N. 391 SENTENZA 15 - 31 ottobre 1991

 
 
 Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e regione.
 
 Mediazione  -  Regione Lombardia - Disciplina dei corsi di formazione
 per  gli  agenti  affari  in  mediazione  -  Lesione  di   specifiche
 competenze  regionali  -  Richiamo  alla sentenza n.   204/1991 della
 Corte - Non spettanza allo Stato - Annullamento degli artt. 15  e  16
 del decreto del Ministro dell'industria 21 dicembre 1990, n. 452
 
 (D.M.   21   dicembre   1990,  Ministro  dell'industria  commercio  e
 artigianato)
 
 (Cost., artt. 117 e 118).
(GU n.45 del 13-11-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele  PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco Paolo
    CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,
    avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, prof.
    Giuliano VASSALLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio promosso con ricorso della Regione Lombardia  notificato
 il  4 maggio 1991, depositato in Cancelleria il 10 maggio successivo,
 per conflitto di attribuzione sorto a seguito degli artt. 15 e 16 del
 decreto del Ministro dell'industria, commercio e artigianato  n.  452
 del  21  dicembre  1990  concernente  "Regolamento  recante  norme di
 attuazione della legge 3 febbraio 1989, n. 39, sulla disciplina degli
 agenti di affari in mediazione" ed iscritto al  n.  27  del  registro
 conflitti 1991;
    Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 9 luglio 1991 il Giudice  relatore
 Francesco Greco;
    Udito  l'avvocato  Vitaliano  Lorenzoni per la Regione Lombardia e
 l'Avvocato dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del  Consiglio
 dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1. - La Regione Lombardia, con ricorso notificato in data 4 maggio
 1991,  ha dedotto che il disposto degli artt. 15 e 16 del decreto del
 Ministro dell'Industria del  21  dicembre  1990,  n.  452,  viola  le
 proprie   competenze   in   materia   di   istruzione   artigiana   e
 professionale,  quali  delineate  dagli  artt.  117   e   118   della
 Costituzione,  in  relazione  anche  agli artt. 35 e 36 del d.P.R. 24
 luglio 1977, n. 616, ed ha chiesto che si dichiari non spettante allo
 Stato la disciplina di detta formazione, con riguardo agli agenti  di
 affari in mediazione, e, di conseguenza, si annullino le disposizioni
 censurate.
    Ha lamentato, in particolare, che l'art. 15 del citato D.M., prev-
 edendo  la  cadenza  almeno  semestrale  dei  corsi di formazione, il
 numero minimo delle ore di insegnamento, la durata massima del corso,
 la necessita' che il piano di  studi  comprenda  le  materie  oggetto
 delle  prove d'esame, incide rigidamente e dettagliatamente in ambito
 nel  quale  le  suddette competenze regionali sono, invece, garantite
 anche dalla legge-quadro  sulla  formazione  professionale  la  quale
 affida   alle   Regioni   "la   programmazione,   l'attuazione  e  il
 funzionamento" delle attivita' formative (art. 4, lettera  a),  della
 legge 21 dicembre 1978 n. 845). Ha precisato, inoltre, che le Regioni
 medesime  devono  disporre,  in  conformita'  a  quanto  previsto dai
 programmi regionali  di  sviluppo,  "programmi  pluriennali  e  piani
 annuali  di  attuazione"  (art.  5),  allo  scopo  di assicurare, fra
 l'altro, "la coerenza delle iniziative  di  formazione  professionale
 con  le  prospettive  dell'impiego  nel  quadro degli obiettivi della
 programmazione economica nazionale, regionale e comprensoriale" (art.
 3 lettera b).
    Inoltre, la previsione,  fra  gli  enti  competenti  ad  istituire
 corsi,  delle  Camere  di  Commercio  contrasta  col  principio posto
 dall'art. 5 della citata legge-quadro nella parte in cui affida  alle
 Regioni  la  scelta  di  enti  (ulteriori  rispetto a quelli pubblici
 istituzionalmente preposti all'istruzione professionale) ai quali  e'
 consentito lo svolgimento delle attivita' in questione.
    La  ricorrente  ha anche rilevato che sono inoltre evidenti i vizi
 che inficiano l'art. 16 del D.M. impugnato, nella parte in cui affida
 al presidente della Camera di Commercio la nomina  della  commissione
 esaminatrice  di  ciascun  corso  e  in  cui determina esso stesso la
 composizione di queste commissioni  perche'  la  citata  legge-quadro
