N. 655 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 giugno 1991

                                N. 655
     Ordinanza emessa il 17 giugno 1991 dal pretore di Bologna nei
                      procedimenti civili riuniti
       vertenti tra Marchese Domenico ed altra, n.q. e Ministero
                             dell'interno
 Previdenza e assistenza sociale - Minori non totalmente invalidi -
    Assegno   di  accompagnamento  -  Eliminazione  del  beneficio  ed
    eccezionale conservazione degli effetti della  domanda  presentata
    fino   all'entrata  in  vigore  della  legge  n.  508/1988  -  Non
    applicabilita'  del  beneficio  della  indennita'   di   frequenza
    (sostitutivo   dell'indennita'   di   accompagnamento,  introdotto
    riguardo ai suddetti minori, con legge 11 ottobre 1990,  n.  289),
    per  il periodo anteriore all'entrata in vigore della legge stessa
    - Incidenza sul principio  dell'assicurazione  di  mezzi  adeguati
    alle esigenze di vita in caso di malattia.
 (Legge 21 novembre 1988, n. 508, art. 6).
 (Cost., art. 38).
(GU n.44 del 6-11-1991 )
                              IL PRETORE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nelle  cause iscritte ai
 numeri 1363/1990 e 1364/1990 r.g.l. promosse da Marchese  Domenico  e
 Magagnoli  Silvia  quali  esercenti  la  patria potesta' sulle figlie
 minori Marchese Simone e Barbara  (avv.  E.  Passanti  e  P.  Naldi),
 contro il Ministero dell'interno, contumace.
    Oggetto: indennita' di accompagnamento.
    Il  pretore  dott.  Monaci  Stefano  a  scioglimento della riserva
 pronunciata in data 28 novembre 1990 ha emesso la seguente ordinanza:
    1. - Con due separati ricorsi, depositati entrambi in  cancelleria
 il 2 maggio 1990, e poi riuniti, Marchese Domenico e Magagnoli Silvia
 hanno  convenuto  in  giudizio  il Ministero dell'interno, nelle loro
 rispettive qualita' di  rappresentanti  legali  della  figlia  minore
 Marchese  Simona  (in un ricorso) e dell'altra figlia minore, gemella
 della prima, Marchese Barbara (in un  secondo  ricorso  parallelo  al
 primo)  chiedendo,  previa eventuale dichiarazione di rilevanza e non
 manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 6 della legge 21 ottobre 1989, n. 508,  l'accertamento  del
 diritto delle minori alla concessione dell'assegno di accompagnamento
 ai sensi dell'art. 17 della legge n. 118/1971, tra l'altro, anche per
 il   periodo   1989/1990,  con  conseguente  condanna  del  Ministero
 dell'interno alla corresponsione dello stesso, oltre  agli  interessi
 legali  e  alle  spese  di  causa.  Esponevano  i  ricorrenti che nei
 confronti delle figlie minori, affette da una serie di patologie tali
 da comportare difficolta' persistenti allo svolgimento dei compiti  e
 delle   funzioni  proprie  della  loro  eta',  e  riconosciute  dalla
 competente commissione sanitaria non deambulanti  in  modo  autonomo,
 sussistendo  altresi'  gli  ulteriori  requisiti di legge, tra cui la
 frequentazione di un centro ambulatoriale, era stata accertata  nella
 seduta  del 5 dicembre 1989 il diritto all'assegno di accompagnamento
 per il periodo dal 1ยบ novembre 1987 al 30 settembre 1989;
      che successivamente a tale data l'erogazione  dello  stesso  era
 stato  sospeso  senza  comunicazione  dei  motivi,  che questi ultimi
 probabilmente riposavano su  un'errata  interpretazione  dell'art.  6
 della  legge n. 508/1988, il quale, abrogato l'art. 17 della legge n.
 118/1971 che prevedeva l'assegno  di  accompagnamento  a  favore  dei
 minori  non  deambulanti,  faceva  pero'  salve le domande dirette ad
 ottenere la  suddetta  provvidenza  presentate  sino  all'entrata  in
 vigore della medesima legge.
