N. 695 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 aprile - 18 novembre 1991
N. 695 Ordinanza emessa il 23 aprile 1991 (pervenuta alla Corte costituzionale il 18 novembre 1991) dalla corte di appello di Roma nel provvedimento civile vertente tra Cavatorta Angelo ed altra e amministrazione finanziaria dello Stato Tributi in genere - Termini di prescrizione e decadenza - Proroga (per il mancato funzionamento degli uffici finanziari) fino al decimo giorno successivo alla data in cui viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il decreto con cui il Ministro delle finanze accerta la durata dell'irregolare funzionammento degli uffici - Mancata previsione di un termine per la emanazione del decreto di proroga - Conseguente possibilita', per l'amministrazione finanziaria, di prorogare senza limiti i termini di prescrizione o decadenza per la riscossione dei tributi - Creazione nei confronti dell'amministrazione di un ingiustificato privilegio. (D.-L. 21 giugno 1961, n. 498, artt. 1 e 3, convertito, con modificazioni, nella legge 28 luglio 1961, n. 770). (Cost., art. 3).(GU n.47 del 27-11-1991 )
LA CORTE DI APPELLO Riunita in camera di consiglio, ha emesso la seguente ordinanza nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 418 del ruolo generale contenzioso dell'anno 1987, posta in decisione all'udienza collegiale del 9 aprile 1991 e vertente tra cavatorta Angelo e Cavatorta Teresa elettivamente domiciliati in Roma, p.le Clodio n. 14 presso lo studio dell'avv. Gianfranco Graziani che li rappresenta e difende in virtu' di delega in atti, appellanti e amministrazione finanziaria dello Stato, in persona del ministro in carica elettivamente domiciliato in Roma via dei Portoghesi n. 12 presso l'avvocatura generale dello Stato che lo rappresenta e difende per legge, appellata. Oggetto: impugnazione decisione commissione tributaria. Conclusioni per l'appellante: "Voglia l'ecc.ma corte di appello di roma, riformare la sentenza della settima sezione della commissione tributaria di secondo grado di roma in data 27 marzo-10 aprile 1986 e conseguentemente accogliere il ricorso proposto avverso l'ingiunzione art. 19363 part. succ. loro notificata ad istanza dell'Ufficio registro successioni di Roma in data 10 maggio 1982. con vittoria di spese, funzioni ed onorari dei diversi gradi". Per l'appellata: "Si chiede, che l'impugnazione proposta da parte avversa venga dichiarata inammissibile e/o nel merito infondata. Vinte le spese". IN FATTO E IN DIRITTO 1. - Il 10 maggio 1982 il ministero delle Finanze - ufficio registro successioni di Roma - notificava a Helena Elisabeth Costantino e Ruth Teschner ved. Costantino, entrambi residenti negli Stati Uniti d'America ingiunzione per il pagamento di L. 10.288.000 per l'imposta dovuta per la successione a Maria Teresa Labrano, all'attivo della quale figurava un immobile ubicato in Rapallo. Lo stesso atto era notificato "in via premunitaria e cautelativa" ad Angelo e Teresa Cavatorta e a Celidea Della Chiesa, domiciliati in Rapallo. La successione di Maria Teresa Labrano era stata aperta il 2 febbraio 1961 e gli eredi avevano dichiarato per l'immobile il valore di L. 6.000.000, che pero' era stato successivamente elevato il 2 maggio 1968 dalla commissione provinciale a L. 20.000.000. In base a tale valore l'ufficio aveva liquidato l'imposta complementare in L. 5.757.000. L'immobile era stato quindi trasferito ad Angelo e Teresa Cavatorta quali nudi proprietari e a Celidea della Chiesa quale usufruttuaria con atto in data 1ยบ luglio 1972. 2. - Angelo Cavatorta, Teresa Cavatorta e Celidea Della Chiesa ricorrevano nei termini di legge eccependo che la pretesa proposta nei loro confronti dalla amministrazione finanziaria era tardiva e la Della Chiesa non era mai stata proprietaria dell'immobile sul quale gravava l'imposta di successione. La Commissione di primo grado accoglieva il ricorso. La decisione veniva pero' parzialmente riformata dalla commissione di secondo grado che riconosceva tempestiva (e quindi valida) l'ingiunzione nei confronti di Angelo e Teresa Cavatorta, affermando che con varie leggi tutti i termini di precisazione e decadenza erano stati prorogati sino al 12 dicembre 1980 e che quindi l'ingiunzione era stata notificata in tempo utile. Quest'ultima decisione era impugnata innanzi a questa corte da Angelo e Teresa Cavatorta con atto notificato il 31 gennaio 1987. 