N. 484 SENTENZA 18 - 27 dicembre 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Sanita' pubblica- Regione Sicilia-  UU.SS.LL.-  Personale  dipendente
 confluito  negli enti locali- Inquadramenti- Contrasto con i principi
 della normativa statale  di  settore,  di  ragionevolezza  e  di  non
 arbitrarieta'-     Indeterminato     accrescimento    di    organici-
 Illegittimita' costituzionale- Non fondatezza.
 
 (Legge regione Sicilia approvata il 1› e 2 maggio 1991, artt. 1,
 2, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 13)
 
 (Cost., artt. 51 e 97).
(GU n.1 del 4-1-1992 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele  PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco Paolo
    CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,
    avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
    Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita'  costituzionale  della  legge  regionale
 approvata  il  1-2  maggio  1991  dall'assemblea  regionale siciliana
 avente per oggetto:  "Norme  in  materia  di  personale  delle  USL",
 promosso  con  ricorso  del  Commissario  dello  Stato per la regione
 siciliana notificato il 10 maggio 1991, depositato in cancelleria  il
 17 maggio successivo ed iscritto al n. 23 del registro ricorsi 1991;
    Visto l'atto di costituzione della regione siciliana;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  5  novembre  1991  il  Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
    Uditi l'avvocato dello Stato Franco Favara, per il  ricorrente,  e
 gli  avvocati  Giuseppe  Fazio  e  Matteo  Calabretta  per la regione
 siciliana;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Il Commissario  dello  Stato  per  la  regione  siciliana  ha
 impugnato la legge approvata dall'assemblea regionale siciliana nella
 seduta  del  1-2  maggio  1991, recante norme in materia di personale
 delle unita'  sanitarie  locali,  per  contrasto  con  il  d.P.R.  20
 dicembre  1979  n.  761 e con l'art. 47, quarto comma, della legge 23
 dicembre 1978 n. 833, in relazione ai limiti posti dall'art. 17 lett.
 b) e c) dello statuto speciale (r.d. lgs.  15  maggio  1946  n.  455,
 convertito  in  legge  cost.  26  febbraio  1948  n.  2)  nonche' per
 violazione dell'art. 97 della Costituzione.
    In relazione alla legge impugnata - la quale prevede una serie  di
 interventi  a  favore  del  personale  in  servizio  nelle  USL della
 Sicilia, che vanno  dalla  modificazione  del  profilo  professionale
 rivestito,  alla  acquisizione  di  specifiche professionalita', alla
 definizione di situazioni  di  precariato  e  all'integrazione  delle
 tabelle  di  equiparazione  gia'  contenute  nella  precedente  legge
 regionale 27 maggio 1987 n. 34  -  nel  ricorso  si  ricorda  che  la
 regione,  pur  titolare  di  competenza  legislativa  concorrente  in
 materia di igiene e sanita' pubblica e di assistenza sanitaria  (art.
 17, lett. b) e c), dello statuto), per quanto attiene alla disciplina
 del  personale  delle  USL, ai sensi dell'art. 47, quarto comma della
 legge  n.  833  del  1978,  ha  il  potere  di  emanare   norme   per
 l'"attuazione"  della  normativa  delegata  (d.P.R.  n. 761 del 1979)
 dettata per disciplinare in maniera uniforme, per tutto il territorio
 nazionale,  la  materia  dello  stato  giuridico  del  personale   in
 questione.
    E  tale  uniformita', sia nella fase di accesso alle carriere, sia
 nel corso  della  successiva  progressione,  corrisponde  al  duplice
 interesse  dello  Stato  di  assicurare omogeneita' di trattamento al
 personale sanitario (anche in vista dei processi di  mobilita'  fuori
 dell'ambito     regionale),    sia    per    garantire,    attraverso
 professionalita' omogenee, l'uniformita'  delle  condizioni  e  delle
 garanzie della salute per la collettivita' nazionale.
    Gli  articoli  1,  2, 4 e 7 della legge regionale - che prevedono,
 per diverse categorie di personale in servizio di ruolo e in possesso
 di determinati titoli professionali o/e  di  studio,  l'inquadramento
 nelle  rispettive  qualifiche  mediante  concorso  riservato  -  sono
 impugnati per violazione della normativa  generale  delle  assunzioni
 per   pubblico   concorso,  garantita  dagli  artt.  51  e  97  della
 Costituzione, e dettata in concreto dall'art. 12 del  d.P.R.  n.  761
 del 1979 e dal relativo decreto del Ministro della sanita' 30 gennaio
 1982.
    La  previsione  del  concorso riservato, pur ammesso dal d.P.R. n.
 761 del 1979 e dalla legge n. 207 del 1985 per il personale precario,
 e' nella specie illegittima perche' il personale ad esso  interessato
 e' gia' inserito nei ruoli delle USL e le norme impugnate omettono di
 fare  riferimento ad ogni altro requisito, quali le mansioni svolte o
 l'anzianita' di servizio.
    Viene poi denunciato l'art. 8 della legge regionale, che  dispone,
 per  il  personale  appartenente  al  secondo e al quarto livello che
 abbia prestato servizio in posizione di  precariato  per  almeno  sei
 mesi  nel  biennio  1989/1990, l'inquadramento in ruolo con selezione
 riservata per titoli; la illegittimita'  costituzionale  della  norma
 deriverebbe dalla circostanza che detto inquadramento non sembrerebbe
 rispondere  ad  effettive  esigenze di servizio dell'amministrazione,
 tanto  e'  vero  che  esso  viene  previsto  anche  in  soprannumero,
 violandosi  cosi'  il  principio  del  buon  andamento (art. 97 della
 Costituzione), ma soprattutto l'inquadramento e' disposto a  domanda,
 prescindendosi  dall'iscrizione  nelle liste di collocamento e quindi
 in violazione delle disposizioni nazionali relative  al  procedimento
 per  le  assunzioni nei primi quattro livelli funzionali del pubblico
 impiego, dettate dai d.p.c.m. 18 settembre 1987, n. 392 e 27 dicembre
 1988, in attuazione dell'art. 16 della legge 28 febbraio 1987 n. 56.
    Sono altresi' impugnati gli artt. 5, 9 e 10, che  pur  riguardando
 destinatari  con posizioni diverse, prevedono tutti l'inserimento del
 personale  in  profili  professionali  non  corrispondenti  a  quelli
 indicati nelle tabelle di equiparazione allegate al d.P.R. n. 761 del
 1979.  In  particolare gli artt. 5 e 10 dispongono l'inquadramento in
 profili professionali superiori rispetto a  quelli  delle  tabelle  e
 l'art.  9  opera  un'equiparazione  addirittura  non prevista in sede
 nazionale, cosi' determinando illegittime difformita'.
