N. 691 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 settembre 1991
N. 691 Ordinanza emessa il 25 settembre 1991 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto dal procuratore generale presso la corte d'appello di Firenze contro Cascio Riccardo Reati tributari - Evasioni in materia di imposte sui redditi e del valore aggiunto - Omessa annotazione sul libro giornale della cessione di beni - Non prevista applicabilita' a tale ipotesi di reato di beneficio dell'oblazione consentita invece per altri reati (ritenuti) piu' gravi - Ingiustificata disparita' di trattamento. (Legge 16 maggio 1991, n. 154, art. 7). (Cost., art. 3).(GU n.46 del 20-11-1991 )
LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto dal procuratore generale presso la corte di appello di Firenze contro Cascio Riccardo, nato a Montecatini Terme l'11 febbraio 1943, ed avverso la sentenza del tribunale di Firenze in data 21 gennaio 1991 con la quale questi veniva assolto dal reato ex art. 1, secondo comma, della legge n. 516/1982 perche' il fatto non sussiste; Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso; Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal consigliere dott. Marchesiello; Udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale dott. Aloisi che ha concluso per l'annullamento senza rinvio perche' estinto il reato per oblazione; Udito il difensore, avv. Alessandro Traversi del foro di Firenze, che esibisce istanza di sanatoria e ne chiede l'applicazione, riportandosi alle conclusioni del p.g.; In subordine, chiede che qualificato il reato, come ipotesi prevista dall'art. 1, sesto comma, della legge n. 516/1982, sia dichiarato estinto ai sensi degli articoli 7 e 8 della legge n. 154/1991; In alternativa ritenersi che la "memorizzazione" dei dati equivalga a stampa dei medesimi per supporto cartaceo, annullandosi senza rinvio la sentenza; In ipotesi subordinata la Corte voglia dichiarare non manifestamente infondata la eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 7 della legge n. 154/1991 in relazione all'art. 3 della Costituzione; RITENUTO IN FATTO ED IN DIRITTO Il ricorrente p.g. deduce la nullita' della impugnata sentenza in quanto, nella specie, trattandosi del reato ex art. 1, comma secondo, della legge n. 516/1982 per cessione di beni senza la prescritta annotazione nel termine di legge sul libro giornale, non poteva considerarsi operativa, ostandovi il princio ex art. 20 della legge n. 4/1929, la normativa di cui al decreto-legge n. 7/1991 (attualmente riprodotta dalla legge 15 maggio 1991, n. 154) che prevede eccezioni a tale principio esclusivamente per altre ipotesi di violazioni finanziarie. Tale censura e' da considerare giuridicamente fondata. Infatti, era stato contestato all'attuale imputato, ancorche' avesse provveduto ad effettuare la relativa annotazione nei registri Iva, versando poi la relativa imposta, una ipotesi ben diversa da quelle indicate dal citato art. 7 del decreto-legge n. 7/1991 che consentiva la deroga all'art. 20 della legge n. 4/1929 esclusivamente per le disposizioni di cui agli articoli 4 e 5 ed agli articoli 1, ultimo comma, 2, secondo e terzo comma, del d.-l. 10 luglio 1982, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 1982, n. 516. Ne', peraltro, e' possibile, ad onta della richiesta difensiva, ravvisare nella specie la ipotesi di reato di cui all'art. 1, ultimo comma, della citata legge n. 516/1982 (compresa tra quelle assoggettate alla deroga) poiche' il suo elemento materiale (irregolare tenuta di taluna delle scritture contabili obbligatorie) e' sostanzialmente diverso da quello posto in essere dalla condotta antigiuridica dell'imputato, consistente in una vera e propria omissione tale da configurare compiutamente il reato contestato. Ne' puo' validamente sostenersi che la effettuata "memorizzazione" dei dati supplisca nel caso in esame alla richiesta annotazione, dovendo questa essere compiuta direttamente e tempestivamente nel libro giornale che rappresenta un documento fondamentale ed insostituibile nella progressiva evoluzione dell'attivita' dell'impresa. Cio' premesso, tuttavia, non appare manifestamente infondata la eccezione d'illegittimita' costituzionale della norma citata, cosi' come sollevata dalla difesa. Infatti, la esclusione della contestata violazione, consistente nell'omessa annotazione nel solo libro giornale, dalla sanatoria concessa in deroga al principio enunciato dall'art. 20 della legge n. 4/1929 vulnera incisivamente quello generale della par condicio posto dall'art. 3 della Costituzione. E cio' perche', anche sul piano etico-giuridico, si tratta di un mero comportamento omissivo limitato, nel caso in esame, alla sola tenuta del libro giornale e senza evasione. La relativa ipotesi, pertanto, pur concretando un illecito penale, resta di gran lunga meno allarmante ed antisociale rispetto alle altre violazioni assoggettate all'indicata deroga e previste dalla stessa normativa (utilizzazione di documenti alterati e contraffatti oppure per operazioni inesistenti, dichiarazione infedele di redditi, indicazioni da parte del sostituto d'imposta di ritenute operate in misura inferiore etc.), quasi tutte anche per la intensita' del dolo e per il danno sociale piu' gravi rispetto a quella contestata.
P. Q. M. Dichiara non manifestamente infondata la questione d'illegittimita' costituzionale dell'art. 7 della legge 16 maggio 1991, n. 154, nella parte in cui esclude dal beneficio dell'oblazione l'ipotesi di reato prevista dall'art. 1, secondo comma, n. 1, della legge n. 516/1982 con riferimento all'art. 3 della Costituzione; Sospende il giudizio ed invia gli atti alla Corte costituzionale; Manda alla cancelleria di notificare la presente ordinanza alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in camera di consiglio il 25 settembre 1991. Il presidente: BATTIMELLI Depositata in cancelleria il 2 ottobre 1991. Il collaboratore di cancelleria: (firma illeggibile) 91C1216