3. - La pretesa dell'amministrazione finanziaria si fonda sull'art. 2772 del codice civile, che attribuisce privilegio ai crediti dello Stato "per ogni tributo indiretto ... sopra gli immobili ai quali il tributo si riferisce". Tale disposizione (cui corrisponde in tema di beni mobili, l'art. 2785 c.c.), a sua volta, si ricollega all'art. 68, r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, secondo cui lo Stato "ha privilegio, secondo le norme stabilite dal codice civile, per la riscossione delle tasse di successione sui mobili ed immobili cui la tassa si riferisce". Quest'ultima norma (che e' stata sostituita dall'art. 45, secondo comma del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 637, recante la nuova disciplina delle imposte di successione) e' stata dichiarata costituzionalmente illegittima "nella parte in cui non dispone che l'azione a garanzia del privilegio spettante allo Stato per la riscossione della imposta si estingue nei termini stabiliti dalla legge per domandare il pagamento della tassa o del suo supplemento" (Corte costituzionale 22 maggio 1974, n. 141). Deve pertanto ritenersi che il privilegio suddetto si estingue nel termine (triennale) stabilito dall'art. 86, secondo comma,dello stesso decreto (Cassazione 12 dicembre 1974, n. 4234), le cui disposizioni sono applicabili al presente giudizio in quanto l'apertura della successione di cui trattasi risale ad una data anteriore all'entrata in vigore della nuova disciplina (art. 59, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637). 4. - Gli appellanti assumono che il termine in questione sarebbe interamente ed inutilmente decorso e che, pertanto, l'amministrazione finanziaria non potrebbe, a tale titolo, avanzare piu' alcuna pretesa nei loro confronti. La commissione tributaria di secondo grado sarebbe conseguentemente incorsa in errore per non aver rilevato la decadenza e la decisione impugnata dovrebbe conseguentemente essere riformata. La censura in base alle disposizioni vigenti sarebbe infondata. E' pacifico, infatti, che l'avviso di liquidazione e' stato notificato agli eredi il 16 febbraio 1971, prima del trasferimento dell'immobile ai Cavatorta ed entro i tre anni dalla data in cui l'accertamento era divenuto definitivo (2 maggio 1968). Il nuovo termine scadeva, pertanto, il 16 febbraio 1974 (art. 89, primo e ultimo comma, r.d. 1923 n. 3270, art. 2945, primo comma, c.c.). ma esso e' stato successivamente prorogato, una prima volta fino al 31 dicembre 1975 (art. 1, decreto-legge 19 giugno 1974, n. 237, convertito in legge 2 agosto 1974, n. 350) e poi, gradatamente, fino al 31 dicembre 1976 (art. 19, legge 2 dicembre 1975, n. 576), al 30 giugno 1977 (art. 1, decreto-legge 10 dicembre 1976, n. 798, cosi' come modificato dall'art. 1, legge 8 febbraio 1977, n. 16), al 31 dicembre 1977 (art. 5, decreto-legge 10 giugno 1977, n. 307, convertito in legge 4 agosto 1977, n. 500) e al 16 febbraio 1981 (art. 6, decreto del Presidente della Repubblica 6 dicembre 1987, n. 914). Quindi, con decreto ministeriale 17 maggio 1982 (in Gazzetta Ufficiale n. 145, del 28 maggio 1982), emanato ai sensi del decreto- legge 21 giugno 1961, n. 498 (convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 luglio 1961, n. 770), recante norme per la sistemazione di talune situazioni dipendenti da mancato o irregolare funzionamento degli uffici finanziari, detto termine e' stato ulteriormente prorogato fino al 7 giugno 1982 (art. 1, decreto-legge n. 498/61, citata). 5. - L'ingiunzione e' stata notificata il 10 maggio 1982. L'impugnazione dovrebbe essere quindi respinta. Ma l'accoglimento di tale conclusione trova ostacolo in una piu' attenta considerazione delle norme applicate dall'amministrazione finanziaria per disporre, con il decreto ministeriale 17 maggio 1982, la proroga, dal 17 febbraio 1981 al 7 giugno 1982, del termine di esazione del credito. Tale decreto, come si e' gia' osservato, e' stato emanato in base al decreto-legge 26 giugno 1961, n. 498 (convertito, con modificazioni, nella legge 28 luglio 1961, n. 770) "per disciplinare le situazioni che possono verificarsi a causa del mancato o irregolare funzionamento degli Uffici finanziari dovuto ad eventi di carattere eccezionale". Secondo quanto stabilito dall'art. 1 di detto decreto "qualora gli uffici finanziari non siano in grado di funzionare regolarmente a causa di eventi di carattere eccezionale, i termini di prescrizione e di decadenza nonche' quelli di adempimento di obbligazioni e di formalita' previsti dalle norme riguardanti le imposte e le tasse a favore dell'erario, scadenti durante il periodo di mancato o irregolare funzionamento degli uffici stessi" sono prorogati fino al decimo giorno successivo alla data in cui viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto, previsto dal successivo art. 3, con il quale il ministro delle Finanze accerta il periodo di mancato o irregolare funzionamento degli uffici. Tali norme, nella loro primitiva formulazione, in vigore quando e' stata disposta la proroga in esame, non prevedevano alcun termine per la emanazione (e la pubblicazione) del decreto di proroga. Poteva cosi' accadere, ed in effetti e' accaduto, che il decreto fosse pubblicato a notevole distanza di tempo dal periodo di irregolare funzionamento degli uffici finanziari. Il caso di specie e' emblematico. la proroga e' stata infatti disposta in relazione ad agitazioni di carattere sindacale manifestatesi il giorno 16 febbraio 1981 ma il decreto e' stato pubblicato in gazzetta solo il 28 maggio 1982: e' cosi' avvenuto che, per un solo giorno di mancato funzionamento degli uffici e' stata disposta una proroga di ben 471 giorni. E, come risulta dal prospetto dalla stessa avvocatura, quello in esame non rappresenta un caso isolato. 