N. 672 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 giugno 1991

                                N. 672
   Ordinanza emessa il 18 giugno 1991 dalla Corte dei conti, sezione
                        prima giurisdizionale,
               sul ricorso proposto da Palmisano Antonia
 Pensioni di guerra - Ricorso giurisdizionale in materia di pensioni
    di guerra - Esperibilita' condizionata al preventivo  obbligatorio
    esperimento  del  ricorso  gerarchico  -  Ingiustificata deroga al
    principio generale  della  esperibilita'  immediata  della  tutela
    giurisdizionale  -  Incidenza sul diritto di agire e difendersi in
    giudizio contro gli atti della p.a. -  Riferimento  alla  sentenza
    della Corte costituzionale n. 42/1991.
 (D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834, art. 25, primo comma, sostituito
    dalla legge 6 ottobre 1986, n. 656, art. 17, primo comma).
 (Cost., artt. 3, 24 e 113).
(GU n.44 del 6-11-1991 )
                          LA CORTE DEI CONTI
    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso iscritto al n.
 889066 del registro di segreteria, proposto da Palmisano Antonia nata
 il  21  giugno  1926  a  Ceglie  Messapico  (Brindisi),  avverso   la
 determinazione  del  direttore  generale  delle pensioni di guerra n.
 2710876 del 29 ottobre 1987.
    Uditi, alla pubblica udienza del giorno 26 marzo 1991, il relatore
 nella persona  del  consigliere  Domenico  Zuppa  e,  assente  e  non
 rappresentata  la ricorrente, il pubblico ministero nella persona del
 vice procuratore generale Domenico Paternostro.
                               F A T T O
    Con determinazione n. 2710876 del 29  ottobre  1987  il  direttore
 generale  delle pensioni di guerra ha respinto la domanda di pensione
 di guerra presentata  il  22  maggio  1978  da  Antonia  Palmisano  -
 collaterale  di  militare deceduto per causa di guerra - perche' l'ha
 giudicata priva del  requisito  di  inidoneita'  a  proficuo  lavoro,
 requisito  al  quale, in base alla normativa dell'epoca vigente (art.
 75 della legge 18 marzo 1968, n. 313 e, successivamente, art. 65  del
 d.P.R.    23  dicembre  1978,  n. 915) era condizionato l'accesso dei
 collaterali maggiorenni alla pensione indiretta di guerra (categoria,
 quella dei collaterali, che l'art. 5 della legge 6 ottobre  1986,  n.
 656,   ha   escluso   dal  novero  dei  beneficiari  del  trattamento
 pensionistico  indiretto  di  guerra,  con  salvezza   pero',   delle
 posizioni soggettive venute in essere precedentemente).
    Con  il  ricorso  in  esame  l'interessata  chede che, previ nuovi
 accertamenti sanitari, sia riconosciuto il suo diritto a pensione  di
 guerra.
    Il  procuratore  generale  di  questa  Corte  dei conti, dopo aver
 rilevato che l'art. 17 della legge 6 ottobre 1986, n.  656,  consente
 il  ricorso  a  questa  giurisdizione  solo  "contro  il  decreto  di
 decisione sul ricorso gerarchico in materia di pensioni di guerra", e
 non  gia'  contro  le  determinazioni  del  direttore  generale delle
 pensioni  di  guerra,  con  atto  del  25  ottobre  1989,  confermato
 all'odierno  dibattimento,  ha  chiesto  che  il ricorso in esame sia
 dichiarato inammissibile.
                             D I R I T T O
    La  legge  6  ottobre  1986,  n.  656,  contenente  modifiche   ed
 integrazioni  alla  normativa  sulle  pensioni  di  guerra,  ha anche
 introdotto significative innovazioni nella disciplina concernente  la
 tutela  amministrativa  e  giudiziale  di  cui  possono avvalersi gli
 aventi titolo a trattamento privilegiato di guerra.
