N. 402 SENTENZA 4 - 12 novembre 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza e assistenza - Cassa di previdenza avvocati e  procuratori
 - Contributo integrativo - Presunta irrazionalita' di una imposizione
 aggiuntiva  a  quelle  propriamente  professionali - Volume affari ai
 fini IVA - Sistema analogo ad altri  organismi  previdenziali  -  Non
 fondatezza nei sensi di cui in motivazione.
 
 (Legge 20 settembre 1980, n. 576, art. 11, primo comma).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.46 del 20-11-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
    CASAVOLA,  prof.  Antonio  BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
    avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.
    Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  11, primo
 comma,  legge  20  settembre  1980,  n.  576  (Riforma  del   sistema
 previdenziale  forense), promosso con ordinanza emessa il 10 dicembre
 1990 dal Pretore di Bologna  nel  procedimento  civile  vertente  tra
 Piera  Filippi  e  Cassa Nazionale Previdenza e Assistenza Avvocati e
 Procuratori  iscritta  al  n.  207  del  registro  ordinanze  1991  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 14, prima
 serie speciale, dell'anno 1991;
    Visti gli atti di costituzione di  Piera  Filippi  e  della  Cassa
 Nazionale Previdenza ed Assistenza Avvocati e Procuratori;
    Udito   nell'udienza  pubblica  dell'8  ottobre  1991  il  Giudice
 relatore Giuseppe Borzellino;
    Uditi gli avvocati Piera Filippi e Lorenzo Acquarone per la  parte
 privata  e  Claudio  Berliri  per  la  Cassa  Nazionale Previdenza ed
 Assistenza Avvocati e Procuratori;
                           Ritenuto in fatto
    Con ordinanza emessa il 10 dicembre 1990 il  Pretore  di  Bologna,
 nel  corso  di  un  giudizio  tra  l'avv.  Piera  Filippi  e la Cassa
 Nazionale Previdenza e Assistenza Avvocati e Procuratori - avente  ad
 oggetto la ripetizione del contributo del 2% corrisposto sui compensi
 per attivita' diverse da quella professionale forense - ha sollevato,
 in   riferimento   all'art.   3   della  Costituzione,  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 11, primo comma, della legge 20
 settembre 1980 n. 576 (Riforma del sistema previdenziale forense).
    L'ordinanza - premesso che la disposizione predetta  sottopone  ad
 un   contributo   di  natura  mutualistica  "tutti  i  corrispettivi"
 percepibili  dagli  avvocati,  che  rientrino  comunque  "nel  volume
 d'affari  ai  fini  dell'IVA", contributo per il quale e' prevista la
 traslazione al debitore del corrispettivo - osserva che la  questione
 appare  non  manifestamente  infondata,  sotto un duplice profilo. Si
 puo' mettere in dubbio, infatti, la ragionevolezza della norma con il
 richiamo ai principi costituzionali sulle prestazioni patrimoniali  e
 previdenziali dei cittadini e delle categorie professionali, giacche'
 il  contributo  mutualistico  grava,  indipendentemente  dalla natura
 professionale anche in senso ampio della prestazione.
    Sotto un secondo profilo, poi, non  razionale  ne'  giustificabile
 appare  la  disparita'  di trattamento rispetto ad altre categorie di
 professionisti.  Con  atto  depositato  il  22  aprile  1991  si   e'
 costituito,  nell'interesse  della  prof.  avv. Piera Filippi, l'avv.
 Roberto De Santis.
    Premette la memoria che, secondo il Pretore di Bologna,  il  testo
 della norma ora citata non da' luogo a dubbi interpretativi nel senso
 che essa impone di assoggettare a maggiorazione tutti i corrispettivi
 percepiti   da   un   avvocato   o   procuratore  ancorche'  estranei
 all'esercizio della professione forense.
    Per l'ipotesi che il giudice remittente abbia ragione e che  altra
 diversa  interpretazione  non  sia possibile (che in tale ipotesi gli
 interessi  della  parte  sarebbero   tutelati   anche   da   sentenza
 interpretativa  di  rigetto)  non  sembra  dubbio  che  la  sollevata
 questione di costituzionalita' sia fondata.
    Con atto depositato sotto la stessa data si e' costituita la Cassa
 Nazionale di previdenza ed  assistenza  a  favore  degli  Avvocati  e
 Procuratori, rappresentata dall'avv.to Claudio Berliri, sostenendo la
 legittimita'  del  contributo  imposto poiche' la norma ha inteso far
 dispiegare automatica efficacia, evitandosi cosi'  ogni  contenzioso,
 all'imponibile agli effetti dell'IVA.
    Si   rileva,   altresi',   che   la   maggior  parte  delle  leggi
 previdenziali emanate successivamente al 1980 sono del tutto conformi
 a quella forense.
    In prossimita' dell'udienza  e'  stata  presentata  memoria  della
 difesa  della  signora  Filippi,  insistendosi per la declaratoria di
 illegittimita' costituzionale.
                        Considerato in diritto
    1.  - L'art. 11, primo comma della legge 20 settembre 1980, n. 576
 (Riforma del sistema  previdenziale  forense)  pone  a  carico  degli
 avvocati   e   procuratori  iscritti  alla  Cassa  di  previdenza  un
 contributo  integrativo  (oltre  cioe'   al   contributo   soggettivo
 obbligatorio)  costituito da una maggiorazione percentuale su tutti i
 corrispettivi  rientranti  nel  "volume  annuale  d'affari  ai   fini
 dell'IVA".
