N. 116 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 giugno 1991- 24 febbraio 1992
N. 116 Ordinanza emessa il 13 febbraio 1991 e 14 giugno 1991 (pervenuta alla Corte costituzionale il 24 febbraio 1992) dal tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sez. distaccata di Catania, sul ricorso proposto da Barchitta Gaetano contro U.S.L. n. 30 di Palagonia ed altro. Impiego pubblico - Stato giuridico del personale delle u.s.l. - Dirigenti veterinari - Collocamento a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno di eta' - Mancata previsione del trattenimento in servizio fino al settantesimo anno di eta' al fine di conseguire maggiori benefici previdenziali, cosi' come stabilito per i dirigenti dello Stato ed i primari ospedalieri - Ingiustificata disparita' di trattamento con incidenza sul diritto ad una retribuzione proporzionata e adeguata. (D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 53; d.-l. 27 dicembre 1989, n. 413, art. 1, comma 4-quinquies, convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 37). (Cost., artt. 3 e 38).(GU n.11 del 11-3-1992 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 3862/1990 r.g. - n. 1582/1990 sez. I, proposto da Barchitta Gaetano, rappresentato e difeso dall'avv. Nino Giannitto nel cui studio e' elettivamente domiciliato in Catania, via Luigi Rizzo n. 29, contro l'unita' sanitaria locale n. 30 di Palagonia, in persona del presidente del comitato di gestione pro-tempore, non costituitosi in giudizio e nei confronti dell'assessorato regionale alla sanita' in persona dell'assessore pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avvocatura dello Stato di Catania, domiciliataria per legge per l'annullamento della deliberazione n. 635 del 9 novembre 1990, del presidente del comitato di gestione della u.s.l intimata, con la quale e' stata rigettata l'istanza di mantenimento in servizio avanzata dal ricorrente l'11 ottobre 1990 ed e' stato disposto il suo collocamento a riposo, per raggiunti limiti di eta' a decorrere da 2 gennaio 1991 e cioe' al compimento del sessantacinquesimo anno di eta'; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'assessorato intimato; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore per la pubblica udienza del 13 febbraio 1991 il consigliere dott. Salvatore Schillaci; Udito l'avv. N. Giannitto per il ricorrente; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue; F A T T O Con il gravame introduttivo del giudizio si espone che il ricorrente e' dirigente veterinario alle dipendenze dell'u.s.l. resistente. Il 1 gennaio 1991 il ricorrente ha compiuto sessantacinque anni (e anni 38, mesi sette e giorni uno di anzianita' contributiva) e l'amministrazione resistente con la delibera inpugnata lo ha posto in quiescenza a detta data. Con il gravame introduttivo del giudizio si muove all'atto impugnato la seguente censura: illegittimita' costituzionale dell'art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica n. 761/1979 e dell'art. 1 comma 4-quinquies del d.-l. 27 dicembre 1989, n. 413, convertito nella legge 28 febbraio 1990, n. 37, per contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione. L'u.s.l. intimata non si e' costituita in giudizio, mentre l'assessorato regionale alla sanita' ha chiesto il rigetto del gravame. Alla pubblica udienza del 13 febbraio 1991 la causa e' stata posta in deliberazione. D I R I T T O 1. - Il collegio ritiene che vanno sottoposti al giudizio incidentale di costituzionalita' l'art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761 (stato giuridico del personale delle unita' sanitarie locali), l'art. 1, comma 4-quinquies del d.-l. 27 dicembre 1989, n. 413, convertito con modificazioni della legge 28 febbraio 1990, n. 37, per contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione della Repubblica, in quanto: il collocamento a riposo e' obbligatorio ed e' eseguito d'ufficio, indipendentemente da ogni altra causa, al compimento del sessantacinquesimo anno di eta' per il personale sanitario e tecnico laureato, amministrativo, di assistenza religiosa e professionale (art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica n. 761/1979); i sovraintendenti sanitari, i direttori sanitari ed i primari restano in servizio sino al compimento del settantesimo anno di eta' qualora alla data di entrata in vigore della legge 10 maggio 1964, n. 336, occupavano un posto di ruolo nelle funzioni ivi indicate (art. 5 del d.