    Anche dell'art. 11 si sostiene la  illegittimita'  costituzionale,
 perche' la norma consente agli assistenti amministrativi, in possesso
 del  diploma  di  scuola  media  superiore  e con un'anzianita' nella
 qualifica di appartenenza di 5 anni, l'inquadramento nella  qualifica
 di  collaboratore  direttivo,  per  la quale in via normale e' invece
 richiesto il diploma di laurea.
    Specifiche censure sono poi rivolte agli artt. 12 e 13 della legge
 regionale che, per i medici e gli psicologi dei consultori familiari,
 prevedono l'istituzione di  posti  della  qualifica  intermedia  (cui
 verrebbero  ammessi,  con concorso riservato, gli assistenti medici e
 gli psicologi collaboratori)  mediante  la  trasformazione  integrale
 della  qualifica  iniziale, senza rispettare i limiti contenuti negli
 artt. 8 e 78 del d.P.R. n. 384 del 1990 che autorizzano le regioni ad
 operare detta trasformazione, ma per una  percentuale  di  posti  ben
 definita,  e  demandano  al  Ministro  della  sanita'  di  dettare la
 disciplina per la copertura dei posti risultanti.
    Con   l'art.   6  della  legge  regionale,  infine,  si  autorizza
 l'istituzione  di  corsi  speciali  per   infermieri   professionali,
 riservati  agli  operatori di seconda categoria (infermieri generici)
 che abbiano prestato servizio continuativo per almeno 4 anni.
    L'illegittimita' costituzionale di tale  norma  deriverebbe  dalla
 circostanza  che,  mentre la analoga disciplina dettata dalla legge 3
 giugno 1980 n. 243 e' di carattere straordinario e limitata nel tempo
 quanto alla sua efficacia, quella regionale e' invece una  disciplina
 a  regime  che  consente  a  detto personale l'accesso alla qualifica
 superiore, con un inammissibile privilegio rispetto agli  esterni,  e
 per  di  piu'  dispone  l'adeguamento degli organici "in relazione al
 numero degli abilitati" ai corsi di  formazione,  in  violazione  dei
 principi  di  ragionevolezza  e  di non arbitrarieta' che stanno alla
 base del "buon andamento" di cui all'art. 97 della Costituzione.
    Da ultimo, ed in rito,  nel  ricorso  si  solleva  l'eccezione  di
 tardiva   comunicazione   della   legge   regionale,   essendo   tale
 comunicazione   avvenuta   il   quarto   giorno   (6   maggio   1991)
 dall'approvazione  della  legge  da  parte  dell'assemblea  regionale
 (verbale del 1› maggio 1991, anche se la seduta si e' chiusa alle ore
 8,45 del giorno 2 successivo), essendo festivo il giorno precedente a
 quello della comunicazione (5 maggio, domenica).
    In proposito, nel ricorso si chiede a questa Corte di rivedere  il
 proprio  orientamento  (sent. n. 365 del 1990) perche' altrimenti, ad
 avviso del ricorrente, l'art. 29, secondo comma, dello statuto -  che
 reca  la locuzione "decorsi otto giorni" - non avrebbe senso, potendo
 i  giorni  in  questione  essere  anche   9   o   piu',   a   seconda
 dell'incidenza,  nel  periodo,  di  giorni festivi anche consecutivi,
 mentre il Presidente della giunta regionale, ai sensi  dell'art.  13,
 secondo  comma,  dello  statuto,  sarebbe  tenuto  alla promulgazione
 sempre entro gli otto giorni.
    2. - Si e' costituita nel giudizio la regione siciliana, la  quale
 ha  precisato che la legge impugnata, che reca interventi perequativi
 per il personale delle USL, e'  stata  emanata  nell'esercizio  delle
 competenze  statutarie,  fatte  salve dall'art. 80 della legge n. 833
 del 1978, al fine di perseguire migliori rendimenti  operativi  degli
 addetti  al  servizio  sanitario ed in considerazione della ritardata
 attivazione delle USL  dell'isola  rispetto  al  restante  territorio
 nazionale.
    Ha   quindi   rilevato  che  l'impugnativa  si  basa  sull'erroneo
 presupposto che il legislatore regionale  non  possa  discostarsi  in
 materia  di  personale  delle  USL  dalla  normativa  statale, ma sia
 titolare soltanto di una potesta' di attuazione, laddove la  salvezza
 delle  competenze  operata  dal richiamato art. 80 della legge n. 833
 del 1978 e l'ambito in cui queste si esercitano, fissato dall'art. 17
 dello Statuto, depongono diversamente.
    Venendo in concreto all'impugnativa, nella memoria di costituzione
 si dubita innanzitutto della ammissibilita'  del  ricorso  in  quanto
 sarebbero  ivi  indicate,  quale  parametro  di  costituzionalita', a
 prescindere dall'invocato art. 97 della Costituzione, soltanto  norme
 di  leggi  ordinarie  o  ad esse parificate, in difformita' quindi da
 quanto prescritto dall'art. 34 della legge 11 marzo 1953, n. 87,  che
 impone la indicazione di parametri costituzionali.
    Ma,  pur  valutando  le  questioni con riferimento al solo art. 97
 della   Costituzione,   la   regione   ne   sostiene   comunque    la
 inammissibilita',   in   quanto   le   censure   attengono  a  scelte
 discrezionali del legislatore regionale.
    Nel  merito  e  con  riferimento  agli impugnati artt. 1, 2, 4 e 7
 della legge regionale, nella memoria si ricorda  che  l'art.  15  del
 d.P.R.  n.  761 del 1979 ha previsto una riserva di posti (fino al 10
 per cento per il personale medico e fino  al  30  per  cento  per  il
 restante  personale  )  in  sede di concorso in favore dei dipendenti
 gia' in servizio, non necessariamente inseriti in organico, presso le
 strutture  private  convenzionate;  le  norme  regionali   censurate,
 invece,  si  riferiscono a personale gia' appartenente ai ruoli delle
 USL e non si vede come possano essere considerate piu' "liberali"  di
 quelle nazionali.
    Quanto  alle  censure riferite agli artt. 5, 9 e 10, si rileva che
 le norme disciplinano il personale  amministrativo,  non  chiamato  a
 svolgere  alcuna  attivita' medico-sanitaria, e attengono quindi piu'
 propriamente alla materia della  organizzazione  degli  enti  locali,
 affidata  dall'art.  15 dello statuto alla competenza esclusiva della
 regione.
