N. 103 ORDINANZA 21 febbraio - 9 marzo 1992

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Reati  in  genere  -  Giuoco d'azzardo - Pena - Pubbliche scommesse -
 Trattamento  sanzionatorio  penale  -   Questione   gia'   dichiarata
 manifestamente   infondata   (ordinanza   n.  520/1991)  -  Manifesta
 infondatezza.
 
 (C.P., artt. 718 e 719).
 
 (Cost., art. 3).
(GU n.12 del 18-3-1992 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele  PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco Paolo
    CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,
    avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
    Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,
    prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 718 e 719 del
 codice  penale, in relazione all'art. 4 della legge 13 dicembre 1989,
 n.  401  (Interventi  nel  settore  del  giuoco  e  delle   scommesse
 clandestini   e   tutela   della  correttezza  nello  svolgimento  di
 competizioni agonistiche), promosso con ordinanza emessa il 21 maggio
 1991 dal Pretore di  Napoli  -  Sezione  distaccata  di  Casoria  nel
 procedimento  penale  a carico di Coccimiglio Eugenio, iscritta al n.
 681 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Udito nella camera di consiglio del 19 febbraio  1992  il  Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
    Ritenuto  che  con  l'ordinanza indicata in epigrafe il Pretore di
 Napoli (Casoria)  ha  sollevato,  in  riferimento  all'art.  3  della
 Costituzione,  questione  di  legittimita' costituzionale degli artt.
 718 e 719 del codice penale, nella parte in cui questi prevedono  una
 pena  piu'  grave  per chi tiene o agevola il giuoco d'azzardo, nelle
 circostanze di cui all'art. 719  del  codice  penale,  rispetto  alla
 pena,  disposta dall'art. 4 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, per
 chi organizza o da' pubblicita' a pubbliche scommesse;
    Considerato che questione identica a quella oggetto  del  presente
 giudizio e' stata dichiarata manifestamente infondata da questa Corte
 con  l'ordinanza  n.  520  del  1991,  nella  considerazione  che "il
 trattamento  sanzionatorio  relativo  a  condotte   criminose   anche
 lontanamente  comparabili,  quali  il giuoco d'azzardo e le pubbliche
 scommesse, non si rivela palesemente irragionevole", nell'ambito  dei
 limiti  di censurabilita' delle scelte discrezionalmente compiute dal
 legislatore nella determinazione della  quantita'  e  della  qualita'
 delle sanzioni penali, per "la valutazione diversificata in relazione
 a fatti di differente offensivita' sociale" che si desume dal sistema
 delle norme offerte in comparazione;
      che nell'ordinanza di rimessione non vengono prospettati profili
 diversi  da  quelli esaminati da questa Corte nell'ordinanza citata e
 che, pertanto, va confermato il giudizio secondo cui l'art.  4  della
 legge n. 401 del 1989, richiamato dal giudice rimettente soltanto per
 le  ipotesi di minore gravita' ivi contemplate, contiene, in realta',
 una  disciplina  non  irragionevolmente  proporzionata  alla  elevata
 offensivita'   sociale   delle  diverse  condotte  illecite  connesse
 all'esercizio abusivo di  scommesse  o  di  concorsi  pronostici,  le
 quali, complessivamente, sono punite con maggiore severita' di quanto
 non  sia punito il giuoco d'azzardo, anche nelle fattispecie regolate
 dal combinato disposto formato dagli  artt.  718  e  719  del  codice
 penale,   impugnati   nel   presente  giudizio,  i  quali  prevedono,
 oltretutto, una  sanzione  racchiusa  tra  limiti  edittali  tali  da
 consentire al giudice un'ampia possibilita' di graduazione della pena
 in rapporto alla gravita' del fatto accertato;
      che,  pertanto, la dedotta questione di costituzionalita' appare
 manifestamente infondata;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
 costituzionale degli artt. 718 e 719 del codice penale, sollevata, in
 riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,  dal Pretore di Napoli
 (Casoria), con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 1992.
                       Il presidente: CORASANITI
                       Il redattore: BALDASSARRE
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
    Depositata in cancelleria il 9 marzo 1992.
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
 92C0301