-l. n. 402/1982); solo i dirigenti civili dello Stato, in servizio alla data del 1 ottobre 1974, che al compimento del sessantacinquesimo anno di eta' non hanno raggiunto il numero di anni di servizio tale a far conseguire il massimo del trattamento di quiescenza possono rimanere in servizio, previa istanza, sino al conseguimento di tale trattamento massimo, e comunque non oltre il settantesimo anno di eta' (art. 1 comma 4-quinquies del d.-l. 27 dicembre 1989 n. 413). 2. - Cio' premesso, osserva il collegio che la questione di legittimita' delle predette norme si appalesa rilevante ai fini della decisione del gravame introduttivo del giudizio. Il ricorrente, infatti, non rientra nella categoria di personale che puo' beneficiare della norma di cui all'art. 5 del d.-l. n. 402/1982 (convertito con modificazioni dalla legge n. 627/1982). Il collegio precisa, peraltro, che il ricorrente viene collocato a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno di eta' senza aver maturato un quarantennio di servizio effettivo utile a pensione. 3. - Valutata la rilevanza della questione di costituzionalita' ai fini della decisione del ricorso, il collegio ne ritiene sussistente anche la non manifesta infondatezza. Il collegio muove dalla osservazione che il legislatore ha recentemente perseguito l'indirizzo di prolungare l'eta' del collocamento a riposo sino al settantesimo anno di eta' per categorie sempre piu' numerose di pubblici dipendenti, senza pero' disciplinare la materia in modo organico e razionale, al fine, soprattutto di evitare situazioni di disparita' di trattamento. Significativi a tal proposito sono i seguenti testi normativi: la legge 28 febbraio 1990, n. 37 (art. 1, comma 4-quinquies) per i dirigenti dello Stato; la legge 7 agosto 1990, n. 239, riguardante il collocamento fuori ruolo dei docenti universitari; la legge della regione Calabria, approvata il 18 ottobre 1989 ed impugnata da Governo dinanzi la Corte costituzionale e ritenute conforme ai precetti costituzionali con la sentenza del 4/12 aprile 1990, n. 186. Una prima sostanziale disarmonia al regime del collocamento a riposo del personale pubblico e' stata introdotta con il d.-l. 27 dicembre 1989, n. 413 (recante disposizioni urgenti in materia di trattamento economico dei dirigenti dello Stato delle categorie ad essi equiparate, nonche' in materia di pubblico impiego), che e' stato convertito con modificazioni della legge 28 febbraio 1990, n. 37. Proprio in sede di conversione il Parlamento ha approvato un emendamento al testo del d.-l. volto ad estendere ai soli dirigenti dello Stato la norma di cui all'art. 15 comma secondo e terzo della legge 30 luglio 1973, n. 477, e all'art. 10, sesto comma, del d.-l. 6 novembre 1989, n. 357, convertito con modificazioni dalla legge 27 dicembre 1989, n. 417. Ad avviso del collegio, con la norma predetta, si e' determinata una palese, ingiustificata e traumatica rottura dell'unitario regime normativo che accumunava i dirigenti civili dello Stato ed il rimanente personale dei vari comparti del pubblico impiego, e cioe' non tanto e non solo in ordine all'eta' massima per il collocamento a riposo, quanto, soprattutto, in relazione al trattamento economico di quiescenza godibile. La ratio della normativa riguardante il personale della scuola fu individuata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 207 del 9/24 luglio 1986 nella quale si legge: "le disposizioni di cui al secondo e terzo comma di cui all'art. 15 della legge n. 477/1973, costituiscono un regime transitorio; poiche' infatti, anteriormente alla legge de qua i professori delle scuole secondarie venivano collocati a riposo a 70 anni, il legislatore nel momento in cui abbassava il limite di eta' a 65 anni ha ritenuto, dettando i due surriportati commi, di disciplinare il passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina". La medesima ratio non e' individuabile nella disposizione di cui all'art. 1, commma 4-quinquies, del d.