    Sempre con riferimento al  solo  parametro  ammissibile  (art.  97
 della Costituzione), le censure rivolte agli artt. 6 e 8, da un lato,
 non  terrebbero  conto  che l'organizzazione dei corsi per infermieri
 risponde  all'urgenza  di  selezionare  tale   personale   paramedico
 notoriamente carente; dall'altro, si risolverebbero in valutazioni di
 merito  circa  l'operato  del  legislatore  regionale;  e, da ultimo,
 addurrebbero, a  sostegno  della  illegittimita'  costituzionale,  la
 violazione addirittura di due atti amministrativi.
    Da ultimo si sostiene la inammissibilita' delle questioni relative
 agli artt. 11 e 12, in quanto sarebbero carenti sia della motivazione
 che della indicazione dei necessari parametri.
    3.1.   -   Nell'imminenza  della  udienza  di  discussione,  hanno
 presentato memorie sia il Commissario  dello  Stato  per  la  regione
 siciliana,  per  il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, sia
 la regione.
    3.2. - Nella prima la difesa dello  Stato  rileva  che,  ai  sensi
 dell'art.  17  lettere  b)  e c) dello statuto speciale nonche' degli
 artt. 80 e 47, quarto comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, la
 regione siciliana non ha, per quanto attiene allo stato giuridico del
 personale delle USL, un  tipo  di  competenza  differente  da  quella
 riconosciuta  alle  regioni  a statuto ordinario, ma ha unicamente il
 potere di emanare norme "attuative" della  normativa  prodotta  dallo
 Stato in modo uniforme per tutto il territorio nazionale.
    Pertanto  la delibera legislativa impugnata, oltre che contrastare
 con gli artt. 51, primo comma, e 97, terzo comma, della  Costituzione
 -  come  attuati  dall'art.  47  della  legge  n.  833  del 1978, dal
 conseguente d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 ed altresi' dagli artt. 9
 e 20 della legge 27 marzo 1983, n.   93 (legge  quadro  sul  pubblico
 impiego) - violerebbe anche "i principi e gli interessi generali" che
 si  pongono  come limite delle competenze statutarie nelle materie di
 che  trattasi  e  che  riservano  al  legislatore  statale   e   alla
 contrattazione  collettiva  gestita  a livello nazionale ogni aspetto
 della disciplina dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle USL.
    In relazione alle singole  censure,  l'Avvocatura  generale  dello
 Stato  osserva  che  alcune  delle  norme  impugnate (artt. 6, quinto
 comma, 7, 8, terzo comma, 12, terzo comma, e  13,  terzo  comma)  non
 rispetterebbero   il   limite   dei  "posti  vacanti"  nel  prevedere
 inquadramenti  in ruolo del personale o in soprannumero o addirittura
 con adeguamento degli organici al numero casuale e contingente  degli
 aspiranti  o  anche  degli abilitati all'esito di corsi di formazione
 professionale, in palese contrasto con l'art. 97 della  Costituzione,
 per  il  quale  l'organizzazione  degli  uffici  e'  un prius logico-
 giuridico  rispetto  al  reclutamento  del  personale   da   inserire
 nell'organizzazione stessa.
    Quanto  allo  strumento  della  "trasformazione  dei  posti", esso
 verrebbe utilizzato (artt. 12 e 13) nei confronti di tutti i posti di
 "assistente medico" e di  "psicologo  collaboratore",  ovverosia  con
 soppressione  di due intere qualifiche inferiori, per consentire pro-
 cedure riservate e gestite a livello  locale,  in  difformita'  degli
 artt.  8,  terzo  comma, e 78, terzo e sesto comma, del d.P.R. n. 384
 del  1990,  che  consentono  una   trasformazione   quantitativamente
 limitata (30% dei posti di assistente medico), ed in contrasto con le
 previsione  degli  artt.  18  e  21  del  d.P.R. n. 761 del 1979, che
 ribadiscono la regola del "pubblico concorso".
    A quest'ultimo proposito e con riferimento  alle  norme  impugnate
 che   prevedono  "concorsi  riservati",  nella  memoria  si  sostiene
 altresi' che il principio generale dell'accesso  ai  pubblici  uffici
 "in  condizioni  di  eguaglianza"  (art.  51  della  Costituzione)  e
 "mediante concorso" (art. 97 della Costituzione) non puo'  certamente
 essere   derogato   nell'ambito   dell'esercizio  di  una  competenza
 legislativa di mera attuazione e le normative statali, che pur  hanno
 previsto   concorsi   riservati,   non   possono  essere  invocate  a
 giustificazione di un principio generale  di  ammissibilita'  di  una
 "riserva"  (ovverosia  di  esclusione  degli "altri"), perche' quelle
 normative hanno riguardato la sistemazione eccezionale  di  personale
 precario,  per  la  quale  veniva  anche  richiesto  il  possesso  di
 determinati requisiti (anzianita', buon  espletamento  del  servizio,
 livello delle mansioni svolte, ecc.).
    Infine    si    sottolinea    la   illegittimita'   costituzionale
 dell'impugnato art. 9,  con  il  quale  si  alterano  le  tabelle  di
 equiparazione   fissate   uniformemente   per   tutto  il  territorio
 nazionale,  e  dell'art.  11,  che  modifica  ope  legis  un  accordo
 collettivo   del   1979,   cosi'   invadendo  l'area  riservata  alla
 "disciplina in base ad accordi" (art. 3 della legge n. 93 del 1983).
    3.3. - La regione siciliana,  nella  sua  memoria,  si  oppone  al
 ricorso,   evidenziando  le  ragioni  di  giustizia  sostanziale  che
 avrebbero determinato il legislatore  regionale  ad  avvalersi  della
 potesta'  riconosciuta  dall'art.  17  dello  statuto,  per ripianare
 situazioni discriminanti  per  gli  operatori  sanitari  del  proprio
 territorio, rispetto a quelli delle altre regioni.
    In  merito  all'art.  5  si sostiene che l'attribuzione del quarto
 livello a talune unita' di personale (autisti, centralinisti, operai)
 si giustificherebbe con la circostanza che quei dipendenti, in quanto
 provenienti dagli enti locali,  erano  legati  al  livello  inferiore
 posseduto   nell'ente   di   provenienza  e  sarebbero  stati  quindi
 penalizzati rispetto  ai  colleghi  chiamati  a  svolgere  le  stesse
 mansioni direttamente nelle USL.
