N. 41 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 15 novembre 1991

                                 N. 41
 Ricorso per conflitto di attribuzione n. 41 depositato in cancelleria
 il 15 novembre 1991 (della regione Lombardia)
 Sanita' pubblica - Atto d'indirizzo e coordinamento alle regioni per
    l'attivazione  dei  servizi  per  il  trattamento  a domicilio dei
    soggetti affetti da AIDS e patologie correlate  -  Previsione  del
    trattamento  a  domicilio  mediante  l'attivazione,  presso idonee
    residenze collettive o case alloggio, di un numero di  posti  pari
    al  25%  di quelli complessivamente disponibili e del restante 75%
    dei posti mediante convenzioni con istituzioni di  volontariato  e
    con organizzazioni assistenziali diverse e, infine, per il 50% dei
    posti  alla  diretta  attivita'  assistenziale  del  personale del
    reparto  ospedaliero  da  cui  e'   disposta   la   dimissione   -
    Ripartizione  delle  risorse  finanziarie  in relazione ai diversi
    tipi di intervento - Asserita minuziosa disciplina  della  materia
    con  un  atto di indirizzo e coordinamento - Mancata consultazione
    della conferenza Stato-regioni - Riferimento alle  sentenze  della
    Corte costituzionale nn. 338 e 560 del 1988 e 37/1991.
(GU n.48 del 4-12-1991 )
   Ricorso  della  regione  Lombardia,  in persona del presidente pro-
 tempore della giunta regionale,  ing.  Giuseppe  Giovenzana,  a  cio'
 autorizzato  con  deliberazione  g.r.  n.  13876 del 17 ottobre 1991,
 rappresentata e difesa, come da mandato a margine del presente  atto,
 dagli  avv.  proff.  Giuseppe  Franco  Ferrari  e  Giovanni Motzo, ed
 elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo  in  Roma,
 viale  Angelico  n.  38,  per  conflitto  di  attribuzioni, contro la
 Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente  del
 Consiglio pro-tempore, a seguito e per effetto degli artt. 1, primo e
 secondo  comma,  e  2,  primo comma, del decreto del Presidente della
 Repubblica 14 settembre 1991, atto di indirizzo e coordinamento  alle
 regioni  per l'attivazione dei servizi per il trattamento a domicilio
 dei soggetti affetti da Aids e  patologie  correlate,  pubblicato  in
 Gazzetta Ufficiale 18 settembre 1991, n. 219.
                               F A T T O
    L'art.  1,  terzo  comma,  della  legge  5  giugno  1990,  n.  135
 (programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro
 l'Aids), ha affidato ad un atto di indirizzo  e  coordinamento  -  da
 emanarsi ai sensi dell'art. 5 della legge n. 833/1978 - il compito di
 stabilire   "criteri  uniformi  per  l'attivazione  del  servizio  di
 trattamento a domicilio dei soggetti affetti da Aids da  parte  delle
 unita'  sanitarie locali dei posti di assistenza a ciclo diurno negli
 ospedali,  ....,  nonche'  criteri  uniformi  per  l'attivazione  dei
 servizi di cui al secondo comma e sugli organici relativi".
    Lo  stesso  art.  1,  al secondo comma, nel dettare i principi che
 devono presiedere alla graduale attivazione  da  parte  delle  unita'
 sanitarie  locali  dei  servizi  per  il  trattamento a domicilio dei
 soggetti affetti da  Aids  e  patologie  correlate,  "sulla  base  di
 indirizzi  regionali",  dispone  che  "il  trattamento a domicilio ha
 luogo  mediante  l'impiego  ...  del  personale  infermieristico  del
 reparto ospedaliero da cui e' disposta la dimissione .. e puo' essere
 attuato anche presso idonee residenze collettive o case alloggio, con
 il  ricorso  ad  istituzioni  di  volontariato  o  ad  organizzazioni
 asssitenziali  diverse   all'uopo   convenzionate   o   a   personale
 infermieristico  convenzionato",  e,  in  ogni  modo "entro il limite
 massimo di 2.100 posti da ripartire tra  le  regioni  e  le  province
 autonome  in  proporzione alle rispettive esigenze ed entro il limite
 di spesa complessiva annua" ivi individuato.
