N. 87 SENTENZA 21 febbraio - 9 marzo 1992

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Consorzi - Regione Sicilia - Aree di sviluppo industriale - Consiglio
 generale - Rappresentanti  delle  associazioni  degli  industriali  -
 Designazione  da  parte delle associazioni provinciali di due dei tre
 rappresentanti - Richiamo alle sentenze  della  Corte  nn.    2/1969,
 15/1975,  68/1980  e  975/1988 - Irrazionalita' della prescrizione di
 requisiti di legittimazione - Violazione del principio di uguaglianza
 - Illegittimita' costituzionale.
 
 (Legge regione Sicilia 4 gennaio 1984, n. 1, art. 6)
 
 (Cost., art. 3).
(GU n.12 del 18-3-1992 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
    CASAVOLA,  prof.  Antonio  BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
    avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.
    Renato  GRANATA,  prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,
    prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6  della  legge
 regionale siciliana 4 gennaio 1984, n. 1 (Disciplina dei consorzi per
 le aree di sviluppo industriale e per i nuclei di industrializzazione
 della Sicilia), promosso con ordinanza emessa il 19 dicembre 1990 dal
 Consiglio  di  giustizia  amministrativa  per  la Regione Sicilia sul
 ricorso  proposto  dall'Associazione   sindacale   Intersind   contro
 l'Assessorato  regionale per l'industria ed altri, iscritta al n. 544
 del registro ordinanze 1991 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visti l'atto di costituzione dell'Associazione sindacale Intersind
 nonche' l'atto di intervento della Regione Sicilia;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  17  dicembre  1991  il Giudice
 relatore Ugo Spagnoli;
    Uditi  l'avvocato  Filippo  Satta  per  l'Associazione   sindacale
 Intersind  e  l'Avvocato  dello  Stato Stefano Onufrio per la Regione
 Sicilia;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Il Consiglio  di  giustizia  amministrativa  per  la  Regione
 siciliana,  pronunziandosi  in  grado di appello sul ricorso proposto
 dalla  associazione  sindacale  Intersind,  delegazione  di  Palermo,
 avverso  la  propria  esclusione dal Consiglio Generale del Consorzio
 per l'area industriale  di  Palermo,  ha  ritenuto  rilevante  e  non
 manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 6 della legge regionale siciliana 4 gennaio 1984, n. 1  per
 contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
    Ai  sensi  di tale norma al Consiglio Generale dei Consorzi per lo
 sviluppo  industriale,  partecipano,  tra   gli   altri,   con   voto
 deliberativo,    tre   rappresentanti   delle   "associazioni   degli
 industriali, di cui  due  designati  dalle  associazioni  provinciali
 degli industriali ed uno dall'Associazione piccole e medie industrie,
 competenti  per  territorio".  In  base  a  tale  norma, l'Intersind,
 associazione sindacale delle imprese a  partecipazione  statale,  era
 stata  esclusa  dal  Consiglio  Generale  dei  Consorzi per l'area di
 sviluppo industriale di Palermo, al quale erano stati invece  ammessi
 due rappresentanti designati dalla Confindustria.
    Il  giudice  a  quo  ha rilevato che la legge regionale riserva la
 nomina  dei  rappresentanti  delle  imprese  in  seno  al   consiglio
 direttivo   del   consorzio   alle  "associazioni  provinciali  degli
 industriali",   sottolineando   nel   contempo   che   soltanto    la
 Confindustria  articola  la propria organizzazione territoriale sulla
 base di associazioni provinciali, mentre l'Intersind e' articolata su
 "delegazioni territoriali" non coincidenti con  la  ripartizione  per
 province.  E  il Consiglio di giustizia amministrativa ha ritenuto di
 non poter condividere l'interpretazione logica della norma  regionale
 prospettata    dall'Intersind,   secondo   la   quale   l'espressione
 "associazioni  provinciali"  dovrebbe  intendersi  alla  stregua   di
 "associazioni locali", senza un vincolo immediato dell'organizzazione
 territoriale   dell'Associazione   con   determinate   circoscrizioni
 amministrative locali dell'ordinamento statale.
