N. 681 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 luglio 1991
N. 681 Ordinanza emessa l'11 luglio 1991 dalla pretura di Napoli, sezione distaccata di Casoria, nel procedimento penale a carico di Coccimiglio Eugenio Reati e pene - Esercizio del gioco d'azzardo - Ipotesi aggravata (nella specie: esercizio in luogo aperto al pubblico) - Trattamento sanzionatorio - Previsione di pena piu' severa di quella stabilita per la (ritenuta) piu' grave fattispecie dell'organizzazione di pubbliche scommesse di cui alla legge n. 401/1989. (C.P., art. 718, in relazione alla legge 13 dicembre 1989, n. 401, art. 4). (Cost., art. 3).(GU n.45 del 13-11-1991 )
IL PRETORE Letti gli atti del procedimento penale n. 44/5/90 r.g.; O S S E R V A In materia di giuochi attuati mediante apparecchi automatici, semiautomatici o elettronici e dato riscontrare una normativa massiccia e piuttosto confusionaria. In realta' per via di una serie reiterata di provvedimenti riguardanti la stessa o analoghe materie coesistono nel sistema piu' norme apparentemente concorrenti. Orbene e' da premettere che e' dato riscontrare in seno alla procura della Repubblica presso la pretura circondariale di Napoli un orientamento contrastante in tema di contestazione dell'illecito possesso di apparecchi da giuoco automatici di genere proibito (more solito rivenuti dagli operanti all'interno di esercizi aperti al pubblico). Ricorrente e' la contestazione dei soli artt. 718 e 719 del c.p. a carico del gestore del locale, sta ora in concorso con l'art. 110 del t.u.l.p.s.; talaltra si ricorre alla sola contestazione dell'art. 4 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, qualche volta con esplicito riferimento ad una o entrambe le ipotesi di reato di cui sopra. Altre volte ancora viene contestata la nuova normativa in corcorso con una o entrambi le previsione di reato menzionate. La questione ha avuto, per quanto potuto verificare accidentalmente nel corso di altro procedimento, rilievo anche in altre occasioni, tant'e' che il g.i.p. presso questa pretura ha ritenuto rigettare la richiesta di emissione del decreto penale per partecipare a giuochi d'azzardo ( ex art. 720 del c.p.), ritenendo che la norma ex art. 4/4 della legge n. 401/1989 abbia "natura e significato di ricomprendere il giuoco" con gli apparecchi vietati ex art. 110 del t.u. di p.s. nella categoria generale dei giuochi di scommessa previsti nel primo e secondo comma; e non di escludere la partecipazione al giuoco mediante apparecchi vietati dall'ambito di applicabilita' del terzo comma". Ritiene il predetto giudice che "l'opposta opinione urta contro il principio costituzionalmente garantito, di ragionevolezza ed uniformita' del trattamento legislativo perche' implica la tesi che il legislatore per gli apparecchi di cui sopra avrebbe abrogato la disciplina piu' severa" (con riferimento all'art. 722 del c.p.) per i fatti indubbiamente piu' gravi di organizzazione ed esercizio mentre l'avrebbe conservata per quelli meno gravi di semplice partecipazione; sanzionando, poi, questi, senza alcuna plausibile spiegazione, con pena piu' grave (art. 720 e 722 del c.p.), rispetto alla generalita' dei fatti di partecipazione a giuochi di scommessa (punibili a norma del terzo comma dell'art. 4 della legge n. 401/1989). E' a loro in primo luogo indispensabile verificare quale ipotesi di reato nelle fattispecie citate al fine di garantire un orientamento giurisprudenziale uniforme in sede di decisione; per la necessaria analisi sara' pertanto necessario verificare se le norme in esame possano in primo luogo coesistere nel sistema (in quanto disciplinanti casi diversi), ed in caso di accertamento negativo, verificare quale di esse debba prevalere (artt. 2 e 15 del c.p.). E' communis opinio