    Sostenevano   i  ricorrenti  che  la  domanda  cui  avrebbe  fatto
 riferimento l'art. 6, secondo comma,  della  legge  n.  508/1988  era
 quella   iniziale,   diretta   all'accertamento   del   diritto  alla
 concessione  dell'assegno,  consistente  in  una  "istanza  in  carta
 libera, corredata da un certificato della direzione della scuola, del
 corso o del centro, alla commissione sanitaria provinciale competente
 per territorio" (art. 17, secondo comma, della legge n. 118/1971).
    Infatti,  poiche'  la  concessione dell'assegno era rinnovabile di
 anno  in  anno,  previa  una  semplice  presentazione  al  competente
 comitato  locale di assistenza e beneficenza pubblica del certificato
 di frequenza, in relazione agli anni successivi al primo (quello  del
 riconoscimento del diritto), non si sarebbe potuto parlare, secondo i
 ricorrenti,   di   nuova   domanda,   trattandosi   di  una  semplice
 integrazione della domanda iniziale  allo  scopo  di  documentare  la
 permanenza   di  uno  dei  requisiti  richiesti  per  la  concessione
 dell'assegno e di ottenere cosi' un rinnovo dello stesso d'ufficio.
    La conseguenza  di  tale  assunto,  in  costanza  di  una  istanza
 "originaria"  presentata  prima dell'entrata in vigore della legge n.
 508/1988, era l'asserito diritto alla reiterazione della  provvidenza
 prevista  dall'art. 17 della legge n. 118/1971 anche per l'annualita'
 1989/1990, nonostante  che  l'istanza  di  rinnovo  relativa  a  tale
 periodo   avesse   data   successiva   all'entrata  in  vigore  della
 disposizione abrogatrice.
    Infine i  ricorrenti  eccepivano  l'illegittimita'  costituzionale
 dell'art.  6  della stessa legge n. 503/1988, in quanto l'abrogazione
 dell'art. 17 della legge n.  118/1971  eliminava  l'unico  beneficio,
 l'assegno  di  accompagnamento  appunto, previsto a favore dei minori
 con persistenti difficolta' a svolgere i compiti e le funzioni  della
 loro eta', non autonomamente deambulanti, ma non totalmente invalidi,
 onde   facilitare   agli   stessi   la  frequentazione  della  scuola
 dell'obbligo o di corsi di addestramento e di riabilitazione. In tale
 abrogazione veniva ravvisata la violazione degli  articoli  3  e  38,
 terzo comma, della Costituzione.
    Le due cause assegnate al medesimo magistrato venivano riunite.
    Alla  successiva  udienza  del  28  novembre  1990,  insistendo  i
 ricorrenti nella sollevata eccezione di incostituzionalita', il  pre-
 tore si riservava di decidere in ordine a tale questione.
    2.  -  Ai  fini  dell'eventuale  rimessione  degli atti alla Corte
 costituzionale occorre verificare la sussistenza  dei  due  requisiti
 della  non  manifesta  infondatezza  della  questione di legittimita'
 costituzionale, con riferimento alle norme indicate dai ricorrenti  e
 della  rilevanza  della  stessa ai fini della decisione degli odierni
 procedimenti.
    2. a) -  Ragioni  di  razionalita'  metodologica  suggeriscono  di
 verificare anzitutto la sussistenza del secondo requisito menzionato.
    Si prospettano due diverse interpretazioni dell'art. 6 della legge
 n.  508/1988,  abrogativo dell'art. 17 della legge n. 118/1971, norma
 questa  ultima  che  ha   introdotto   l'istituto   dell'assegno   di
 accompagnamento   a   favore   degli   invalidi  civili  minori,  non
 deambulanti ma non ricoverati  a  tempo  pieno,  che  frequentino  la
 scuola dell'obbligo o corsi di addestramento o centri ambulatoriali.