    Quanto  all'art.  6,  la  norma  risponderebbe  al principio della
 liceita'  della  riqualificazione  professionale   degli   infermieri
 generici,  ammessi  a corsi speciali con carattere straordinario e di
 prima ed unica applicazione, senza quindi influenza su situazioni fu-
 ture.  Non vi sarebbe nemmeno aumento dei posti, mentre, in relazione
 alla limitata copertura finanziaria derivante dalla trasformazione di
 detti posti, la norma di copertura (art. 14) non e' stata oggetto  di
 specifica impugnativa.
    Sull'art.  8,  si  sostiene  che  la norma colloca il personale in
 "apposito ruolo in soprannumero" e, solo  in  presenza  di  posti  in
 organico,  ne  prevede  l'inquadramento,  sempre  con la garanzia del
 preventivo concorso per titoli. Al riguardo si  fa  rilevare  che  la
 normativa  statale  prevede,  per  il personale addetto alle mansioni
 elementari, addirittura la "chiamata diretta" (art. 9, secondo comma,
 del d.P.R. n. 761 del 1979).
    Gli artt. 12 e 13, poi, consentirebbero di ovviare alla disparita'
 di trattamento subi'ta  dai  medici  specialisti  (i  ginecologi  dei
 consultori  familiari) e dagli psicologi degli stessi consultori, che
 svolgono i propri compiti quali unici operatori nelle  strutture  cui
 sono destinati, rispetto ai colleghi operanti nelle altre USL che, a'
 termini  dell'art.  18  del d.P.R. n. 761 del 1979 e dell'art. 29 del
 d.m.  30  gennaio  1982,  hanno  potuto  concorrere  alla   posizione
 funzionale superiore di coadiutore.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Il  Commissario  dello  Stato  per  la regione siciliana ha
 sollevato,  in  via  principale,   nei   confronti   della   delibera
 legislativa  approvata  dall'assemblea  regionale  siciliana  il  1-2
 maggio 1991, recante norme  in  materia  di  personale  delle  unita'
 sanitarie locali, varie questioni di legittimita' costituzionale.
    In primo luogo il ricorrente denuncia l'intera legge per contrasto
 con  gli  artt.  28 e 29 dello statuto regionale (r.d. lgs. 15 maggio
 1946, n. 455, convertito in legge cost. 26 febbraio 1948, n. 2),  nel
 presupposto   della   tardivita'  della  sua  comunicazione  ai  fini
 dell'eventuale impugnazione, essendo tale comunicazione  avvenuta  il
 quarto  giorno dall'approvazione della legge regionale (a causa della
 festivita' del terzo giorno), e, quindi,  oltre  il  termine  di  tre
 giorni  previsto  dall'art.  28  del predetto statuto regionale. Tale
 sequenza temporale vanificherebbe altresi' il disposto dell'art.  29,
 secondo  comma,  dello  statuto,  a'  termini del quale "decorsi otto
 giorni"   dall'approvazione,   senza   che   sia   pervenuta    copia
 dell'impugnazione, la legge va comunque promulgata.
    Sono   inoltre   denunciati  per  inosservanza  dei  limiti  posti
 dall'art. 17, lett. b) e c), dello  statuto  speciale,  in  relazione
 alla  legge 23 dicembre 1978, n. 833 ed all'art. 47, quarto comma, di
 questa, nonche' per violazione dell'art. 97 della Costituzione:
       a) gli artt. 1, 2, 4 e 7, che dispongono, in favore  di  alcune
 categorie  del  personale  di ruolo in possesso di determinati titoli
 professionali e/o di studio, l'inquadramento in qualifiche  superiori
 mediante  concorso  riservato; essi contrasterebbero altresi' "con la
 normativa  generale  delle  assunzioni  mediante  pubblici  concorsi,
 garantita dagli artt. 51 e 97 della Costituzione", nonche' con l'art.
 12 del d.P.R. n. 761 del 1979 e il decreto del Ministro della sanita'
 30 gennaio 1982;
       b)  l'art. 8, che prevede l'inquadramento in ruolo a domanda di
 personale precario di secondo  e  quarto  livello,  previa  selezione
 riservata  per  titoli,  prescindendo  dall'iscrizione nelle liste di
 collocamento, e si porrebbe in contrasto altresi' con l'art. 16 della
 legge n. 56 del 1987 e con i decreti del Presidente del consiglio dei
 ministri 18 settembre 1987, n. 392 e 27 dicembre 1988 (s.n);
       c)  gli  artt.  5,  9  e  10,  che inseriscono il personale ivi
 previsto in profili professionali  superiori  o  addirittura  diversi
 rispetto a quelli indicati nelle tabelle di equiparazione allegate al
 d.P.R. n. 761 del 1979, cosi' determinando "una possibile difformita'
 rispetto  ad  analoghe  figure professionali nel rimanente territorio
 nazionale";
       d) l'art. 11, che dispone l'inquadramento, nella  qualifica  di
 collaboratore  direttivo, degli assistenti amministrativi in possesso
 del diploma di scuola media  superiore  e  di  una  anzianita'  nella
 qualifica  di  appartenenza  di  5  anni,  applicando  ad essi in via
 estensiva l'accordo nazionale unico  del  1979,  che  e'  antecedente
 all'istituzione  del  servizio  sanitario  nazionale  e alla relativa
 disciplina del personale;
       e) gli artt. 12 e 13, che prevedono  la  istituzione  di  posti
 della  qualifica  intermedia,  mediante  integrale  trasformazione di
 quella iniziale (per i profili  dei  medici  e  degli  psicologi  dei
 consultori   familiari)   e  ammettono  gli  assistenti  medici  e  i
 collaboratori  psicologi  in  servizio  presso  quelle  strutture   a
 concorso  riservato  per  la  prima  copertura dei posti trasformati,
 cosi' violando altresi' gli artt. 8 e 78 del d.P.R. n. 384 del  1990,
 nonche'  la  normativa  generale  delle  assunzioni mediante pubblico
 concorso;
       f) l'art. 6, che autorizza l'istituzione di corsi  speciali  "a
 regime"   per   infermieri  professionali  riservati  agli  operatori
 professionali di seconda categoria (infermieri  generici),  ponendosi
 cosi'  in contrasto con i principi della normativa statale di settore
 e con il principio di ragionevolezza e di non arbitrarieta'.