    L'Intersind ha peraltro  una  notevole  consistenza  organizzativa
 nella  provincia  di  Palermo  e  -  piu'  in  generale - sull'intero
 territorio regionale; sicche' - osserva il giudice  a  quo  -  appare
 viziata  di  illegittimita' costituzionale per violazione dell'art. 3
 della Costituzione, una norma che, in base al solo dato formale della
 mancanza di articolazioni associative provinciali, esclude  a  priori
 tale associazione dagli organi consortili anche in quelle province in
 cui  -  in  teoria  -  o potrebbe essere maggiormente rappresentativa
 ovvero in cui la Confindustria, pur se piu' consistente, potrebbe non
 avere quel grado di rappresentativita' assolutamente  prevalente  che
 giustificherebbe   la  pretermissione  di  ogni  altra  associazione.
 D'altra parte il legislatore regionale ha previsto che  al  consiglio
 generale  del  consorzio  partecipino  -  tra  gli  altri  - "quattro
 rappresentanti  delle   organizzazioni   sindacali   dei   lavoratori
 maggiormente rappresentative in campo nazionale", mostrando cosi' che
 il   legame   con   una  specifica  realta'  economica  a  dimensione
 provinciale  non  e'  un  necessario  presupposto   logico   per   la
 partecipazione  al  consiglio  stesso; sicche' appare dubbia l'intima
 coerenza  di  una  norma  che  da  una  parte  fa  riferimento   alle
 associazioni  nazionali  dei  lavoratori  e dall'altra fa riferimento
 alle sole associazioni provinciali dei datori di lavoro. Nel giudizio
 davanti a questa Corte si e'  costituita  l'Intersind  sostenendo  la
 fondatezza  della questione e sottolineando, a tal fine, che appariva
 arbitraria e irragionevole la  valutazione  in  base  alla  quale  il
 legislatore  regionale, nel determinare la composizione del Consiglio
 Generale, aveva discriminato tra associazioni delle industrie private
 ed associazioni delle industrie pubbliche  sulla  base  soltanto  del
 modello  di articolazione territoriale da esse adottato e cioe' sulla
 base di un criterio privo di  una  qualsivoglia  valenza  sostanziale
 (quale  invece  avrebbe  potuto avere un criterio basato, ad esempio,
 sul numero  e  sull'entita'  delle  imprese  associate  operanti  sul
 territorio di competenza del Consorzio).
    Tale  irrazionalita'  appariva poi ancor piu' evidente, secondo la
 difesa dell'Intersind, considerando che il  Consorzio  per  le  aeree
 industriali  e'  un  organismo strumentale allo sviluppo economico di
 una  parte  del  territorio   nazionale   secondo   un   disegno   di
 incentivazione  da  parte  dello  Stato  e  della  Regione,  al quale
 concorrono, con pari dignita',  imprenditori  privati  ed  imprese  a
 partecipazione statale, e queste ultime addirittura costituiscono uno
 degli  strumenti  tipici  per  favorire  lo  sviluppo  economico  del
 Mezzogiorno.
    Piu'    in    generale,    la   difesa   dell'Intersind   denuncia
 l'incostituzionalita' del  riferimento  territoriale  adottato  dalla
 legge  per  le  organizzazioni  datoriali.  Senza  alcun fondamento o
 giustificazione nella logica interna del provvedimento normativo  nel
 quale  e'  inserita,  la  norma  fa infatti rigidamente coincidere il
 limite di rilevanza territoriale  dell'organizzazione  assunta  dalle
 varie  Associazioni con una tra le varie suddivisioni delle autonomie
 locali. Tutto cio'  e'  irrazionale,  perche'  se  l'associazione  e'
 libera,  libera  deve  essere  anche  la sua organizzazione. Ben puo'
 essere cioe' stabilito  il  requisito  della  articolazione  e  della
 rappresentativita'  su  base  locale e puo' anche essere stabilito il
 principio della "effettiva rappresentativita' locale" degli organismi
 nei quali si articola una associazione; non ha  invece  alcun  senso,
 ne'  risponde  ad alcuna esigenza di interesse pubblico, lo stabilire
 "a priori" quale debba essere la  forma  della  articolazione  locale
 della  associazione  ed  in  particolare imporre un'articolazione per
 province o per comuni.