    L'adesione  all'una  o  all'altra  chiave  di  lettura  condiziona
 l'esito del giudizio circa la rilevanza della sollevata questione  di
 legittimita' costituzionale, in relazione agli odierni procedimenti.
    Per  l'interpretazione fornita dai ricorrenti il secondo comma del
 predetto art. 6, che fa salve le domande presentate fino alla data di
 entrata in vigore della legge n. 508/1988,  non  puo'  che  riferirsi
 alle  istanze  "originarie"  dirette  ad  ottenere la concessione del
 beneficio in quanto i successivi inoltri annuali al  comitato  locale
 di   assistenza   e   beneficenza   del   certificato  attestante  la
 frequentazione di un corso educativo di riabilitazione da  parte  del
 minore  gia'  titolare  di assegno di accompagnamento costituirebbero
 mere integrazioni della domanda  iniziale  e  risponderebbero  ad  un
 semplice  onere  di  allegazione  circa  la  permanenza  di  uno  dei
 requisiti previsti per la concessione dell'assegno:  il  rinnovo  non
 avverrebbe  su  domanda,  ma  d'ufficio,  con riferimento all'istanza
 iniziale presentata alla commissione sanitaria.
    Il  legislatore  avrebbe  abolito  solamente  la  possibilita'  di
 concedere  ex novo la provvidenza de quo per il futuro, facendo pero'
 salve le concessioni gia' avvenute e quelle, passibili a  loro  volta
 di  rinnovo  annuale  "automatico"  (nel  senso  gia' precisato), che
 potrebbero  effettuarsi  sulla  base  di  domande  presentate   prima
 dell'entrata in vigore della legge n. 508/1988.
    In  base  invece alla diversa interpretazione adottata in concreto
 dai competenti organi pubblici,  non  solo  dovrebbe  essere  esclusa
 qualsiasi  nuova  concessione  per  il  futuro, ma anche nei casi nei
 quali la  concessione  del  beneficio  era  gia'  stata  disposta  in
 precedenza  la  conservazione  degli  effetti  del  riconoscimento, e
 quindi la corresponsione dell'assegno, sarebbero limitate ai casi  in
 cui,  alla  data  di entrata in vigore della legge n. 508/1988, fosse
 gia' stata presentata apposita  domanda  per  la  reiterazione  della
 concessione.
    Se   si  adottasse  la  prima  interpretazione  i  minori,  almeno
 attualmente ed in relazione al contenuto delle domande presentate dai
 genitori, non sarebbero pregiudicati dall'intervenuta  abrogazione  e
 pertanto  nella  loro  qualita'  di  titolari  del  relativo  diritto
 sostanziale potrebbero ottenere, in base al secondo comma  del  sopra
 menzionato art. 6, l'assegno anche per l'annualita' 1989-1990.
    Infatti,  come  risulta  dai  due paralleli provvedimenti adottati
 nella stessa seduta del 5 dicembre 1989 dal comitato  provinciale  di
 assistenza e beneficenza pubblica per la concessione degli assegni di
 accompagnamento  in favore delle due gemelle Marchese (doc. n. 2 agli
 atti della Marchese Simona e n. 2 agli atti della Marchese Barbara) i
 genitori  legali  rappresentanti   delle   gemelle   stesse   avevano
 provveduto  a presentare le apposite istanze fin dal 26 ottobre 1986,
 e percio' prima che entrasse in vigore le norma abrogatrice.
    Se si accedesse alla seconda interpretazione, risulterebbe  invece
 evidente   l'interesse  a  sollevare  l'eccezione  di  illegittimita'
 costituzionale  del  precitato  art.  6,  atteso  che  soltanto   con
 l'eliminazione  dall'ordinamento giuridico dello stesso i ricorrenti,
 pur avendo presentato  istanza  di  rinnovo  al  comitato  locale  di
 assistenza  successivamente  all'entrata  in  vigore  della  legge n.
 508/1988, potrebbero ottenere quanto richiesto in  ricorso,  e  cioe'
 l'assegno di accompagnamento anche per il periodo 1989-1990.
