N. 409 ORDINANZA 4 - 12 novembre 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Imposte   in  genere  -  Illeciti  tributari  -  Rilevanza  penale  -
 Esclusione  dell'applicazione  del  principio  di   specialita'   tra
 sanzioni penali e sanzioni amministrative - Cumulabilita' di pene di-
 verse  -  Ragionevolezza  -  Diversita'  degli illeciti nel peculiare
 sistema delle violazioni finanziarie - Manifesta infondatezza.
 
 (D.-L. 10 luglio 1982, n. 429, art. 10, convertito in legge 7  agosto
 1982, n. 516).
 
 (Cost., art. 3).
(GU n.46 del 20-11-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele  PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE,
    prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi  MENGONI,
    prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 10 della legge
 7 agosto 1982, n. 516 (Norme  per  la  repressione  dell'evasione  in
 materia  di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare
 la definizione delle pendenze in  materia  tributaria)  promosso  con
 ordinanza  emessa il 16 novembre 1990 dalla Commissione tributaria di
 primo grado  di  Treviso  sui  ricorsi  riuniti  proposti  da  Monico
 Giovanni  contro  Ufficio  I.V.A.  di  Treviso iscritta al n. 320 del
 registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  9  ottobre  1991  il  Giudice
 relatore Renato Granata;
    Ritenuto  che  con  ordinanza  del 16 novembre 1990 la Commissione
 tributaria di primo  grado  di  Treviso  ha  sollevato  questione  di
 legittimita'  costituzionale  in via incidentale dell'art. 10 d.l. 10
 luglio 1982 n. 429, convertito in legge 7 agosto 1982 n. 516,  (Norme
 per  la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e
 sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze  in
 materia  tributaria)  nella  parte  in cui esclude - limitatamente ai
 reati previsti dalla legge medesima - l'applicazione del principio di
 specialita' tra sanzioni penali e sanzioni amministrative,  posto  in
 generale  dall'art.  9,  1 comma, della legge 24 novembre 1981 n. 689
 (Modifiche al sistema penale), per sospetta violazione del  principio
 di  eguaglianza (art. 3, comma 1, Cost.) in relazione sia ad illeciti
 tributari diversi da quelli sanzionati dalla medesima  legge  n.  516
 cit.,  sia  in  generale  ad altre ipotesi di illeciti amministrativi
 concorrenti con illeciti penali;
      che  e'  intervenuta  l'Avvocatura  generale  dello   Stato   in
 rappresentanza  del  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  ed ha
 sostenuto  pregiudizialmente   l'inammissibilita'   in   rito   della
 questione  di  costituzionalita' per difetto di rilevanza, atteso che
 il contribuente non si sarebbe doluto della applicazione dell'art. 10
 censurato, ne' risulta che alcuno degli  illeciti  a  lui  addebitati
 abbia un rilievo penale;
      che  nel  merito l'Avvocatura sostiene che comunque l'esclusione
 del   principio   di   specialita'   costituisce    espressione    di
 discrezionalita' del legislatore;
    Considerato   che   vanno  disattese  le  eccezioni  pregiudiziali
 dell'Avvocatura   per    essere    rilevante    la    questione    di
 costituzionalita'  giacche' risulta dall'ordinanza di rimessione - la
 cui prospettazione in punto di fatto non  e'  censurabile  da  questa
 Corte   -   che,   rispettivamente,   il  contribuente  ha  sollevato
 l'eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 10 cit. e che lo
 stesso e' stato denunziato per i reati di  cui  agli  articoli  1,  1
 comma, 3, 2 comma e 4, n. 7, della legge n. 512 cit. e cioe' - almeno
 in  parte  -  per gli stessi fatti per i quali sono state irrogate le
 pene pecuniarie, oggetto della controversia tributaria de qua;
      che altresi' la questione e' rilevante ancorche'  nell'ordinanza
 di  rimessione  non  sia  indicato  quale  tipo  di  sanzione sarebbe
 applicabile ove fosse operante il principio  di  specialita'  di  cui
 all'art.   9   cit.;  infatti  la  norma  impugnata  (art.  10  cit.)
 rappresenta uno sbarramento, non superabile se non  con  la  invocata
 dichiarazione  di  incostituzionalita',  per  il giudice a quo che di
 tale principio di specialita' intende  far  applicazione,  mentre  e'
 ininfluente il possibile esito di tale giudizio giacche' comunque di-
 verse sarebbero le ragioni del decidere rispetto alla pronuncia che -
 nella  permanente  vigenza  dell'art.  10 - delibasse la legittimita'
 delle pene pecuniarie irrogate al contribuente (cfr. sent. n. 97  del
 1987);
      che nel merito la questione si appalesa manifestamente infondata
 sotto entrambi i profili prospettati dal giudice a quo;
      che,  infatti,  il  principio del cumulo delle pene pecuniarie e
 delle  sanzioni  penali  -  quale  posto  dalla  norma  censurata   -
 rappresenta,  si',  una disciplina differenziata rispetto all'opposto
 principio della specialita' operante  in  generale  per  le  sanzioni
 amministrative  irrogabili  per  fatti  che  integrerebbero anche gli
 estremi di un reato, ma e' nient'affatto  irragionevole,  ne'  lesivo
 del  principio  di  eguaglianza,  attesa  l'assoluta diversita' degli
 illeciti  ai  quali  le  due  disposizioni  si   riferiscono   e   la
 peculiarita'    delle    violazioni   finanziarie,   per   le   quali
 legittimamente   il   legislatore   -   nell'esercizio   della    sua
 discrezionalita'   -   puo'  modulare  la  reazione  dell'ordinamento
 giuridico al comportamento illecito del contribuente con una  duplice
 sanzione, pecuniaria e penale;
      che  a  non diversa valutazione conduce il rilievo del giudice a
 quo sulla residuale applicabilita' (dal medesimo de  plano  ritenuta)
 del  principio  di specialita' alle violazioni finanziarie diverse da
 quelle contemplate dalla legge n. 516 del  1982,  atteso  che  -  ove
 anche  cio'  fosse  (ma  e'  tutt'altro  che  certo  in  presenza  di
 giurisprudenza, anche della Corte di cassazione, nonche' di  dottrina
 per  nulla  univoche  sia su tale specifica questione, sia in termini
 piu' ampi sull'applicabilita', o meno,  alle  violazioni  finanziarie
 dei  principi  generali  posti dalla legge n. 689 del 1981 cit.) - la
 non irragionevolezza  dell'opzione  normativa  risiederebbe  comunque
 nella  considerazione  che  la  legge  n.  516 cit. attiene a tributi
 evidentemente e non ingiustificatamente dal  legislatore  considerati
 fondamentali  nel  quadro  della  globale politica finanziaria da lui
 complessivamente  disegnata  con  discrezionale   modulazione   della
 potesta'  impositiva,  sicche'  per tali tributi sarebbe giustificata
 una scelta di maggior rigore;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87
 e 9, secondo comma, delle norme integrative  per  i  giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 10 d.l. 10 luglio 1982 n. 429, convertito in
 legge 7 agosto 1982 n.516, (Norme per la repressione dell'evasione in
 materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per  agevolare
 la  definizione  delle  pendenze in materia tributaria) sollevata, in
 relazione all'art. 3 Cost., dalla  Commissione  tributaria  di  primo
 grado di Treviso con l'ordinanza di cui in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 4 novembre 1991.
                       Il Presidente: CORASANITI
                         Il redattore: GRANATA
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 12 novembre 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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