N. 708 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 ottobre 1991

                                N. 708
    Ordinanza emessa il 7 ottobre 1991 dal giudice per le indagini
                              preliminari
    presso la pretura di Verona nel procedimento penale a carico di
                             Morari Guido
 Processo penale - Procedimenti speciali - Procedimento innanzi al
    pretore  -  Decreto  penale  -  Notifica  al  difensore  -  Omessa
    previsione - Nomina di un difensore di ufficio prevista solo nella
    fase successiva all'opposizione -  Irrazionalita'  -  Compressione
    del  diritto  di  difesa  -  Riferimento alla sentenza della Corte
    costituzionale (su analoga questione) n. 344/1991 -  Richiesta  di
    riesame.
 (C.P.P. 1988, artt. 460 e 565).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.49 del 11-12-1991 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza n. 6198/1991 r.g.p.m., n.
 7898/1991 r.g.g.i.p.;
    Vista la richiesta di emissione del decreto  penale  di  condanna,
 proposta  dal  p.m. in data 24 settembre 1991, nei confronti del sig.
 Guido Morari;
    Rilevato che secondo la  normativa  vigente  non  e'  prevista  la
 notifica  del  decreto  penale  di  condanna al difensore (previa sua
 eventuale nomina, se gia' non avvenuta nel  corso  della  fase  delle
 indagini preliminari);
    Rilevato  che  con sentenza n. 344 dell'11-15 luglio 1991 la Corte
 costituzionale ha peraltro gia' dichiarato non fondata  la  questione
 di  legittimita'  costituzionale  degli  artt.  459,  460  e  461  in
 relazione all'art. 565.1 del c.p.p., sollevata  dal  giudice  per  le
 indagini  preliminari  presso la pretura circondariale di Milano, con
 ordinanza 10 novembre 1990;
   Rilevato che nella motivazione di quella sentenza, relativamente ai
 profili di legittimita'  costituzionale  prospettati  in  riferimento
 agli artt. 3 e 24 della Costituzione, in particolare il punto 4.1, in
 Gazzetta  Ufficiale  1a  serie speciale, n. 30, del 31 marzo 1991, si
 aderisce  ad  un'interpretazione   della   normativa   afferente   la
 problematica  della  emissione  del  decreto di citazione al giudizio
 dibattimentale,  conseguente  alla opposizione, che questo magistrato
 ritiene, modestamente ma con convinzione,  non  condivisibile  e  che
 tuttavia  pare  essere  premessa  logico-sistematica necessaria nella
 formazione della decisione della Corte;
    Ritenuto pertanto che  sembra  doveroso  risollevare  la  medesima
 questione di costituzionalita', sia per proporre all'attenzione della
 Corte la possibile diversa interpretazione (se e' vero infatti che la
 Corte  costituzionale  non  ha  funzione  nomofilattiva,  tuttavia e'
 evidente  l'influenza  indubbia   che   l'autorevolezza   dell'organo
 attribuisce anche ai passaggi argomentativi delle sue pronunzie), sia
 per  richiedere  alla  medesima  se  -  nell'ipotesi  in  cui la tesi
 interpretativa  prospettata  da  questo  ufficio  venga   considerata
 quantomeno  legittimamente  prospettabile, se non anche preferibile a
 quella  criticata  -  l'incidenza  della  questione   sia   tale   da
 determinare    una    diversa    conclusione    del    giudizio    di
 costituzionalita';
                             O S S E R V A
    La questione interpretativa che si pone e' quella se il decreto di
 citazione al giudizio dibattimentale pretorile, emesso dal  g.i.p.  a
 seguito  dell'opposizione al decreto penale di condanna, sia soggetto
 alla normativa prevista per il decreto emesso dal  p.m.  (  ex  artt.
 560.1 e 555.1, lett. e), e 3 del c.p.p.) ovvero se per esso non debba
 trovare applicazoine la normativa di cui agli artt. 464.1 e 456.3 del
 c.p.p.:  in  particolare,  il  problema  e'  quindi  se il decreto di
 citazione debba essere notificato almeno quarantacinque giorni  prima
 ovvero  se  siano  sufficienti  i venti giorni. Conseguenza di questa
 seconda ipotesi e' la non  possibilita'  di  richiedere  il  giudizio
 abbreviato, se non contestualmente all'opposizione.
