N. 37 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 settembre 1991

                                 N. 37
 Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 30 settembre 1991 (della provincia autonoma di Trento)
 Assistenza e beneficenza - Riconoscimento, sostegno, tutela e
    disciplina del volontariato - Previsione per le organizzazioni  di
    volontariato  di  svolgere  le  proprie  attivita'  all'interno di
    strutture sia pubbliche che convenzionate con le regioni  e  prov-
    ince  autonome - Imposizione di forme di partecipazione consultiva
    delle  organizzazioni  di  volontariato  nella  programmazione  di
    interventi   in  settori  in  cui  operano,  con  incisione  sulla
    programmazione regionale e provinciale in settori di competenza  -
    Imposizione   della   partecipazione  di  volontari  ai  corsi  di
    formazione,  qualificazione  e   aggiornamento   professionale   -
    Prevista   costituzione   dell'"osservatorio   nazionale   per  il
    volontariato", presieduto dal Ministro per gli  affari  sociali  e
    composto  esclusivamente da esperti e rappresentanti dei sindacati
    maggiormente rappresentativi - Obbligo per le regioni  e  province
    autonome  di costituire fondi speciali con quota parte della somma
    che gli enti creditizi pubblici e le casse  di  risparmio  debbono
    destinare per legge ad opere di beneficenza e di pubblica utilita'
    al   fine   di   istituire  e  finanziare  centri  di  servizio  a
    disposizione delle  organizzazioni  di  volontariato  -  Lamentata
    omessa  previsione  di  intervento e di potere di disciplina delle
    regioni  e  province  autonome   in   dette   gestioni   e   nella
    utilizzazione   dei   centri  summenzionati  -  Denunciata  omessa
    previsione di attribuzione di risorse finanziarie per fronteggiare
    gli oneri ad esse imposti dalla normativa impugnata -  Conseguente
    lesione  dell'autonomia  legislativa, organizzativa, finanziaria e
    di  spesa  delle  regioni  e  province  autonome,  nonche'   della
    competenza delle stesse nei settori interessati dalle attivita' di
    volontariato.
 (Legge 11 agosto 1991, n. 266, artt. 1, secondo comma, 3, 6, 7, 10,
    12, primo comma, lettere d), e) e g), e 15).
 (Cost., art. 81; statuto speciale T.-A.A. (d.P.R. 31 agosto 1972, n.
    670), artt. 8, nn. 1 e 4, 25 e 29, 9, n. 10, 16 e titolo IV).
(GU n.41 del 16-10-1991 )
   Ricorso   della  provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona  del
 presidente della giunta provinciale sig. Mario Malossini, autorizzato
 con deliberazione della giunta provinciale n. 11874 del 13  settembre
 1991,  rappresentato  e  difeso  dagli avvocati prof. Valerio Onida e
 Gualtiero Rueca, ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo  in
 Roma, largo della Gancia, 1, come da mandato speciale a rogito notaio
 dott.  Pierluigi  Mott  di Trento in data 17 settembre 1991, n. 56791
 rep., contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per
 la dichiarazione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, secondo
 comma, dell'art. 12, primo comma, dell'art. 15,  nonche',  in  quanto
 occorra,  dell'art.  6  della  legge  12 agosto 1991, n. 266 ("Legge-
 quadro sul volontariato"), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 196
 del 22 agosto 1991.
    La  legge  n.  266/1991  si  presenta  come   "legge-quadro"   sul
 volontariato   e   all'art.   1,  secondo  comma,  precisa  che  essa
 "stabilisce i principi cui le regioni e le province  autonome  devono
 attenersi  nel disciplinare i rapporti fra le istituzioni pubbliche e
 le organizzazioni di  volontariato  nonche'  i  criteri  sui  debbono
 uniformarsi le amministrazioni statali e gli enti locali nei medesimi
 rapporti".
