N. 23 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 3 marzo 1992

                                 N. 23
  Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
                      cancelleria il 3 marzo 1992
   (del presidente della giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia)
 Beni in genere - Disposizioni per l'alienazione di beni immobili
    dello  Stato  e per la gestione di quelli suscettibili di gestione
    economica - Convocazione da parte del Ministro  delle  finanze  di
    una   conferenza   comprendente   tutti   i  rappresentanti  delle
    amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici comunque  tenuti
    ad   adottare   atti   d'intesa,   nonche'  a  rilasciare  pareri,
    autorizzazioni, approvazioni, nulla-osta previsti da leggi statali
    e regionali  -  Valutazione  da  parte  di  detta  conferenza  dei
    programmi di alienazione, di gestione e di valorizzazione dei beni
    suddetti,  nonche'  degli  eventuali connessi progetti esecutivi -
    Attribuzione   all'approvazione   assunta   all'unanimita'   dalla
    conferenza  di  efficacia  sostitutiva  ad ogni effetto degli atti
    d'intesa,  pareri,   autorizzazioni,   approvazioni,   nulla-osta,
    previsti  da leggi statali e regionali, ed attribuzione, in ordine
    alle  alienazioni  e  valorizzazioni  predette,  di  efficacia  di
    variazione anche integrativa agli strumenti urbanistici e ai piani
    territoriali,  ivi compresi i piani regolatori aeroportuali, senza
    necessita' di ulteriori adempimenti - Asserita indebita  invasione
    della  sfera  di  competenza  regionale  in materia di edilizia ed
    urbanistica.
 (D.-L. 5 dicembre 1991, n. 386, art. 2, sedicesimo e diciassettesimo
    comma, convertito in legge 29 gennaio 1992, n. 5).
 (Statuto Friuli-Venezia Giulia, artt. 4 e 5).
(GU n.11 del 11-3-1992 )
   Ricorso del presidente della giunta  regionale  del  Friuli-Venezia
 Giulia,  in giudizio rappresentato e difeso dall'avv. Gaspare Pacia e
 dall'avv. Renato Fusco, con domicilio eletto presso  l'ufficio  della
 regione Friuli-Venezia Giulia in Roma, piazza Colonna n. 355, come da
 mandato  a  margine,  nei  confronti del Presidente del Consiglio dei
 Ministri avverso il d.-l. 5 dicembre 1991, n.  386,  e  la  legge  di
 conversione  n.  35  del  29  gennaio 1992, pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale n. 24 del 30 gennaio 1992.
    Nella Gazzetta Ufficiale n. 24  del  30  gennaio  1992,  e'  stata
 pubblicata  la  legge  29  gennaio  1992,  n.  35, con la quale viene
 convertito in legge, senza modificazioni, il d.-l. 5  dicembre  1991,
 n.   386,  recante  trasformazione  degli  enti  pubblici  economici,
 dismissione delle  partecipazioni  statali  ed  alienazione  di  beni
 patrimoniali suscettibili di gestione economica.
    L'art.   2   del   decreto-legge,   nel   tracciare   uno   schema
 procedimentale abbreviato per l'alienazione dei beni  immobili  dello
 Stato e per la gestione di quelli suscettibili di gestione economica,
 stabilisce,  al  quindicesimo  comma,  che,  per  tali  finalita', il
 Ministro delle finanze, "convoca una conferenza cui partecipano tutti
 i rappresentanti delle  amministrazioni  dello  Stato  e  degli  enti
 pubblici  comunque  tenuti  ad  adottare  atti  d'intesa,  nonche'  a
 rilasciare pareri, autorizzazioni, approvazioni, nulla-osta  previsti
 da leggi statali e regionali".
    Seguono,  poi  il sedicesimo e diciassettesimo comma nel testo che
 viene qui riprodotto:
      (sedicesimo  comma)  "La  conferenza  valuta  i   programmi   di
 alienazione, di gestione e di valorizzazione dei beni immobili di cui
 al primo comma, nonche' gli eventuali progetti esecutivi connessi con
 le  finalita'  previste  dal  presente  articolo,  nel rispetto delle
 disposizioni relative ai vincoli archeologici,  ambientali,  storici,
 artistici  e  territoriali,  esprimendosi  su  di essi entro quindici
 giorni dalla convocazione ed apportando, ove occorrano, le  opportune
 modifiche,  senza  che  cio'  comporti  la  necessita'  di  ulteriori
 deliberazioni per quanto concerne gli interventi dell'ente locale, in
 deroga a quanto stabilito dall'art. 27, quinto comma, della  legge  8
 giugno 1990, n. 142";
      (diciassettesimo  comma)  "L'approvazione assunta all'unanimita'
 sostituisce  ad  ogni  effetto  gli  atti  d'intesa,  i  pareri,   le
 autorizzazioni,  le  approvazioni,  i  nulla-osta  previsti  da leggi
 statali e regionali. Essa comporta in ordine alle alienazioni ed alle
 valorizzazioni di cui  al  presente  articolo,  per  quanto  occorra,
 variazione  anche  integrativa agli strumenti urbanistici ed ai piani
 territoriali, ivi compresi i  piani  regolatori  aeroportuali,  senza
 necessita' di ulteriori adempimenti".