    In particolare, l'art.  16,  secondo  comma,  di  tale  legge,  ha
 soppresso la regola (contenuta nell'art. 24, ultimo comma, del d.P.R.
 30  dicembre 1981, n. 834) dell'alternativita' del ricorso gerarchico
 rispetto al ricorso giurisdizionale alla Corte dei  conti;  e  l'art.
 17,  sostituendo  interamente  il primo comma dell'art. 25 del citato
 d.P.R. n. 834/1981 (che, a sua volta, aveva sostituito l'art. 116 del
 d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915), ha disposto  che  il  ricorso  alla
 Corte  dei  conti  possa essere presentato solo "contro il decreto di
 decisione sul ricorso gerarchico".
    Alla regola della facoltativita' del rimedio amministrativo  s'e',
 dunque,   sostituita   la   regola   dell'obbligatorieta'  della  via
 gerarchica. Conseguentemente il secondo comma del citato art.  17  ha
 soppresso  anche  le  preesistenti  norme (art. 25, ottavo comma, del
 d.P.R. n. 834/1981) intesa a  disciplinare  il  concorso  tra  azione
 giudiziaria e ricorso gerarchico.
    Per  effetto  della  nuova disciplina, il cittadino che voglia far
 valere in sede giudiziale la pretesa rimasta  insoddisfatta  in  sede
 amministrativa,  deve,  in altri termini, nuovamente rivolgersi - sia
 pure  in  un'istanza  superiore   -   a   quella   stessa   autorita'
 amministrativa  che gia' aveva disatteso, in tutto o in parte, la sua
 domanda di trattamento privilegiato di guerra; e solo dopo che  detta
 autorita'  si  sia  pronunciata sul ricorso gerarchico, ovvero - come
 non infrequentemente accade - abbia  inutilmente  lasciato  decorrere
 due  anni dalla produzione del ricorso stesso (realizzandosi, in tale
 inerzia, l'effetto legale del cosiddetto silenzio rigetto:  art.  24,
 settimo  comma, del d.P.R. 834, sostituito dall'art. 16, primo comma,
 della legge n. 656/1986)  potra'  finalmente  adire  il  suo  giudice
 naturale.
    Tra il cittadino ed il suo giudice naturale e' interposto, dunque,
 un  diaframma  temporale  che  puo'  paralizzare  per  ben  due  anni
 qualunque forma di tutela giudiziale, ivi compresa quella  cautelare,
 atteso che le Sezioni riunite di questa Corte dei conti (decisione n.
 81/C  del  3  maggio  1989) hanno ritenuto inammissibile l'istanza di
 sospensione dell'efficacia dei  provvedimenti  direttoriali  proposti
 per  saltum,  senza  che  l'interessato  abbia  previamente  esperito
 l'obbligata via della tutela amministrativa.
    Della citata normativa questo  giudice  e'  ora  chiamato  a  fare
 applicazione.
    Sorge  pero'  il sospetto che essa non sia conforme ai principi di
 cui agli artt. 3,  24  e  113  della  Costituzione.  Prima  di  farne
 applicazione,  occorre  dunque  che,  a  norma degli articoli 1 della
 legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11  marzo
 1953,  n. 87, il presente giudizio sia sospeso e che la conformita' a
 Costituzione  della  normativa  in  parola sia verificata dal giudice
 delle leggi.