    E' intervenuto il Presidente della Giunta regionale della  Regione
 Sicilia, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato,
 che ha concluso per il rigetto della questione. Secondo l'Avvocatura,
 l'apparente  discriminazione a danno dell'Intersind trova ragionevole
 giustificazione nel fatto che il legislatore  regionale,  nell'ambito
 delle  scelte normative riservate al suo discrezionale apprezzamento,
 ha ritenuto di ancorare alla estensione  territoriale  corrispondente
 alla  zona  di  operativita'  del  Consorzio  la rappresentanza degli
 interessi degli enti  o  associazioni  di  categoria;  cio'  si  puo'
 agevolmente  desumere  dalla  espressione "competenti per territorio"
 contenuta nel quarto comma dell'art. 6  e  riferita  all'associazione
 piccole  e medie industrie, e dall'espresso riferimento al "perimetro
 dei consorzi e delle aree di  sviluppo  industriale"  effettuato  nel
 successivo art. 7, relativamente al territorio dei Comuni che possono
 avere  diritto  alla  rappresentanza  in  discussione.  In proposito,
 appare pertinente il richiamo allo scopo primario dei consorzi per le
 aree di sviluppo industriale, che l'art. 50 del d.P.R. 6 marzo  1978,
 n.  218  individua  nella  necessita'  di  "favorire nuove iniziative
 industriali di cui sia prevista la concentrazione in una  determinata
 zona",  in  quanto il collegamento territoriale tra "aree attrezzate"
 (v. art. 3 legge regionale n. 1 del 1984) ed interessi  locali  degli
 industriali trova origine proprio nella delimitazione della fascia di
 localizzazione dei Consorzi medesimi.
    2.  -  Con  memoria  successivamente  depositata,  l'Intersind  ha
 replicato alle ragioni esposte dall'Avvocatura Generale dello  Stato,
 sottolineando  che  la censura in esame non era volta a contestare il
 diritto del legislatore  di  adottare  riferimenti  territoriali  per
 individuare  le  organizzazioni  datoriali  che  meritano  di  essere
 rappresentate  negli  organismi  pubblici  operanti  con  ambito   di
 competenza territoriale limitata. Ma il criterio adottato dalla legge
 siciliana n. 1 del 1984 fa riferimento non all'effettiva presenza sul
 territorio  di  una  certa  organizzazione imprenditoriale, bensi' al
 solo fatto che essa sia formalmente organizzata secondo  ripartizioni
 territoriali   tratte  aliunde.  Ai  fini  della  rilevanza  e  della
 rappresentanza degli interessi, invece, cio'  che  deve  contare,  in
 questi   casi,  e'  la  loro  effettiva  presenza  in  loco,  essendo
 palesemente assurdo che un'associazione  di  imprese  con  fortissima
 presenza  nella  regione Sicilia - quale l'Intersind, che riunisce le
 imprese a partecipazione statale -  non  possa  essere  presente  nei
 consigli  generali  dei  consorzi per le aree di sviluppo industriale
 solo perche' si e' data un'organizzazione su  base  regionale  e  non
 provinciale.
