N. 58 ORDINANZA 3 - 18 febbraio 1992

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Nuovo codice - Norme di attuazione - Emissione
 del  decreto  di  citazione  a  giudizio  -  Istanza  di oblazione -
 Decisione  -  Subordinazione  al  consenso  vincolante  del  p.m.   -
 Questione   fondata   su   un   presupposto   erroneo   secondo   una
 interpretazione logico-sistematica della norma denunciata - Manifesta
 infondatezza.
 
 (C.P.P., artt. 557 e 558; d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art.  141).
 
 (Cost., art. 3).
(GU n.9 del 26-2-1992 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Giuseppe BORZELLINO;
 Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
    SPAGNOLI,  prof.   Francesco   Paolo   CASAVOLA,   prof.   Antonio
    BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
    Luigi MENGONI, prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.
    Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 557 e 558 del
 codice  di  procedura penale e dell'art. 141 del testo delle norme di
 attuazione, di coordinamento e transitorie del  codice  di  procedura
 penale (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n.
 271),  promosso con ordinanza emessa il 27 maggio 1991 dal Pretore di
 Taranto nel procedimento penale a carico di Greco Domenico ed  altro,
 iscritta  al  n.  561  del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  36, prima serie speciale,
 dell'anno 1991;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 22 gennaio 1992 il Giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
    Ritenuto che  il  Pretore  di  Taranto,  prima  dell'apertura  del
 dibattimento  a  carico di due persone imputate di reati in ordine ai
 quali e' ammessa l'oblazione a norma dell'art. 162-  bis  del  codice
 penale,  premesso  che  gli  imputati,  tratti  a  giudizio,  avevano
 presentato domanda di oblazione oltre il termine di  quindici  giorni
 dalla  notifica  del  decreto di citazione e che, per tale motivo, il
 Pubblico  ministero  aveva  disatteso  come  inammissibile  la  detta
 domanda,  ha,  con  ordinanza  del  27  maggio  1991,  sollevato,  in
 riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,   due   questioni   di
 legittimita' coinvolgenti gli artt. 557 e 558 del codice di procedura
 penale  e  l'art.  141  del  testo  delle  norme  di  attuazione,  di
 coordinamento e transitorie dello stesso codice (testo approvato  con
 il  decreto  legislativo  28  luglio  1989, n. 271), denunciati nella
 parte in cui, per un verso, "subordinano al consenso  vincolante  del
 P.M.,  la  decisione sulla istanza di oblazione nella fase successiva
 all'emissione del decreto di citazione a giudizio", e, per  un  altro
 verso,  "non  consentono la proposizione della medesima istanza anche
 al Pretore in epoca successiva alla scadenza del termine"  di  giorni
 quindici dalla notifica del decreto di citazione "e sino a quando non
 sia  intervenuta  la dichiarazione di apertura del dibattimento di 1›
 grado";
      che, in punto di rilevanza, il giudice  a  quo  osserva  che  se
 fossero  accolte  le  dedotte  censure "gli imputati sarebbero ancora
 legittimati a proporre istanza di oblazione anche in  presenza  della
 scadenza  del  termine" di cui all'art. 555, primo comma, lettera e),
 del codice di procedura penale;
      e che nel giudizio e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio
 dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello
 Stato, chiedendo che le questioni siano  dichiarate  non  fondate  in
 quanto  basate  sull'erroneo presupposto che dall'art. 557 del codice
 di procedura penale si ricavi un precetto che  richiede  il  consenso
 del  pubblico  ministero  non  soltanto  "nelle  ipotesi del giudizio
 abbreviato e dell'applicazione della pena su richiesta" ma anche  con
 riferimento alla domanda di oblazione, un'interpretazione da ritenere
 erronea  sia  sulla  base  di  una considerazione sistematica di tale
 istituto, "che in nessun caso e in  nessun  modo  e'  subordinato  al
 consenso  del  p.m.",  sia  alla  stregua  del  "tenore  non equivoco
 dell'art. 141 comma 1  norme  attuazione  c.p.p."  che  prescrive  al
 pubblico ministero, nel caso di domanda di oblazione proposta a norma
 dell'art.  557  del  codice  di  procedura  penale,  di  trasmetterla
 senz'altro  assieme   agli   atti   del   procedimento,   "con   cio'
 implicitamente  ma  chiaramente  escludendo che la trasmissione possa
 essere condizionata al parere dello stesso p.m.";
      considerato che - a parte il rilievo che nel caso di specie,  il
 pubblico  ministero  non ha negato il proprio consenso alla procedura
 di oblazione, limitandosi a dedurre  l'effetto  preclusivo  derivante
 per  la  detta  domanda  dalla  decorrenza  dei termini - entrambe le
 questioni muovono da un presupposto da ritenere erroneo alla  stregua
