N. 705 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 maggio - 22 novembre 1991
N. 705 Ordinanza emessa il 15 maggio 1991 (pervenuta alla Corte costituzionale il 22 novembre 1991) dal tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione di Lecce, sul ricorso proposto da Patera Ettore contro l'u.s.l. TA/4 ed altra. Impiego pubblico - Stato giuridico del personale delle uu.ss.ll. - Dirigenti veterinari - Collocamento a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno di eta' - Mancata previsione del trattenimento in servizio fino al settantesimo anno di eta' al fine di conseguire maggiori benefici previdenziali, cosi' come stabilito per i dirigenti dello Stato ed i primari ospedalieri - Ingiustificata disparita' di trattamento con incidenza sul diritto ad una retribuzione proporzionata e adeguata, e sui principi di parita' nell'accesso al pubblico impiego e di buon andamento della pubblica amministrazione. (Legge 28 febbraio 1990, n. 37; legge 19 febbraio 1991, n. 50). (Cost., artt. 3, 4, 38, 51 e 97).(GU n.48 del 4-12-1991 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1128 del 1991 proposto da Patera Ettore, rappresentato e difeso dall'avv. A. Funari e dall'avv. Ernesto Sticchi Damiani, contro la u.s.l. TA/4 e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per l'annullamento della delibera n. 09 del 18 gennaio 1991 della u.s.l. TA/4, nonche' della nota prot. 6/2/31/SD/52509/600/S del 13 giugno 1990; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla camera di consiglio del 15 maggio 1991 la relazione del consigliere Catoni e uditi, altresi', gli avvocati Funari e Sticchi Damiani per il ricorrente; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue: F A T T O Il ricorrente dott. Patera, dirigente veterinario, presso la u.s.l. intimata e' nato il 16 maggio 1926 e, quindi in data 16 maggio 1991 compie il sessantacinquesimo anno di eta'. Ha inoltrato una richiesta all'amministrazione di appartenenza per essere trattenuto in servizio sino al compimento del settantesimo anno di eta', in applicazione della legge n. 37/1990 che ha esteso a tutti i dirigenti pubblici dello Stato ed equiparati i benefici gia' previsti dalla legge n. 477/1973 per il personale docente della scuola. L'istanza e' stata respinta sicche' il dott. Patera, ritenendosi leso da siffatta decisione ha impugnato il provvedimento sostenendo: 1) Violazione e mancata applicazione dell'art. 6 della legge n. 336/1964 e dell'art. 5 della legge n. 627/1982 in relazione all'art. 53 del d.P.R. n. 761/1979. Sulla interpretazione dell'art. 6 della legge n. 336/1964 la Corte costituzionale si e' espressa in senso rigoristico nella sentenza n. 134/1986, ritenendo che la norma poteva operare solo a priore dei titolari di posti di ruolo. Ma quella interpretazione, afferma il ricorrente, la Corte costituzionale dette nel contesto legislativo allora vigente nel quale essa ritenne che il trattamento in servizio disposto a favore dei primari avesse carattere puramente residuale e marginale rispetto al principio generale del collocamento a riposo fissato per tutti gli impiegati pubblici al sessantacinquesimo anno di eta'. L'interpretazione data dalla Corte che allora, tra l'altro, non ha esaurito l'esame delle questioni di legittimita' proponibile sulla materia, deve ormai essere radicalmente rivista alla luce della legge n. 37/1990 che ha esteso a tutti i dirigenti dello Stato ed equiparati il trattenimento in servizio fino al settantesimo anno di eta'. 2) Violazione e mancata corretta applicazione della legge n. 37/1990. Omessa disamina e motivazione. La legge n. 37/1990 ha nel giudizio che occupa il collegio, secondo il ricorrente, un duplice significato: quello di rendere immediatamente applicabile anche al dott. Patera, il trattenimento in servizio sino al settantesimo anno di eta'; quello di dimostrare la validita' di una interpretazione non rigoristica dell'art. 6 della legge n. 336/1964. Infatti, le norme sui docenti, ove estese ai dirigenti dello Stato, si applicano a tutti i dipendenti che fossero semplicemente in servizio al 1º ottobre 1974. 