                        Considerato in diritto
    1.   -   La   questione   sollevata  dal  Consiglio  di  giustizia
 amministrativa della Regione siciliana riguarda l'art. 6 della  legge
 regionale  siciliana 4 gennaio 1984, n. 1 sui consorzi per le aree di
 sviluppo industriale e per  i  nuclei  di  industrializzazione  della
 Sicilia,  secondo  cui  al  consiglio  generale dei consorzi - che di
 questi ultimi costituisce l'organo deliberativo  -  partecipano,  con
 diritto   di   voto,  "quattro  rappresentanti  delle  organizzazioni
 sindacali  dei  lavoratori  maggiormente  rappresentative  in   campo
 nazionale,  tre  rappresentanti delle associazioni degli industriali,
 di cui due designati dalle associazioni provinciali degli industriali
 ed uno dall'associazione delle piccole e medie industrie,  competenti
 per  territorio,  e  tre  rappresentanti delle associazioni artigiane
 piu' rappresentative". La censura investe la parte  della  norma  che
 riserva  tale  potere  di  designazione alle associazioni provinciali
 degli industriali, cosi' escludendo, secondo il giudice a quo, quelle
 associazioni imprenditoriali che, come l'Intersind, si  siano  dotate
 di  un  assetto organizzativo le cui articolazioni locali non abbiano
 carattere associativo ovvero si riferiscano  ad  ambiti  territoriali
 diversi  dalla  circoscrizione  provinciale. Una simile delimitazione
 della legittimazione a partecipare  alla  composizione  dei  consigli
 generali  dei consorzi viene considerata arbitraria e irrazionale - e
 quindi contraria all'art. 3 della Costituzione - in quanto  comporta,
 senza  alcuna  ipotizzabile giustificazione sostanziale, l'esclusione
 di organizzazioni imprenditoriali pur dotate di notevole  consistenza
 organizzativa  nell'ambito territoriale del consorzio o della regione
 e che potrebbero anche rappresentare, in ipotesi, la parte prevalente
 ovvero una parte comunque notevole, delle imprese industriali in esso
 operanti.
    2. - La questione e' fondata.
    Come questa Corte ha affermato con la sentenza n. 25 del  1966  ed
 ha  successivamente  piu' volte ribadito (sentenze nn. 2 del 1969, 15
 del 1975, 68 del 1980, 975 del 1988), "l'uguaglianza .. e'  principio
 generale  che  condiziona  tutto  l'ordinamento  nella  sua obiettiva
 struttura: esso vieta, cioe',  che  la  legge  ponga  in  essere  una
 disciplina  che  direttamente  o  indirettamente  dia vita ad una non
 giustificata disparita' di trattamento delle  situazioni  giuridiche,
 indipendentemente dalla natura e dalla qualificazione dei soggetti ai
 quali  queste  vengono  imputate"  (sentenza  n.  25  del  1966).  Il
 principio di uguaglianza vige quindi non soltanto nei confronti delle
 persone fisiche, ma, in quanto sia  possibile,  anche  nei  confronti
 delle persone giuridiche e dei soggetti collettivi in generale.
    Da  tale  premessa  deriva  che  se una legge "dispone che debbono
 essere  chiamati  a  far  parte  di  un   organo   amministrativo   i
 rappresentanti  di  talune  categorie,  sindacalmente organizzate, e'
 evidente che - salvo a stabilire, in astratto, quali siano i  criteri
 in  base  ai  quali,  quando  le organizzazioni di categoria siano in
 numero superiore a quello dei componenti da nominare,  questi  ultimi
 debbono  di  volta  in  volta essere prescelti e designati - la legge
 stessa  deve  assicurare a tutte le organizzazioni di categoria, allo
 stesso modo, la possibilita' astratta di essere  rappresentate  nella
 composizione  di  quell'organo"  (sentenze  nn.  2 del 1969 e 975 del
 1988).
    Cio' implica che, nell'individuare i requisiti di  legittimazione,
 il legislatore non puo' dar rilievo ad elementi che abbiano l'effetto
 di  escludere  determinate  organizzazioni, ma che non siano in alcun
 modo correlati alla ratio dell'istituto di cui si  tratta  ovvero  ad
 altre  finalita'  assunte dall'ordinamento e non siano quindi tali da
 giustificare ragionevolmente la differenza di  trattamento  che  essi
 determinano.