-l. n. 413/1989, dal momento che i dirigenti civili dello Stato, al pari della generalita' dei pubblici dipendenti, venivano collocati a riposo (anche anteriormente al 1 ottobre 1974) al compimento del sessantacinquesimo anno di eta'. Ne puo' argomentarsi che altre categorie di pubblici dipendenti godono di un analogo trattamento di favore (magistrati e docenti universitari). Per queste ultime categorie, infatti, il legislatore non e' intervenuto con norme che disciplinano il collocamento a riposo in ragione dell'anzianita' utile al trattamento di quiescenza, bensi' con norme che prevedono un maggiore limite di eta' in via generale, riconoscendo da un lato la peculiarita' della funzione (giurisdizionale o di docenza superiore) e dall'altro l'esigenza di non disperdere in settore tanto delicato della vita pubblica, un patrimonio di indubbio valore sul piano della esperienza professionale. Analoga ratio non puo' rinvenirsi nella norma di cui all'art. 1, comma 4-quinquies del d.-l. n. 413/1989. La finalita' della disposizione e' esplicitamente quella di consentire l'incremento della base stipendiale pensionabile, dal momento che con l'art. 10, sesto comma, del d.-l. n. 357/1989 (norma parimenti estesa ai dirigenti civili dello Stato) si e' disposto che il servizio utile da prendere in considerazione, insieme con il servizio effettivo, ai sensi dell'art. 40 del Decreto del presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1902, ai fini della permanenza in servizio prevista dall'art. 15, secondo e terzo comma, della legge n. 477/1973, deve intendersi comprensivo di tutti i servizi e periodi riscattati, computati e ricongiunti per il trattamento di quiescenza con provvedimento formale. La norma di cui al d.-l. n. 413/1989 ha dunque, introdotto una disciplina in favore per i dirigenti civili dello Stato che al compimento dei 65 anni non hanno maturato 40 anni di servizio utile a pensione e che, quindi, godrebbero senza tale disciplina di un trattamento di quiescenza inferiore rispetto a quello previsto in relazione al massimo del servizio valutabile. La differente portata della norma, che consente l'incremento della base contributiva ai fini previdenziali, da quelle che prevedono in via generale un superiore limite di eta' per il colocamento a riposo, assume un indubbio rilievo al fine di saggiarne la conformita' ai precetti costituzionali di cui agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione. Nell'ipotesi in cui si determinano legislativamente limiti generali differenti di collocamento a riposo, ha insegnato il giudice delle leggi che ben puo' giustificarsi un differenziato trattamento in considerazione della peculiarita' delle carriere o di contingenze che giustificano sacrifici o agevolazioni di posizioni di impiego (Corte costituzionale 9 giugno 1986, n. 134). Nell'ipotesi in cui si pongono invece norme che tendono a incrementare la base contributiva non puo', a giudizio di questo collegio, giustificarsi, la previsione immotivata di trattamenti differenziati solo con conferimento alla gerarchia delle carriere, atteso che l'esigenza di assicurare un edeguato trattamento previdenziale di fine rapporto e' garantito dall'art. 38, secondo comma, della Costituzione a tutti i lavoratori, per cui eventuali differenziazioni non possono rimettersi alla mera discrezionalita' del legislatore. A tal proposito il collegio non ignora che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 761 del 19/27 luglio 1989, ha dichiarato non fondato il sospetto di incostituzionalita' della norma contenuta all'art. 4 del t.u. 29 dicembre 1973, n. 1902, ritenendo che: a ragione non viene estesa a tutto il settore del pubblico impiego la disposizione dell'art. 15 della legge n. 477/1973, che a natura transitoria ed e' collegata ad una peculiare contingenza; si tratta di una norma derogativa che non puo' essere assunta a metro di legittimita' della regola generale dettata in una determinata materia. Cio' premesso, diventa quindi obiettivamente sospetta la legittimita' costituzionale delle norme che disciplinano il collocamento a riposo del personale dipendente delle uu.ss.ll., e cio' proprio alla luce delle disposizioni che disciplinano (dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 469/1989) l'incremento della base contributiva per i