N. 452 SENTENZA 4 - 13 dicembre 1991
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Elezioni - Operazioni elettorali - Lavoratore addetto - Giornata della domenica - Mancato recupero riposo settimanale - Adeguatezza dell'intervento legislativo in materia - Richiamo alla giurisprudenza della Corte (sentenze nn. 35/1981 e 124/1982) - Erroneo presupposto interpretativo del giudice a quo - Non fondatezza nei sensi di cui in motivazione. (D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 119, nel testo sostituito dall'art. 11 della legge 21 marzo 1990, n. 53). (Cost., artt. 3 e 36, terzo comma).(GU n.50 del 18-12-1991 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Aldo CORASANITI; Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 119 del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, nel testo modificato dall'art. 11 della legge 21 marzo 1990, n. 53 (Misure urgenti atte a garantire maggiore efficienza al procedimento elettorale), promosso con ordinanza emessa il 24 aprile 1991 dal Tribunale di Firenze nel procedimento civile vertente tra Bartoletti Sauro e S.p.a. Esselunga, iscritta al n. 411 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 1991; Visti gli atti di costituzione di Bartoletti Sauro e della S.p.a. Esselunga, nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 5 novembre 1991 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola; Uditi l'avvocato Giorgio Bellotti per Bartoletti Sauro e l'Avvocato dello Stato Gaetano Zotta per il Presidente del Consiglio dei ministri; Ritenuto in fatto 1. - Il Pretore di Firenze, adito per l'annullamento di una sanzione disciplinare comminata ad un lavoratore dipendente che, addetto ai seggi elettorali durante le elezioni amministrative del 1990, non aveva ripreso servizio il giorno successivo alla conclusione delle operazioni sostenendo di aver diritto al recupero della domenica come giorno di riposo, aveva rigettato la domanda, confermando l'assunto del datore di lavoro che tale assenza aveva considerato illegittima. Del medesimo avviso era altresi' il Tribunale di Firenze che, adito in appello, sollevava, con ordinanza emessa il 24 aprile 1991, in relazione agli artt. 3 e 36, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11 della legge 21 marzo 1990, n. 53 (recte: dell'art. 119 del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, come sostituito dalla citata norma), nella parte in cui non prevede che la domenica dedicata alle operazioni elettorali possa essere recuperata come giorno di riposo dal lavoratore dipendente addetto a tali operazioni. A parere del giudice a quo il tenore letterale della norma, secondo cui i giorni dedicati alle operazioni "sono considerati, a tutti gli effetti, giorni di attivita' lavorativa", non consentirebbe altra interpretazione che quella di ritenere precluso il recupero della domenica allorche', come nella specie, il lavoratore addetto a tali operazioni fruisca abitualmente della stessa come giorno di riposo ed essa sia stata compresa tra i giorni impegnati dalle operazioni elettorali. Cio' concreterebbe disparita' di trattamento rispetto a lavoratori che godono del proprio riposo settimanale in altri giorni, nonche' violazione della espressa garanzia sancita a riguardo dall'art. 36, terzo comma, della Costituzione. 2. - E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che, nel concludere per l'infondatezza, ha contestato il presupposto ermeneutico dell'ordinanza di rimessione, rilevando come proprio dalla dizione normativa possa desumersi il diritto del lavoratore al riposo settimanale. 3. - Nel giudizio dinanzi a questa Corte si sono costituite le parti private: la difesa del lavoratore ha insistito per la declaratoria d'illegittimita' aderendo alle argomentazioni del giudice rimettente, mentre la difesa del datore di lavoro ha concluso per la declaratoria d'infondatezza. In particolare si argomenta in memoria nel senso dell'arbitrarieta' dell'assenza dal lavoro che non potrebbe essere imputata a giorno di recupero del festivo impiegato nelle operazioni elettorali poiche' nessun diritto in tal senso nascerebbe dalla censurata disposizione ed in quanto "colui che adempie alle funzioni presso gli uffici elettorali lo fa volontariamente". Secondo la difesa, inoltre, il dipendente avrebbe dovuto almeno concordare con il datore di lavoro la giornata di riposo settimanale da godersi in sostituzione della domenica trascorsa al seggio elettorale. Considerato in diritto 1. - Il Tribunale di Firenze dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 119 del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, nel testo sostituito dall'art. 11 della legge 21 marzo 1990, n. 53 (Misure urgenti atte a garantire maggiore efficienza al procedimento elettorale). Infatti, sul presupposto che tale norma precluda il recupero della domenica impegnata per le operazioni elettorali al lavoratore addetto alle medesime, il giudice rimettente prospetta la violazione degli artt. 3 e 36, terzo comma, della Costituzione, in quanto risulterebbero lesi la garanzia costituzionale del riposo settimanale, nonche' il principio della parita' di trattamento rispetto ad altri lavoratori che fruiscono di quest'ultimo in giorno diverso dalla domenica. 