    Il  Pretore remittente dubita, ex art. 3 della Costituzione, della
 legittimita'  di  tale  prelievo,  sia  per  asserita  disparita'  di
 trattamento con la normazione concernente gli iscritti ad altre e di-
 verse   Casse   di   previdenza,   sia  -  piu'  in  generale  -  per
 irrazionalita' del contributo ricomprendente, per  la  dizione  della
 norma,   prestazioni   piu'  ampie  rispetto  a  quelle  propriamente
 professionali.
    2. - La questione, nei termini di cui in appresso, non e' fondata.
    Non sussiste disparita' di trattamento censurabile ex art. 3 della
 Costituzione:  infatti,  il  sistema  previdenziale  in  discorso  e'
 specificamente caratterizzato in punto, come la difesa della Cassa ha
 posto  in  luce,  da  "elementi  di assoluta analogia per non dire di
 totale coincidenza" con altri organismi previdenziali (cfr. normative
 sui  geometri,  sui  dottori  commercialisti,   sugli   ingegneri   e
 architetti).
    Cio'  a  prescindere  dalle considerazioni di principio piu' volte
 ribadite da questa Corte e secondo  cui  ogni  sistema  previdenziale
 presenta  caratteri  di  autonomia  e le rispettive soluzioni sono da
 riportare ad accertamento di presupposti, a determinazione di fini, a
 valutazioni di congruita'  dei  mezzi  non  estensibili  fuori  dello
 specifico sistema proprio (cfr. sentenza n. 133 del 1984).
    Vanno,  tuttavia,  considerate  le  preoccupazioni  del remittente
 circa una generica irrazionalita' di fondo, insita in una normativa -
 quella in esame - in forza della  quale  resterebbe  assoggettato  al
 contributo   integrativo  a  favore  della  Cassa  forense  qualsiasi
 corrispettivo rientrante nel volume d'affari realizzato, per  i  fini
 dell'IVA, da ciascun professionista.
    Invero,  ad  una  tale  tesi  restrittiva  ha  aderito la Cassa di
 previdenza interessata che basandosi sugli elementi  letterali  della
 norma  in  discussione  ha dedotto, nell'interesse della Cassa stessa
 percipiente del contributo, che non  sarebbe  possibile  procedere  a
 discriminazione tra i vari compensi "quale che ne sia la genesi".
    A  cio'  osterebbe,  infatti,  la  dizione della norma riferentesi
 semplicemente e letteralmente al  "volume  d'affari"  (cfr.  delibera
 Cassa n. 311).
    Va  rilevato,  tuttavia,  come il parametro scelto dal legislatore
 per individuare l'ammontare, a carico di ogni singolo professionista,
 del contributo da versare e cioe' il volume d'affari ai fini dell'IVA
 va  riferito  e  collegato,  alla  luce  proprio  delle  disposizioni
 mutuate,  e come in appresso si dira', all'esercizio professionale. E
 questo non  puo'  che  essere  costituito  dalla  attivita'  forense,
 dovendosi  escludere  senz'altro, come gia' la magistratura di merito
 ha avuto modo di precisare,  quelle  altre  attivita'  che,  pur  non
 essendo  incompatibili,  non  hanno  nulla  in comune con l'esercizio
 della professione legale.
    Non  e'  a  sottacersi,  peraltro,  che  quest'ultima  e'   andata
 assumendo, nel contesto sociale delle esigenze che abitualmente vi si
 riconnettono,  connotazioni  piu'  ampie  nel quadro del "patrocinio"
 previsto dal codice di procedura civile.
    In  altri  termini,  l'attivita'  in  esame, tenuto anche conto di
 specializzazioni che nel tessuto odierno sono sempre piu' avvertite e
 si  concretizzano,  vieppiu'  si  espande  a  molteplici   campi   di
 assistenza   contigui,   per  ragioni  di  affinita',  al  patrocinio
 professionale in senso stretto.
    Pur sempre, tuttavia, deve trattarsi, onde rientrare  nella  sfera
 delle   contribuzioni   previdenziali   in   parola,  di  prestazioni
 riconducibili,  per  loro  intrinseca   connessione,   ai   contenuti
 dell'esercizio forense.
    La  norma  in esame non risulta cosi' confliggere con il parametro
 invocato (art. 3 Cost.) per una  sua  presunta  irrazionalita'  e  la
 questione  va,  dunque,  dichiarata  infondata.  Secondo  la costante
 giurisprudenza  di  questa  Corte,  compete  ovviamente  al   giudice
 investito  della  causa  verificare  in  concreto, sulla scorta degli
 enunciati criteri, la legittimita' della  singola  posta  di  credito
 vantata dall'ente di previdenza nei confronti del professionista.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione
 di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 11, primo comma, legge 20
 settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema  previdenziale  forense),
 sollevata,  in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore
 di Bologna con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 4 novembre 1991.
                       Il Presidente: CORASANITI
                       Il redattore: BORZELLINO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 12 novembre 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 91C1199