N. 53 ORDINANZA 3 - 18 febbraio 1992
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Magistrato parte offesa - Reato commesso in udienza - Competenza territoriale - Spostamento - Deroghe - Norma gia' dichiarata costituzionalmente illegittima (sentenza n. 320/1991) - Manifesta inammissibilita'. (C.P.P., art. 11, terzo comma). (Cost., artt. 3, 24, 25, 101 e 104).(GU n.9 del 26-2-1992 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Aldo CORASANITI; Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 11, terzo comma, del codice di procedura penale, promossi con n. 3 ordinanze emesse dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catania, iscritte rispettivamente ai nn. 374, 452 e 490 del registro ordinanze 1991 e pubblicate nelle Gazzette Ufficiali della Repubblica nn. 22, 27 e 33, prima serie speciale, dell'anno 1991; Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 20 novembre 1991 il Giudice relatore Francesco Greco; Ritenuto che il G.I.P. presso il Tribunale di Catania, nei procedimenti penali a carico di Pellegriti Giuseppe e di Pellegriti Salvatore, con tre ordinanze emesse rispettivamente il 6 marzo 1991 (R.O. n. 374 del 1991), il 21 marzo 1991 (R.O. n. 452 del 1991) e il 21 aprile 1991 (R.O. n. 490 del 1991), ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11, terzo comma, del codice di procedura penale, il quale prevede una deroga al criterio di spostamento della competenza territoriale per i procedimenti penali aventi come parte offesa o danneggiata un magistrato, allorche' il reato sia commesso in udienza; che, a parere del giudice remittente, sarebbero violati: l'art. 3 della Costituzione, per la disparita' di trattamento che si determinerebbe tra cittadini imputati in procedimenti in cui assume la qualita' di persona offesa un magistrato, a secondo che il reato e' stato commesso o meno in udienza; gli artt. 101 e 104 della Costituzione, risultando lesi i principi della imparzialita' del giudice e della sua soggezione esclusiva alla legge; gli artt. 24 e 25 della Costituzione, perche' la disciplina diversa prevista per il reato commesso in udienza offrirebbe all'imputato minori garanzie di difesa; che nel giudizio e' intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, la quale ha concluso per la inammissibilita' o la infondatezza della questione; Considerato che i tre giudizi siccome riguardano identica questione vanno riuniti e decisi con un unico provvedimento per evidenti ragioni di connessione; che della disposizione ora di nuovo censurata e' stata gia' dichiarata (sent. 320 del 1991) la illegittimita' costituzionale e che quindi essa e' stata espunta dall'ordinamento; che pertanto la questione va dichiarata manifestamente inammissibile; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Riunisce i giudizi e dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11, terzo comma, del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 101 e 104 della Costituzione, sollevata dal G.I.P. presso il Tribunale di Catania con le ordinanze in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 febbraio 1992. Il Presidente: CORASANITI Il redattore: GRECO Il cancelliere: FRUSCELLA Depositata in cancelleria il 18 febbraio 1992. Il cancelliere: FRUSCELLA 91C0194