 impone  che  le  prove  finali,  al  termine  dei corsi di formazione
 professionale, siano svolte  di  fronte  a  commissioni  esaminatrici
 composte nei modi previsti da leggi regionali (art. 14).
    2.   -   L'Avvocatura   Generale   dello  Stato,  costituitasi  in
 rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo
 per la inammissibilita' o per la  infondatezza  della  questione,  ha
 osservato  che  lo  Stato,  nella materia di cui trattasi, puo' porre
 limiti alle competenze regionali, oltre a quelli posti con la  legge-
 quadro   sulla  formazione  professionale,  con  norme  di  dettaglio
 conseguenti al riconoscimento formale  dell'attivita'  professionale,
 per  l'esigenza di regolare, nell'interesse nazionale, l'esercizio di
 una professione non limitato territorialmente e per la necessita'  di
 garantire  uniformi  minimi  di  preparazione  dei professionisti che
 intendano conseguire l'abilitazione  all'esercizio  suddetto;  e  che
 certamente  le disposizioni censurate sono chiaramente strumentali al
 conseguimento delle suddette finalita'.
                        Considerato in diritto
    1. - La Regione Lombardia ha presentato ricorso per  conflitto  di
 attribuzioni  nei  confronti  dello Stato in relazione al decreto del
 Ministero  dell'industria,  del  commercio  e   dell'artigianato   21
 dicembre  1990  n.  452,  intitolato  "Regolamento  recante  norme di
 attuazione della legge 3 febbraio 1989 n. 39, sulla disciplina  degli
 agenti  in mediazione. Adduce che gli artt. 15 e 16 del detto decreto
 ledono le sue competenze in materia di formazione professionale.
    2. - Il ricorso merita accoglimento. La legge 3 febbraio  1989  n.
 39,  a  modifica  ed  integrazione  della legge 21 marzo 1958 n. 253,
 concernente  la  disciplina  della  professione  di   mediatore,   ha
 istituito  (art.  2), presso ciascuna camera di commercio, industria,
 artigianato  ed  agricoltura,  il  ruolo  degli  agenti   affari   in
 mediazione   nel  quale  devono  iscriversi  coloro  che  svolgono  o
 intendono svolgere l'attivita' di mediazione anche se  esercitata  in
 modo  discontinuo  o  occasionale.  L'iscrizione  nel  ruolo  abilita
 all'esercizio della detta attivita' su tutto il territorio nazionale;
 gli agenti possono anche essere inclusi nel ruolo dei periti e  degli
 esperti  delle  camere  di  commercio  e negli elenchi dei consulenti
 tecnici presso i tribunali. L'iscrizione e' subordinata  al  possesso
 di vari requisiti tra i quali quello di avere superato (art. 2, terzo
 comma,  lett.  c)  un  esame  diretto  ad accertare l'attitudine e la
 capacita' professionale degli aspiranti. All'esame  partecipano,  tra
 gli  altri,  coloro  che abbiano frequentato un corso preparatorio le
 cui materie  e  modalita'  di  esame  sono  stabilite  dal  Ministero
 dell'industria,   del   commercio  e  dell'artigianato,  sentita  una
 Commissione centrale istituita presso  lo  stesso  Ministero,  i  cui
 componenti  sono  nominati con decreto del Ministro; di essa fa parte
 anche un rappresentante delle Regioni.
    Con decreto del 21 dicembre 1990, n.  452,  in  base  all'art.  11
 della   legge,   il   Ministro   dell'Industria,   del   commercio  e
 dell'artigianato  ha  emanato  il  regolamento  per  l'esecuzione   e
 l'attuazione della legge.
    Del regolamento interessano gli artt. 15 e 16 che sono oggetto del
 ricorso in esame.
    L'art.  15  ha  demandato alle Camere di commercio, in alternativa
 alle  Regioni,  l'organizzazione  dei  corsi  di  formazione  di  cui
 all'art.  2,  terzo comma, lett. c), della legge che, come gia' si e'
 detto innanzi, consentono l'accesso all'esame  diretto  ad  accertare
 l'attitudine   e   la   capacita'   professionale   degli   aspiranti
 all'iscrizione nel ruolo di cui trattasi. E contiene  una  disciplina
 di  dettaglio  degli  stessi  corsi (la cadenza semestrale; il numero
 minimo delle ore d'insegnamento, la durata massima del corso).
    L'art.   16   disciplina   la   composizione   della   commissione
 esaminatrice  che  deve  accertare  l'idoneita'  di  coloro che hanno
 frequentato i corsi professionali prevedendo la nomina, da parte  del
 presidente  della Camera di commercio, del presidente, dei componenti
 e del segretario.