    Questa  stessa  autoqualificazione della legge dimostra o conferma
 che  il  volontariato  non  costituisce  propriamente  una  "materia"
 oggetto  di  disciplina  legislativa,  della quale si possa affermare
 l'appartenenza   alla   competenza   statale   ovvero   regionale   e
 provinciale,  ma  piuttosto un fenomeno che si presenta, ed e' quindi
 di una pluralita' di materie, la maggior parte delle quali  rientrano
 nella  competenza  legislativa  primaria o concorrente, nonche' nella
 competenza amministrativa della provincia autonoma.
    Ora, in linea di principio, mentre la disciplina del fenomeno  del
 volontariato   nell'ambito   di   materie  estranee  alla  competenza
 provinciale  costituisce  solo  uno  dei  possibili  profili  di  una
 disciplina  statale di tali settori materiali, disciplinare invece lo
 stesso fenomeno in  quanto  si  presenta  nell'ambito  delle  materie
 attribuite  alla  provincia  significa null'altro che disciplinare un
 aspetto  di  tali  materie.  In  tanto,   dunque,   lo   Stato   puo'
 legittimamente  legiferare  in  proposito,  in quanto si mantenga nei
 limiti che sono propri del legislatore  statale  allorquando  intende
 dettare  norme  negli  ambiti  materiali  di  competenza  regionale o
 provinciale.
    Cio', come si e' detto, sembra presupposto dello  stesso  art.  1,
 secondo comma, della legge: anche se le successive disposizioni della
 legge  stessa  e  in  particolare gli artt. 6, 10 e 16, sembrerebbero
 configurare  la  disciplina  del  volontariato  come  interamente  di
 competenza  regionale  e  provinciale.  Infatti  l'art. 6 affida alle
 regioni e alle province autonome la disciplina,  l'istituzione  e  la
 tenuta   dei  registri  generali  di  (tutte)  le  organizzazioni  di
 volontariato.
    L'art. 10  attribuisce  alle  leggi  regionali  e  provinciali  il
 compito di salvaguardare l'autonomia del volontariato, e favorirne lo
 sviluppo  (primo  comma),  e in particolare di stabilire le modalita'
 cui dovranno attenersi  le  organizzazioni  di  volontariato  per  lo
 svolgimento  delle prestazioni "all'interno delle strutture pubbliche
 e di strutture convenzionate con le regioni e le  province  autonome"
 (secondo  comma,  lett.  a)):  le  forme di partecipazione consultiva
 delle  organizzazioni  "alla  programmazione  degli  interventi   nei
 settori  in  cui esse operano (lett. b)); i requisiti e i criteri che
 danno titolo di priorita' nella scelta delle  organizzazioni  per  la
 stipulazione delle convenzioni, anche in relazione ai diversi settori
 di  intervento" (lett. c)); gli organi e le forme di controllo (lett.
 d); le condizioni e le forme di finanziamento  e  di  sostegno  delle
 attivita'   di  volontariato  (lett.    e));  la  partecipazione  dei
 volontari ai "corsi di  formazione,  qualificazione  e  aggiornamento
 professionale   svolti  o  promossi  dalle  regioni,  dalle  province
 autonome e dagli enti locali nei settori di diretto intervento  delle
 organizzazioni stesse".
    L'art. 16, a sua volta, stabilisce che, "fatte salve le competenze
 delle  regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento
 e di Bolzano, le regioni provvedano ad emanare o  adeguare  le  norme
 per l'attuazione dei principi contenuti" nella legge stessa "entro un
 anno dalla data della sua entrata in vigore".
    Di  fatto,  come  si  e'  accennato, le materie su cui il fenomeno
 incide appartengono per gran parte  alla  competenza  primaria  della
 provincia  (ordinamento  degli  uffici,  manifestazioni  culturali ed
 educative,  assistenza  e  beneficenza  pubblica,   addestramento   e
 formazione  professionale:  art.  8,  nn.  1,  4, 25 e 29 dello stat.
 spec.), e per altra parte alla competenza  concorrente  della  stessa
 (igiene  e  sanita', assistenza sanitaria: art. 9, n. 10, dello stat.
 spec.).
