N. 694 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 febbraio - 15 novembre 1991

                                N. 694
 Ordinanza   emessa   il   20  febbraio  1991  (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale il 15 novembre 1991) dalla Corte  dei  conti,  sezione
 giurisdizionale  per  la  regione  Sicilia,  sul  ricorso proposto da
 Scaletta Angelo
 Pensioni - Previsione per i pensionati statali che prestino lavoro
    alle dipendenze di terzi, oltre  che  dell'indennita'  integrativa
    speciale,   anche  della  differenza  tra  il  trattamento  minimo
    I.N.P.S.  e  l'importo  della  pensione  in  godimento  -  Mancata
    previsione,  viceversa, della possibilita', per il titolare di due
    pensioni, di percepire, oltre  l'indennita'  integrativa  speciale
    per  una  pensione,  anche  l'integrazione  al  minimo per l'altra
    pensione  il  cui  importo  sia  inferiore  al  minimo  stesso   -
    Ingiustificato  deteriore trattamento del titolare di due pensioni
    rispetto al pensionato che presti lavoro dipendente presso terzi -
    Incidenza  sul  principio  della  adeguatezza  della  retribuzione
    (anche differita).
 (Legge 21 dicembre 1978, n. 843, art. 17).
 (Cost., artt. 3 e 36).
(GU n.47 del 27-11-1991 )
                          LA CORTE DEI CONTI
    Ha  adottato  la  seguente  n.  153/91  sul  ricorso in materia di
 pensione civile iscritto al n. 1851/C  del  registro  di  segreteria,
 proposto  da  Scaletta  Angelo,  nato  il  18  aprile 1927 a Catania,
 avverso il provvedimento della direzione provinciale  del  tesoro  di
 Catania n. 4727 notificato il 5 luglio 1989.
    Rappresentato  e  assistito  il  ricorrente dall'avvocato Giuseppe
 Nastasi  e  presso   lo   studio   dell'avvocato   Armando   Buttitta
 elettivamente domiciliato in Palermo, piazza Sacro Cuore, n. 3.
    Uditi  all'udienza  del  20  febbraio 1991 il relatore consigliere
 dott. Mariano Grillo ed  il  p.m.  in  persona  del  vice-procuratore
 generale dott. Giovanni Coppola.
    Esaminati gli atti ed i documenti di causa.
                           RITENUTO IN FATTO
    Con  ricorso  depositato  il  17  novembre  1989,  Scaletta Angelo
 impugna il provvedimento  n.  4727,  senza  data,  con  il  quale  la
 direzione  provinciale del tesoro ha disposto il recupero della somma
 di 9.199.942 sulla partita di pensione n. 6763474,  per  integrazione
 al  minimo  INPS  percepita  indebitamente  dal  1º maggio 1987 al 30
 gennaio 1989  coevamente  alla  fruizione  della  pensione  tabellare
 iscrizione n. 3945932.
    Contestualmente  al  ricorso viene avanzata istanza di sospensione
 dell'efficacia del provvedimento impugnato che e' stata respinta  con
 ordinanza di questa Sezione n. 57/1990 del 13 marzo-12 aprile 1990.
    Il  4  gennaio  1990 si e' costituita per la direzione provinciale
 del tesoro l'avvocatura dello Stato che ha successivamente depositato
 memoria di comparsa in data 3 marzo 1990.
    La parte ricorrente eccepisce l'illegittimita' del recupero  sulla
 pensione  n.  6763474,  anche  con riferimento a pronunce della Corte
 costituzionale, in considerazione del fatto  che  le  predette  somme
 sono   state  percepite  in  buona  fede.  L'avvocatura  dello  Stato
 controdeduce contestando la buona fede del ricorrente che  ha  omesso
 la comunicazione cui era tenuto ai sensi degli articoli 30 e 34 della
 legge 29 aprile 1976 n. 117 e che in ogni caso era a conoscenza della
 provvisorieta'  della  liquidazione  degli emolumenti per annotazione
 contenuta sull'assegno di conto corrente postale di  serie  speciale.