    E' dunque chiara l'intenzione del legislatore statale di  lasciare
 alla  potesta' normativa delle regioni (e delle province autonome) la
 disciplina della concreta attivazione del servizio,  nell'ambito  dei
 suddetti  limiti massimi di posti e di spesa e "secondo le rispettive
 esigenze"; intenzione espressa ancor piu' univocamente nel successivo
 art. 9, che fa obbligo alle regioni di "predisporre i  programmi  per
 le attivita' di cui all'art. 1 ... secondo comma".
    In  questi  termini,  d'altronde,  si  e' recentemente espressa la
 stessa  Corte  costituzionale  nella   sentenza   n.   37/1991:   nel
 pronunciare   l'infondatezza   delle  censure  mosse  dalle  province
 autonome di Trento e Bolzano e dalla  regione  Lombardia  al  secondo
 comma  del  medesimo  art. 1 della legge 135/1990 per invazione delle
 competenze regionali, nella parte in cui tale disposizione disciplina
 in modo dettagliato il servizio di trattamento a domicilio dei malati
 di Aids ed indica il tetto massimo dei  posti  da  ripartire  tra  le
 regioni,  la  Corte  ha  motivato  sul  punto che "la norma censurata
 contiene ... solo criteri di larga  massima  cui  deve  ispirarsi  il
 servizio,  la  cui  concreta  e  graduale  attivazione,  peraltro  e'
 soggetta ad "indirizzi regionali" e deve  avvenire  comunque  secondo
 programmi  formulati  dalle  stesse  regioni;  rilevando,  in  merito
 all'indicazione del numero massimo dei posti, che essi sono  comunque
 da ripartire secondo le rispettive esigenze".
    Esaurita  la  disamina del secondo comma dell'art. 1 nel senso che
 qui  interessa,  e  cioe'  della  piena   conformita'   del   dettato
 legislativo  agli  artt. 117 e 118 della Costituzione, la Corte si e'
 altresi' espressa sull'impugnativa regionale del  terzo  comma  dello
 stesso art. 1 per contrasto della norma impugnata con il principio di
 legalita',  nel  punto in cui demanda "la disciplina dell'attivita' a
 domicilio ad atti di indirizzo e coordinamento asseritamente privi di
 contenuto predeterminato".
    Sotto tale profilo la Corte ha osservato che "la legge circoscrive
 adeguatamente il contenuto degli atti (di indirizzo), descrivendo sia
 le attivita' da  coordinare  sia  i  rispettivi  fini  e  criteri  e,
 precisamente,  nel secondo comma, prima parte (per quanto concerne il
 trattamento  domiciliare)  ...  nel  quale   "sono   sufficientemente
 specificate le caratteristiche dei servizi che si vogliono attuare".
    La ripartizione dei compiti regionali e ministeriali, come segnata
 nella  legge  n.  135/1990  e  ribadita  dalla Corte con la pronuncia
 richiamata, non puo' dunque lasciare dubbi  sulla  effettiva  portata
 dell'atto  governativo  di  indirizzo  e coordinamento, il quale, nei
 limiti di posti e di spesa gia'  indicati  nel  massimo  dalla  legge
 statale e poi successivamente ripartiti secondo le effettive esigenze
 a  livello  regionale  (e  provinciale), dovrebbe limitarsi a fissare
 criteri,  relativi  alle  modalita'   e   alle   caratteristiche   di
 attivazione  del  servizio, di natura meramente tecnica, nel rispetto
 dello specifico fondamento legislativo della potesta' di indirizzo  e
 coordinamento  e  dei  vincoli  elaborati  dalla giurisprudenza della
 corte costituzionale in ordine all'esercizio di tale potesta'.