dirigenti civili dello Stato, (come gia' rilevato con l'ordinanza di rimissione alla Corte di questo tribunale amministrativo n. 29 del 21 aprile 1990). Non vi e' dubbio, infatti, che con la previsione di una norma di favore per i dirigenti civili dello Stato viene a determinarsi una palese disparita' di trattamento, del tutto ingiustificata nella disciplina dei rapporti di pubblico impiego. Lo Stato economico e giuridico dei dirigenti civili dello Stato, disciplinato, dalla legge 30 giugno 1972, n. 748, infatti, ha lasciato inalterato il trattamento di quiescenza, regolato in modo uguale per tutti i dipendenti dello Stato dalla legge n. 1092/1973. A cio' va aggiunto che la stessa categoria della dirigenza statale presenta al suo interno non poche posizioni anomale, dal momento che al possesso della qualifica dirigenziale non sempre consegue necessariamente lo svolgimento delle relative funzioni, per cui la qualifica dirigenziale viene a costituire sostanzialmente una progressione automatica della ex carriera direttiva. Tale contesto della realta' normativa evidenzia vieppiu' che l'art. 1, comma 4-quinquies del d.-l. n. 413/1989, nel limitare il beneficio alla sola categoria dei dirigenti civili dello Stato, produce un ingiustificato privilegio in violazione degli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione. Sul piano della coerenza dell'ordinamento giuridico e dell'unitarieta' della pubblica amministrazione, globalmente considerata, appare incomprensibile la ratio che presiede alla estensione ad una sola categoria di personale statale di una norma (l'art. 15 della legge n. 477/1973) che concerneva un particolare settore della p.a. (personale docente e non docente della scuola senza distinzione di qualifiche), senza che analoga posizione venga concessa, senza esclusione di altre categorie altrettanti meritevoli, anche ai dirigenti del servizio veterinario delle unita' sanitarie locali. Del resto, la stessa Corte costituzionale, con riferimento a norme che disciplinano il servizio utile a conseguire un adeguato trattamento economico di quiescenza ha ritenuto che non puo' reputarsi conforme ai principi costituzionali una disciplina che discrimini in relazione alla qualifica o al grado posseduto (C.C. n. 154 del 13 maggio 1984, n. 531 dell'11 dicembre 1989). 4. - Cio' premesso il collegio ritiene che vanno sottoposti al giudizio incidentale di costituzionalita' l'art. 53 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (stato giuridico del personale delle unita' sanitarie locali), l'art. 1, comma 4-quinquies, del d.-l. 27 dicembre 1989, n. 413, convertito con modificazioni della legge 28 febbraio 1990, n. 37, per contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione della Repubblica. Il collegio ritiene, pertanto, che ricorrono i presupposti normativi per la rimessione degli atti alla Corte costituzionale; Va, quindi, disposta la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Va, quindi, disposta la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione della sopra prospettata questione di costituzionalita'.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, dichiara la rilevanza e la non manifesta infondatezza in relazione agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, sulla questione di costituzionalita' dell'art. 53 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (stato giuridico del personale delle unita' sanitarie locali), dell'art. 1, comma 4-quinquies del d.-l. 27 dicembre 1989, n. 413, convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 1990, n. 37, in quanto non vengono estesi i benefici contenuti nelle predette disposizioni al personale con qualifica di dirigente del servizio veterinario delle uu.ss.ll.; Sospende il giudizio promosso con il ricorso n. 1582/90, sezione prima; Ordina l'immediata rimessione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che a cura della Segreteria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Catania nelle camere di cosniglio del 13 febbraio e del 14 giugno 1991. Il presidente: TROVATO L'estensore: SCHILLACI Il segretario: (firma illeggibile) Depositata nella segreteria del t.a.r. sezione di Catania oggi 31 agosto 1991. Il direttore della prima sez. giur.: CARUSO 92C0261