6. - Appare evidente che in tal modo l'amministrazione finanziaria era posta in condizioni di assoluto privilegio rispetto alla generalita' dei creditori, potendo a propria discrezione prolungare, senza alcun limite, i termini stabiliti in via generale dalla legge, per l'esercizio dei propri diritti frustrando cosi' quell'esigenza di certezza dei rapporti giuridici che giustifica l'estinzione, per decorso del tempo, di ogni diritto, anche se costituzionalmente garantito (Corte costituzionale 10 giugno 1966, n. 63). Il legislatore si e' reso conto della grave lacuna della disciplina contenuta nel decreto-legge n. 498/1961 ed e' corso ai ripari prevedendo che la proroga debba essere disposta "entro e non oltre il sessantesimo giorno dalla scadenza del periodo di mancato o irregolare funzionamento" (art. 2, legge 25 ottobre 1985, n. 592, che ha sostituito con una nuova formulazione il testo originario dell'art. 3 del citato decreto-legge). 7. - A partire dalla entrata in vigore della nuova disposizione gli inconvenienti lamentati non possono pertanto piu' verificarsi. Resta pero' il periodo anteriore, al quale si riferisce la presente vertenza. Ed in relazione ad esso e' non manifestamente infondato il dubbio che la disciplina dettata dal decreto-legge 21 giugno 1961, n. 498, prima delle modifiche apportate dalla legge 25 ottobre 1985, n. 592, contrastasse con il principio di eguaglianza davanti alla legge sancito dall'art. 3, primo comma, della Costituzione. Detto principio, invero, ha ormai assunto il valore di una clausola generale, espressione del canone di coerenza dell'ordinamento giuridico (Corte costituzionale 30 novembre 1982, n. 204), che consente di sindacare la legittimita' costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, verificando non solo che essi non operino discriminazioni espressamente vietate (e, cioe', distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, etc.) ma anche la "ragionevolezza" della disciplina dettata, da controllare valutando concretamente l'adeguatezza dei motivi che hanno indotto il legislatore ordinario a differenziare (o ad equiparare) il trattamento giuridico di determinate situazioni. Orbene, anche a voler ritenere che il peculiare rilievo degli interessi alla cui cura e' preposta l'amministrazione finanziaria giustifichi una disciplina diversa da quella stabilita in via generale dal legislatore e' fortemente dubbio che tali peculiarita' possano far ritenere "ragionevole" una normativa come quella in esame, che consentiva alla amministrazione finanziaria di prolungare a propria discrezione e senza alcuna limitazione, i termini stabiliti dalla legge per l'eseercizio dei propri diritti. Il dubbio e' rilevante poiche' investe norme la cui applicabilita' si profila necessaria ai fini della definizione del presente giudizio: una eventuale dichiarazione di incostituzionalita' di dette disposizioni renderebbe infatti la proroga disposta con il decreto ministeriale 17 maggio 1982 illegittima e renderebbe conseguentemente intempestiva la notifica della ingiunzione. 8. - Per le considerazioni sopra esposte appare rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 primo comma, costituzione la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 3 del decreto-legge 21 giugno 1961, n. 498 (convertito, con modificazioni, sulla legge 28 luglio 1961, n. 770) nel testo in vigore prima delle modificazioni apportatre con la legge 25 ottobre 1985, n. 592. Gli atti vanno conseguentemente trasmessi alla Corte costituzionale previa sospensione del presente giudizio.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento all'art. 3, primo comma, Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 3, decreto-legge 21 giugno 1961, n. 498 (convertito, con modificazioni, nella legge 28 luglio 1961, n. 770) nel testo in vigore prima delle modificazioni apportate con la legge 25 ottobre 1985, n. 592; Sospende il giudizio; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia, a cura della cancelleria notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Roma il 23 aprile 1991 Il presidente: AIELLO Il cancelliere: (firma illeggibile) Depositato in cancelleria l'8 luglio 1991. Il direttore della cancelleria: (firma illeggibile) 91C1231