    3. - In tale situazione non vi e' dubbio che siano state  lese  le
 competenze  delle  regioni  e  sottratti  alla sfera della competenza
 regionale   momenti   essenziali   dell'organizzazione    di    corsi
 professionali, che sicuramente spetta alle regioni, mentre allo Stato
 e'   riservato   solo   il   controllo   preventivo   sulle   materie
 d'insegnamento (sent. CC n. 89 del 1977 e n. 165 del 1989).
    La materia dell'istruzione professionale infatti e' stata delegata
 alle regioni dagli artt. 35 e 36 del  decreto  del  Presidente  della
 Repubblica n. 616 del 1977.
    In   essa   si  comprendono  tutte  le  attivita'  destinate  alla
 formazione,   al    perfezionamento,    alla    riqualificazione    e
 all'orientamento  professionale per qualsiasi attivita' professionale
 e per qualsiasi finalita'.
    La legge-quadro in materia di formazione professionale 21 dicembre
 1978, n. 845, ha attribuito alle Regioni la potesta'  legislativa  in
 materia  di  orientamento  e  di  formazione  professionale  (art. 3)
 indicando le finalita' da realizzare e i principi da osservarsi.
    Ha ad esse demandato (art. 5) la programmazione,  l'attuazione  ed
 il  finanziamento  delle  attivita'  di  formazione professionale, la
 predisposizione di  programmi  pluriennali  e  di  piani  annuali  di
 attuazione  in  conformita' a quanto previsto dai programmi regionali
 di  sviluppo  e,  quello  che  piu'  rileva,  la  scelta  degli  enti
 ulteriori, rispetto a  quelli  pubblici,  istituzionalmente  preposti
 all'istruzione professionale, ai quali e' consentita la realizzazione
 delle attivita' in esame.
    Ne',  come  sostiene l'Avvocatura Generale dello Stato, l'avvenuto
 spostamento della riserva di  competenze  regionali  a  favore  dello
 Stato  e,  quindi,  del  Ministro  dell'industria,  del  commercio  e
 dell'artigianato,    puo'    trovare    fondamento     nell'esistenza
 dell'interesse  nazionale  e  nella  necessita'  di  dettare  criteri
 uniformi per la disciplina della materia. Anzitutto perche' il  corso
 professionale   di   cui  trattasi  e'  solo  propedeutico  all'esame
 d'idoneita' che fa  conseguire  il  titolo  abilitante  all'esercizio
 della professione su tutto il territorio nazionale.
    E  di detto esame d'idoneita' sono state determinate, in base alla
 stessa legge statale (art. 2, terzo comma, lett. c), le materie e  le
 modalita' con decreto ministeriale del 21 febbraio 1990 n. 300.
    Del resto, solo il legislatore statale puo' individuare e definire
 quello  che  rientra  nell'interesse  nazionale, e la legge n. 39 del
 1989 non contiene alcuna previsione specifica.
    4. - Va, quindi, riaffermato,  secondo  quanto  gia'  ritenuto  da
 questa  Corte  (sent.  n.  204 del 1991), il principio secondo cui un
 regolamento ministeriale di esecuzione e di attuazione di  una  legge
 statale,  come  quello  in  esame,  non  puo'  porre  norme dirette a
 limitare la sfera delle competenze delle Regioni in materia  ad  esse
 attribuite.
    Detto  principio  non  deriva soltanto dalle regole costituzionali
 relative  all'ordine  delle  fonti  normative,  ma  e'  espressamente
 sancito  dall'art.  17,  primo  comma, lett. b), e terzo comma, della
 legge n. 400 del 1988 il quale circoscrive la potesta'  regolamentare
 ministeriale  alle  sole  materie  di  competenza  del  Ministro o di
 autorita' a lui sottordinate.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara che  non  spetta  allo  Stato  adottare  con  decreto  del
 Ministro  dell'industria,  del  commercio  e  dell'artigianato, norme
 regolamentari di attuazione della  legge  3  febbraio  1989,  n.  39,
 contenente  modifiche  ed  integrazioni  alla legge 21 marzo 1958, n.
 253, concernente la disciplina  della  professione  di  mediatore,  e
 conseguentemente  annulla gli art. 15 e 16 del decreto ministeriale 2
 dicembre 1990, n. 452 (Regolamento recante Norme di attuazione  della
 legge 3 febbraio 1989 n. 39).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 15 ottobre 1991.
                       Il Presidente: CORASANITI
                          Il redattore: GRECO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 31 ottobre 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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