3) Questioni di legittimita' costituzionale in relazione agli artt. 3 e 97 della Costituzione, all'art. 6 della legge n. 336/1964, alla legge n. 627/1982, alla legge n. 459/1965, alla legge n. 517/1986 e all'art. 53, ultimo comma, del d.P.R. n. 761/1979. Le questioni afferenti la legittimita' costituzionale sull'art. 6 della legge n. 336/1964 e della legge n. 62/1982 non sono state ancora risolte con le due sentenze della Corte rispettivamente con i nn. 33/1982 e 134/1986. Permangono, infatti, nell'ordinamento varie distorsioni come, ad esempio, la disparita' di trattamento a danno dei dirigenti sanitari rispetto a sempre piu' estese categorie di funzionari pubblici per i quali vige il principio del collocamento a riposo al settantesimo anno di eta'. Le questioni di legittimita' costituzionale assumono una precisa rilevanza rispetto a recenti ordinanze di remissione alla Corte oper- ate da alcuni t.a.r. che hanno posto l'accento sulla discriminazione operata risevando solo ad alcuni questo diritto al trattenimento in servizio o la circostanza che da eccezioni tali riserve, sempre piu' estese, stanno divenendo la regola. Ma ulteriori questioni, soggiunte il ricorrente, insorgono a seguito dell'avvenuta promulgazione della legge n. 50/1991. Con essa solo ai primari di ruolo e non anche agli altri dirigenti sanitari (fra questi i veterinari) e' stato concesso di restare in servizio fino al settantesimo anno di eta'. La legge in argomento tra l'altro ha gia' dato luogo ad alcune pronuncie, tutte rilevanti, come la sentenza n. 143/1991 della Corte costituzionale la quale ha espressamente riconosciuto che la legge n. 50/1991 si pone come jus superveniens rispetto alle pregresse norme sul collocamento in quiescenza dei dipendenti pubblici. Per tutti i motivi esposti, posto che il suo collocamento a riposo avra' luogo dal 1º giugno prossimo, il Paterna chiede la sospensione del provvedimento di collocamento a riposo per evitare i danni non piu' riparabili e l'accoglimento del ricorso. Il collegio ha accolto l'istanza di sospensione sino al giudizio della Corte costituzionale alla quale ha ravvisato la necessita' di rimettere gli atti per i seguenti motivi in: D I R I T T O Il ricorrente impugna il provvedimento che lo colloca a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno di eta' deducendo la violazione e la mancata applicazione della legge n. 37/1990 e la illegittimita' costituzionale in relazione agli artt. 3 e 97 della Costituzione, delle norme di cui alle leggi nn. 336/1964, 627/1982, 459/1965, 517/1986 e d.P.R. n. 761/1979; in rapporto alle prescrizioni contenute nella citata legge n. 37/1990 e alla luce delle nuove norme di cui alla legg n. 50/1991. Sostiene in sostanza il ricorrente che il legislatore nel disciplinare il collocamento a riposo dei dirigenti dello Stato ha disposto certamente in favore di tutti i dirigenti pubblici e ove la norma non potesse essere interpretata in tale senso sarebbe sospettata di legittimita' costituzionale. Non solo ma la tendenza che il legislatore ha manifestato negli ultimi tempi deve far riprendere il discorso su tutte le questioni afferenti le norme suindicate che la Corte costituzionale non ha ancora risolto compiutamente. Osserva il collegio che la regola di carattere generale che prevedeva il collocamento a riposo dei pubblici dipendenti al sessantaciquesimo anno di eta' soffriva di alcune eccezioni come quelle relative al personale docente della scuola secondaria, ai primari ospedalieri, al personale di magistratura e ai docenti universitari. Alcune eccezioni lo stesso legislatore aveva voluto correggere (in occasione della emanazione di nuove norme riguardanti il personale della sanita' (d.P.R. n. 761/1979), le disparita' esistenti in favore di alcune categorie di personale disponendo anche per queste ultime il collocamento a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno di eta'. Ma lo stesso legislatore consentiva per il personale della scuola (art. 15 della legge n. 477/1973, secondo comma) e per i primari (art. 5 del d.