N. 96 SENTENZA 21 febbraio - 9 marzo 1992

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Impiego pubblico - Docenti universitari -  Riordinamento  -  Servizio
 pregresso  -  Valutazione  -  Limiti  -  Criteri  - Indistinzione dei
 riconoscimenti pregressi -  Unicum ricostruttivo - Non fondatezza.
 
 (D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 103, quinto comma).
 
 (Cost., artt. 3, 36 e 97).
(GU n.12 del 18-3-1992 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
    CASAVOLA,  prof.  Antonio  BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
    avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  prof.
    Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 103, quinto
 comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza
 universitaria, relativa fascia di formazione nonche'  sperimentazione
 organizzativa e didattica), promosso con ordinanza emessa il 15 marzo
 1991  dal  Consiglio  di  Stato  -  Sezione  VI giurisdizionale - sul
 ricorso  proposto  da  Manlio  Sargenti  contro  il  Ministero  della
 Pubblica  Istruzione  ed  altro,  iscritta  al  n.  631  del registro
 ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visti  gli   atti   di   costituzione   di   Manlio   Sargenti   e
 dell'Universita'  degli  Studi  di Pavia nonche' l'atto di intervento
 del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  4  febbraio  1992  il  Giudice
 relatore Giuseppe Borzellino;
    Udito  l'Avvocato  dello  Stato  Alessandro  De  Stefano  per   il
 Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.1.  -  Con  ordinanza  emessa  il  15 marzo 1991 il Consiglio di
 Stato, Sez. VI giurisdizionale, sul ricorso proposto dal Prof. Manlio
 Sargenti contro il Ministero della Pubblica Istruzione ed altro (Reg.
 ord. n. 631 del 1991) ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 36 e
 97  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  103,  quinto  comma,  del  d.P.R.  11  luglio  1980 n. 382
 (Riordinamento  della  docenza  universitaria,  relativa  fascia   di
 formazione nonche' sperimentazione organizzativa e didattica).
    Premette  l'ordinanza  che l'interessato, ordinario dal 27 gennaio
 1984, nominato straordinario con decorrenza giuridica dal 1› novembre
 1980, in data 27 novembre 1984 ha  presentato  istanza  chiedendo  il
 riconoscimento  dei  servizi  prestati  anteriormente alla nomina, ai
 sensi dell'art. 103 del d.P.R. 11 luglio 1980 n.  382,  disposto  per
 solo  otto  degli  anni  prestati  prima  della nomina e cioe' per il
 massimo consentito dall'art. 103 citato. Precisa in  punto  di  fatto
 l'ordinanza che il ricorrente ha svolto i seguenti servizi:
       a)  dall'anno  accademico  1936/37 al 1942/43, quale assistente
 volontario presso l'Universita' di Roma, per complessivi 7 anni;
       b) dall'anno accademico 1940/41 al  1942/43,  quale  professore
 incaricato presso l'Universita' di Perugia, per complessivi 3 anni;
       c)  dall'anno  accademico  1945/46  al 1972/73 quale professore
 incaricato presso l'Universita' di Pavia, per complessivi 27 anni;
       d) dall'anno accademico 1973/1974 al  26  gennaio  1981,  quale
 professore  incaricato  stabilizzato  nell'Universita'  di Pavia, per
 complessivi ulteriori 8 anni;
       e) dal 27 gennaio 1981,  quale  professore  straordinario,  con
 decorrenza  giuridica  dal  1›  novembre  1980 e cosi' per un periodo
 complessivo di 45  anni  di  servizio  di  cui  38  quale  professore
 incaricato.
    Il Collegio remittente ricorda che l'art. 103 del d.P.R. 11 luglio
 1980  n.  382 riconosce ai professori di ruolo, all'atto della nomina
 ad  ordinario,  il  servizio  prestato  "in  qualita'  di  professori
 universitari  associati  ed  incaricati per i due terzi; per la meta'
 quello prestato in qualita' di ricercatore, e  per  un  terzo  quello
 prestato  in  una  delle  figure  previste dall'art. 7 della legge 21
 febbraio 1980 n. 28, o come assistente volontario".
    Peraltro il quinto comma dello  stesso  articolo  dispone  che  il
 riconoscimento  di attivita' e servizi di cui ai commi precedenti non
 puo' comunque superare il limite massimo  di  otto  anni  ed  a  tale
 limitazione si e', infatti, attenuto il provvedimento impugnato.
