N. 143 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 gennaio 1992
N. 143 Ordinanza emessa il 29 gennaio 1992 dal pretore di Monza nel procedimento civile vertente tra Novi Raffaele e l'ispettorato provinciale del lavoro di Milano Procedimento civile - Ricorso avverso ordinanza-ingiunzione prefettizia - Parte che si difende personalmente - Notificazioni - Obbligo di eleggere domicilio nel comune ove ha sede il pretore adito - Ingiustificata disparita' di trattamento sia rispetto alla parte che si difenda a mezzo di procuratore legale che rispetto all'amministrazione opposta che si difende in proprio a mezzo di suoi funzionari, per i quali tale obbligo non sussiste - Prospettata incidenza sul diritto di difesa. (Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 22, terzo comma). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.13 del 25-3-1992 )
IL PRETORE A scioglimento della riserva cosi' dispone. Rileva di ufficio una questione di costituzionalita' nel presente giudizio avente ad oggetto l'opposizione alla ordinanza-ingiunzione emessa dell'ispettorato provinciale del lavoro di Milano che, per una infrazione depenalizzata, ha comminato a Raffaele Novi una sanzione pecuniaria. L'opponente ha tempestivamente presentato nella cancelleria della pretura di Monza il ricorso in opposizione deducendo una serie di motivazioni a sostegno dell'opposizione. Nel ricorso il ricorrente personalmente, non assistito ne' rappresentato da un procuratore legale, ha dichiarato di essere residente nel comune di Cologno Monzese, comune posto nell'ambito del mandamento della pretura di Monza. La cancelleria, dopo la fissazione dell'udienza da parte del pre- tore, ha provveduto a comunicare il decreto all'ispettorato del lavoro di Milano ed al ricorrente. La comunicazione a quest'ultimo e' stata eseguita, attraverso l'ufficio giudiziario, nella sede della cancelleria stessa; invero il disposto dell'art. 22 della legge n. 689/1981 prevede che, avendo il ricorrente, che si difende personalmente, omesso di eleggere domicilio nel comune di Monza, sede del pretore adito, ogni comunicazione va fatta presso la cancelleria stessa. Il ricorrente all'udienza del 23 gennaio 1992, evidentemente senza aver saputo nulla della data dell'udienza, non si e' presentato. L'attivita' di comunicazione del cancelliere e' del tutto legale e va escluso che, di fronte ad una notificazione perfetta sotto il profilo formale, questo pretore potesse ordinare la rinnovazione della notificazione in un luogo diverso da quello stabilito dalla legge. Si aggiunga che una prassi adottata da questo ufficio fino a qualche anno fa, con maggior considerazione delle aspettative degli interessati, faceva si' che le comunicazioni di cancelleria alla parte costituita personalmente fossero effettuate presso il loro "domicilio reale" indicato nel ricorso. Pero', con una circolare del Ministero di grazia e giustizia (del 9 aprile 1985, prot. 4/1152/19.849 della direzione generale degli affari civili e delle libere professioni), l'ufficio di cancelleria e' stata richichiamato ad un maggior rispetto della normativa in tema di luogo delle notificazioni nei casi in cui in un giudizio di pretura, non sia stata eseguita la elezione di domicilio nel comune sede dell'ufficio giudiziario. In tale circolare si faceva riferimento, peraltro ad uno stabile orientamento della suprema Corte di cassazione, per cui si riteneva nondimeno ammissibile (ai sensi dell'art. 82 r.d. 22 gennaio 1934, n. 37) la comunicazione presso lo studio professionale del procuratore legale esercente nell'ambito del circondario ove e' posta la pretura adita, anche se questo non avesse eletto domicilio nel comune ove e' ubicata la pretura (vedi da ultimo cass. 8 novembre 1989, n. 4676, in Foro it., 1990, I, 891). Di fronte alla mancata comparizione dell'opponente il rappresentante della prefettura ha chiesto che il pretore dichiarasse la convalida della ordinanza-ingiunzione opposta ai sensi dell'art. 23 della legge n. 689/1981. Rilevanza. Il pretore, quindi, ritiene di ufficio di porsi la questione di costituzionalita' della norma di cui all'art. 22 comma nella parte in cui prevede che "il ricorso deve contenere altresi', quando l'opponente non abbia indicato il suo procuratore, la dichiarazione di residenza o la elezione di domicilio nel comune ove ha sede il pretore adito". La questione e' rilevante nel presente giudizio in quanto qualora fose rilevata la incostituzionalita' della norma, la notificazione eseguita dovrebbe ritenersi nulla e questo pretore potrebbe ordinare la rinnovazione del domicilio indicato (reale), con la conseguenza di dare notizia effettiva all'interessato della data di udienza in cui deve comparire. In caso contrario a questo giudice non rimarebbe che dover