N. 39 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 2 ottobre 1991

                                 N. 39
 Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 2 ottobre 1991 (della provincia autonoma di Trento)
 Igiene e sanita' - Legge quadro in materia di animali di affezione e
    prevenzione  del  randagismo  -  Disciplina  degli  interventi   e
    protezione  degli  animali  domestici - Istituzione da parte delle
    regioni di un'anagrafe canina, risanamento dei canili  comunali  e
    costruzione  di  rifugi  per  cani  -  Obbligo  delle  regioni  di
    indennizzare gli agricoltori per le perdite di  capi  di  bestiame
    causate  da cani randagi od inselvatichiti - Obbligo delle regioni
    e  province  autonome  di  adeguare  la  propria  legislazione  ai
    principi  contenuti nella legge impugnata - Previsione di sanzioni
    amministrative pecuniarie confluenti nel  fondo  per  l'attuazione
    della  legge  stessa  -  Ripartizione  tra  le  regioni e province
    autonome  del  fondo per l'attuazione della legge in questione con
    decreto del Ministro della sanita' di concerto con il Ministro del
    tesoro sentita la Conferenza permanente  per  i  rapporti  tra  lo
    Stato,  le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano -
    Asserita violazione  della  sfera  di  competenza  provinciale  in
    materia  di  igiene  e  sanita'  e  zootecnia  -  Riferimento alle
    sentenze della Corte costituzionale nn. 116/1991 e 382/1990.
 (Legge 14 agosto 1991, n. 281, artt. 3, settimo comma, 5, sesto
    comma, e 8).
 (Cost., art. 119; statuto T.-A.A., artt. 8, n. 21, e 16, primo
    comma).
(GU n.41 del 16-10-1991 )
    Ricorso  della  provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona  del
 presidente  della  giunta  provinciale  sig.  Mario Malossini, giusta
 delibera della giunta n. 12148 del 20 settembre 1991, rappresentata e
 difesa - in virtu' di procura speciale  del  23  settembre  1991  per
 notaio Pierluigi Mott in Trento (reg. 56806) - dall'avv. prof. Sergio
 Panunzio  e  presso di esso elettivamente domiciliata in Roma, piazza
 Borghese n. 3, contro la Presidenza del Consiglio  dei  Ministri,  in
 persona  del Presidente del Consiglio in carica, per la dichiarazione
 di incostituzionalita'  degli  artt.  3,  settimo  comma,  5,  primo,
 secondo,  terzo  e  sesto  comma, ed 8 della legge 14 agosto 1991, n.
 281, recante "Legge-quadro in  materia  di  animali  di  affezione  e
 prevenzione del randagismo".
                               F A T T O
    La provincia autonoma ricorrente e' titolare, in base allo Statuto
 speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige, di competenze legislative ed
 amministrative di rango esclusivo in materia di patrimonio zootecnico
 (artt. 8, n. 21, e 16, primo comma, dello Statuto), nonche' di  rango
 concorrente  in  materia  di  igiene e sanita' (artt. 9, n. 10, e 16,
 primo comma, dello statuto). Si tratta di competenze che  sono  nella
 piena  disponibilita'  della  provincia  ricorrente,  anche in virtu'
 delle relative norme d'attuazione statutarie, di cui specialmente  al
 d.P.R. 22 marzo 1974, n. 279, ed al d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474.
    Soprattutto  sulla  competenza  esclusiva in materia di patrimonio
 zootecnico, ma per certi  aspetti  anche  su  quella  concorrente  in
 materia  di  igiene  e  sanita',  si  fonda  dunque la potesta' della
 provincia   autonoma   ricorrente   di   stabilire   e   disciplinare
 autonomamente  gli interventi a favore degli animali che essa ritenga
 opportuni nel proprio territorio.
    In questa direzione  la  provincia  autonoma  ricorrente  ha  gia'
 legiferato,   in  particolare  approvando  la  legge  provinciale  27
 dicembre 1982, n. 30, recante "Interventi  per  la  protezione  degli
 animali".
