e una quota di un decimo delle somme destinate per legge ad opere di beneficenza e di pubblica utilita', alla "costituzione di fondi speciali presso le regioni al fine di istituire, per il tramite degli enti locali, centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di volontariato, e da queste gestiti, con la funzione di sostenerne e qualificarne l'attivita'". Le modalita' di attuazione di tali norme sono demandate a un decreto interministeriale (terzo comma). In primo luogo, dunque, si dispone autoritativamente di una quota di fondi pubblici che la legge destina a fini di interesse pubblico e di utilita' sociale "preminentemente nei settori della ricerca scientifica, della istruzione, dell'arte e della sanita'" nonche' di "assistenza e tutela delle categorie sociali piu' deboli" (art. 12, lett. a), d.lgs. n. 356/1990), o a "opere di beneficenza e di pubblica utilita'" (art. 35, terzo comma, r.d. 25 aprile 1929, n. 967, richiamato dall'art. 15, secondo comma, della legge impugnata): dunque di fondi destinati, almeno per una parte, a settori di piena competenza della provincia ricorrente. Gia' tale destinazione vincolata configura una illegittima invasione della competenza provinciale. Ma c'e' di piu'. Tali somme, secondo la disposizione qui censurata, sono destinate a formare "fondi speciali", costituiti bensi' presso le regioni (nonche', sembra d'intendere, le province autonome), ma interamente destinati alla istituzione - nemmeno diretta, ma per il tramite degli enti locali - di "centri di servizio" aventi la funzione di sostenere e qualificare l'attivita' delle organizzazioni di volontariato. L'utilizzazione dei centri e dei relativi fondi, peraltro, sfuggirebbe del tutto alla regione o alla provincia autonoma presso cui essi sono costituiti: infatti i centri, posti "a disposizione delle organizzazioni di volontariato" sarebbero per di piu' "da queste gestiti" (art. 15, primo comma). Non e' dato allora di capire che cosa in tutto questo ci stiano a fare le regioni e le province autonome. Esse avrebbero l'obbligo di costituire il fondo e di istituire (tramite gli enti locali) e finanziare con il fondo stesso i centri, ma non potrebbero in alcun modo intervenire nella gestione e nella utilizzazione di detti centri, riservate interamente alle organizzazioni di volontariato. Un obbligo contabile e organizzativo, dunque, senza nessun potere di disciplina, di determinazione e di gestione. Per di piu', nemmeno la piu' specifica disciplina dei fondi e dei centri puo' essere stabilita dalle regioni e dalle province autonome, poiche' le modalita' attuative delle norme in questione sono interamente ed esclusivamente demandate ad un decreto ministeriale, che verrebbe dunque a regolare formazione e impiego del fondo regionale e dei centri regionali o locali dei servizi, con evidente ulteriore lesione dell'autonomia organizzativa e finanziaria regionale e provinciale, oltre che della competenza regionale e provinciale nei settori interessati dalla attivita' di volontariato. Mentre l'art. 15 regola nel modo singolare che si e' detto i fondi regionali, e l'art. 12, secondo comma, prevede un fondo centrale per il finanziamento di progetti "sperimentali", ne' queste disposizioni, ne' altre disposizioni della legge prevedono in alcun modo la attribuzione di risorse alle regioni e alle province autonome, idonee a fronteggiare i nuovi oneri ad esse imposti dalla legge, in particolare attraverso la previsione di "forme di finanziamento e di sostegno delle attivita' di volontariato" (art. 10, lett. e)), di convenzioni con le organizzazioni di volontariato (artt. 10, lett. c), e 7), nonche' attraverso l'obbligo imposto alle regioni e alle province autonome di istituire e tenere il registro generale delle organizzazioni di volontariato (artt. 6 e 10, lett. d)). Poiche' e' evidente che si tratta di oneri nuovi imposti alle regioni e alle province autonome, in particolare per la necessita' di creare strutture organizzative e di destinare personale alla gestione dei registri di cui all'art. 6, delle convenzioni di cui all'art. 7 e del fondo di cui all'art. 15, e' altrettanto evidente la violazione dell'autonomia finanziaria e di spesa della provincia, nonche' del precetto di cui all'art. 81, quarto comma, della Costituzione, ribadito e specificato dall'art. 27 della legge n. 468/1978 e dall'art. 3, sesto comma, della legge 14 giugno 1990, n. 158. Quest'ultimo, in particolare, stabilisce che "i provvedimenti statali che direttamente o indirettamente comportino nuove funzioni o ulteriori compiti per le regioni o modifichino quelli esistenti aggravandone gli oneri di gestione, debbano indicare le risorse occorrenti per la loro adeguata copertura". Cio' che, nella specie, il legislatore statale ha del tutto omesso di fare; e infatti la norma di copertura finanziaria di cui all'art. 14 si limita a provvedere in ordine all'onere per il funzionamento dell'Osservatorio nazionale, per la dotazione del fondo nazionale di cui all'art. 12, secondo comma, e per la organizzazione della conferenza nazionale del volontariato (primo comma), nonche' all'onere conseguente alle minori entrate derivanti dalle agevolazioni fiscali attribuite alle organizzazioni di volontariato dall'art. 8; senza alcun accenno, invece, ai nuovi oneri posti a carico delle regioni e delle province autonome.
P. Q. M. La provincia ricorrente chiede che la Corte voglia dichiarare la illegittimita' costituzionale degli artt. 10, secondo comma, lettere b), c), d), e) e f), 12, primo comma, lettere c), d), e) e g), secondo comma, e 15, nonche' in quanto occorra dell'art. 6 nella parte in cui pone nuovi oneri a carico della provincia stessa senza provvedere alle risorse corrispondenti, della legge 11 agosto 1991, n. 266 ("legge-quadro sul volontariato"), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 196 del 22 agosto 1991, in riferimento all'art. 8, numeri 1, 4, 25 e 29, all'art. 9, n. 10, all'art. 16 e al titolo sesto dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e alle relative norme di attuazione, nonche' all'art. 81, quarto comma, della Costituzione, anche in riferimento all'art. 27 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e all'art. 3, sesto comma, della legge 14 giugno 1990, n. 158. Roma, addi' 20 settembre 1991 Avv. prof. Valerio ONIDA - Avv. Gualtiero RUECA 91C1103