    Nel sistema preesistente all'istituzione dei  tribunali  regionali
 amministrativi, in verita', vigeva la regola generale che imponeva di
 percorrere  la via dei ricorsi gerarchici, prima che si potesse adire
 il giudice amministrativo. La  regola  anzidetta,  che  tuttavia  non
 interessa  la  giurisdizione  pensionistica di questa Corte dei conti
 (se non per ipotesi marginali, recentemente  cancellate  dalla  Corte
 costituzionale: sentenza n. 530 del 30 novembre-11 dicembre 1989), e'
 stata  decisamente  abbandonata  dalla legge istitutiva dei tribunali
 anzidetti (legge 6  dicembre  1971,  n.  1034)  il  cui  art.  20  ha
 affermato    il    principio   della   facoltativita'   dei   ricorsi
 amministrativi. Il legislatore, infatti, come la Corte costituzionale
 ricorda nella sentenza n. 42/1991, su cui presto  si  ritornera'  "ha
 ritenuto, in via generale, piu' confacente alle esigenze della tutela
 del  cittadino,  nei confronti degli atti amministrativi illegittimi,
 la possibilita' di accesso diretto alla tutela giurisdizionale  senza
 la   necessaria   intermediazione,   prima   prevista,   del  ricorso
 amministrativo".
    Il mutato quadro normativo, che vede dunque affermato il principio
 della immediata azionabilita'  innanzi  al  giudice  di  qualsivoglia
 posizione  soggettiva,  ha gia' indotto la Corte costituzionale - con
 le gia' citate sentenze - a cancellare dall'ordinamento  disposizioni
 residuali  che  si  ponevano  in  contrasto  col  nuovo assetto e, di
 conseguenza, con l'art. 3 della Costituzione.
    Quest'ultimo, infatti, non  consente  che  situazioni  sostanziali
 indifferenziate   siano   assoggettate   a   trattamenti  processuali
 differenziati.
    Ebbene, in un ordinamento che mostra di non piu' tollerare  remore
 e  compressioni,  un tempo usualmente imposte al cittadino che voleva
 far valere i suoi diritti (o interessi legittimi) nei confronti della
 p.a., si profila in tutta la sua singolarita' la novella del 1986 che
 tali remore ripropone.
    E,  per  usare  ancora   una   volta   le   parole   della   Corte
 costituzionale, (sentenza n. 42/1991) "cio' non senza considerare che
 il  condizionamento,  nella  specie,  del  ricorso giurisdizionale al
 preventivo esperimento del ricorso gerarchico impedisce, prima  della
 definizione   di   questo   rimedio,  la  possibilita'  della  tutela
 cautelare, sotto forma della sospensione, da parte del giudice, degli
 atti"  impugnati,  con  particolare   riferimento   a   quelli   che,
 nell'ordinare   il   recupero   di   somme  indebitamente  percepite,
 potrebbero dar luogo - senza l'accennata tutela cautelare -  a  danni
 gravi e irreparabili.
    Sorge  dunque il sospetto che la citata normativa, nel riproporre,
 per il solo settore delle pensioni di guerra,  l'obbligatorieta'  del
 previo   esperimento   di   quel  ricorso  gerarchico  che  e'  ormai
 facoltativo in ogni altro settore, introduca tra posizioni soggettive
 sotto  il  profilo  processuale  non  differenziabili  e   confligga,
 pertanto, con l'art. 3 della Costituzione.
    Ma essa, come si diceva, sembra violare anche gli artt. 24 e 113.
    Questi  ultimi,  infatti,  non consentono limitazioni della tutela
 giudiziale ne' sotto il profilo soggettivo "tutti  possono  agire  in
 giudizio .."), ne' sotto il profilo oggettivo ("contro gli atti della
 pubblica  amministrazione  dei  diritti e degli interessi legittimi",
 tutela  che  "non  puo'  essere esclusa o limitata .. per determinate
 categorie di  atti").  In  particolare,  l'art.  113,  nel  rimarcare
 l'insopprimibilita' della tutela giudiziale nei confronti della p.a.,
 con  l'avverbio  temporale  "sempre"  sembra  voler vietare remore di
 ordine temporale, del tipo di quelle  contenute  nella  normativa  in
 discussione,  la  quale impone al cittadino un'attesa che puo' essere
 di ben due anni, prima che il cittadino stesso possa rivolgere la sua
 domanda di giustizia a quel giudice cui, invece, dovrebbe "sempre" (e
 quindi anche  "immediatamente")  poter  ricorrere.  Si  ricorda  qui,
 incidentalmente,  che  la  Corte costituzionale, nella sentenza n. 15
 dell'11-18 gennaio 1991, ha ritenuto "termine  eccessivamente  lungo"
 quello  di  sei mesi che in altra fattispecie, condizionava al previo
 reclamo   in   via   amministrativa    l'esperibilita'    dell'azione
 giudiziaria.  In  ogni caso, l'aver imposto la remora di cui trattasi
 alla sola categoria degli atti in  materia  di  pensioni  di  guerra,
 sembra   configurare   proprio   quella  "limitazione"  della  tutela
 giurisdizionale "per determinate categorie di atti", che  il  secondo
 comma dell'art. 113 proibisce.