    Atttualmente  e'  in  corso di approvazione da parte del consiglio
 provinciale il disegno di legge 18 maggio 1990, n. 93 (il  cui  testo
 si  deposita  con  il presente atto), recante il titolo "Disposizioni
 per la tutela degli animali"  e  contenente  una  ampia  ed  organica
 disciplina di tutta la materia, che supera ed assorbe la legislazione
 provinciale precedente.
    Cio'  premesso, nella Gazzetta Ufficiale n. 203 del 30 agosto u.s.
 e' stata pubblicata la legge 14  agosto  1991,  n.  281,  dal  titolo
 "Legge-quadro  in  materia  di animali di affezione e prevenzione del
 randagismo". Tale legge contiene alcune  disposizioni  che  risultano
 essere  lesive  delle competenze della provincia autonoma ricorrente,
 che pertanto le impugna, per i seguenti motivi di
                             D I R I T T O
    1.  -  Violazione da parte dell'art. 3, settimo comma, della legge
 impugnata delle competenze provinciali di cui agli artt. 8, n. 21,  e
 16,  primo  comma,  dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige
 (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e relative norme d'attuazione.
    L'art. 3 della legge impugnata, nei comma da 1 a  5,  prescrive  e
 regola l'adozione da parte delle regioni di interventi legislativi ed
 amministrativi  di vario genere, tutti riguardanti la disciplina e la
 protezione degli animali domestici. Il sesto comma dello stesso  art.
 3  regola a sua volta il finanziamento da parte delle regioni di tali
 interventi, mediante l'utilizzazione dei fondi di cui  al  successivo
 art.  8,  secondo  comma.  In  particolare il primo comma dell'art. 3
 prevede successivi interventi legislativi regionali,  in  materia  di
 anagrafe   canina,  di  cui  per  vari  aspetti  si  predetermina  il
 contenuto; lo stesso  fa  il  successivo  secondo  comma  per  quanto
 riguarda  il  risanamento  dei  canili  comunali e la costruzione dei
 rifugi per i  cani;  a  loro  volta  il  terzo  ed  il  quarto  comma
 disciplinano  l'adozione  da  parte  delle  regioni  di  programmi di
 prevenzione del  randagismo  predeterminando  anche  taluni  tipi  di
 intervento  che  a  tal  fine  debbono  essere predisposti; il quinto
 comma, infine, impone alle regioni di  indennizzare  gli  agricoltori
 per  le  perdite  di  capi  di  bestiame  causate  da cani randagi od
 inselvatichiti.
    Ma quello che specificamente rileva ai fini del  presente  ricorso
 e'  il settimo ed ultimo comma dell'art. 3, secondo cui "Le regioni a
 statuto speciale e le  province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano
 adeguano la propria legislazione ai principi contenuti nella presente
 legge  e  adottano  un  programma  regionale  per  la prevenzione del
 randagismo nel rispetto dei criteri di cui al presente articolo".
    Dunque, ai sensi del settimo comma dell'art. 3, i principi  (ed  i
 criteri)   stabiliti  dalla  legge  statale  n.  281/1991  dovrebbero
 limitare le competenze provinciali nella materia di cui alla legge in
 questione.
    E'  noto,  peraltro,  che  siffatti   principi   -   quali   sono,
 tipicamente,   quelli   contenuti   in  una  "legge-quadro"  come  si
 autoqualifica la legge n. 281/1991 - possono validamente limitare  le
 competenze   legislative   concorrenti   della   provincia   autonoma
 ricorrente (art.  9  dello  statuto),  ma  non  anche  la  competenza
 esclusiva  in  materia di patrimonio zootecnico (art. 8, n. 21, dello
 statuto), che e' appunto la materia in cui ricade  essenzialmente  la
 disciplina  stabilita  dalla  legge  n.  281/1991.  Ne'  si  potrebbe
 sostenere che le disposizioni stabilite  in  genere  dalla  legge  n.
 281/1991  (ed  in particolare quella dei primi cinque commi dell'art.
 3) possano configurarsi come principi o  norme  fondamentali  di  una
 legge  di  riforma economico sociale dello Stato; infatti nel caso in
 questione non sussistono i caratteri che, secondo  le  giurisprudenze
 di  codesta  ecc.ma  Corte  (sentenza  n.  1033/1988), di tale limite
 sarebbero propri: soprattutto (ma non solo) sotto  il  profilo  della
 "fondamentalita'" dei valori tutelati.