che senz'altro mediante gli apparecchi innanzi citati possa attuarsi il giuoco d'azzardo come previsto dagli artt. 718, 719 e 721 del c.p.: l'ipotesi ricorre quando, merce gli apparecchi di cui sopra, taluni tiene ovvero agevola il fine di lucro e la vincita o la perdita e' interamente o quasi interamente aleatoria. La giurisprudenza ha costantemente ritenuto il concorso con il disposto dell'art. 110 del t.u.l.p.s., che, nella sua primitiva formulazione prevedeva due distinte ipotesi di reato, punite entrambe con la medesima pena. Peraltro la giurisprudenza non ha ancora avuto modo di pronunziarsi (per quanto si conosce) sulla nuova formulazione della disposizione (v. legge 17 dicembre 1986, n. 904), ma l'innovazione sembra confortare del tutto l'orientamento precedente in quanto il sesto comma del vigente art. 110 prevede definitivamente la possibile coesistenza con le sanzioni previste dal codice penale per il giuoco d'azzardo. Secondo il combinato disposto delle norme citate e' pertanto del tutto possibile che chi abbia installato o usato in luogo pubblico o aperto al pubblico apparecchi che possono dar luogo a scommesse o consentono la vincita di un qualsiasi premio in denaro o in natura, sia punibile tanto ex art. 110 t.u.l.p.s. quanto, se trattasi anche di giuoco d'azzardo, con le sanzioni ex art. 718, 719 del c.p. Sennonche' il quarto comma dell'art. 4 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, prevede che le disposizioni di cui al primo e secondo comma si applicano anche ai giuochi d'azzardo esercitati a mezzo degli apparecchi vietati dall'art. 110 del t.u.l.p.s., cosi' costringendo l'operatore ad una verifica ulteriore, consistente nell'accertamento della sussistenza del requisito organizzativo (art. 4, primo comma, ultima parte) ovvero della pubblicizzazione dell'attivita' abusiva di giuoco o scommessa secondo comma). Invero il rinvio operato dalla norma appare del tutto generico ed impreciso: in primo luogo perche' il primo comma dell'art. 4 prevede due distinte ipotesi di reato, punite con pene di specie e misure di- verse; in subordine perche' in concreto se applicazione si puo' fare del primo comma e solo con riferimento alla terza ipotesi descritta, escluso, in nuce che lo Stato, o altro ente concessionario, ovvero gli altri enti citati, possano servirsi di apparecchi di genere vietato per organizzare scommesse o concorsi (art. 1, prima e seconda parte). E' pertanto solo con la terza ipotesi dell'art. 1 che puo' confrontarsi il quarto comma, ovvero con il disposto del comma secondo; ma dall'esame di queste ultime disposizioni si evince che quivi e' sanzionata la punibilita' per chi "esercita l'organizzazione di pubbliche scommesse" ponendosi l'accento sul solo profilo organizzativo o pubblicitario, trascurando tanto l'aspetto formale di cui all'art. 110 del t.u.l.p.s., tanto l'aspetto realizzativo dell'azzardo di cui agli artt. 718 e 719 del c.p. Nel terzo periodo dell'art. 4, primo comma, e' posto palesemente in rilievo, alla pari del primo periodo, che l'attivita' incriminata deve essere stabile ed abituale nonche' "diretta al pubblico", come, ad abundantiam, si evince dalla lettura del disegno di legge e della relazione illustrativa della disposizione in esame. Evidenziato che organizzare scommesse non significa necessariamente tenere un giuoco d'azzardo, tenuto conto anche di quanto dispone l'art. 88, primo comma, del t.u.l.p.s., tuttora vigente nella parte precettiva, si deve percio' ritenere che ricorre l'ipotesi di reato piu' recente soltanto nel caso in cui all'imputato si contesti di aver esercitato l'organizzazione di pubbliche scommesse ovvero di averne curato la pubblicita' (senza essere concorso nell'organizzazione), mentre continua ad applicarsi la disciplina