      2. - Devono, preliminarmente, essere disattese le  eccezioni  di
 inammissibilita'  sollevate dalla regione siciliana nell'assunto che:
 a) a prescindere dall'art. 97 della Costituzione, sarebbero  indicate
 nel  ricorso  norme  di  leggi  ordinarie  o  ad  esse parificate, in
 difformita' da quanto prescritto dall'art. 34 della  legge  11  marzo
 1953,  n.  87, che prevederebbe come parametri di riferimento solo le
 norme della Costituzione o di leggi  costituzionali;  b)  le  censure
 proposte   atterrebbero   a   scelte  discrezionali  del  legislatore
 regionale; c) relativamente agli  artt.  12  e  13  della  legge,  le
 censure  sarebbero carenti sia della motivazione che dell'indicazione
 dei parametri costituzionali.
    Sotto il primo profilo osserva la Corte  che  nel  ricorso,  oltre
 alla  violazione  dell'art.  97  della  Costituzione, si sostiene che
 sarebbero stati violati i "principi generali" delle leggi dello Stato
 e, quindi, rettamente vengono indicate le norme interposte, contenute
 in leggi ordinarie, da cui quei  principi  sarebbero  desumibili.  Il
 problema  che  in  conseguenza  si  pone e' di stabilire se da quelle
 norme possano ricavarsi i principi generali che costituiscono  limite
 per  il  legislatore  regionale  ai  sensi dell'art. 17 dello statuto
 della regione siciliana: problema,  questo,  che  attiene  al  merito
 della questione e non alla sua ammissibilita'.
    Priva  di  consistenza  e'  anche  la  tesi secondo cui le censure
 investirebbero  scelte  discrezionali  del   legislatore   regionale,
 perche',  contrariamente a quanto si assume dalla regione resistente,
 cio' di cui ci si duole e', come gia' si e' accennato, la  violazione
 da  parte  delle varie norme impugnate di principi generali stabiliti
 dalle leggi dello Stato nella materia e, quindi, la  soluzione  delle
 questioni  proposte suppone la verifica della sussistenza di principi
 ritenuti  tali  dal  ricorrente  e   l'indagine   circa   l'eventuale
 difformita'  rispetto  ad  essi  della  legge  regionale  oggetto  di
 censure, per cui anche sotto questo secondo  profilo  il  ricorso  e'
 ammissibile.
    Quanto infine alla parte del ricorso che investe gli artt. 11 e 12
 della  legge  impugnata,  diversamente  da  quanto  si sostiene dalla
 regione resistente, i parametri di riferimento ed i motivi su cui  le
 censure  si  sorreggono  sono indicati in modo da consentirne l'esame
 nel merito.
    3. - La questione, sollevata con la prima censura  in  riferimento
 agli  artt.  28 e 29 dello statuto speciale e che, come illustrato in
 precedenza (v. punto 1), investe  la  legge  nel  suo  complesso  per
 aspetti che attengono alla fase dell'invio al Commissario dello Stato
 ed alla promulgazione, non e' fondata.
    In  proposito va ricordato che questa Corte, nella sentenza n. 365
 del 1990, esaminando la questione sollevata allora con riferimento al
 solo art. 28 dello statuto regionale, ha affermato che l'inosservanza
 del  termine  di  tre  giorni,  previsto  dal  suindicato   parametro
 costituzionale,  per  l'invio  della  legge  "altra  conseguenza  non
 produce se non che il termine di cinque giorni  dato  al  Commissario
 dello   Stato   per  l'impugnazione  della  legge  regionale  decorre
 dall'ulteriore giorno dell'effettivo invio delle  legge  stessa".  Da
 tale  orientamento  -  che  va ribadito anche in occasione dell'esame
 della questione ora sollevata in riferimento agli artt. 28 e 29 dello
 statuto - deriva che il termine finale assegnato al Commissario dello
 Stato debba essere considerato spostato in avanti  di  un  numero  di
 giorni  pari  a quelli del ritardo nell'invio della legge, in modo da
 assicurare  comunque,  per  intero,  il  periodo  di  cinque   giorni
 riservato    al    predetto    Commissario    per   la   proposizione
 dell'impugnazione; e cio' e' sufficiente ad escludere  la  fondatezza
 dell'ulteriore dubbio sollevato con il ricorso in epigrafe.
    4.  -  Al  fine  dell'esame  delle  censure  che  investono  varie
 disposizioni della  legge  impugnata  e  che  verranno  in  prosieguo
 esaminate  seguendo  l'ordine  con cui sono formulate nel ricorso, e'
 necessario ricordare che  l'art.  17  dello  statuto  speciale  della
 regione  siciliana prevede che, quella della sanita' pubblica, e' una
 delle materie rispetto alle quali la potesta'  legislativa  regionale
 debba  essere  esercitata  "entro  i limiti dei principi ed interessi
 generali  cui  si  uniforma  la  legislazione  dello   Stato"   anche
 relativamente "all'organizzazione dei servizi".
    Si  e' dunque in presenza, nella materia, del tipo di legislazione
 c.d. concorrente, assoggettata a limiti analoghi  a  quelli  previsti
 dall'art.  117 della Costituzione per le regioni a statuto ordinario,
 onde l'illegittimita' costituzionale di leggi della regione siciliana
 che dovessero risultare difformi dai principi desumibili dalle  leggi
 dello Stato.
    Va altresi' considerato che questa Corte ha, fin dalla sentenza n.
 41  del  1966, affermato il principio (ancorche' all'epoca riferibile
 al personale sanitario  dei  comuni  e  delle  province,  ma  ora  al
 personale  del servizio sanitario nazionale) che le norme riguardanti
 lo  stato giuridico ed economico del personale sanitario appartengono
 alla  materia  sanitaria,  onde  la  legge  regionale  "al  fine   di
 soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della
 regione,  non  dovrebbe discostarsi dal tipo di disciplina data dalle
 leggi dello Stato intervenute nella stessa materia".
    Vero e' che l'art. 80 della legge n. 833  del  1978  fa  salve  le
 competenze delle regioni a statuto speciale nelle materie considerate
 dalla  legge  stessa.  Ma  poiche'  il  gia' richiamato art. 17 dello
 statuto speciale attribuisce nella materia alla regione siciliana una
 potesta' legislativa di tipo concorrente,  la  legge  regionale  deve
 rispettare  i  principi generali della legge dello Stato - e fra essi
 certamente quello posto dall'art. 47 della legge stessa - che  si  e'
 riservata  la  disciplina  dello  stato giuridico del personale delle
 unita' sanitarie locali, onde la legislazione regionale,  incontrando
 tale limite, puo' essere in detta disciplina solo attuativa (sent. n.
 122  del  1990),  in  conformita' alle previsioni del quarto comma di
 detto art. 47.