    Le   considerazioni   che  precedono  inducono  questa  sezione  a
 sollevare d'ufficio la  questione  di  illegittimita'  costituzionale
 della norma di cui al primo comma dell'art. 25 del d.P.R. 30 dicembre
 1981,  n.  834, sostituito dal primo comma dell'art. 17 della legge 6
 ottobre 1986, n. 656, nella parte in  cui  (mediante  le  parole  "di
 decisione  del  ricorso gerarchico") condiziona l'accesso alla tutela
 giurisdizionale  in  materia  di  pensioni  di   guerra   al   previo
 obbligatorio  esperimento  del  ricorso gerarchico, per contrasto con
 gli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione.
    Non occorre invece, ad avviso di questo giudice, sollevare analoga
 eccezione nei confronti del secondo comma dell'art. 16 e del  secondo
 comma  dell'art.  17,  al  fine  di  assicurare la reviviscenza delle
 preesistenti  norme  concernenti  la   facoltativita'   del   ricorso
 gerarchico  e  la  disciplina del concorso dei due rimedi, atteso che
 eventuali lacune normative a  riguardo  potranno  agevolmente  essere
 superate  con i consueti strumenti interpretativi. Non senza rilevare
 che la Corte costituzionale ben potra',  ove  occorra,  estendere  ad
 essi (ai sensi dell'art. 27 della legge n. 87/1953 cit.) la pronuncia
 di incostituzionalita' relativa alla norma per cui viene sollevata la
 presente questione.
    In  punto di rilevanza, basti considerare che, come s'e' del resto
 gia' detto, la controversia sottoposta all'esame  di  questo  giudice
 non  puo'  essere  risolta se non in forza della citata norma, la cui
 applicazione condurrebbe ad una  pronuncia  di  inammissibilita'  del
 ricorso in epigrafe.
                               P. Q. M.
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento
 agli  artt.  3,  24  e  113  della  Costituzione,  la  questione   di
 illegittimita' costituzionale concernente l'art. 25, primo comma, del
 d.P.R.  30  dicembre  1981, n. 834, nel testo sostituito dal 1ยบ comma
 dell'art. 17 della legge 6 ottobre 1986, n. 656, nella parte  in  cui
 (mediante  le  parole  "di  decisione  sul  ricorso  gerarchico") non
 consente l'esperibilita' immediata del ricorso alla Corte dei  conti,
 anche in mananza del preventivo ricorso amministrativo;
    Ordina    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale e sospende il presente giudizio sul ricorso n.  889066
 di Palmisano Antonia;
    Ordina  che,  a  cura  della segreteria, la presente ordinanza sia
 notificata alla ricorrente, al procuratore generale presso  la  Corte
 dei  conti,  nonche'  al  Presidente del Consiglio dei Ministri e sia
 comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Roma, camera di consiglio del 26  marzo  1991,  proseguita  il  18
 giugno 1991.
                        Il presidente: FABIANO
    Depositata in segreteria il giorno 19 giugno 1991.
        Il primo dirigente direttore della segreteria: GIRMENIA

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