innanzi citata nei casi in cui non sussistono tali elementi bensi' ricorrono i diversi requisiti di cui alle norme previgenti; ed il discrimine tra le fattispecie e' dato proprio dal diverso apporto fornito dall'agente alla realizzazione della violazione, ben essendo tangibile la differenza tra l'organizzare pubbliche scommesse - con evidente necessita' di predeterminazione di uomini, mezzi, capitale ecc. - e il semplice tenere o agevolare il giuoco d'azzardo ( ex art. 718 del c.p.) ovvero installare o usare apparecchi proibiti ( ex art. 110 del t.u.l.p.s.). Deve allora ritenersi che le norme invocate disciplinano casi diversi, non essendo peraltro escluso il possibile concorso nel caso di organizzazione di pubbliche scommesse (art. 4 della legge n. 401/1989) su o con giuochi d'azzardo (artt. 781 e 721) attuati mediante apparecchi vietati (art. 110 del t.u.l.p.s.) eventualmente nelle condizioni di cui all'art. 719 del c.p. Come riteneva Cass. 21 marzo 1986 Luvino deve concludersi sul punto osservandosi che tutt'oggi non ogni attivita' di scommessa costituisce automaticamente giuoco d'azzardo, dovendosi invece accertare in concreto volta per volta se nell'attivita' esercitata ricorra anche il quid ulteriore richiesto dalla norma penale, costituito dall'aleatorieta' della vincita o della perdita. A contrariis si argomenta che non in ogni giuoco d'azzardo ricorrono "a pubbliche scommesse organizzate", cosi' come previste dalla legge n. 401/1989. In definitiva dunque la semplice installazione dei giuochi descritti dall'art. 110 del t.u.l.p.s., non seguita dalla concreta attivazione comporta la condanna prevista da tale disposizione, mentre la concreta attivazione ovvero il consenso all'uso consente la condanna ex art. 718, qualora si accerti che la vincita o la perdita siano in tutto o in parte aleatori. L'organizzazione di pubbliche scommesse su tali giuochi comporta la possibilita' di concorso con la disposizione di cui al quarto comma dell'art. 4 della legge n. 401/1989. Tali essendo gli elementi di diritto non puo' che rilevarsi nel caso di specie la ricorrenza dei soli elementi di cui alla previsione previgente non essendo sussumibile da alcun atto processuale che in realta' l'agente avesse in qualche modo organizzato pubbliche scommesse con apparecchi proibiti o che ne avesse dato comunque pubblicita', essendo solo emerso che nell'esercizio di cui in rubrica era installato un apparecchio di genere proibito, funzionante o, comunque in grado di funzionare (v. dichiarazione del teste nell'istruttoriadibattimentale); mentre deve ritenersi del tutto verosimile che l'imputato ve lo abbia scientemente installato o fatto installare, al fine di agevolare il giuoco d'azzardo. Ritenuta l'applicabilita' delle norme menzionate, escluso nel caso di specie la possibilita' di concorso tra norme, e considerato che in concreto l'imputato sarebbe passibile di sanzione ex artt. 718 e 719 del c.p., ex art. 521 del c.p.p.) - trattandosi di fatto oggettivamente identico a quello contestato - osservato incidentalmente che il nuovo codice di procedura non ha in questo punto innovato significativamente), non puo' non rilevarsi un grave problema di giudizio di valore: invero se l'imputato dovesse rispondere ex lege n. 401/1989 potrebbe riportare una pena piu' lieve di quella prevista dagli artt. 718 e 719 del c.p. essendo quivi previsto il raddoppio della pena per il caso, come quello di specie, di giuoco di azzardo attivato da titolare di circolo privato, assimilabile, per sua natura, ad una casa da giuoco (avendo lo stesso imputato dichiarato al dibattimento di aver acquistato il giorno precedente all'intervento dei C.C. ben sei videogiochi). E' in merito da osservare che essendo stato il terzo periodo dell'art. 4 introdotto