-l. n. 402/1982) che coloro che fossero gia' in servizio ad una certa data potessero conservare siffatto privilegio e le disposizioni sono state ritenute conformi al dettato costituzionale dalla Corte (sentenza n. 207/1986) dato che costituivano un regime transitorio perche' il legislatore aveva ritenuto di armonizzare il passaggio della vecchia alla nuova disciplina. Altrettanto dicasi per le altre categorie (magistrati e docenti universitari) per i quali non si era ritenuto di innovare al vecchio trattamento perche' per queste il legislatore aveva ritenuto di dettare regole difformi dal restante personale pubblico in ragione della peculiare funzione. Ma a questa razionale tendenza all'uniformita' si e' venuta sovrapponendo negli ultimi tempi una inversione nel senso che il legislatore ha nuovamente disposto delle eccezioni e cio' e' tanto piu' significativo dato che questo orientamento legislativo si e' collocato all'interno di una nuova tendenza che, tenendo conto anche delle migliorate condizioni di vita, si e' posto il problema di una generale revisione delle norme in materia di pensioni e di un generale rialzo degli attuali limiti di eta'. Si possono rammentare al riguardo: la legge 28 febbraio 1990, n. 37, per i dirigenti dello Stato; la legge 19 febbraio 1991, n. 50, per alcune categorie di personale medico; la legge regionale della Calabria (ritenuta conforme al dettato costituzionale della Corte su impugnativa del Governo) del 18 ottobre 1989. Significative sono le due prime disposizioni dato che entrambe pongono l'accento sulla necessita' di concedere al personale in questione la possibilita' di ottenere il conseguimento del massimo del servizio attraverso il differimento del collocamento a riposo. E' ragionevole, quindi, a questo punto porsi il problema se il fatto di aver limitato solo ad alcune categorie di personale (dirigenti dello Stato e primari ospedalieri) la possibilita' di essere trattenuto in servizio per il fine di cui sopra non contrasti con i principi di cui all'art. 3, 4, 38, 51 e 97 della Costituzione. Ma preliminarmente il collegio deve stabilire se le questioni di legittimita' costituzionale sollevata sia rilevante ai fini del giudizio. Va osservato che la richiesta del ricorrente ed il conseguente provvenimento negativo sono stati fondati sulle norme di cui alla legge n. 37/1990 in favore dei dirigenti dello Stato. L'amministrazione ha rilevato che la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha escluso tassativamente la possibilita' di estendere ad altre categorie di personale equiparato le disposizioni della legge n. 37/1990 il carattere eccezionale e derogatorio della norma al normale regime di collocamento a riposo dei dipendenti pubblici. L'interpretazione che della norma ha fatto l'amministrazione intimata non puo' revocarsi in dubbio posto che il legislatore si e' espresso assai chiaramente nel limitare il beneficio ad alcuni destinatari ben individuati. Del resto che tale dovesse essere il senso della disposizione viene confermato dalla circostanza che altri collegi giudicanti ritenendo la norma non applicabile ad altre categorie rilevandone in tal caso la non manifesta infondatezza in rapporto all'art. 3 della Costituzione abbiano rimesso la questione alla Corte. La Corte costituzionale, peraltro, si e' gia' pronunciata su tali ordinanze di remissione (sentenza n. 143/1991) rimettendo nuovamente in giudizio ai giudici a quibus perche' la rilevanza della questione venisse ancora stabilita alla luce della ulteriore legge 19 febbraio 1991, n. 50, che dispone in favore del personale ospedaliero primariale analogo beneficio. Non sembra che, peraltro, la nuova normativa possa applicarsi in favore del ricorrente. Dispone la norma (art. 1, primo comma), infatti, che "i primari ospedalieri di ruolo che non abbiano raggiunto il numero di anni di servizio effettivo necessario per conseguire il massimo della pensione possono chiedere di essere trattenuti in servizio sino al raggiungimento di tale anzianita' e, comunque, non oltre il settantesimo anno di eta'". Va osservato in primo luogo lo scarso tecnicismo del