 Inoltre  la  direzione  provinciale del tesoro avrebbe legittimamente
 operato la revisione entro i termini previsti  dall'art.  9,  secondo
 comma della legge 7 agosto 1985, n. 428.
    Il   ricorso   perviene   all'odierno   giudizio  su  istanza  del
 procuratore generale, depositata il 20 luglio 1990, per  decreto  del
 presidente di questa sezione del 14 settembre 1990.
    Con  memoria  prodotta  l'8  febbraio  1991  il ricorrente, previa
 precisazione che l'integrazione ai minimi INPS e' stata negata  sulla
 pensione privilegiata n. 3945932, anziche' come erroneamente indicato
 sulla  pensione  n.  6763474,  insiste  sulle domande gia' proposte e
 sull'accoglimento  del  ricorso,  assumendo  la   illogicita'   della
 integrazione  al  minimo  in  costanza  di  contemporaneo trattamento
 retributivo di servizio, e la perdita della  stessa  integrazione  in
 costanza  di  altro  trattamento  pensionistico e sostiene le proprie
 ragioni con riferimento alla sentenza della Corte  costituzionale  n.
 34 del 12 febbraio 1981.
    Si  oppone  alle  regioni  addotte dalla direzione provinciale del
 tesoro in quanto l'art. 9 della legge 7 agosto 1985, n. 428,  attiene
 ad  ipotesi  diversa  da  quella  in  contestazione  ed  in ogni caso
 l'invocato termine  di  due  anni,  che  legittimerebbe  l'azione  di
 recupero,  riguarda esclusivamente i pagamenti effettuati entro il 31
 dicembre 1988. Comunque l'art. 52, secondo comma, della legge 9 marzo
 1989, n. 88, ammette il recupero solo in caso di dolo del  dipendente
 nel   caso  di  specie  non  sussistente.  Sul  punto  sostiene  tale
 considerazione con riferimento alla sentenza n. 383 del 12-31  luglio
 1990  della  Corte costituzionale ed a quella del consiglio di Stato,
 sez. sesta, n. 1139 del 17 ottobre 1989, quest'ultimo in  particolare
 afferma  che la clausola "salvo conguaglio" non esclude la buona fede
 del dipendente stesso, allorche' tale  formale  cautela  non  indichi
 quale,  fra  le  molteplici  voci  retributive,  sia  suscettibile di
 riconsiderazione definitiva. Conclude precisando che la dicitura "con
 riserva di revisione", figura solo sui tagliandi di maggio e novembre
 1988 e maggio 1989 della pensione n.  6763474  e  mia  su  quella  n.
 3945932.
    All'udienda  il  p.m.  rileva  che  allo  stato trova applicazione
 l'art. 17 della legge 21 dicembre 1978, n. 843 che  nel  disporre  la
 non   cumulabilita'   dell'indennita'  integrativa  speciale  tra  la
 retribuzione da  attivita'  lavorativa  e  trattamento  di  pensione,
 prevede l'integrazione al minimo della pensione, e non lo prevede nel
 caso  in  cui  il pensionato non presti piu' attivita' lavorativa, ma
 goda di un doppio trattamento pensionistico.
    Il  p.m.  eccepisce l'irrazionalita' di tale trattamento e propone
 che la questione sia sottoposta al vaglio della Corte costituzionale.
                        CONSIDERATO IN DIRITTO
    L'art. 17 della  legge  21  dicembre  1978,  n.  843,  estende  ai
 pensionati  statali  che  prestino  opera  retribuita presso terzi le
 limitazioni   gia'   introdotte   alla   percezione   dell'indennita'
 integrativa  speciale  dall'art. 99, C.V., del decreto del Presidente
 della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 nei confronti dei titolari
 di pensione che prestino  opera  retribuita,  sotto  qualsiasi  forma
 presso  lo Stato, amministrazioni pubbliche o enti pubblici e prevede
 tuttavia  che  di  detta  indennita'   sia   fatto   salvo   l'imorto
 corrispondente  al  trattamento  minimo  di  pensione previsto per il
 fondo pensioni lavoratori dipendenti.