    La  differenza  tra  l'anzianita'  valutabile  "ai sensi dei primi
 commi  del  citato  articolo"  e  quella   massima   di   otto   anni
 riconoscibile  ai  sensi  del  quinto  comma,  comporta,  percio', un
 trattamento  economico  notevolmente  deteriore,  che   sarebbe   non
 giustificabile alla luce degli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione.
    La  norma  sembra  interrompere,  invero, la logicita' del sistema
 imponendo un tetto massimo di valutabilita'  indipendente  sia  dalla
 durata che dalla qualifica dei servizi pregressi.
    E   infatti,   la   logica   sottesa  alla  differente  misura  di
 valutabilita' dei periodi si perderebbe con l'imposizione  del  tetto
 massimo  che  abbraccia  le  tre  categorie di attivita', si' che, in
 sostanza, il legislatore avrebbe dettato due norme in  contrasto  tra
 di loro, in quanto perseguono fini contrapposti ed inconciliabili.
    Si consideri, infatti, che la ratio nella individuazione delle tre
 categorie  valutabili  (per  due terzi, meta', un terzo) e' quella di
 attribuire un "peso" diverso alle diverse esperienze, e cio' ai  fini
 di  assicurare  un  maggior  sviluppo  di carriera, con assunzione di
 conseguenti maggiori responsabilita', a  quei  soggetti  che  abbiano
 cosi'  maturato  una  maggiore  professionalita'.  La norma in esame,
 invece, impedisce la considerazione delle differenziazioni.
    D'altra parte, il diritto alla  proporzionalita'  del  trattamento
 economico  e'  da  porre  in  relazione alla quantita' e qualita' del
 lavoro  prestato  e  quindi   al   grado   stesso   della   anzidetta
 professionalita'.
    Il  meccanismo descritto condurrebbe, in tal modo, ad attribuire a
 soggetti dotati di professionalita' diversa un  medesimo  trattamento
 economico,   il   che   sarebbe   indice   di  una  violazione  della
 proporzionalita', appunto, nei confronti  del  dipendente  dotato  di
 maggiore titolo.
    Si   assume,   pertanto,   la   necessita'  che  venga  dichiarata
 l'illegittimita' della norma impugnata.
    1.2. - Con atto depositato il 22 novembre 1991 si e' costituito il
 prof. Manlio Sargenti, rappresentato e difeso dagli  avv.ti  Ambrogio
 Robecchi  Majnardi  e  Giulio Lais, facendo proprie le argomentazioni
 svolte nell'ordinanza di rinvio.
    1.3. - Con atto depositato  il  5  novembre  1991  e'  intervenuta
 l'Amministrazione     universitaria,     rappresentata    e    difesa
 dall'Avvocatura generale dello Stato.
    Nell'atto  di  intervento  si  osserva  che  la  norma  in   esame
 disciplina  il  riconoscimento dei servizi pregressi e la imposizione
 di  un  "tetto"  risponde  pienamente  ai  criteri  di  logica  e  di
 razionalita' che condizionano la discrezionalita' del legislatore.
    Il  riconoscimento  di  una  maggiore anzianita' pregressa avrebbe
 determinato un'eccessiva ed ingiustificata disparita', mentre poi non
 vi e' violazione del principio di  proporzionalita'  del  trattamento
 retributivo,  perche'  le attivita' pregresse che eccedono il periodo
 valutabile di otto anni non possono ritenersi espressione di maggiore
 qualificazione.
    Neppure si ravvisa contrasto con il principio di efficienza  della
 pubblica amministrazione, non essendo credibile che il riconoscimento
 di  una  maggiore  anzianita' ai fini economici possa tradursi in una
 migliore qualita' dell'attivita' didattica e scientifica del docente.
    Si conclude per una declaratoria di infondatezza.
                        Considerato in diritto
    1. - L'art. 103 del d.P.R. 11 luglio 1980, n.  382  (Riordinamento
 della  docenza  universitaria,  relativa fascia di formazione nonche'
 sperimentazione organizzativa e didattica) provvede a riconoscere  in
 favore dei professori universitari, all'atto della nomina a ordinario
 e  ai  fini  della  carriera,  i  servizi  eventualmente  prestati in
 precedenza sempre nell'ambito dell'ordinamento universitario.