    5. - Esaminate alla luce delle suddette precisazioni, sono fondate
 le questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2, 4  e  7
 della  legge  regionale  in  esame  i  quali  prevedono,  per diverse
 categorie di personale di ruolo,  l'inquadramento  in  una  serie  di
 qualifiche da essi indicate, mediante concorsi riservati.
    Come  questa  Corte ha gia' affermato (sent. n. 122 del 1990 cit.)
 il carattere attuativo della potesta' legislativa regionale impone il
 rispetto  delle  regole  "che  il  d.P.R.  n.  761  del  1979  -   in
 applicazione   del  principio  generale  di  cui  all'art.  97  della
 Costituzione  e  dei  criteri  direttivi   stabiliti   nella   delega
 legislativa di cui all'art. 47 della legge n. 833 del 1978 - prevede"
 e  cioe'  quella  "del pubblico concorso per titoli ed esami tanto in
 ordine all'ammissione all'impiego presso le unita'  sanitarie  locali
 (art.  12)  quanto  in  ordine  all'accesso  a  specifiche  posizioni
 funzionali nei diversi ruoli (art. 17 e ss.)" e quella che "fissa  in
 modo  tassativo  le  ipotesi  di concorsi che in via transitoria sono
 riservati a ben individuate categorie di soggetti (art. 67 e ss.)".
    E poiche' ne' fra queste ultime ipotesi, ne' fra  quelle  previste
 dalla  legge  n. 207 del 1985 - anch'essa richiamata dal ricorrente e
 riguardante la possibilita' di inquadramento  di  personale  precario
 solo entro un determinato periodo temporale ormai decorso - rientrano
 quelle previste dagli artt. 1, 2, 4 e 7 della legge impugnata, non vi
 e'  dubbio  sulla  illegittimita'  costituzionale  di  queste  ultime
 disposizioni.
    6. - Parimenti fondata e' la  questione  sollevata  nei  confronti
 dell'art. 8 della legge in esame.
    Quest'ultima   norma,   prevedendo  l'inquadramento  in  ruolo,  a
 domanda, di personale precario di secondo e  quarto  livello,  previa
 selezione  riservata  per titoli e prescindendo dall'iscrizione nelle
 liste di collocamento, viola espressamente la normativa  statale  sul
 collocamento,  che non e' di competenza regionale (sentenze numeri 20
 del 1989 e 998 del 1988). Il che, peraltro,  si  desume  anche  dalla
 prassi  legislativa  della regione siciliana che nella legge n. 2 del
 1988 ha, all'art. 13, previsto che alle selezioni per titoli, per  le
 assunzioni  per  le  quali  non  sia  previsto  titolo professionale,
 partecipino "gli iscritti alle liste di collocamento".
    Poiche' la regione, per tutte le considerazioni fin ad ora svolte,
 al   fine  dell'inquadramento  in  ruolo  dei  precari  del  servizio
 sanitario nazionale deve attenersi a  quanto  stabilito  dalle  leggi
 dello  Stato,  non  puo' provvedervi per il personale che ha prestato
 servizio precario nel biennio 1989-1990 perche' tale possibilita' non
 e' prevista dalle leggi stesse.
    L'art. 8 impugnato e' percio' illegittimo perche', avendo la legge
 dello Stato (legge n. 207 del 1985)  consentito  la  sistemazione  in
 ruolo  del  personale precario per una durata temporalmente limitata,
 una volta esauritosi il  periodo  transitorio  considerato  da  detta
 legge,  l'assunzione  del  personale  dei  primi quattro livelli puo'
 avvenire, ai sensi dell'art. 16 della legge n.  56  del  1987  e  dei
 relativi  decreti  attuativi (d.p.c.m. 18 settembre 1987, n. 392 e 27
 dicembre 1988, s.n.) che riguardano anche il settore  della  sanita',
 solo tramite le liste di collocamento.
    La  regola e' stata ribadita dall'art. 5 del d.P.R. 20 maggio 1987
 n. 270  (Norme  risultanti  dalla  disciplina  prevista  dall'accordo
 sindacale   per  il  triennio  1985-1987  relativa  al  comparto  del
 personale dipendente dal servizio sanitario  nazionale),  secondo  il
 quale  "L'assunzione  in  ruolo  per  chiamata  diretta  deve  essere
 effettuata con le modalita' e procedure previste dall'art.  16  della
 legge  28  febbraio 1987, n. 56, per le figure del comparto sanitario
 per le quali non e' richiesto il titolo  professionale  .."  e  cioe'
 tramite le liste di collocamento.
    Ne' al riguardo puo' condividersi la tesi della regione siciliana,
 secondo cui l'art. 8 impugnato sarebbe conforme all'art. 9 del d.P.R.
 n.  761  del  1979, il quale consentirebbe la chiamata diretta per il
 personale  addetto  a  mansioni  elementari.  In  contrario  si  deve
 osservare   che   l'art.  9,  invocato  dalla  regione,  prevede  che
 l'assunzione per  chiamata  diretta  e'  ammessa  solo  per  speciali
 categorie  di  personale  addetto  a  mansioni  elementari  (in  esse
 potendosi comprendere  solo  il  personale  appartenente  al  secondo
 livello  e  non  anche  al  quarto) e comunque sulla base di adeguati
 criteri  selettivi   fissati   nell'accordo   nazionale   unico;   di
 conseguenza  la  regione  non  puo'  in ogni caso, con propria legge,
 sostituirsi all'accordo  cui  rinvia  espressamente  la  legge  dello
 Stato.
    Infine,  la  norma  denunciata contrasta anche con l'art. 97 della
 Costituzione perche', come fondatamente rilevato  nel  ricorso,  essa
 configura un soprannumero incompatibile con il principio del rispetto
 del  limite  degli  organici  che  fa  dell'organizzazione  un  prius
 rispetto al reclutamento del personale da assumere.
    7.1. - Anche le censure relative agli articoli 5,  9  e  10  della
 legge  in esame, sono fondate, violando le norme in essi contenute le
 tabelle di  equiparazione  -  stabilite  dallo  Stato  e  quindi  non
 integrabili in sede di legislazione attuativa - allegate al d.P.R. n.
 761 del 1979.
    7.2. - In particolare l'art. 5 inquadra talune qualifiche (autisti
 e  centralinisti  degli  enti  locali e operai degli enti ospedalieri
 transitati alle USL) come operatori  tecnici,  mentre  la  disciplina
 statale  ne  prevede  l'inquadramento  al livello inferiore di agenti
 tecnici (cfr. tab. G e F del d.P.R. n. 761 del 1979). Inoltre  l'art.