    In applicazione delle norme  predette  lo  Scaletta,  titolare  di
 pensione  privilegiata a carico dello Stato, in costanza di attivita'
 di  servizio  alle  dipendenze  del  comune  di  Catania,  ha  fruito
 dell'integrazione  al  minimo  sul  trattamento pensionistico statale
 perdendolo all'atto della  percezione  di  pensione  a  carico  della
 CPDEL,  vedendosi  porre  a  carico  la  somma  di  9.199.942,  quale
 differenza tra il trattamento minimo INPS e l'importo della  pensione
 in  godimento  per  il  periodo  dal 1º maggio 1987 al 30 luglio 1989
 durante il quale ha goduto del doppio trattamento di pensione.
    Il p.m. ha eccepito l'irrazionalita' dell'art. 17 della  legge  n.
 843/1978  e  propone  che  venga  sollevata questione di legittimita'
 costituzionale.
    Sia  pure  rappresentata  in  termini  estremamente  sintetici  la
 sezione ritiene che la questione non sia manifestamente infondata.
    Assume  rilievo  la  circostanza  dell'implicita  esclusione e non
 contemplata ipotesi in  cui  il  pensionato  non  presti  piu'  opera
 retribuita,   come   si  verifica  nel  caso  sottoposto  all'odierno
 giudizio, sulla quale la sezione non puo' non constatare la  evidente
 irrazionalita'  dell'art.  17  della  legge gia' citata, di una norma
 cioe' che, mentre attribuisce titolo alla integrazione al  minimo  al
 dipendente  in  attivita'  di  servizio,  che  come  tale  percepisce
 l'indennita' integrativa speciale, la nega invece al dipendente  che,
 come nel caso di specie, se ne vede privato al cessare dell'attivita'
 di  servizio  diventando titolare di due pensioni e percio', in buona
 sostanza trovandosi in una situazione  deteriore  rispetto  a  quella
 goduta in precedenza.
    Considera  altresi'  la  sezione  che se la indennita' integrativa
 speciale non rappresenta solo un mezzo di adeguamento del trattamento
 pensionistico alle variazioni al costo della vita, ma anche il  mezzo
 per  assicurare  un "minimo" sufficiente e necessario per le esigenze
 vitali del pensionato, come del  resto  e'  desumibile  dalla  stessa
 previsione  legislativa di integrabilita' dell'indennita' integrativa
 speciale, il diverso e piu' sfavorevole trattamento riservato  a  chi
 fruisce  di  un  doppio  trattamento  pensionistico appare ancor piu'
 arbitrario ed irrazionale in quanto contrasta con i precetti  di  cui
 agli artt. 3 e 36 della Costituzione.
    La  rilevanza  della  questione e' di tutta evidenza, perche' allo
 Stato il ricorso andrebbe respinto, mentre da una eventuale pronunzia
 di illegittimita' costituzionale conseguirebbe per il  ricorrente  il
 riconoscimento  del  suo  diritto  alla  integrazione  al  minimo  di
 pensione previsto per il fondo pensioni lavoratori dipendenti.
    Conclusivamente  la  sezione  reputa  di  sollevare  questioni  di
 legittimita' costituzionale dell'art.  17  della  legge  21  dicembre
 1978,  n. 843 per contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione e
 data la chiara rilevanza  della  questione  il  giudizio  deve  esere
 sospeso con la rimessione degli atti alla Corte costituzionale.
                               P. Q. M.
    Visti   gli   artt.   134   della   Costituzione,  1  della  legge
 costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1 e 23 della legge 11  marzo  1953,
 n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 17 della  legge  21  dicembre
 1978, n. 843 per violazione degli artt. 3 e 36 della Costituzione;
    Dispone  la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte costituzionale
 sospendendo il giudizio in corso;
    Ordina che a cura  della  segreteria  la  presente  ordinanza  sia
 notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri, al ricorrente ed
 al  p.m.  e  ne sia data comunicazione ai Presidenti delle due Camere
 del Parlamento.
    Cosi' disposto  in  Palermo  nella  Camera  di  consiglio  del  20
 febbraio 1991.
                       Il presidente f.f.: CECI
    Depositata oggi in segreteria nei modi di legge.
      Palermo, addi' 26 agosto 1991
                Il direttore della segreteria: DAIDONE

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