    Per  i  motivi  illustrati, il settimo comma dell'art. 3 e' dunque
 lesivo  delle  competenze  legislative  esclusive   attribuite   alla
 provincia ricorrente dall'art. 8, n. 21, dello statuto speciale.
    2.  -  Violazione  da  parte  dell'art. 5, primo, secondo, terzo e
 sesto comma, della legge impugnata, delle competenze  provinciali  di
 cui  agli  artt. 8, n. 21, 9, n. 10, e 16, primo comma, dello statuto
 speciale per il Trentino-Alto Adige (e relative norme  d'attuazione),
 nonche'   dell'autonomia   finanziaria   della  provincia  ricorrente
 garantita dal titolo sesto dello  statuto  Trentino-Alto  Adige  come
 modificato ed integrato dalla legge 30 novembre 1989, n. 386.
    2.1.  -  L'art.  5 della legge impugnata stabilisce delle sanzioni
 amministrative pecuniarie a  carico  di  chi  contravviene  a  talune
 prescrizioni stabilite dallo stesso art. 5. In particolare stabilisce
 un'ammenda   per   chi  abbandona  animali  custoditi  nella  propria
 abitazione; il secondo comma stabilisce una sanzione per  chi  omette
 di  iscrivere  il  proprio  cane  all'anagrafe canina; il terzo comma
 stabilisce una sanzione per chi,  avendo  iscritto  il  proprio  cane
 all'anagrafe, omette pero' di sottoporlo al tatuaggio.
    In  tutti e tre i casi si tratta certamente di disposizioni non di
 principio  stabilite  direttamente  dal  legislatore  in  materia  di
 competenza  esclusiva  della  provincia.  Non  puo'  esservi  dubbio,
 invero, che  spetta  esclusivamente  a  quest'ultima  -  nel  proprio
 territorio  -  di  imporre  con  una  propria legge ai proprietari di
 animali gli obblighi sopra descritti,  e  di  stabilire  le  relative
 sanzioni  in  caso  di  inosservanza. Ed infatti e' appunto questo il
 contenuto degli artt. da 9 a 20 del  gia'  citato  disegno  di  legge
 provinciale  18 maggio 1990, n. 93 ("Disposizioni per la tutela degli
 animali") in corso di approvazione.
    Le suddette disposizioni dell'art. 5 della legge n. 281/1991  sono
 dunque   palesemente   lesive   della  competenza  legislativa  della
 provincia ricorrente (salvo riconoscere ad esse un  valore  meramente
 suppletivo).
    2.2.  - Il sesto ed ultimo comma dell'art. 5 della legge impugnata
 stabilisce che "Le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative di
 cui al primo, secondo, terzo e quarto comma  confluiscono  nel  fondo
 per l'attuazione della presente legge previsto dall'art. 8".
    Tale disposizione, che fa confluire in un fondo statale le entrate
 derivanti   dalle   sanzioni   suddette,  e'  comunque  lesiva  delle
 competenze della provincia ricorrente, ed in  particolare  della  sua
 autonomia   finanziaria,   quand'anche   si  attribuisse  alle  norme
 sanzionatorie di cui ai commi da 1 a 4 dello stesso art. 5 un  valore
 meramente suppletivo nell'ambito provinciale.
    E'  infatti  evidente  che l'autonomia finanziaria della provincia
 ricorrente, costituzionalmente  garantita,  comporta  necessariamente
 che  le  entrate  provenienti  da  sanzioni di competenza provinciale
 debbono affluire al bilancio della provincia, e non  a  quello  dello
 Stato, come invece stabilisce l'ultimo comma dell'art. 6 impugnato.
    Che   questa   sia  una  indefettibile  conseguenza  dei  principi
 costituzionali dell'autonomia finanziaria delle regioni e delle prov-
 ince autonome e' del resto cosa ben nota,  in  realta',  allo  stesso
 legislatore  nazionale,  come  espressamente risulta dalla disciplina
 della  devoluzione  dei  proventi   delle   sanzioni   amministrative
 stabilita  in  via  generale dagli artt. 17, terzo comma, e 29, terzo
 comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689  ("Modifiche  al  sistema
 penale").  Ivi  si  stabilisce  infatti  che  nei casi di sanzioni in
 materia di competenza regionale i proventi  delle  sanzioni  medesime
 spettano esclusivamente alle regioni.