legislatore atteso che la figura dei dipendenti e' individuata con richiamo ad una legislazione progressa e non a quella vigente (d.P.R. n. 130/1969). In effetti dopo l'entrata in funzione delle uu.ss.ll. e della normativa che ha disposto sullo stato giuridico del personale di queste (d.P.R. n. 761/1979) il primario ospedaliero, lungi dal costituire una figura a se stante come posizione giuridica, rappresenta invece una delle "posizioni funzionali" all'interno del profilo professionale medici del ruolo sanitario, nel quale sono anche ricomparsi i dirigenti, sovraintendenti e direttori sanitari. Interpretando, quindi, in senso estensivo e conformemente alle intenzioni che possono e devono essere attribuiti al legislatore, certamente la norma di cui all'art. 1 della legge n. 50/1991, va estesa a tutte le posizioni funzionali del medesimo profilo professionale. In questo caso l'identita' della posizione giuridica non giustificherebbe in effetti un intervento del legislatore a favore addirittura non di una categoria ma di una sottocategoria di personale sicche' il lavoratore laddove una norma possa essere interpretata in senso duplice certamente va preferita l'esegesi conforme al dettato costituzionale. Ma nell'esame del provvedimento cautelare richiesto a questo giudice, il tribunale si e' trovato di fronte ad una richiesta di un dipendente che pur ricompreso nel ruolo sanitario e' incluso non nel profilo professionale di cui alla tabella A-medici ma alla tabella C-veterinari. E' evidente che l'estenzione della previsione legislativa sarebbe stata arbitraria e pertanto il collegio si e' trovato nella impossibilita' di concedere il provvedimento cautelare fondandosi sulla disposizione normativa e ne ha invece preveduto la possibilita' solo attraverso una indagine costituzionale sulla legittimita' della norma. D'altro canto per stabilire la rilevanza della questione il collegio ha dovuto porsi anche il problema se sussistevano gli stessi presupposti per l'applicazione che la norma richiede in favore del profilo professionale medici ovvero il mancato raggiungimento del numero di anni di servizio effettivo neccessario per conseguire il massimo della pensione, limitazione questa contenuta anche nella legge n. 37/1990. Si pone a questo punto il problema di stabilire anche il significato del termine "effettivo" posto che esso diverge anche da settore a settore del pubblico impiego perche', ad esempio, e' considerato tale nel settore statale (d.P.R. n. 1092/1973) il periodo trascorso negli studi universitari e riscattati ai sensi di tale complesso normativo, mentre quest'ultimo e' considerato solo servizio utile in altri settori. Peraltro, la questione non appare rilevante nel presente giudizio perche' da un canto la funzione pubblica con circolare prot. n. 1109/ris. gab. del 16 aprile 1991, con una interpretazione che, comunque, appare al collegio non estremamente convincente, viste le motivazioni poste a base del provvedimento legislativo, ha chiarito che nella specie dovrebbe tenersi conto esclusivamente del servizio effettivamente prestato, dall'altro perche' il ricorrente in ogni caso anche a voler tener conto di tutto il servizio utile, raggiungerebbe il massimo di pensione solo trascorsi due anni e nove mesi dopo il compimento del sessantacinquesimo anno di eta', sicche', almeno per questo periodo la questione e' certamente rilevante. Cio' premesso, osserva il collegio che la denunciata sospetta illegittimita' costituzionale della norma non appare affatto manifestamente infondata. Come si e' avuto modo di accennare nelle premesse alla tendenza prima manifesta di uniformare, tranne alcune limitative eccezioni, il limite di eta' per essere collocati a riposo, ha invece di recente manifestato una tendenza diversa, alla quale tra l'altro si sono accompagnate intenzioni esplicitamente manifestate di rivedere tutte il sistema pensionistico nel senso dell'aumento generalizzato del limita' di eta'. D'altro canto, sia la legge per i dirigenti dello Stato che l'ultima normativa in favore di primari ospedalieri, assumendo come presupposto