    Di  ben piu' ampia e puntuale portata, al contrario, la disciplina
 contenuta nell'atto di indirizzo e coordinamento impugnato, il  quale
 testualmente,  all'art. 1, attivazione dei servizi per il trattamento
 a domicilio, prevede:
       "a) l'attivazione presso residenze collettive o  case  alloggio
 ...  di  un  numero  di  posti pari al 25% di quelli complessivamente
 disponibili ...;
       b) l'attivazione del restante 75% dei posti a  convenzioni  con
 istituzioni  di  volontariato  e con organizzazioni assistenziali di-
 verse e, per il 50% dei posti, alla diretta  attivita'  assistenziale
 del   personale  del  reparto  ospedaliero  da  cui  e'  disposta  la
 dimissione".
    Per cio' che  riguarda,  infine,  la  ripartizione  delle  risorse
 finanziarie   entro   i  limiti  massimi  di  spesa  legislativamente
 indicati, l'atto di indirizzo procede direttamente, all'art. 2, sulla
 base della precedente ripartizione numerica dei posti, alla  puntuale
 destinazione  delle  risorse  complessivamente  disponibili  in "lire
 ventitre miliardi per la stipula di convenzioni con idonee  residenze
 collettive o case alloggio ...;
       b)  lire  quindici  miliardi  per la stipula di convenzioni per
 l'assistenza a  domicilio  con  istituzioni  di  volontariato  e  con
 organizzazioni assistenziali diverse ...;
       c)  lire  sedici  miliardi per l'integrazione degli organici di
 ricovero ... da utilizzare nelle attivita' relative al trattamento  a
 domicilio".
    La disciplina contenuta nel d.P.R. 14 settembre 1991 e' gravemente
 lesiva delle attribuzioni costituzionali della regione Lombardia, che
 solleva  pertanto, con il presente ricorso, conflitto di attribuzione
 per i seguenti motivi di
                             D I R I T T O
    1. - Violazione e falsa applicazione degli artt. 117 e  118  della
 Costituzione;  violazione  dell'art.  1 della legge 5 giugno 1990, n.
 135; Carenza di fondamento legislativo e violazione del principio  di
 legalita'.
    La  Corte costituzionale, a partire dalla sentenza n. 150/1982, ha
 costantemente asserito che "l'esercizio  in  via  amministrativa  del
 potere  statale di indirizzo e coordinamento e' stato sottoposto alla
 condizione di validita' dell'osservanza del principio  di  legalita'"
 (decisione  n.  359  dell'11 luglio 1991) occorrendo una disposizione
 legislativa che funga "da base normativa sufficientemente  precisa  e
 chiara  da  poter  orientare  e  delimitare  la  discrezionalita' del
 Governo nella  determinazione  degli  indirizzi  e  delle  misure  di
 coordinamento" (ibidem).
    E  d'altra parte (sent. n. 177/1988) questi ultimi devono lasciare
 sussistere un "necessario spazio di autonomia" dettando solo  criteri
 "criteri minimali di uniformita'".
    Il  d.P.R.  impugnato  con  il  presente conflitto di attribuzione
 contiene invece una disciplina puntuale che, lungi dal  limitarsi  ai
 profili  di  cui  all'art.  1,  terzo  comma, della legge n. 135/1990
 (attivazione dei posti di assistenza a ciclo diurno negli ospedali  e
 attivazione   dei   servizi   di   cui   al  secondo  comma,  investe
 dettagliatamente il contenuto degli  interventi,  il  riparto  tra  i
 diversi   tipi   di  essi  (attivazione  di  posti  presso  residenze
 collettive  o  case  alloggio e attivazione del servizio a domicilio)
 nonche', addirittura, nell'ambito del  trattamento  a  domicilio,  la
 quota   riservata   alle  istituzioni  di  volontariato  e  ad  altre
 organizzazioni assistenziali,  e  infine  il  riparto  delle  risorse
 finanziarie  in  diretta  relazione  con  il  rapporto tra i predetti
 interventi.
    Tale disciplina non ha carattere esclusivamente tecnico ma riveste
 natura di indirizzo e coordinamento amministrativo, come  qualificato
 dalla costante giurisprudenza della Corte nel senso ripreso da ultimo
 nella sentenza n. 359/1951.
