N. 423 SENTENZA 18 - 22 novembre 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Tributi locali - INVIM - Valori tassabili - Inflazione - Mancata
 considerazione -  Autonomia  degli  enti  nella  determinazione  del
 momento iniziale dell'incremento - Richiamo alla giurisprudenza della
 Corte (sentenze nn. 44/1966, 126/1979 e 239/1983) - Non fondatezza.
 
 (Legge 5 marzo 1963, n. 246, artt. 3, 4 e 5; legge 5 marzo 1963,
 n. 246).
 
 (Cost., artt. 3, 23 e 53).
(GU n.47 del 27-11-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
    CASAVOLA,  prof.  Antonio  BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
    avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.
    Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge 5 marzo 1963,
 n.  246  (Istituzione di una imposta sugli incrementi di valore delle
 aree fabbricabili; modificazioni al testo unico per  la  finanza  lo-
 cale,  approvato  con  regio decreto 14 settembre 1931, n. 1175, e al
 regio  decreto-legge 28 novembre 1938, n. 2000 convertito nella legge
 2 giugno 1939, n. 739), promosso con ordinanza emessa il 21  febbraio
 1991  dal Tribunale di Genova nel procedimento vertente tra il Comune
 di Arenzano e De Filippo Enrico ed altri,  iscritta  al  n.  354  del
 registro  ordinanze  1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visti gli atti di costituzione di De Filippi Enrico ed altri e del
 Comune di Arenzano;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  5  novembre  1991  il  Giudice
 relatore Giuseppe Borzellino;
    Uditi  l'avv. Paride Costa per De Filippi Enrico ed altri e l'avv.
 Cesare Glendi per il Comune di Arenzano;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ordinanza emessa il 21  febbraio  1991  il  Tribunale  di
 Genova,  nel procedimento civile vertente tra il Comune di Arenzano e
 De Filippo Enrico ed altri, ha  sollevato  questione  incidentale  di
 legittimita'  costituzionale  degli artt. 3, 4, 5 della legge 5 marzo
 1963, n. 246 (Istituzione di una imposta sugli incrementi  di  valore
 delle  aree fabbricabili; modificazioni al testo unico per la finanza
 locale, approvato con regio decreto 14 settembre 1931, n. 1175, e  al
 regio decreto-legge 28 novembre 1938, n. 2000, convertito nella legge
 2  giugno 1939, n. 739), nonche' della legge nel suo complesso, nella
 parte in cui, stabilendosi che l'incremento di valore  imponibile  e'
 dato dalla differenza tra il valore iniziale ed il valore finale, non
 e'  previsto  "che  venga  detratto  da  detta differenza l'ammontare
 percentuale corrispondente, anche se in parte, alla  diminuzione  che
 ha subito il valore della moneta per l'effetto dell'inflazione tra il
 momento  a  cui si riferisce il valore iniziale e il momento a cui si
 riferisce il valore finale; nonche' nella parte in  cui  consente  ai
 comuni   di   determinare  autonomamente  e  liberamente  il  momento
 iniziale, per contrasto con gli artt. 3, 23 e 53 Cost.".
    Il Collegio a  quo  assume  che  l'imposta  in  questione  finisce
 inevitabilmente  per colpire l'aumento dovuto alla sola svalutazione,
 prescindendo da un incremento realmente esistente.
    Viene richiamata la successiva vicenda relativa  alla  istituzione
 dell'imposta   comunale  per  incremento  di  valore  sugli  immobili
 (INVIM), ravvisata per molti aspetti analoga, in merito alla quale la
 Corte ritenne di  respingere  dubbi  di  costituzionalita'  simili  a
 quelli  odierni  (sentenza  n.  126 del 1979), considerandosi che nel
 caso odierno non sarebbe  stata  prevista  alcuna  detrazione,  quale
 correttivo del fenomeno inflattivo, in violazione quindi dell'art. 53
 Cost.
    La normativa impugnata sarebbe infine incostituzionale anche sotto
 il  profilo dell'ampia possibilita' da parte del Comune di fissare il
 valore iniziale di  riferimento  in  un  arco  temporale  "abbastanza
 esteso",  con  conseguente disparita' di trattamento per contribuenti
 residenti in territori comunali diversi e in contrasto con gli  artt.
 3 e 23 Cost.
    2.  -  Si  sono  costituiti in giudizio i contribuenti interessati
 associandosi alle censure espresse dall'ordinanza di  rimessione.  E'
 stata posta in evidenza, in particolare, la disparita' di trattamento
 derivante  dall'adozione da parte dei Comuni di criteri differenti di
 valutazione del valore intermedio.
    Il  Comune  di  Arenzano,  pure  costituitosi,  ha concluso per la
 manifesta infondatezza della questione sollevata.
    Si deduce che "la tassazione dovuta al fenomeno inflattivo non  e'
 di per se' contraria al principio della capacita' contributiva" (art.
 53  Cost.)  trovando,  "al  contrario,  fondamento  in  una  esigenza
 redistributiva"; "colpendo con uno specifico prelievo i soggetti  che
 grazie  alla  titolarita'  dei beni-rifugio e in particolare dei beni
 immobili sono sfuggiti al prelievo inflazionistico subito da  altri",
 si  attuerebbero  infatti  proprio gli invocati principi di effettiva
 uguaglianza e di capacita' contributiva.