    Pertanto  l'autoqualificazione   della   legge   come   legge   di
 "principi", contenuta nell'art. 1, secondo comma, non e' sufficiente,
 di   per  se',  a  fondare  l'intervento  statale  nelle  materie  di
 competenza primaria, non avendo la legge la pretesa  di  porre  norme
 fondamentali   di   riforma  economico-sociale  o  principi  generali
 dell'ordinamento giuridico, in ipotesi atti a vincolare  la  potesta'
 legislativa primaria delle regioni e delle province autonome.
    In  ogni  caso, la provincia ricorrente puo' non avere interesse a
 contestare l'intervento  del  legislatore  statale  finche'  esso  si
 limiti a disciplinare aspetti per cosi' dire soggettivi e strutturali
 del  fenomeno  del  volontariato,  e  cioe'  la  natura  e  il regime
 giuridico  e  fiscale  delle  attivita'  e  delle  organizzazioni  di
 volontariato  (artt.  2,  primo  comma,  e artt. 3, 5, 8, 9, 11), o i
 diritti e i doveri dei volontari (artt. 2, secondo e terzo comma, 4 e
 17), o infine la istituzione e la  tenuta  di  registri  regionali  o
 provinciali   generali  delle  organizzazioni  di  volontariato,  con
 effetti condizionanti sul godimento dei  benefici  riconosciuti  alle
 medesime  (art.  6:  salvo  quanto  si  dira'  piu'  oltre  in ordine
 all'onere finanziario relativo).
    Ma il discorso cambia quando il legislatore  statale  pretende  di
 disciplinare  invece  aspetti che incidono direttamente sulle materie
 di competenza locale. E' quanto e' accaduto con  alcune  disposizioni
 della  legge  -  specificamente  gli artt. 10, 12 e 15 - che pertanto
 risultano lesive dell'autonomia costituzionale della ricorrente.
    L'art. 10 della legge,  come  si  e'  ricordato,  nel  definire  i
 contenuti  della  disciplina legislativa regionale e provinciale, non
 si limita a fissare il principio della salvaguardia dell'autonomia di
 organizzazione e di iniziativa del volontariato e del favore  per  il
 suo  sviluppo (primo comma); ne' a richiedere la disciplina attuativa
 di aspetti strutturali del fenomeno, come gli organi e  le  forme  di
 controllo  (secondo  comma,  lett.  d));  ma va molto oltre, fissando
 alcuni  contenuti necessari della disciplina regionale e provinciale,
 che attengono certamente agli ambiti materiali  di  competenza  della
 ricorrente.
    Cosi'  e'  quando si prevede che le organizzazioni di volontariato
 siano chiamate a svolgere le loro prestazioni all'interno  sia  delle
 strutture pubbliche che di "strutture convenzionate" con le regioni e
 le  province  autonome,  cosi'  di  fatto  - sembra - trasformando in
 obbligo la facolta' di stipulare convenzioni con le organizzazioni di
 volontariato, prevista dall'art. 7, primo  comma  (art.  10,  secondo
 comma, lett. a)).
    Cosi'  e'  pure  quando si prevede che debbano essere disciplinate
 "forme  di  partecipazione  consultive   delle   organizzazioni"   di
 volontariato  "nella  programmazione  degli interventi nei settori in
 cui esse operano" (lett. b)).
    Qui si incide addirittura sulla organizzazione e sui  procedimenti
 della programmazione provinciale nei settori di competenza, imponendo
 forme  di partecipazione consultiva che finiscono per vincolare detti
 procedimenti.
    Ancora, quando si richiede la disciplina  dei  "requisiti"  e  dei
 "criteri"   che   "danno  titolo  di  priorita'  nella  scelta  delle
 organizzazioni  per  la  stipulazione  delle  convenzioni,  anche  in
 relazione  ai  diversi  settori  di  intervento" (lett. c)) si incide
 direttamente ed esplicitamente nella disciplina dei  settori,  ancora
 una  volta presupponendo l'obbligatorieta' delle convenzioni, e forse
 imponendo una difficilmente  praticabile  disciplina  settoriale  dei
 criteri di priorita'.