    Le  disposizioni  censurate,  prefissando  la  ripartizione  degli
 interventi da attivare secondo rigidi rapporti  di  proporzionalita',
 precludono  alle  regioni  la discrezionale potesta' normativa che al
 contrario lo stesso legislatore statale ha inteso garantire, sia  con
 la  riserva  di cui all'art. 9, primo comma, della legge n. 135/1990,
 sia con il piu' volte citato criterio  valutativo  delle  "rispettive
 esigenze"  in  sede  di ripartizione dei posti da realizzare entro il
 tetto massimo prefissato ex lege.
    E' bensi' vero che  l'art.  4  del  d.P.R.  14  maggio  1991,  nel
 precisare  che la ripartizione secondo quote "costituisce un criterio
 orientativo"    nell'ambito    della    programmazione     regionale,
 all'apparenza  simula  di  temperare la portata della suddivisione in
 quote riportandola nei limiti di un mero principio di tendenza, ma e'
 altresi' vero che, a fronte della reale  rigidita'  dei  rapporti  di
 proporzionalita'    precedentemente    fissati,   tale   disposizione
 costituisce in realta' un mero omaggio formale alla natura di atto di
 indirizzo e coordinamento del decreto impugnato.
    In particolare, la suddivisione  di  cui  alle  lettere  a)  e  b)
 dell'art.  1  e la conseguente ripartizione delle risorse finanziarie
 di cui all'art. 2), capovolge i criteri generali  indicati  nell'art.
 1,  secondo  comma,  della legge n. 135 imponendo per una percentuale
 garantita del 25% il trattamento presso residenze collettive  e  case
 alloggio,  il  quale  invece,  alla  stregua  della  legge, e' misura
 residuale, da attivarsi con le prescritte cautele, come del pari  non
 vi  e'  traccia  nella  legge  della  volonta' di riservare quote del
 trattamento  domiciliare  al  convenzionamento  con  istituzioni   di
 volontariato.
    Per  cio'  che  riguarda,  infine,  la  ripartizione delle risorse
 finanziarie  entro  i  limiti  massimi  di   spesa   legislativamente
 indicati,  l'atto  di  indirizzo  la opera, all'art. 2, direttamente,
 condizionando cosi' pesantemente l'autonomia organizzativa e di spesa
 delle regioni.
    in circostanze analoghe, la corte ha pronunciato  l'illegittimita'
 di  atti  di indirizzo e coordiamento in tema di riorganizzazione dei
 presidi  ospedalieri  (sentenza  15  giugno  1988,  n.  338)   e   di
 individuazione  degli elementi strutturali dei presidi di diagnostica
 di laboratorio (sentenza 19 maggio 1988, n. 560).
    2.  -  mancata  consultazione  della  conferenza  Stato-regioni  e
 violazione  dell'art.  12,  quinto  comma,  lett.  b)  della legge n.
 400/1988.
    La conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le  regioni
 deve  essere  consultata sui "criteri generali relativi all'esercizio
 delle funzioni statali di indirizzo e coordinamento".
    Tale consultazione non ha avuto luogo nella fattispecie, ne' ve ne
 e' traccia nelle premesse del d.P.R.
    Il  vizio  procedurale  concreta di per se' lesione dell'autonomia
 regionale.
                               P. Q. M.
    La regione ricorrente chiede che la Corte  voglia  dichiarare  che
 non  spetta  allo  Stato,  e  per esso al Consiglio dei Ministri e al
 Presidente del Consiglio dei Ministri, dettare con atto di  indirizzo
 e coordinamento criteri in materia di programmazione degli interventi
 nei  confronti  di  soggetti  affetti  da Aids e ripartire le risorse
 finanziarie  in  conformita'  di  tali  criteri,  e  per  conseguenza
 annullare il decreto impugnato.
      Milano-Roma, addi' 11 novembre 1991
    Avv. prof. Giuseppe Franco FERRARI - Avv. prof. Giovanni MOTZO

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