    Le  disposizioni contenute nel sedicesimo e diciassettesimo comma,
 appena trascritti, sono lesive della sfera  di  competenza  assegnata
 alla  regione  Friuli-Venezia Giulia dagli artt. 1, 4, 5, 6 e 8 dello
 statuto speciale di autonomia (l.c. 31 gennaio 1963, n.  1)  e  dalle
 norme  di  attuazione statutaria:  per i motivi e sotto i profili che
 di qui a poco saranno precisati.
    Nel sedicesimo comma, si prevede che la conferenza,  nel  valutare
 "i programmi di alienazione, di gestione e di valorizzazione dei beni
 immobili"  e gli "eventuali progetti esecutivi", puo' apportarvi, ove
 occorrano,  le  "opportune  modifiche  senza  che  cio'  comporti  la
 necessita'   di  ulteriori  deliberazioni  per  quanto  concerne  gli
 interventi dell'ente locale, in deroga a quanto  stabilito  dall'art.
 27, quinto comma, della legge 8 giugno 1990, n. 142".
    Orbene,   la   previsione   che   la  conferenza  possa  apportare
 direttamente le sopra ipotizzate  "opportune  modifiche",  senza  che
 cio'  comporti  la necessita' di "ulteriori deliberazioni" per quanto
 concerne gli interventi dell'ente locale, e' sicuramente lesiva della
 sfera di competenza della regione Friuli-Venezia Giulia nelle materie
 in cui indicono le "ulteriori deliberazioni" (delle quali si  esclude
 la   necessita')   sempre   che   si   tratti   di  materie  ad  essa
 statutariamente attribuite a livello esclusivo o concorrente.
    L'applicazione del suddetto sedicesimo comma, infatti, verrebbe  a
 produrre,  senza  alcuna  copertura costituzionale, un vero e proprio
 effetto abrogativo  delle  norme  regionali,  che  quelle  "ulteriori
 deliberazioni"   prescrivono,   e   creerebbe  comunque  una  pesante
 intromissione   in   uno   spazio   normativo   ed    amministrativo,
 costituzionalmente riservato alla regione.
    A  rendere  piu'  evidente  la  portata  lesiva  del  comma che si
 censura, valga un riferimento puntuale alla materia urbanistica,  che
 e'  proprio  la  materia  cui il comma principalmente si riferisce, a
 quanto almeno si desume dall'ultimo  inciso,  concernente  la  deroga
 all'art. 27 della legge n. 142/1990 (proprio in tema di variazioni di
 strumenti urbanistici).
    Secondo  l'art. 32 della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia
 sulla pianificazione territoriale ed urbanistica  (l.r.  19  novembre
 1991,  n.  52),  il  procedimento  di adozione ed approvazione di una
 variante al piano regolatore generale  di  un  comune,  p.r.g.c.,  si
 svolge attraverso una serie di adempimenti, dei quali giova ricordare
 quelli piu' importanti:
      1)  delibera  del  consiglio comunale, che adotta il progetto di
 variante;
      2) controllo di legittimita' del Coreco su tale delibera;
      3) invio della stessa delibera all'amministrazione regionale che
 ne da' avviso sul b.u.r.;
      4) deposito  del  progetto  di  variante  presso  la  segreteria
 comunale  per  la  durata  di trenta giorni, affinche' chiunque possa
 prenderne visione;
      5)  diffusione  della  notizia  del  deposito  mediante   avviso
 nell'albo  comunale e mediante inserzione su almeno un quotidiano lo-
 cale;
      6) osservazioni  entro  il  periodo  di  deposito  da  parte  di
 chiunque abbia interesse;
      7)  opposizioni entro lo stesso termine da parte dei proprietari
 degli immobili vincolati, con  obbligo  del  comune  di  pronunciarsi
 "specificamente" sulle opposizioni anzidette;
      8)  entro  novanta  giorni successivi alla pubblicazione sub 3),
 intervento della giunta regionale che, dopo aver sentito il  Comitato
 tecnico regionale ed il Ministero per i beni culturali ed ambientali,
 puo'  comunicare  al comune (ovviamente previa formale deliberazione)
 "le proprie riserve vincolanti",  che  siano  motivate  da  eventuale
 contrasto,  fra  il  progetto di variante e le norme vigenti, o dalla
 necessita' della tutela del paesaggio o  della  tutela  di  complessi
 storici monumentali ed archeologici;
      9)   entro   lo   stesso  termine,  trattative  del  comune  con
 amministrazioni competenti, rivolte a raggiungere "intese  necessarie
 ai  fine degli eventuali mutamenti di destinazione dei beni immobili,
 appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dello  Stato  o
 della regione";
      10) decorso il termine di novanta giorni, delibera del consiglio
 comunale  che  approva  la  variante,  se  non  vi  sia necessita' di
 raggiungere le "intese", se non siano state presentate opposizioni ed
 osservazioni, se non  siano  state  formulate  riserve  dalla  giunta
 regionale;
      11)  controllo  di  legittimita',  da  parte  del  Coreco, sulla
 delibera sub 10) e pubblicazione della stessa sul b.u.r.;
      12) in alternativa a quanto previsto al precedente n. 10), se vi
 siano opposizioni o  riserve  da  decidere,  delibera  del  consiglio
 comunale,  che  si  pronuncia  sulle  stesse  ed  approva la variante
 eventualmente modificata.