    Quando si impone una disciplina delle condizioni e delle "forme di
 finanziamento  e  di sostegno delle attivita' di volontariato" (lett.
 e)) si incide sull'autonomia finanziaria e di spesa della  Provincia,
 rendendo  obbligatorie forme di finanziamento e con cio' sostanziando
 uno  specifico  intervento  nell'ambito  dei  settori  di  competenza
 provinciale.
   Infine,  imponendo  la  partecipazione  dei  volontari "ai corsi di
 formazione, qualificazione e  aggiornamento  professionale  svolti  o
 promossi  dalle  regioni, dalle province autonome e degli enti locali
 nei settori di diretto intervento delle organizzazioni stesse" (lett.
 f)), si impongono interventi che attengono esclusivamente all'ambito,
 di  competenza  primaria  della   provincia,   della   formazione   e
 dell'addestramento professionale.
    Vi  e',  e' vero, la clausola di salvaguardia dell'art. 16, che fa
 "salve le competenze delle regioni a statuto speciale e  delle  prov-
 ince  autonome di Trento e Bolzano". Se cio' dovesse significare che,
 quanto meno nelle materie, di competenza  primaria  della  provincia,
 questa  e' vincolata dai principi posti dalla legge, e specificamente
 dall'art.   10,   la   provincia   ricorrente   potrebbe    ritenersi
 sufficientemente  tutelata  da una siffatta interpretazione, restando
 solo da osservare che taluni "principi" dell'art.  10  appaiono  essi
 stessi  talmente penetranti e dettagliati da ledere l'autonomia anche
 nell'ambito  delle  competenze  concorrenti:  cosi'  dovrebbe  dirsi,
 quanto  meno,  della  lett. b) dell'art. 10, secondo comma, in cui si
 impongono forme  di  partecipazione  consultiva  alla  programmazione
 degli  interventi  settoriali,  tali da vincolare e appesantire oltre
 misura i procedimenti programmatori locali.
    Ma  il rapporto fra l'art. 10 e l'art. 16 non e' del tutto chiaro,
 ne' e' chiaro se dalla seconda disposizione possa  desumersi  che  la
 prima  non  si applica quanto meno nei settori di competenza primaria
 delle regioni speciali e delle province autonome.
    Resta pertanto la necessita' di una pronuncia di questa Corte  che
 tuteli l'autonomia costituzionale della ricorrente.
    L'art.  12  della  legge  disciplina la costituzione e l'attivita'
 dell'"Osservatorio nazionale per  il  volontariato",  presieduto  dal
 Ministro  per  gli  affari  sociali  o  da un suo delegato e composto
 esclusivamente da esperti e da  rappresentanti  delle  organizzazioni
 sindacali maggiormente rappresentative (mentre non e' prevista alcuna
 rappresentanza delle regioni e delle province autonome).
    Tale  struttura  e'  incardinata  presso  il segretariato generale
 della Presidenza del Consiglio, e si  avvale  di  un  "fondo  per  il
 volontariato"   istituito   presso   la   Presidenza  del  Consiglio,
 dipartimento per gli affari sociali.
    Ora, la  struttura  in  questione  (che  rappresenta  un  ennesimo
 trasparente  tentativo  di dar vita a strutture e a competenze opera-
 tive, con poteri di spesa,  alle  dipendenze  di  un  Ministro  senza
 portafoglio,  nel  caso  quello  per  gli affari sociali, operante in
 materie di schietta competenza regionale e  provinciale),  cautamente
 denominata  "osservatorio",  e' destinata secondo la legge a svolgere
 compiti che non si limitano affatto a mera raccolta e  diffusione  di
 informazioni  (lettere  a), f) e h)), o alla promozione di studi o di
 incontri o conferenze (lettere b) e i)).