    3.  -  Violazione da parte dell'art. 8 della legge impugnata delle
 competenze e dell'autonomia finanziaria provinciale di cui alle norme
 statutarie gia' indicate (come modificate ed  integrate  anche  dalla
 legge  30 novembre 1989, n. 386, spec. art. 5), nonche' del principio
 della riserva di legge ex art. 119 della Costituzione.
    L'art. 8 della impugnata legge  n.  281/1991,  con  il  suo  primo
 comma,  istituisce  presso  il  Ministero  della sanita' un fondo per
 l'attuazione della legge stessa  e  ne  determina  la  dotazione.  Il
 successivo   secondo  comma  disciplina  la  ripartizione  del  fondo
 stabilendo che "Il  Ministro  della  sanita',  con  proprio  decreto,
 ripartisce  annualmente  tra  le  regioni  e  le province autonome di
 Trento e di Bolzano le disponibilita'  del  fondo  di  cui  al  primo
 comma. I criteri per la ripartizione sono determinati con decreto del
 Ministro  della  sanita'  adottato  di  concerto  con il Ministro del
 tesoro, sentita la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
 le regioni e le  province  autonome  di  Trento  e  Bolzano,  di  cui
 all'art. 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400".
    La  surriferita disciplina e' incostituzionale, siccome lesiva dei
 principi costituzionali relativi  alla  autonomia  finanziaria  della
 provincia ricorrente garantita dal titolo sesto dello statuto come da
 ultimo modificato ed integrato dalla legge n. 386/1989.
    La  legge  n.  281/1991 non e' una legge "speciale" che abbia come
 obiettivo la promozione di particolari interventi statali o regionali
 in un determinato settore. La legge in questione e' (come essa stessa
 si autodefinisce) una "legge  quadro",  rivolta  quindi  a  stabilire
 principi  e  criteri  per  indirizzare  l'esercizio "ordinario" delle
 funzioni proprie delle regioni e delle province autonome. Il fondo di
 cui all'art.  8  della  legge  impugnata  e'  un  fondo  destinato  a
 trasferire  alle  regioni  e province autonome le risorse finanziarie
 necessarie per  soddisfare  degli  interessi  pubblici  la  cui  cura
 diretta  e'  di  loro  esclusiva  competenza,  ancorche' essi abbiano
 rilevanza nazionale. Si tratta, dunque, di un fondo  cui  si  applica
 necessariamente  la  disciplina  stabilita dall'art. 5 della legge n.
 386/1989  (norma  "rinforzata")  e,   quindi   non   derogabile   col
 procedimento  legislativo  ordinario:  sent. n. 116/1991 ed i criteri
 ivi stabiliti.
    In conclusione, la disciplina legislativa impugnata,  nella  parte
 in  cui  demanda  ad  un atto governativo (decreto del Ministro della
 sanita') la determinazione di qualsivoglia criterio  di  ripartizione
 del  fondo  e'  certamente  incostituzionale  perche',  ignorando  la
 disciplina    ora    richiamata,    rimette    integralmente     alla
 discrezionalita'  dell'esecutivo ogni criterio di ripartizione, cosi'
 violando la garanzia dell'autonomia finanziaria provinciale.  Infatti
 tale  circostanza  comporta  in ogni caso - secondo l'insegnamento di
 codesta ecc.ma Corte (da ultimo sentenza n. 382/1990) - la violazione
 del principio della riserva di legge stabilito in via  generale,  per
 la  materia  in  questione, anche dal primo comma dell'art. 119 della
 Costituzione.
                               P. Q. M.
    Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente
 ricorso, dichiarare incostituzionale, in parte qua,  le  disposizioni
 impugnate della legge 14 agosto 1991, n. 281.
      Roma, addi' 27 settembre 1991
                      Prof. avv. Sergio PANUNZIO

 91C1115