2. - La questione e' infondata nei termini di cui appresso. Il previgente testo del citato art. 119 prevedeva - originariamente per le sole elezioni della Camera dei deputati - che datori di lavoro pubblici e privati fossero "tenuti a concedere ai propri dipendenti, chiamati ad adempiere funzioni presso gli uffici elettorali, tre giorni di ferie retribuite, senza pregiudizio delle ferie spettanti ai sensi di legge o di accordi sindacali o aziendali in vigore". La regola successivamente veniva estesa alle elezioni del Senato (legge 27 febbraio 1958, n. 64), al referendum (legge 25 maggio 1970, n. 352), all'elezione del Parlamento europeo (legge 24 gennaio 1979, n. 18), alle elezioni comunali, provinciali e regionali (legge 30 aprile 1981, n. 178). Questa Corte, nel dichiarare infondata la questione relativa all'esclusione dal trattamento dei rappresentanti di lista, aveva occasione tuttavia di precisare che un'esigenza costituzionalmente rilevante era quella che non si pregiudicasse "la posizione di lavoro" del prestatore d'opera impegnato nelle consultazioni, ma che "gli oneri derivanti dalla concessione di 'tre giorni di ferie retribuite' rappresentano pur sempre alcunche' di anomalo rispetto all'ordinaria struttura del rapporto di lavoro" (sent. n. 35 del 1981 e sent. n. 124 del 1982). Adeguato risulta quindi l'intervento legislativo in materia: dopo aver provveduto ad estendere a tutte le consultazioni il beneficio della detraibilita' dal reddito imponibile delle somme corrisposte ai dipendenti, disposto con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 10, lett. n), in favore dei datori di lavoro, con il nuovo testo dell'art. 119, introdotto dalla norma impugnata, si prevede che per tutte le elezioni disciplinate da leggi della Repubblica, coloro che adempiono qualsiasi funzione "hanno diritto ad assentarsi dal lavoro per tutto il periodo corrispondente alla durata delle relative operazioni". "I giorni di assenza dal lavoro - conclude il secondo comma - compresi nel periodo di cui al comma primo, sono considerati, a tutti gli effetti, giorni di attivita' lavorativa". 3. - L'operazione di razionalizzazione della materia si caratterizza quindi per l'omogeneizzazione dei trattamenti, per il loro adeguamento temporale alla durata delle consultazioni e - cio' che qui preme osservare - per la loro completa assimilazione alla prestazione lavorativa ordinaria. Ne consegue che, come nel corso del normale svolgimento del rapporto matura il diritto al riposo settimanale, del tutto analogamente cio' accade allorche' alcuni giorni siano stati impegnati nelle operazioni elettorali e quello di essi abitualmente fruito quale giorno di riposo sia venuto a cadere durante le stesse. Il diritto del lavoratore al recupero immediato del riposo festivo e' dunque indubitabile. Esso scaturisce ora dalla voluta parificazione legislativa tra attivita' al seggio e prestazione lavorativa, rispetto alla quale la garanzia del riposo e' precetto costituzionale, componente non scindibile di quella "posizione di lavoro" cui si e' fatto riferimento e che, prima ancora di trovare la propria formalizzazione nel terzo comma dell'art. 36 della Costituzione, era gia' stata riconosciuta dall'art. 1 della legge 22 febbraio 1934, n. 370. Sulla base dell'abrogata disciplina si era resa necessaria un'opera giurisprudenziale che, con giurisprudenza di legittimita' ormai consolidata, aveva concluso nel senso di computare le "ferie elettorali" come quelle ordinarie, escludendo i giorni festivi o non lavorativi i quali, ove coincidenti con quelle di cui al previgente testo dell'art. 119, si sommavano ad essi, determinando un prolungamento delle ferie stesse per altrettanti giorni lavorativi, contigui al periodo elettorale. A fortiori nel nuovo regime - eliminato ogni riferimento alle ferie - e' piu' agevole pervenire al medesimo risultato ragionando esclusivamente in termini di attivita' lavorativa, onde, a fronte di una sostanziale semplificazione della materia, si rivela erroneo il presupposto interpretativo da cui si e' mosso il giudice a quo.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 119 del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, nel testo sostituito dall'art. 11 della legge 21 marzo 1990, n. 53 (Misure urgenti atte a garantire maggiore efficienza al procedimento elettorale), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 36, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Firenze, con l'ordinanza di cui in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 dicembre 1991. Il presidente: CORASANITI Il redattore: CASAVOLA Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 13 dicembre 1991. Il direttore della cancelleria: MINELLI 91C1297