    In  particolare,  viene  riconosciuto per due terzi il servizio di
 professore associato e di professore incaricato, per la meta'  quello
 di   ricercatore  universitario,  di  assistente  ovvero  di  tecnico
 laureato e per un terzo quello di assistente volontario.
    In ogni caso, ai sensi del comma quinto del richiamato articolo il
 complessivo riconoscimento non puo' superare  il  limite  massimo  di
 otto anni.
    2.  -  Della  legittimita'  di  tale  ultima  disposizione  dubita
 l'ordinanza di rimessione che la ritiene  lesiva  dell'art.  3  della
 Costituzione   sotto   il  profilo  della  ragionevolezza:  attivita'
 sostanzialmente differenziate nella loro valenza, quali quelle  enun-
 ciate  e  come tali singolarmente apprezzate, potrebbero ricevere, in
 base al limite  degli  otto  anni,  una  appiattita  regolamentazione
 uniforme.
    La  norma in esame, cosi' come congegnata, confliggerebbe altresi'
 con l'art.36 della Costituzione, venendo a determinarsi  in  concreto
 un trattamento retributivo non proporzionato alla qualita' del lavoro
 via  via  posto  in essere nel passato; e cosi' ancora con l'art. 97,
 poiche' a soggetti di diseguale professionalita'  pregressa  potrebbe
 restare  attribuito,  alla fine, il medesimo trattamento retributivo,
 con  ovvia  limitazione,  si  assume,  dell'efficienza  stessa  della
 pubblica amministrazione.
    3. - La questione non e' fondata.
    Partendo  dall'assunto  per  ultimo  qui  sopra  enunciato, nessun
 coinvolgimento sussiste con l'art. 97 della Costituzione:  pretendere
 che  il  riconoscimento,  a  fini economici, di una maggiore o minore
 pregressa anzianita'  abbia  riverbero  automatico  sulla  efficienza
 amministrativa  e'  ipotesi  che  resta  al  di  fuori, come avvalora
 l'Avvocatura  dello  Stato,  da  ogni  suo  concreto  riferimento  in
 fattispecie.
    Ne'  miglior  pregio  assume,  per consimili considerazioni che si
 volessero  riportare  all'attivita'  del  docente,  un  insussistente
 aggancio   all'art.   36  della  Costituzione:  la  mera  limitazione
 temporale nella valutazione di servizi pregressi non puo' dirsi certo
 incidente sulla proporzionalita' della retribuzione in atto, tale  da
 ledere il disposto dell'art. 36.
    Passando  all'esame di una prospettata irragionevolezza intrinseca
 della norma in discorso questa, come gia' riportato, con il porre  il
 vincolo  massimo  di  anni  otto nella riconoscibilita' dei pregressi
 servizi,  consisterebbe  in  una  inadeguatezza  di  fatto,  ai  fini
 riproposti,  nella valutabilita' dei servizi stessi, resi dalla norma
 indistinti. Ma a ben vedere l'indistinguibilita'  dei  riconoscimenti
 pregressi rimane all'interno di una disposizione, la quale mira ad un
 unicum  ricostruttivo,  che  viene a realizzarsi con evidente favore,
 tra i vari servizi  pregressi:  una  diversa  configurazione  con  un
 maggiore  riconoscimento  di  questi  ultimi  verrebbe  a costituire,
 invece, quella palese distorsione nel rapporto, che si vuole evitare:
 ed infatti otterrebbe preponderanza in tal modo nel corso dell'intera
 carriera proprio quella pregressa, anziche'  il  normale  fluire  dei
 servizi  quale  docente  ordinario. Il che, se attuato, comporterebbe
 quel rovesciamento degli equilibri che  si  vorrebbe  dai  remittenti
 contenuto  nella norma cosi' come predisposta e vigente. La questione
 e' percio' non fondata.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 103, quinto comma,  del  d.P.R.  11  luglio  1980,  n.  382
 (Riordinamento   della  docenza  universitaria,  relativa  fascia  di
 formazione  nonche'  sperimentazione  organizzativa   e   didattica),
 sollevata,  in  riferimento agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione,
 dal Consiglio di Stato - Sezione VI giurisdizionale - con l'ordinanza
 in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 1992.
                       Il presidente: CORASANITI
                       Il redattore: BORZELLINO
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
    Depositata in cancelleria il 9 marzo 1992.
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
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