    Essa ha altresi' compiti schiettamente operativi. Dovra'  infatti,
 da  un  lato,  "fornire  ogni  utile  elemento per la promozione e lo
 sviluppo   del   volontariato"   (lett.   c)),    dizione,    questa,
 particolarmente  vaga  e indeterminata; dall'altro lato, soprattutto,
 "approvare progetti sperimentali elaborati, anche  in  collaborazione
 con  gli  enti locali, da organizzazioni di volontariato iscritte nei
 registri di cui all'art. 6 per far fronte ad emergenze sociali e  per
 favorire  l'applicazione di metodologie di intervento particolarmente
 avanzate" (lett.  d)),  progetti  sperimentati  destinati  ad  essere
 sostenuti finanziariamente attraverso il fondo per il volontariato di
 cui  al secondo comma; "offrire sostegno e consulenza per progetti di
 informatizzazione e di banche-dati nei settori di  competenza"  della
 legge  stessa  (lett.  e)),  "sostenere,  anche con la collaborazione
 delle regioni, iniziative  di  formazione  ed  aggiornamento  per  la
 prestazione dei servizi (lett. g)).
    Ora,  tali  competenze operative, gestionali e di spesa attribuite
 all'"Osservatorio" ledono direttamente  e  gravemente  le  competenze
 della  ricorrente. Infatti - a parte la genericita' del "fornire ogni
 utile elemento per la promozione e lo sviluppo del  volontariato,  di
 cui  alla  lett. c) - sta di fatto che i progetti sperimentali di cui
 alla lett. d), "per far fronte ad emergenze sociali  e  per  favorire
 l'applicazione di metodologie di intervento particolarmente avanzate"
 non possono che essere progetti di intervento concreto, fra l'altro a
 carattere   puntuale  e  localizzato,  dato  che  sono  elaborati  da
 organizzazioni iscritte nei registri regionali, e afferenti a campi -
 soprattutto l'assistenza e la sanita', ma  anche  altri  -  di  piena
 competenza provinciale. Il finanziamento centrale di tali progetti ne
 conferma  la  natura operativa e costituisce una ulteriore invasione,
 anche sotto il profilo finanziario e della spesa, di ambiti spettanti
 alla provincia.
    Ancora,  il  "sostegno",  oltre che la "consulenza" a "progetti di
 informatizzazione e  di  banche-dati",  di  cui  alla  lett.  e)  (da
 realizzare,  si  badi, "nei settori di competenza" della legge, cioe'
 nei settori - di competenza provinciale, come si e' detto  -  in  cui
 operano  le  organizzazioni  di volontariato) nell'altro significa se
 non l'effettuazione di interventi operativi e di  spesa  nei  settori
 medesimi.
   A  loro volta, le "iniziative di formazione e di approfondimento" -
 relativi, si badi, proprio alla prestazione dei servizi - di  cui  e'
 parola   nella  lettera  g,  ricadono  per  intero  nella  competenza
 provinciale in materia di formazione  e  addestramento  professionale
 oltre che nelle materie cui i servizi si riferiscono.
    Nulla d'altronde, nella disposizione citata, lascia capire e tanto
 meno  dimostra che le iniziative in questione possano avere rilevanza
 nazionale  o  rispondere  a  particolari  interessi   nazionali:   al
 contrario,   e'   evidente   che  si  tratta  di  micro-progetti  ben
 localizzati,   ancorche'   presentati   sotto    l'etichetta    della
 "sperimentalita'" (ma tutto e' sperimentale in questo campo³) o delle
 metodologie   di   intervento  "particolarmente  avanzate",  o  della
 informatizzazione.
    E' dunque palese, sotto ogni profilo, che si viene  a  realizzare,
 attraverso  l'"Osservatorio",  un  intervento diretto, attraverso una
 struttura amministrativa centrale nemmeno raccordata  in  alcun  modo
 con  le  regioni e le province autonome, con contenuto di gestione di
 interventi puntuali e di spesa, in ambiti di competenza  provinciale,
 ledendo cosi' l'autonomia della provincia ricorrente.