    Cosi',   ai  fini  della  designazione  dei  rappresentanti  delle
 organizzazioni dei lavoratori e delle imprese negli  organi  pubblici
 (commissioni, comitati, collegi, consigli di amministrazione ecc.) in
 cui  tale  rappresentanza e' prevista, si e' legittimamente affermato
 nel nostro ordinamento - come ha riconosciuto la sentenza n. 975  del
 1988  -  un  meccanismo  di  selezione delle associazioni legittimate
 imperniato sul concetto di "sindacato maggiormente  rappresentativo".
 Il  dibattito  che  investe  tale  concetto ha riguardo ai criteri di
 definizione, di rilevazione e di verifica  della  effettiva  maggiore
 rappresentativita',   ma  non  pone  in  dubbio  che  tale  principio
 organizzativo, se correttamente definito e applicato, si concilia col
 principio di uguaglianza di  cui  all'art.  3  Cost.,  in  quanto  e'
 coerente  con  la  finalita'  di imprimere un carattere partecipativo
 alla gestione  della  cosa  pubblica  e  di  assicurare  una  genuina
 rappresentazione  degli  interessi, delle volonta' e delle esperienze
 specificamente riferibili alle categorie sociali rappresentate.
    La prescrizione - ai fini della  designazione  dei  rappresentanti
 delle  associazioni sindacali negli organi pubblici - di requisiti di
 legittimazione che abbiano l'effetto  di  escludere  talune  di  esse
 solamente  a  causa  del  modello  organizzativo  da esse adottato in
 ordine  alle  proprie  articolazioni  locali,  si  pone,  invece,  in
 contrasto  con  l'art.  3 della Costituzione, allorquando, come nella
 specie,  per  tale  specifica  modalita'   di   delimitazione   della
 legittimazione    non    sia    ipotizzabile    alcuna    ragionevole
 giustificazione in relazione alle ragioni d'essere  della  disciplina
 ovvero    ad   aspetti   ai   quali   una   coerente   considerazione
 dell'ordinamento consenta comunque di dare rilievo.  Il  collegamento
 con   l'ambito   territoriale  di  operativita'  del  Consorzio  puo'
 certamente essere considerato dal legislatore un  elemento  rilevante
 ai  fini della legittimazione a partecipare agli organi del consorzio
 stesso:  ma  a  tal  fine  non  e'  ne'  idonea  ne'  necessaria   la
 prescrizione   di   requisiti   -   quali  il  carattere  associativo
 dell'articolazione locale e  la  sua  dimensione  provinciale  -  che
 attengono  alla  forma  organizzativa  e  non alla effettivita' delle
 realta' imprenditoriali rappresentate e al concreto rapporto di  esse
 con il territorio di competenza del consorzio. L'irrazionalita' della
 prescrizione  di  siffatti requisiti di legittimazione si traduce poi
 in una violazione ancor piu' grave del principio di  uguaglianza,  in
 quanto il discrimine cosi' stabilito viene ad interferire nella sfera
 dell'autonomia  organizzativa  che  l'art.  39,  primo  comma,  della
 Costituzione  riconosce   al   sindacato,   compreso   quello   degli
 imprenditori,  e  che  non  puo'  essere assoggettata a limitazioni o
 condizionamenti che non siano finalizzati al perseguimento  di  altri
 scopi costituzionalmente rilevanti.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 6 della legge
 regionale siciliana 4 gennaio 1984, n. 1 (Disciplina dei consorzi per
 le aree di sviluppo industriale e per i nuclei di industrializzazione
 della  Sicilia),  nella  parte  in  cui  prevede  che  due  dei   tre
 rappresentanti  delle  associazioni  degli  industriali  nei consigli
 generali dei consorzi siano designati dalle associazioni  provinciali
 degli industriali.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 1992.
                       Il Presidente: CORASANITI
                        Il redattore: SPAGNOLI
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
    Depositata in cancelleria il 9 marzo 1992.
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
 92C0285