    Orbene,  a  giudizio  di  questo  magistrato, la seconda soluzione
 interpretativa trova sostegno nel combinato disposto degli artt. 549,
 565.1, 461.1, 456.3 e 5 del c.p.p.,  nonche'  in  ragioni  di  ordine
 sistematico.  In  assenza  di  disposizioni  espressamente deroganti,
 infatti,  deve  trovare  applicazione  il  principio  generale  posto
 dall'art.  549  del c.p.p. (secondo il quale nel procedimento davanti
 al pretore si osservano le norme relative al procedimento davanti  al
 tribunale,  in  quanto applicabili), specificamente confermato, nella
 materia de qua, dal primo comma dell'art. 565 ("si osservano le norme
 relative al procedimento per decreto per i reati  di  competenza  del
 tribunale").  Cio'  comporta  il  richiamo  al giudizio immediato per
 determinare il termine a comparire, che  va  quindi  individuato  nei
 venti  giorni  di  cui  agli  artt.  464.1  e  456.3 del c.p.p.; tale
 richiamo, che e' alla struttura del decreto di citazione proprio  del
 giudizio  immediato, consente tra l'altro di risolvere normativamente
 (ritenendolo doveroso in ossequio alla norma ex art. 456.3  e  5  del
 c.p.p.)  il  problema  della  comunicazione  al  p.m.  della avvenuta
 fissazione  del  dibattimento,  si'  da   consentirne   la   doverosa
 attivazione   in  relazione  alle  eventuali  citazioni  di  testi  o
 attivita' integrative d'indagine. Questa  soluzione  pare  soddisfare
 anche  ragioni  logico-sistematiche:  non vi e' motivo infatti, in un
 processo  che  dovrebbe  essere  ispirato  a  criteri   di   "massima
 semplificazione",  di  ritenere applicabile anche a questo decreto il
 termine di quarantacinque giorni; esso e' di cosi' anomala estensione
 al solo fine di consentire all'imputato, destinatario  per  la  prima
 volta  di  un  atto  che costituisce esercizio dell'azione penale (il
 decreto emesso dal p.m.), di attivarsi tempestivamente per richiedere
 i procedimenti speciali, a norma degli artt. 555.1, lett. e), 556.2 e
 560.1.  Nel caso di decreto penale (atto con il quale gia' l'imputato
 sa  essere  esercitata  l'azione  penale)  e'  solo  con  l'atto   di
 opposizione  che  l'imputato  puo'  proporre la richiesta di giudizio
 abbreviato, ovvero quelle di applicazione della pena o  di  oblazione
 davanti  al  g.i.p.  secondo  il disposto dell'art. 565.2 del c.p.p.,
 dopo essere stato espressamente avvertito della relativa  facolta'  (
 ex  artt.  565.1  e  460.1,  lett.  e)) (potra' poi ancora riproporre
 l'istanza di cosidetto patteggiamento e quella di oblazione avanti al
 pretore del dibattimento, ma solo grazie ad altre  norme,  gli  artt.
 563  del  c.p.p.,  162  e  162- bis del c.p.). L'assenza nel processo
 pretorile dell'istituto del giudizio immediato  (mancando  un'udienza
 preliminare ex artt. 416 e segg. del c.p.p.) e' irrilevante, giacche'
 il  richiamo  al giudizio immediato operato nelle e dalle norme prima
 ricordate e' richiamo alle modalita' di introduzione a quel  giudizio
 (termini,  notifiche,  comunicazioni).  Un'ultima  considerazione sia
 consentita: la tesi proposta pare non essere lesiva di alcun  diritto
 di  difesa,  potendo  l'imputato  (se assistito tecnicamente? .. ...)
 esercitare tutte le scelte che l'ordinamento  gli  consente  gia'  in
 sede  di opposizione; del resto apparirebbe, come gia' accennato, del
 tutto  stridente  con  le  esigenze  e  lo  spirito   della   massima
 semplificazione  una  ricostruzione  che  consentisse, oltretutto per
 reati per lo piu' modesti ed a breve  termine  prescrizionale  ed  in
 situazioni  di  evidenza  della  prova  (che  secondo la relazione al
 progetto    preliminare    costituisce    il    presupposto    logico
 dell'istituto),  il  moltiplicarsi  dei  tempi  e delle occasioni per
 effettuare le medesime scelte.
    Sono  queste  le  ragioni  che,  a  giudizio  di  questo  ufficio,
 consentono  di  sollevare  nuovamente,  nello spirito e nei limiti in
 precedenza, la questione di legittimita'  costituzionale  di  cui  al
 dispositivo.  La  rilevanza  della questione e' evidente (se accolta,
 questo g.i.p. dovrebbe nominare all'imputato un difensore di  ufficio
 e  disporre  la  notifica del decreto anche a questi); i parametri di
 costituzionalita' sono  quelli  di  cui  agli  artt.  3  e  24  della
 Costituzione,  per le ragioni indicate nell'ordinanza di rimessione e
 nella sentenza indicate in epigrafe.
                                P. Q. M.
    Dichiara d'ufficio, rilevante e non manifestamente  infondata,  in
 relazione  agli  artt.  3  e  24  della Costituzione, la questione di
 legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 565  e
 460  del  c.p.p., nella parte in cui non prevedono che con il decreto
 di  condanna  il  giudice  per  le  indagini  preliminari  nomini  un
 difensore  all'imputato  che  ne  sia  privo  e  che  il  decreto sia
 notificato anche al difensore;
    Sospende il presente procedimento;
    Ordina   l'immediata   trasmissoine   degli   atti   alla    Corte
 costituzionale;
    Ordina  che  a  cura  della  cancelleria la presente ordinanza sia
 notificata all'imputato e al Presidente del Consiglio dei Ministri  e
 comunicato al p.m. ed ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Cosi' deciso in Verona, il 7 ottobre 1991.
           Il giudice per le indagini preliminari: CITTERIO
                               Il collaboratore di cancelleria: FICARA
 91C1263