 39  del d.P.R. n. 384 del 1990 ha riordinato la tabella 1 allegata al
 d.P.R. n. 761 del 1979, mantenendo  distinte  le  due  qualifiche  di
 agente tecnico e operatore tecnico.
    Quanto poi alla tesi svolta dalla regione resistente - secondo cui
 l'art.  5  impugnato  risponderebbe ai criteri di equita' perche' gli
 autisti e centralinisti degli enti locali e  gli  operai  degli  enti
 ospedalieri sono legati al livello posseduto nell'ente di provenienza
 che  e'  inferiore rispetto a quello di altri soggetti assunti con le
 medesime mansioni direttamente nelle USL - va rilevato che le tabelle
 di equiparazione modificate dall'art. 39 del d.P.R. n. 384  del  1990
 (e  relativi  allegati)  considerano  nella  qualifica  di  operatore
 tecnico gli autisti di autombulanza, ma non  gli  altri  profili  che
 rimangono  compresi  nell'"agente  tecnico"  o nella nuova dizione di
 "ausiliario  specializzato",  nella  quale  ultima  e',  ad  esempio,
 espressamente ricompreso l'"addetto alla conduzione di veicoli".
    Di  conseguenza  il  riallineamento  previsto  in contrasto con la
 tabella statale non puo' trovare giustificazione una volta sottoposto
 a censura, quand'anche altro personale  di  corrispondente  qualifica
 fosse   assunto   avvantaggiandosi   di   leggi  rimaste  inoppugnate
 nonostante la difformita' dalle tabelle suddette.
    7.3.  -  L'articolo  9  della  legge  regionale,  dal  canto  suo,
 riferendosi  al  "capo  ripartizione  titolare  di  una  funzione e/o
 servizio amministrativo", formula un'equiparazione non prevista nella
 tabella suddetta.
    Infine  l'art.  10  prevede  l'equiparazione   dei   collaboratori
 coordinatori,  che  abbiano la titolarita' di un ufficio di una cassa
 mutua  provinciale  da  almeno  cinque  anni,  con  la  qualifica  di
 dirigente  con  almeno  cinque  anni  nella  qualifica stessa e nella
 posizione  funzionale  di  direttore  amministrativo,   e   cio'   in
 difformita'  dalla  tabella statale che prevede un apposito gruppo di
 qualifiche, denominate "collaboratori  amministrativi",  nelle  quali
 inquadra  tutto  il  personale  avente  tale qualifica, salvo l'unica
 ipotesi  (diversa  dalla  specie)  di  equiparazione   al   personale
 dirigente  riservata al collaboratore con almeno 10 anni di qualifica
 ed in possesso della laurea e della qualifica di coordinatore ad  una
 certa data.
    Ne' in proposito puo' seguirsi l'argomento difensivo della regione
 secondo cui, trattandosi di personale amministrativo dell'ente locale
 USL  non  chiamato  a  svolgere  attivita' sanitaria, esso sarebbe da
 ricomprendere nella competenza esclusiva prevista dall'art. 15  dello
 statuto  (ordinamento degli enti locali). La tesi non ha consistenza,
 perche' e' proprio il personale delle USL quello cui si riferisce  la
 normativa  in  materia di personale del servizio sanitario nazionale,
 che disciplina sia il personale sanitario che  quello  amministrativo
 e,  quindi, la potesta' legislativa regionale nella materia de quo e'
 di tipo attuativo valendo, in virtu' dell'art. 17 dello  statuto,  il
 principio  della riserva statale prevista dall'art. 47 della legge n.
 833 del 1978.
    Nemmeno   possono   condividersi    le    argomentazioni    svolte
 relativamente  agli  artt.  9 e 10 dalla regione, la quale deduce che
 con propria legge  n.  34  del  1987  avrebbe  previsto  tabelle  per
 qualifiche   equipollenti   che   intenderebbe   ora   integrare  con
 l'emanazione dei suddetti articoli. In proposito vale  anche  qui  il
 rilievo  secondo  cui  l'omessa  impugnativa di leggi precedenti, che
 presentassero simili profili di  illegittimita'  costituzionale,  non
 puo'  costituire precedente atto a giustificare l'emanazione di norme
 integrative  ripetitive  della  stessa  illegittimita' ed a sottrarre
 queste alle censure di incostituzionalita' proposte, come nella  spe-
 cie, in riferimento a precisi parametri.
    8.  -  Fondata e' poi la censura formulata nei confronti dell'art.
 11 della legge regionale impugnata,  nell'assunto  che  esso  dispone
 l'inquadramento  nella  qualifica  di  collaboratore  direttivo degli
 assistenti amministrativi in possesso del  diploma  di  scuola  media
 superiore  (quando  in  via normale e' richiesta la laurea), e di una
 anzianita' nella qualifica di  appartenenza  di  5  anni,  estendendo
 l'accordo  nazionale  unico del 1979 che faceva invece riferimento ad
 un'epoca (1› marzo 1978) in cui il servizio nazionale e la disciplina
 del relativo personale ancora non esistevano.
    In proposito devesi osservare che le  tabelle  statali  equiparano
 l'aggiunto  principale all'assistente amministrativo coordinatore. Ma
 se e' vero che l'art. 74 dell'accordo  ospedaliero  del  17  febbraio
 1979  per  il  periodo  dal 1› gennaio 1977 al 30 giugno 1979 ('Norme
 particolari di primo inquadramento per alcune qualifiche di personale
 non medico')  prevedeva  l'inquadramento  a  collaboratore  direttivo
 degli  aggiunti  principali  ad esaurimento (pur con titolo di studio
 inferiore alla laurea), ma al raggiungimento di 5 anni di anzianita',
 di tale beneficio non ci si puo' piu' giovare dopo che l'accordo  del
 1979  ha cessato di avere tale effetto ed una volta che siano entrati
 in vigore,  alla  data  del  31  dicembre  1982,  i  nuovi  contratti
 collettivi.
    La  legge  regionale  vuole dunque estendere il beneficio anche al
 personale confluito nelle USL che non se ne fosse potuto giovare  per
 non  avere  raggiunta  l'anzianita'  di  cinque  anni  entro  la data
 prevista dall'accordo ospedaliero del 1979; essa introduce, cosi', un
 criterio  dinamico  per  il  quale  l'anzianita'  suddetta  si  possa
 raggiungere  anche  dopo  il  1982  e  cioe' dopo che sono entrati in
 vigore i nuovi  contratti  collettivi,  che  non  prevedono  piu'  la
 qualifica  di  aggiunto  principale  ad esaurimento. Ma cio' non puo'
 essere consentito, perche', come si e' gia'  rilevato  nell'esame  di
 altra  censura,  la  legge  regionale deve attenersi alla legge dello
 Stato e alla disciplina stabilita dai nuovi contratti.