    Tali essendo gli adempimenti prescritti dall'art. 32 della l.r. n.
 52/1991 per l'adozione e l'approvazione di varianti ad  p.r.g.c.,  e'
 evidente  che  degli  stessi  ben poco rimane da osservare, una volta
 eliminata "la necessita' di ulteriori deliberazioni", per effetto  di
 quanto  dispone  il piu' delle volte citato sedicesimo comma, oggetto
 della presente impugnativa.
    Ne' e' dato desumere quale giustificazione di  cio'  possa  essere
 fornita  sul piano della legittimita' costituzionale, specie se si ha
 riguardo alle  materie  di  competenza  esclusiva  (come  la  materia
 urbanistica,  appena  considerata),  nella trattazione delle quali la
 regione Friuli-Venezia Giulia (cosi' come le altre regioni  speciali)
 non  e' nemmeno vincolata dai principi fondamentali delle leggi dello
 Stato.
    Nel  diciassettesimo  comma dello stesso art. 2 del decreto-legge,
 e' stabilito che "l'approvazione assunta  all'unanimita'"  (da  parte
 della  conferenza)  dei  programmi  di  alienazione, di gestione e di
 valorizzazione  dei  beni  immobili  e   degli   eventuali   progetti
 esecutivi:
       a)   sostituisce,   ad   ogni   effetto,   tutti  gli  atti  di
 partecipazione al procedimento amministrativo (atti d'intesa, pareri,
 autorizzazioni, approvazioni, nulla osta, ecc.),  previsti  da  leggi
 statali o regionali;
       b)  e  comporta altresi', per quanto occorra, "variazione anche
 integrativa agli strumenti urbanistici ed ai piani territoriali".
    La previsione sub a) e'  costituzionalmente  illegittima,  per  la
 parte  che  attiene  agli  atti  di partecipazione, previsti da leggi
 regionali ed incidenti in materie di competenza della regione.
    Sembra ovvio, infatti, che non  e'  dato  al  legislatore  statale
 disporre  la  disapplicazione di leggi regionali in materie in cui la
 regione abbia potesta' legislativa, esclusiva o concorrente, sia pure
 nei limiti segnati dagli artt. 4 e 5 del suo statuto speciale.
    Ne' puo' il  legislatore  statale  trasferire  ad  una  conferenza
 (quand'anche  vi partecipi un rappresentante regionale) poteri che si
 appartengono alla regione; ed ancor meno  attribuire  alle  pronuncie
 della  conferenza  una valenza sostitutiva di prescrizioni imposte da
 legge regionali.
    La previsione sub b) e' del  pari  costituzionalmente  illegittima
 per lo stesso ordine di concetti, appena esposti.
    L'introduzione    (per    effetto    dell'"approvazione    assunta
 all'unanimita'",  da  parte  della  conferenza)  di  variazioni  agli
 strumenti  urbanistici ed ai piani territoriali, "senza necessita' di
 ulteriori adempimenti", comporta una disapplicazione manifesta  delle
 leggi  regionali,  che  disciplinano  la  materia  urbanistica, ed e'
 invasiva di uno spazio costituzionale riservato alla regione.
   Per le considerazioni suesposte, che si fa riserva  di  illustrare,
 di  precisare  e di integrare nel corso del giudizio, e si chiede che
 l'ecc.ma  Corte  costituzionale  voglia  dichiarare  l'illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  2, sedicesimo e diciassettesimo comma, del
 d.-l.  5  dicembre  1991,  n.  386,  convertito   in   legge,   senza
 modificazioni, dalla legge 29 gennaio 1992, n. 35, nelle parti in cui
 non  vengono  fatte  salve le competenze della regione Friuli-Venezia
 Giulia nelle materie indicate dagli artt.  4  e  5  del  suo  statuto
 speciale.
      Trieste-Roma, addi' 26 febbraio 1992
                Avv. Renato FUSCO - Avv. Gaspare PACIA

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