soltanto in sede di definitiva redazione della legge n. 401/1989 si e' persa l'occasione di superare definitivamente i dubbi interpretativi sorti con la precedente disciplina: infatti la relazione al progetto di legge non prevedeva tre distinte ipotesi al primo comma dell'art. 4, ma una sola che letteralmente sanzionava qualsiasi "attivita' organizzata e diretta al pubblico di gestione ... e di scommesse e giuochi d'azzardo", con cio' volendosi chiaramente intendere che la normativa penalistica doveva intendersi come puramente residuale rispetto alla disciplina speciale, sanzionando adeguatamente, e con pene ben maggiori di quella attualmente prevista, qualsiasi organizzazione di scommesse, peraltro nella forma ritenuta delittuosa. Venuto meno il riferimento al giuoco d'azzardo in sede di redazione definitiva si sono appunto ripresentati i problemi di coordinamento, essendo stato invece introdotto il periodo in esame, sanzionato piu' lievemente e nella forma contravvenzionale. Per effetto del difetto di coordinamento verificatosi in sede di redazione definitiva accade quindi che il titolare di esercizio pubblico o assimilato che abbia tenuto o agevolato, magari anche per una sola volta, il giuoco d'azzardo risponde in modo piu' grave che se avesse organizzato pubbliche scommesse, (sia pure non d'azzardo, dovendo altrimenti concorrere le violazioni), con evidente disparita' di trattamento rispetto a situazioni che seppur non identiche appaiono omogenee: appare infatti evidente che entrambi le norme siano riconducibili alla ratio di evitare la competizione con somme di denaro e per fini di lucro, mentre che la vincita o la perdita siano interamente o quasi aleatori costituisce una specificazione del fatto riconducibile alla sola fattispecie penalistica. E' addirittura prevista una pena piu' grave, tenuto conto delle sanzioni ex art. 721 del c.p., anche nel caso in cui non ricorra alcuna aggravante tra quelle previste dall'art. 719 del c.p., mentre appare del tutto evidente la maggiore potenzialita' offensiva dell'organizzazione di scommesse rispetto alla semplice tenuta del giuoco d'azzardo sol che si ponga mente alla indeterminatezza delle persone cui si rivolge la struttura organizzata: se infatti la norma del 1989 si rivolge palesemente alla tutela della correttezza nelle manifestazioni sportive e pubbliche, la disciplina codicistica puo' anche esulare da tali requisiti e ricorrere solo per un congegno e/o violazione. Se verifica allora che subisce una condanna piu' tenue chi organizza pubbliche scommesse, magari con struttura di notevoli dimensioni, estesa e tutto il territorio nazionale, rispetto a chi, nelle condizioni di cui all'art. 719 del c.p. abbia soltanto consentito, magari episodicamente, tenersi il giuoco d'azzardo, con ovvie conseguenze sul piano sistematico in relazione al disposto dell'art. 3 della Costituzione. La questione appare rilevante nel caso di specie perche' appunto l'imputato potrebbe dover rispondere della piu' grave ipotesi di reato prevista nel codice penale.
P. Q. M. Letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 718 del c.p. in relazione al disposto dell'art. 4 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, nella parte in cui prevede una pena piu' grave per chi tiene o agevola il giuoco d'azzardo, specie se nelle circostanze di cui all'art. 719 del c.p., rispetto a quella prevista per chi organizza o da' pubblicita' a pubbliche scommesse, con riferimento all'art. 3 della Costituzione; Dispone la sospensione del procedimento e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Casoria, addi' 11 luglio 1991 Il pretore: FORGILLO Il collaboratore di cancelleria: DE VITA Depositata in cancelleria oggi 23 luglio 1991. Il cancelliere: (firma illeggibile) 91C1193