    9. -  Gli  articoli  12  e  13  della  legge  in  esame  prevedono
 l'istituzione  di  posti  della  qualifica  intermedia,  mediante  la
 integrale trasformazione di quella iniziale per i profili dei  medici
 e   degli   psicologi  dei  consultori  familiari,  e  ammettono  gli
 assistenti medici e i  collaboratori  psicologi  in  servizio  presso
 quelle  strutture  a  concorso  riservato  per la prima copertura dei
 posti trasformati.
    Tali previsioni, conformemente a  quanto  sostenuto  nel  ricorso,
 sono  in contrasto con gli artt. 8 e 78 del d.P.R.  n. 384 del 1990 -
 che  autorizzano  le  regioni  ad  operare  la  detta  trasformazione
 soltanto  in  ben definiti limiti percentuali (47 per cento dei posti
 di pianta organica di personale sanitario non  medico,  ivi  compresi
 gli psicologi - art. 8; 30 per cento dei posti di pianta organica per
 gli  assistenti  medici - art. 78), e prevedono che la disciplina per
 la copertura dei posti risultanti  sia  dettata  dal  ministro  della
 sanita';  le  stesse norme regionali sono, come rilevato nel ricorso,
 altresi' in contrasto con la  "normativa  generale  delle  assunzioni
 mediante concorso" sopra richiamata.
    A  tal  proposito  vale  quanto  gia'  affermato  da  questa Corte
 (sentenza n. 122 del 1990 cit.), secondo cui la trasformazione di una
 qualifica  inferiore  in  un'altra  superiore  mira  ad  ampliare  le
 prospettive  di  progressione  funzionale  del  personale  attraverso
 un'estensione delle possibilita' di accesso al livello superiore,  il
 che  e' in contrasto con la disciplina posta dalla legge dello Stato,
 rispetto alla quale il legislatore regionale, in virtu' del principio
 posto dall'art. 47 della legge n. 833 del 1978, ha solo il potere  di
 emanare norme di attuazione.
    Il  contrasto  appare evidente ove si consideri che alla copertura
 dei posti,  risultanti  dalla  trasformazione  compiuta  dalle  norme
 impugnate,  si  provvede con appositi concorsi riservati al personale
 appartenente   ai   posti   trasformati,   previsione   questa   che,
 analogamente  a  quanto  gia'  osservato (punto n. 5) in relazione ad
 altra  previsione  di  concorsi  riservati,  "esorbita   dai   limiti
 costituzionali propri della potesta' legislativa di attuazione che la
 regione possiede in materia" (sentenza n. 122 del 1990 cit.).
    Ne'  puo'  condividersi l'assunto della regione resistente secondo
 cui, nella specie, si tratterebbe  di  una  trasformazione  di  posti
 relativa  solo  ai  consultori  e  non di tutti i posti relativi alle
 qualifiche di assistente medico e psicologo  collaboratore,  onde  da
 parte  del  ricorrente  non si sarebbe indicato alcun elemento da cui
 possa desumersi che sia stato superato il  limite  percentuale  posto
 dalla  normativa  degli  accordi.  Difatti  il tenore letterale degli
 articoli impugnati conferma che la regione,  sopprimendo  due  intere
 qualifiche  iniziali,  e'  andata  oltre rispetto alle sue competenze
 meramente attuative.
    10. - Fondate  sono  anche  le  censure  formulate  nei  confronti
 dell'art.  6  che  autorizza la istituzione dei corsi speciali "a re-
 gime"  per  infermieri  professionali,   riservati   agli   operatori
 professionali  di seconda categoria (infermieri generici) che abbiano
 prestato  servizio  continuativo  per  almeno  quattro  anni,  e  che
 accedono  cosi' alla qualifica superiore in via privilegiata rispetto
 agli esterni. Si deve infatti considerare che l'analoga  legge  dello
 Stato  n. 243 del 1980, la quale ha previsto specifiche modalita' per
 la "straordinaria riqualificazione  degli  infermieri  generici",  ha
 avuto  una  efficacia  limitata  nel tempo e carattere straordinario,
 avendo inteso - come correttamente rilevato nel ricorso  -  porre  un
 freno   e   "razionalizzare   ...   certi  sistemi  di  conseguimento
 straordinario della professionalita'".
    In altri termini, poiche' la disciplina prevista dalla legge dello
 Stato n. 243 del 1980 si e' ormai esaurita, ne consegue che  di  essa
 non  possa  piu' farsi applicazione in sede di legislazione regionale
 attuativa.
    Parimenti fondata e' la tesi del ricorrente secondo cui lo  stesso
 art.  6,  consentendo  l'adeguamento  degli  organici in relazione al
 numero dei soggetti (infermieri)  abilitati  all'esito  dei  suddetti
 corsi  professionali, e' in contrasto con i principi, oltreche' della
 normativa statale di  settore,  anche  di  ragionevolezza  e  di  non
 arbitrarieta'   e   quindi   di   buon   andamento   (art.  97  della
 Costituzione). A parte i dubbi emersi in sede  di  discussione  della
 legge  impugnata  (atti assemblea regionale siciliana, in particolare
 seduta del 19 aprile  1991)  circa  l'incompetenza  della  regione  a
 disciplinare  la  materia,  dubbi  cui  non e' stata data convincente
 risposta, la norma  comporta  un  indeterminato  accrescimento  degli
 organici  degli  infermieri  professionali,  prevedendosi  all'ultimo
 comma dell'art. 6 che "al termine di corsi ed in relazione al  numero
 degli  abilitati  si  provvedera'  all'occorrente  trasformazione dei
 posti in organico".
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la illegittimita' costituzionale degli artt. 1, 2,  4,  5,
 6,  7,  8,  9,  10,  11, 12 e 13 della legge della regione siciliana,
 approvata dall'assemblea regionale siciliana  nella  seduta  del  1-2
 maggio  1991,  recante  norme  in  materia  di personale delle unita'
 sanitarie locali;
    Dichiara non fondata la questione di  legittimita'  costituzionale
 della   suindicata  legge  della  regione  siciliana,  sollevata,  in
 riferimento  agli  artt.  28  e  29  dello  statuto   speciale,   dal
 Commissario  dello  Stato  per  la  regione siciliana, con il ricorso
 indicato in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1991.
                       Il presidente: CORASANITI
                       Il redattore: CAIANIELLO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 27 dicembre 1991.
                 Il direttore di cancelleria: MINELLI
 91C1330