    L'art.  15  della  legge  dispone  che gli enti creditizi pubblici
 ristrutturati ai sensi del d.lgs. 20 novembre  1990,  n.  336  (primo
 comma),  nonche'  le  Casse  di  risparmio  fino a quando non abbiano
 proceduto alle operazioni di ristrutturazione di cui a  detto  d.lgs.
 n.  356/1990 (secondo comma), debbano destinare, rispettivamente, una
 quota non  inferiore  a  un  quindicesimo  dei  propri  proventi  non
 vincolati  a riserva per aumenti di capitale delle societa' esercenti
 l'impresa bancaria (art. 12, lett. d), d.lgs. n.  356  cit.),  e  una
 quota  di  un  decimo  delle  somme  destinate  per legge ad opere di
 beneficenza e di  pubblica  utilita',  alla  "costituzione  di  fondi
 speciali presso le regioni al fine di istituire, per il tramite degli
 enti  locali,  centri di servizio a disposizione delle organizzazioni
 di volontariato, e da queste gestiti, con la funzione di sostenerne e
 qualificarne l'attivita'".
    Le modalita' di attuazione di  tali  norme  sono  demandate  a  un
 decreto interministeriale (terzo comma).
    In  primo luogo, dunque, si dispone autoritativamente di una quota
 di fondi pubblici che la legge destina a fini di interesse pubblico e
 di  utilita'  sociale  "preminentemente  nei  settori  della  ricerca
 scientifica,  della istruzione, dell'arte e della sanita'" nonche' di
 "assistenza e tutela delle categorie sociali piu' deboli"  (art.  12,
 lett.  a),  d.lgs.  n.  356/1990),  o  a  "opere  di beneficenza e di
 pubblica utilita'" (art. 35, terzo comma, r.d.  25  aprile  1929,  n.
 967,  richiamato dall'art. 15, secondo comma, della legge impugnata):
 dunque di fondi destinati, almeno per una parte, a settori  di  piena
 competenza della provincia ricorrente.
    Gia'   tale   destinazione  vincolata  configura  una  illegittima
 invasione della competenza provinciale.
    Ma  c'e'  di  piu'.  Tali  somme,  secondo  la  disposizione   qui
 censurata,  sono  destinate  a  formare  "fondi speciali", costituiti
 bensi' presso le regioni (nonche', sembra  d'intendere,  le  province
 autonome),  ma  interamente  destinati  alla  istituzione  -  nemmeno
 diretta, ma per  il  tramite  degli  enti  locali  -  di  "centri  di
 servizio"  aventi  la funzione di sostenere e qualificare l'attivita'
 delle organizzazioni di volontariato.
    L'utilizzazione  dei  centri  e  dei  relativi  fondi,   peraltro,
 sfuggirebbe  del  tutto alla regione o alla provincia autonoma presso
 cui essi sono costituiti: infatti i  centri,  posti  "a  disposizione
 delle  organizzazioni  di  volontariato"  sarebbero  per  di piu' "da
 queste gestiti" (art. 15, primo comma).
    Non e' dato allora di capire che cosa in tutto questo ci stiano  a
 fare  le  regioni e le province autonome. Esse avrebbero l'obbligo di
 costituire il fondo e  di  istituire  (tramite  gli  enti  locali)  e
 finanziare  con  il fondo stesso i centri, ma non potrebbero in alcun
 modo intervenire  nella  gestione  e  nella  utilizzazione  di  detti
 centri, riservate interamente alle organizzazioni di volontariato. Un
 obbligo  contabile  e  organizzativo,  dunque, senza nessun potere di
 disciplina, di determinazione e di gestione.
    Per di piu', nemmeno la piu' specifica disciplina dei fondi e  dei
 centri puo' essere stabilita dalle regioni e dalle province autonome,
 poiche'   le  modalita'  attuative  delle  norme  in  questione  sono
 interamente ed esclusivamente demandate ad un  decreto  ministeriale,
 che  verrebbe  dunque  a  regolare  formazione  e  impiego  del fondo
 regionale e dei centri regionali o locali dei servizi,  con  evidente
 ulteriore   lesione   dell'autonomia   organizzativa   e  finanziaria
 regionale e provinciale,  oltre  che  della  competenza  regionale  e
 provinciale nei settori interessati dalla attivita' di volontariato.