    E'  da  propendersi  per la seconda interpretazione per i seguenti
 rilievi.
    Anzitutto  non  e'  probabile  che  il  legislatore,  abolendo  la
 provvidenza per il futuro, abbia inteso conservarla a tutti coloro ai
 quali sia gia' stato riconosciuto il diritto:  appare  piu'  conforme
 alle  intenzioni del medesimo la eccezionale proroga dell'assegno per
 una sola annualita', diretta a non frustrare il buon diritto di  che,
 avendo  gia'  presentato  il certificato di frequenza documentante la
 permanenza dei requisiti richiesti, non ha ragione di  nutrire  dubbi
 circa il rinnovo della concessione.
    In   secondo   luogo  non  convincono  le  osservazioni  di  parte
 ricorrente circa la negazione della qualifica  giuridica  di  domanda
 alla  presentazione  del certificato di frequenza ai fini del rinnovo
 annuale della concessione dell'assegno. In realta' non  sembra  possa
 dubitarsi  che,  trattandosi di beneficio a prestazione periodica non
 erogabile una tantum e rinnovabile di anno in  anno,  ed  essendo  la
 reiterazione   del  provvedimento  di  concessione  subordinata  alla
 valutazione della permanenza  dei  requisiti  del  richiedente,  tale
 rinnovo  non puo' avvenire automaticamente e d'ufficio, ma presuppone
 un'istanza di parte: nel caso  di  specie  essa  e'  implicita  nella
 presentazione  al  comitato  provinciale  di assistenza e beneficenza
 pubblica competente per territorio della  documentazione  attestante,
 appunto, la permanenza dei requisiti legali.
    Pertanto,  ritenuta  corretta  l'interpretazione  data  alla norma
 censurata dal resistente, non potendosi prescindere nel caso concreto
 dall'applicazione della medesima, deve concludersi che  la  questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge n. 508/1988 e'
 pregiudiziale  e  quindi  rilevante  per  la  decisione  dei presenti
 procedimenti riuniti.
    2. b) - Quanto al requisito della non manifesta infondatezza della
 prospettata eccezione di  illegittimita'  costituzionale,  esso  deve
 ritenersi  sussistente con riferimento alla norma-parametro, indicata
 dai  ricorrenti,  contenuta  nel  terzo  comma  dell'art.  38   della
 Costituzione,  che cosi' si esprime: "Gli inabili ed i minorati hanno
 diritto all'educazione e all'avviamento professionale".
    La  nostra  Carta  fondamentale,  propria  di  uno  Stato  sociale
 improntato   ai  principi  di  solidarieta'  socio-economica,  impone
 all'ordinamento la creazione degli  strumenti  idonei  ad  offrire  a
 tutti  i cittadini un sistema di assistenza sociale tale da garantire
 loro la "liberta' del bisogno" nel caso che, sprovvisti di  mezzi  di
 sostentamento,    si   trovino   in   condizioni   psico-fisiche   di
 impossibilita' a procurarseli mediante il lavoro.
    Poiche' il relativo onere  e'  addossato  a  carico  della  intera
 collettivita'  tale  sistema  assistenziale  si differenzia da quello
 previdenziale previsto a favore dei lavoratori, atteso che essi hanno
 diritto alle  prestazioni  previdenziali  per  le  esigenze  di  vita
 verificatesi  in  occasione  di  eventi di oggettiva impossibilita' a
 procurarsi i mezzi di  sostentamento,  sulla  base  della  precedente
 contribuzione  ad  un ente assicurativo. Anche nel caso che in futuro
 venga compiutamente realizzato un sistema di  sicurezza  sociale  che
 riguardi  indistintamente  tutti  i cittadini, le prestazioni erogate
 dallo Stato,  a  differenza  delle  altre,  difficilmente  potrebbero
 essere  del  tutto  disancorate  da  un  collegamento  tra  di esse e
 l'effettiva produzione di reddito  nazionale  nel  quale  trovano  il
 proprio finanziamento.