indefettibile il mancato compimento del massimo del servizio di pensione, ha indubbiamente esternato una volonta' del legislatore di privilegiare nell'ambito del diritto alla previdenza dei lavoratori la possibilita' di ottenere il massimo risultato. Se tale e' la giustificazione della norma ed altra non puo' essere, non vi sono motivi per limitarla solo ad alcune categorie. Non puo' prendersi a base il differente periodo di studi universitari tra i veterinari e i primari ospedalieri posto che per entrambi e' previsto il riscatto degli anni trascorsi sugli studi universitari il che riconduce ad una pari possibilita' per entrambe le categorie il compimento del periodo massimo. Non soltanto, un siffatto intendimento del legislatore, sul quale come si e' detto il collegio non nutre dubbio alcuno, dovrebbe operare addirittura in tutto il settore del pubblico impiego perche' non appare ragionevolmente giustificata una norma finalizzata a consentire solo ad alcune categorie di raggiungere il massimo della pensione, senza che possano individuarsi elementi che giustifichino maggiori difficolta' di lavoro per le stesse categorie. Queste ultime anzi, proprio, per la piu' elevata preparazione professionale, connessa al titolo di studio, manifestano una maggiore possibilita' di inserimento nel mondo del lavoro. E' noto, infatti, in Italia la cronica carenza di personale laureato, circostanza non individuabile per soggetti non forniti dallo stesso titolo di studio. D'altro canto va anche rammentato che il recente aumento del limite di eta' per l'accesso al pubblico impiego manifesta ancor piu' la irragionevolezza della norma in discorso, in quanto da un canto si favorsice il diritto al lavoro, dall'altro si impedisce di ottenere i migliori risultati nell'ambito della previdenza. Va rilevato che la Corte costituzionale con sentenza n. 238/1988 ha posto in luce che le eccezioni stabilite nella legislazione vigente per mantenere in servizio un dipendente onde fargli conseguire il minimo di pensione si giustificano in quanto poste a tutela di un diritto del lavoratore costituzionalmente garantito dall'art. 38. D'altro canto, nella stessa decisione la Corte ha testualmente affermato: "non si puo' rinverdire nella legislazione statale un principio consistente nel divieto assoluto di mantenere in servizio i dipendenti che abbiano raggiunto il limite massimo dell'eta' lavorativa fissato per la categoria 'interessata'". La norma in discorso, quindi, nella parte in cui limita siffatto diritto solo a ben individuati dipendenti pubblici si pone ad avviso del collegio in contrasto non solo con le norme di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione ma anche con gli artt. 4 e 38, secondo comma, per la connessione che il diritto al lavoro ha con la tutela previdenziale e all'art. 51 in quanto sia pure strumentalmente limitata una permanenza maggiore e, pertanto, l'accesso agli uffici pubblici per il medesimo periodo a persone che, ai fini di cui sopra, si trovano in perfette posizioni di eguaglianza. Va, percio', disposta la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione della sopra prospettata questione di costituzionalita'.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il t.a.r. per la Puglia, seconda sezione di Lecce, dichiara la rilevanza e la non manifesta infondatezza in relazione agli artt. 3, 4, 38, secondo comma, 51, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, sulla questione di costituzionalita' delle leggi 28 febbraio 1990, n. 37 e 19 febbraio 1991, n. 50, in quanto nelle predette disposizioni non vengono estesi i benefici previsti anche al personale che ricopre qualifiche diverse da quelle di dirigente dello Stato e primario ospedaliero; Sospende il giudizio proposto con il ricorso n. 1128/1991; Ordina la rimessione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che a cura della segreteria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso nella Camera di Consiglio del 15 maggio 1991. Il presidente estensore: CATONI Depositato in segreteria il 19 agosto 1991. Il segretario: DISTRATIS 91C1258