    Viene  richiamata  la  sentenza  della  Corte  n.  126  del  1979,
 osservando  che  comunque  spetterebbe al legislatore, nell'ambito di
 scelte politiche riservate alla sua discrezionalita', di tener  conto
 degli   effetti   della  svalutazione  della  moneta  ai  fini  della
 tassazione.
    Quanto alla questione relativa ai poteri  concessi  ai  Comuni  di
 determinazione  del momento iniziale ai fini del calcolo dell'imposta
 in parola, tali poteri troverebbero giustificazione nella  diversita'
 dei  territori  e  quindi  nella  disomogeneita'  degli incrementi di
 valore. Inoltre  sarebbero  stati  posti  dal  legislatore  specifici
 limiti   ("tipi  di  comuni"  e  "ambiti  temporali  del  periodo  di
 riferimento"), cosi' che  il  margine  di  scelta  in  un  regime  di
 "predeterminazione  normativa" non sarebbe in contrasto con l'art. 23
 Cost.
                        Considerato in diritto
    1.1 - La legge 5 marzo 1963, n. 246  istitui'  una  imposta  sugli
 incrementi  di  valore  delle aree fabbricabili, dettando le relative
 modalita' di applicazione.
    Tale normativa venne abrogata, in tempo successivo, con l'art.  32
 del  d.P.R.  26  ottobre  1972, n. 643 e l'introduzione della diversa
 imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili (INVIM).
    1.2 - Il Collegio a quo si duole che la legge  non  avesse  tenuto
 conto, mediante appositi correttivi, dei valori dell'inflazione ed in
 particolare,  poi,  che fosse stato attribuito ai Comuni di stabilire
 autonomamente il momento iniziale di determinazione  dell'incremento,
 si'  da  ingenerare,  ai fini dei valori tassabili, differenze tra un
 ente impositore e l'altro.
    Tutto cio' secondo l'ordinanza contrasterebbe quanto agli  effetti
 inflattivi,  di  cui  la  norma  non mostra d'avere tenuto conto, con
 l'art. 53  della  Costituzione,  mentre  la  diversita'  nei  termini
 impositivi tra comuni avrebbe violato gli artt. 3 e 23 precedenti.
    2.1 - La questione non e' fondata.
    La  Corte ebbe gia' a ritenere la normativa in parola coerente con
 i contenuti degli artt. 3  e  23  della  Costituzione.  Si  osservava
 (sentenza  n.  44  del  1966)  che  il sistema adottato rispondeva ad
 assicurare una imposizione atta a rispecchiare la situazione  propria
 a  ciascun  Comune,  lungi  in  tal  modo  da  pretese violazioni del
 principio d'eguaglianza. Ne' gli enti impositori avevano a fruire  di
 un  potere  illimitato,  tale da porsi in contrasto con la riserva di
 legge garantita dall'art. 23.
    Le suesposte considerazioni vanno tuttora ritenute  valide,  nulla
 essendovi  da  manifestare  in  contrasto  e,  si  badi bene, ora per
 allora.
    2.2 - Non sussiste neppure l'asserita violazione dell'art. 53, dal
 momento  che  valgono  le considerazioni in generale della richiamata
 sentenza n. 44 secondo cui l'aver assoggettato determinate  categorie
 di    contribuenti,    obiettivamente   determinate,   al   pagamento
 dell'imposta in parola non risultava, per cio' stesso, in  violazione
 dei principi tutelati con il ridetto art. 53.
    D'altronde,  se  e'  vero  che  la successiva normazione dal 1972,
 sopra richiamata, riconobbe e introdusse meccanismi  di  salvaguardia
 dei  fenomeni  inflattivi,  con  le  vicende  che  ne seguirono (cfr.
 sentenze n. 126 del 1979 e n. 239 del 1983) tutto questo concerne  un
 sistema  d'imposizione successivo e diverso che non puo' certo essere
 riferito - come sembra invece trasparire dall'ordinanza di rimessione
 - ai contenuti di una normativa antecedente - quella ora in  esame  -
 recante criteri applicativi propri alle finalita' cui era chiamata ad
 assolvere.
    Conclusivamente, pertanto, la questione va dichiarata non fondata.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 degli artt. 3, 4, 5 della legge 5 marzo 1963, n. 246 (Istituzione  di
 una  imposta  sugli  incrementi  di  valore  delle aree fabbricabili;
 modificazioni al testo unico per la  finanza  locale,  approvato  con
 regio decreto 14 settembre 1931, n. 1175, e al regio decreto-legge 28
 novembre  1938,  n.  2000,  convertito  nella legge 2 giugno 1939, n.
 739), nonche' della legge nel  suo  complesso,  in  riferimento  agli
 artt.  3,  23  e  53  della  Costituzione, sollevata dal Tribunale di
 Genova con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 novembre 1991.
                       Il Presidente: CORASANITI
                       Il redattore: BORZELLINO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 22 novembre 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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