    Comunque,  allo  stato  attuale, i doveri di solidarieta' espressi
 dalla Corte costituzionale impongono che  la  collettivita'  fornisca
 agli  inabili  e  invalidi,  oltre  ai  mezzi di sostentamento, anche
 strutture  e  provvidenze  atte  ad  assicurare  loro  educazione  ed
 avviamento professionale e cioe' gli strumenti per garantire ad essi,
 da un lato, il maggior grado possibile di sviluppo della personalita'
 e,  dall'altro,  un adeguato inserimento nel campo lavorativo, atteso
 che il lavoro si pone non solo come valore-mezzo (nella sua  funzione
 sostentatrice),  ma anche come valore-fine, in qualita' di principale
 fondamento  della  dignita'  e  realizzazione   umana.   Cio'   anche
 nell'ottica  del  superamento  degli  ostacoli che impediscono a tali
 cittadini  la  effettiva  partecipazione  all'organizzazione   socio-
 economica e politica del Paese.
    E'  pacificamente riconosciuto che l'art. 38, secondo comma, della
 Costituzione, relativo alla materia  previdenziale,  ha  una  portata
 immediatamente  precettiva  inter  partes: non si tratta di una norma
 programmatica che imponga allo Stato un dovere di attivarsi, ma di un
 precetto che crea in capo ai destinatari  finali  diritti  soggettivi
 perfetti.
    Probabilmente  invece  in  tema di assistenza, dati anche gli ampi
 spazi di  discrezionalita'  lasciati  al  legislatore  ordinario  per
 provvedere  ai  suoi compiti, gli interessati possono vantare non una
 pretesa dal  contenuto  precisamente  determinato,  ma  un  legittimo
 interesse    al    rispetto    e   all'attuazione   delle   direttive
 costituzionali.
    La situazione si prospetta pero' diversa  allorche'  l'ordinamento
 abbia  gia'  dato  concreta realizzazione al programma assistenziale,
 evidenziandosi in tal caso una pretesa  perfetta  nei  suoi  elementi
 costitutivi in capo ai destinatari degli interventi, i quali potranno
 beneficiare  degli  stessi  in  seguito all'esito positivo della mera
 verifica circa il loro possesso dei requisiti  legali  da  parte  dei
 competenti organi. le leggi attuative del precetto costituzionale, in
 quanto manifestazione, in un certo momento storico, delle valutazioni
 discrezionali  del  legislatore  in  ordine alla gerarchia dei valori
 espressi  dall'ordinamento  e  alla   distribuzione   delle   risorse
 finanziarie  e disponibili, non possono essere consurate alla luce di
 criteri di congruita' ed adeguatezza degli interventi.
    Sembra prestarsi ad essere censurata invece una  legge  successiva
 che  non  si  limiti a modificare e magari a circoscrivere la portata
 dei benefici assistenziali gia' concessi, ma revochi gli stessi senza
 prevedere  interventi  sostitutivi.  In  questo  caso,  infatti,   la
 disposizione  legislativa  abrogatrice  si  pone  in contrasto con un
 precetto costituzionale gia' attuato a concretizzato,  andando  cosi'
 ad  incidere  negativamente  su  interessi attuali, riconosciuti come
 meritevoli di tutela giuridica.
    Nel caso di specie l'art. 6 della legge n.  508/1988  ha  abrogato
 l'art.  17  della legge n. 118/1971 ed ha quindi soppresso l'istituto
 dell'assegno di accompagnamento a favore dei minori  non  deambulanti
 non  completamente  invalidi, che costituiva un modesto beneficio per
 agevolare la concreta realizzazione di quei diritti all'istruzione ed
 all'avviamento professionali individuati dall'art. 38,  terzo  comma,
 della  Costituzione  in  capo  agli  inabili  e minorati e cio' senza
 prevedere provvidenze equipollenti. E' vero che la  stessa  legge  fa
 salvo,     con     modifiche,     l'istituto    dell'indennita'    di
 accompagnamento,ma essa, da un  lato,  e'  riconosciuta  solamente  a
 favore   dei  non  deambulanti  colpiti  da  inabilita'  assoluta  e,
 dall'altro, risponde a diverse finalita' ed in particolare  a  quelle
 indicate dall'art. 38, primo comma.