convalidare l'ordinanza-ingiunzione, ai sensi dell'art. 23, quinto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, per la mancata comparizione dell'opponente (che, in concreto, non e' stato messo in grado di saper nulla della data di udienza). Profilo storico della normativa in tema di elezione di domicilio della parte che si difende personalmente. Orbene a questo giudicante sembra che la questione di costituzionalita' di tale norma, sotto il profilo della disparita' di trattamento, non sia manifestamente infondata. L'art. 22 della citata legge n. 689/1981 trova un suo corrispondente nell'art. 314 del c.p.c. che impone la dichiarazione o la elezione di domicilio nel comune in cui ha sede l'ufficio giudiziario adito e sanziona tale omissione con la "possibilita'" che le comunicazioni e le notificazioni siano eseguite validamente presso la cancelleria (art. 58 delle disp. att. del c.p.c.). La norma e' dettata in tema di giudizio innanzi al pretore o conciliatore e non ve ne e' una analoga, invece, per il giudizio innanzi al tribunale. Orbene la giurisprudenza da epoca risalente (Cass. 28 maggio 1955, n. 922, in giust. civ. 1956, I, 963) ed in modo uniforme ha ritenuto che la norma si applicasse non solo alla parte che si difende personalmente, ma pure a quella costituita a mezzo di procuratore legale. Ne traeva la conseguenza che le comunicazioni e notificazioni al procuratore che avesse la sede del suo studio professionale in altro comune diverso da quello sede del giudice adito, potevano essere ritualmente eseguite presso la cancelleria. Anche se autorevole dottrina propugnava una interpretazione che limitasse la necessita' di elezione o dichiarazione alla sola parte che si difendesse personalmente (traendo spunti dal dettato dell'art. 170, terzo comma, del c.p.c.), la opinione sopra esposta e' rimasta ferma nella giuridisprudenza nel corso degli anni successivi. Tuttavia, attraverso altra strada la stessa giurisprudenza e' giunta a legittimare la comunicazione al "domicilio reale" del procuratore legale attraverso la "riesumazione" di una norma dettate per la disciplina della professione legale. Infatti, con affermazioni di principio che costituiscono per la uniformita' e costanza, "diritto vivente", la suprema Corte di cassazione ha ribadito numerose volte la persistente operativita' dell'art. 82 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, secondo cui, in mancanza di elezione di domicilio nel luogo ove ha sede la autorita' giudiziaria presso la quale e' in corso il processo si intende che i procuratori che esercitano il proprio ufficio in una circoscrizione di tribunale "diversa" da quella in cui si svolge il loro ufficio, abbiamo eletto domicilio presso la cancelleria dell'autorita' giudiziaria. In forza di tale norma si e' ritenuto "a contrario" che le comunicazioni e notificazioni per il procuratore esercente "nella" circoscrizione del tribunale vadano sempre e comunque fatte al suo studio professionale in qualsiasi comune (nell'ambito della circoscrizione) sia posto (da ultimo Cass. 8 novembre 1989, n. 4676, supra cit., Cass. 23 marzo 1985, n. 2087, in Foro it. 1985, I, 2183 nonche' Cass. 5 gennaio 1983, n. 4). Tale interpretazione appare rispettosa della liberta' di ubicazione dello studio professionale e delimita in modo deciso, ma non asfittico, l'ambito territoriale in cui devono essere fatte le comunicazioni (coincidente con la circoscrizione del tribunale), le quali in tal modo risultano alquanto agevolate nella speditezza e sicurezza. La norma sospetta di costituzionalita'. In questa situazione normativa si e' inserita la legge 24 novembre 1981, n. 689, che all'art. 22, terzo, quarto e quinto comma, dispone: "Il ricorso deve contenere altresi', quando l'opponente non abbia indicato il suo procuratore, la dichiarazione di residenza o la elezione di domicilio nel comune ove ha sede il pretore adito". "Se manca la indicazione del procuratore oppure la dichiarazione di residenza o la elezione di domicilio, le notificazioni vengono eseguite mediante deposito in cancelleria". "Quando e' stato nominato un procuratore le notificazioni e le comunicazioni nel corso del procedimento vengono eseguite nei suoi confronti secondo le modalita' stabilite dal codice di procedura civile". Una precedente pronunzia di codesta Corte. Questo pretore ritiene di rilevare di ufficio la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' di tale norma gia' sollevata con ordinanza del 30 ottobre 1985 (in Foro it., 1986, I, 2938) e dichiarata manifestamente infondata dalla Corte costituzionale con ordinanza del 19 gennaio 1988, n. 42 (Foro it., Rep. 1988, voce Sanzioni amministative e depenalizzazione, n. 111). Le ragioni addotte dalla Consulta non appaiono affatto convincenti in quanto motivate