 di un'interpretazione logico-sistematica della disciplina denunciata;
      che,  piu'  in  particolare,  l'art. 557 del codice di procedura
 penale,  interpretato  nell'integrale  contesto  delle   regole   che
 disciplinano  la  procedura  dell'oblazione,  non  richiede,  perche'
 l'imputato  vi  possa  essere  ammesso,  il  consenso  del   pubblico
 ministero,  una  regola  quella  assunta  a  base  dell'ordinanza  di
 rimessione che comporterebbe uno stravolgimento  dell'istituto  quale
 disciplinato dagli artt. 162 e 162- bis del codice penale;
      e  che,  quindi,  come e' stato subito posto in luce dalla quasi
 unanime dottrina, il riferimento della prima delle norme censurate al
 consenso del pubblico ministero deve essere collegato unicamente agli
 istituti dell'applicazione della pena su richiesta delle parti e  del
 giudizio   abbreviato,  il  che  risulta  dimostrato  dall'intrinseco
 collegamento di tale precetto con il precedente art. 556 che richiede
 il consenso anticipato del pubblico ministero solo in relazione  alle
 ora ricordate procedure di deflazione del dibattimento;
      che,  pertanto,  anche  il  richiamo  all'art. 555, primo comma,
 lettera e), a cui fa riferimento l'art. 558 del codice  di  procedura
 penale,  si  rivela  superfluo  perche'  conseguenza  di  una erronea
 verifica ermeneutica del complessivo assetto delle norme  processuali
 regolatrici dell'istituto dell'oblazione;
      che  una  tale  interpretazione  del sistema censurato proviene,
 oltre che  dalle  regole  di  diritto  sostanziale  che  disciplinano
 l'oblazione  (fra  l'altro,  significativamente  mai menzionata nella
 legge-delega 18 febbraio 1987, n. 81), dall'art. 141 del testo  delle
 norme  di  attuazione,  di  coordinamento e transitorie del codice di
 procedura penale (testo  approvato  con  il  decreto  legislativo  28
 luglio  1989,  n.  271), norma pur essa denunciata dal giudice a quo,
 dalla quale non deriva alcuna preclusione cronologica  (oltre  quella
 indicata  dagli  artt.  162  e  162-  bis  del  codice  penale)  alla
 proponibilita' della domanda di oblazione;
      e che dalla detta disciplina si desume anche che la  valutazione
 del   pubblico   ministero   non   puo'   travalicare,  con  riguardo
 all'istituto in esame, l'ambito dell'espressione di un parere che, in
 quanto  titolare  dell'esercizio  dell'azione  penale  e'  tenuto  ad
 esternare di fronte alla richiesta dell'imputato;
     che  una  simile interpretazione delle norme denunciate si impone
 sulla base, non  soltanto  dell'utilizzazione  del  criterio  logico-
 sistematico,  ma  anche  alla  stregua  di  una  verifica ermeneutica
 secundum Constitutionem dei precetti  denunciati,  alla  stregua  del
 disposto  degli  artt.  162 e 162- bis del codice penale dai quali si
 ricava  che  solo  il  giudice,   nell'esercizio   del   suo   potere
 discrezionale,  puo'  -  pur  in  presenza delle condizioni richieste
 dalla legge - non ammettere l'interessato alla detta  procedura  (v.,
 in particolare, l'art. 162-bis, quarto comma);
      e  che,  quindi, mentre per un verso, la decisione sulla domanda
 di oblazione non rimane in alcun modo preclusa  dalle  determinazioni
 del  pubblico  ministero  che  non  assumono mai carattere vincolante
 quanto  alla  decisione  sulla  domanda  di  oblazione   nella   fase
 successiva alla pronuncia del decreto di citazione a giudizio, per un
 altro  verso, e' consentito proporre domanda di oblazione anche in un
 momento successivo alla scadenza dei quindici giorni  dalla  notifica
 del   decreto  di  citazione  e  fino  a  quando  non  interviene  la
 dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado;
      che  una  simile  interpretazione  delle norme denunciate, oltre
 tutto conforme ai princi'pi e ai  criteri  direttivi  indicati  dalla
 legge-delega,   fa  ritenere  erroneo  il  presupposto  a  fondamento
 dell'ordinanza di rimessione;
      e che, quindi, proprio  sulla  base  di  tale  evidente  erronea
 interpretazione  delle  norme  denunciate, la questione proposta deve
 essere dichiarata manifestamente infondata;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza delle questioni di legittimita'
 costituzionale degli artt. 557 e 558 del codice di procedura  penale,
 141   del  testo  delle  norme  di  attuazione,  di  coordinamento  e
 transitorie del codice di procedura penale (testo  approvato  con  il
 decreto   legislativo   28   luglio  1989,  n.  271),  sollevate,  in
 riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal  Pretore  di  Taranto,
 con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 3 febbraio 1992.
                       Il Presidente: BORZELLINO
                        Il redattore: VASSALLI
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
    Depositata in cancelleria il 18 febbraio 1992.
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
 91C0199