    Lo    stesso    legislatore,    rendendosi   evidentemente   conto
 dell'ingiustificata mancanza di provvidenze a favore di quei soggetti
 nei cui confronti, date la invalidita'  non  completa  e  la  giovane
 eta',  l'esigenza  di  valorizzare ogni possibilita' di reinserimento
 sociale deve prevalere sull'ottica assistenziale pura e semplice,  ha
 introdotto  con la legge n. 289 dell'11 ottobre 1990 un'indennita' di
 frequenza per i minori non totalmente invalidi (argomento dall'art. 3
 che sancisce l'incompatibilita'  tra  tale  indennita'  e  quella  di
 accompagnamento),  per  il  ricorso  a  trattamenti  riabilitativi  o
 terapeutici (art. 1, punto 1) e per la frequentazione di scuole o  di
 centri  di formazione o di addestramenti professionali finalizzati al
 reinserimento sociale dei soggetti stessi (art. 1, punto  3).  Questo
 nuovo  istituto  dell'indennita'  di  frequenza  risulta  in  realta'
 sostanzialmente equivalente, pur con qualche  variante,  all'abrogato
 assegno di accompagnamento.
    Risoltosi  ormai il problema per il futuro, non perde di interesse
 per   i   ricorrenti   la   sollevata   questione   di   legittimita'
 costituzionale, con riferimento al periodo temporale durante il quale
 il beneficio per cui e' causa e' stato revocato.
    3. - Concludendo, si deve ritenere non manifestamente infondata la
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge 21
 novembre 1988, n. 508.
    Tale questione, inoltre, appare rilevante ai fini della  decisione
 del presente giudizio.
    Il  parametro  costituzionale  alla  luce  del  quale  valutare la
 legittimita'  della  precitata  disposizione,   e'   costituito,   in
 conformita'  ed  in  accoglimento della domanda dei ricorrenti, dalla
 norma prevista dall'art. 38, terzo comma, della Costituzione.
    Non si ravvisano invece profili di  illegittimita'  per  contrasto
 con  l'art.  3  della  Carta fondamentale e percio', in rigetto della
 domanda  dei  ricorrenti  limitatamente  a  tale  punto,  si  ritiene
 manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
 del predetto art. 6 con riferimento all'art. 3 della Costituzione.
    Pertanto, tutto cio' ritenuto,  si  solleva  dinnanzi  alla  Corte
 costituzionale,  ai  sensi degli artt. 1 della legge costituzionale 9
 febbraio 1949, n. 1 e 23  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  la
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge 21
 novembre 1988, n. 508, per contrasto  con  l'art.  38,  terzo  comma,
 della Costituzione.
    Il  giudizio  deve essere interrotto in questa sede, con immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ai sensi dell'art.
 23, ultimo comma, della lege 11 marzo 1953, n. 87, va disposto che la
 presente ordinanza venga, a cura  della  cancelleria,  notificata  al
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  ed alle parti costituite e
 comunicata ai Presidenti delle due Camere al Parlamento.
                               P. Q. M.
    Visti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1949, n. 1
 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Solleva  dinnanzi  alla  Corte  costituzionale  la  questione   di
 legittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge 21 novembre 1988,
 n. 508, per contrasto con l'art. 38, terzo comma, della Costituzione;
    Dispone  l'interruzione  del  giudizio  e l'immediata trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone che la presente ordinanza venga, a cura della cancelleria,
 notificata al Presidente del Consiglio  dei  Ministri  e  alle  parti
 costituite   e   comunicata   ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
 Parlamento.
      Bologna, addi' 17 giugno 1991
                          Il pretore: MONACI
    Depositata in cancelleria, addi' 24 giugno 1991
           Il funzionario-collaboratore: (firma illeggibile)

 91C1153