    Mentre l'art. 15 regola nel modo singolare che si e' detto i fondi
 regionali,  e l'art. 12, secondo comma, prevede un fondo centrale per
 il finanziamento di progetti "sperimentali", ne' queste disposizioni,
 ne' altre  disposizioni  della  legge  prevedono  in  alcun  modo  la
 attribuzione di risorse alle regioni e alle province autonome, idonee
 a  fronteggiare  i  nuovi  oneri  ad  esse  imposti  dalla  legge, in
 particolare attraverso la previsione di "forme di finanziamento e  di
 sostegno  delle  attivita'  di  volontariato" (art. 10, lett. e)), di
 convenzioni con le organizzazioni di volontariato  (artt.  10,  lett.
 c),  e  7),  nonche' attraverso l'obbligo imposto alle regioni e alle
 province autonome di istituire e tenere il  registro  generale  delle
 organizzazioni di volontariato (artt. 6 e 10, lett. d)).
    Poiche'  e'  evidente  che  si  tratta di oneri nuovi imposti alle
 regioni e alle province autonome, in particolare per la necessita' di
 creare strutture organizzative e di destinare personale alla gestione
 dei registri di cui all'art. 6, delle convenzioni di cui all'art. 7 e
 del fondo di cui all'art. 15, e' altrettanto evidente  la  violazione
 dell'autonomia  finanziaria  e  di spesa della provincia, nonche' del
 precetto di  cui  all'art.  81,  quarto  comma,  della  Costituzione,
 ribadito  e  specificato  dall'art.  27  della  legge  n.  468/1978 e
 dall'art. 3, sesto  comma,  della  legge  14  giugno  1990,  n.  158.
 Quest'ultimo, in particolare, stabilisce che "i provvedimenti statali
 che   direttamente  o  indirettamente  comportino  nuove  funzioni  o
 ulteriori compiti per  le  regioni  o  modifichino  quelli  esistenti
 aggravandone  gli  oneri  di  gestione,  debbano  indicare le risorse
 occorrenti per la loro adeguata copertura". Cio' che,  nella  specie,
 il  legislatore  statale  ha  del  tutto omesso di fare; e infatti la
 norma di copertura  finanziaria  di  cui  all'art.  14  si  limita  a
 provvedere in ordine all'onere per il funzionamento dell'Osservatorio
 nazionale,  per  la dotazione del fondo nazionale di cui all'art. 12,
 secondo comma, e per la organizzazione della conferenza nazionale del
 volontariato (primo comma), nonche' all'onere conseguente alle minori
 entrate  derivanti  dalle  agevolazioni   fiscali   attribuite   alle
 organizzazioni  di  volontariato  dall'art.  8;  senza alcun accenno,
 invece, ai nuovi oneri posti a carico delle regioni e delle  province
 autonome.
                               P. Q. M.
    La  provincia  ricorrente chiede che la Corte voglia dichiarare la
 illegittimita' costituzionale degli artt. 10, secondo comma,  lettere
 b),  c),  d),  e)  e  f),  12,  primo comma, lettere c), d), e) e g),
 secondo comma, e 15, nonche' in  quanto  occorra  dell'art.  6  nella
 parte  in  cui pone nuovi oneri a carico della provincia stessa senza
 provvedere alle risorse corrispondenti, della legge 11  agosto  1991,
 n.  266  ("legge-quadro sul volontariato"), pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale n. 196 del 22  agosto  1991,  in  riferimento  all'art.  8,
 numeri  1,  4,  25  e  29, all'art. 9, n. 10, all'art. 16 e al titolo
 sesto dello statuto speciale per il Trentino-Alto  Adige  di  cui  al
 d.P.R.  31  agosto 1972, n. 670, e alle relative norme di attuazione,
 nonche' all'art. 81,  quarto  comma,  della  Costituzione,  anche  in
 riferimento all'art. 27 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e all'art.
 3, sesto comma, della legge 14 giugno 1990, n. 158.
      Roma, addi' 20 settembre 1991
            Avv. prof. Valerio ONIDA - Avv. Gualtiero RUECA

 91C1103