solo da una (innegabile|) diversita' "sostanziale" della posizione tra il procuratore legale e la parte che si difende personalmente. Questo pretore, quindi, ritiene di sottoporre nuovamente la questione all'esame della Corte prospettando nuovi profili che potrebbero far riesaminare la valutazione gia' espressa. La non manifesta infondatezza e nuovi profili di incostituzionalita'. Va ribadito, con decisione, che la disparita' di trattamento viene in considerazione non tanto quanto differenza formale, quanto sotto il profilo (essenziale) della effettivita' della difesa nel processo di opposizione, in una funzione "dinamica" di valorizzazione delle esigenze di difesa della parte che si difende parsonalmente; infatti la parte che si sobbarca alla difesa personale (per evidenti ragioni di economicita') gia' viene gravata da attivita' gravose quali la spiegazione delle ragioni di opposizione, il deposito personale del ricorso ed il dover presenziare all'udienza fissata (a pena di improcedibilita'). Pretendere dalla parte che si difende da sola senza il ministero di un procuratore abilitato all'esercizio professinale e che abbia indicato il proprio domicilio in un comune della circoscrizione giudiziaria, anche la elezione di domicilio nel comune sede dell'Ufficio giudiziario, quando, invece, tale onere non e' richiesto al "difensore tecnico" (e, si noti bene, neppure all'amministrazione contro cui viene svolta l'opposizione), appare una ingiustificata disparita' di trattamento del tutto irrazionale in relazione al bene che la legge vorrebbe difendere (la speditezza delle comunicazioni). Va aggiunto (ed e' questo un nuovo profilo che si aggiunge a quelli dell'ordinanza di rimessione dichiarata infondata dalla Corte costituzionale) che l'onere di elezione di domicilio viene addossato esclusivamente all'opponente mentre analogo onere non viene imposto all'amministrazione opposta (che si difenda "in proprio" attraversi propri funzionari delegati) alla quale ogni comunicazione viene eseguita dalla cancelleria nella sua sede effettiva (addirittura anche se posta fuori della circoscrizione giudiziaria: per esempio nei confronti del prefetto di Milano per fatti accertati nella circoscrizione di Monza). Lo spirito della legge e la valorizzazione della "difesa personale". Tra i principi ispiratori della nuova normativa in tema di giudizio di opposizione contro le sanzioni pecuniarie per violazioni amministrative vi e' quello della facolta' dell'opponente (e della amministrazione) di difendersi personalmente (art. 23, quinto comma) senza necessita' di alcuna autorizzazione. In tal modo si e' voluto rendere piu' accessibile al controversia giudiziaria al privato privo di assistenza legale che, per sanzioni di modesta entita', poteva trovare troppo dispendioso e complesso affidarsi ad un tecnico legale professionale. Ma tale "accesso" alla giustizia in posizione paritaria a quella di chi e' munito di assistenza legale viene in seguito alla formulazione del terzo, quarto e quinto comma dell'art. 22, appare vistosamente limitato con evidente violazione di due principi costituzionali. La (ingiustificata) disparita' di trattamento. In primo luogo sotto il profilo della disparita' di trattamento sia sotto il profilo della parte che si difende con un "difensore professionista" sia sotto il profilo della mancanza di un analogo onero nei confronti dell'amministrazione opposta (che si difenda "in proprio" attraverso suoi funzionari). Poiche' le posizioni delle parti non devono essere pregiudicate dalla circostanza che una sia rappresentata da un procuratore legale (iscritto nella circoscrizione del tribunale a cui appartiene la pretura adita) e l'altra si difenda personalmente (residente pure nella circoscrizione del Tribunale), e' evidente che porre soltando ad una l'onere di eleggere o dichiarare domicilio nel comune sede della Pretura costituisce una vistosa violazione del principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione). Al procuratore legale, infatti, la cancelleria comunica direttamente al suo studio professionale (anche se posto fuori del comune sede dell'ufficio giudiziario, purche' nella circoscrizione del Foro) l'avviso relativo alla udienza fissata dal pretore per la discussione; alla parte che si difende personalmente, invece, il medesimo avviso e' notificato, simbolicamente, presso la stessa cancelleria, senza che questi possa saper nulla in concreto, o comunque, costringendo l'interessato ad una onerosa opera di informazione. Tale diversita' di trattamento non appare giustificata razionalmente sotto alcun profilo. Invero le due posizioni sono "funzionalmente" sotto lo stesso pi- ano nel processo di opposizione e la appartenenza di un procuratore legale ad un ordine professionale e' circostanza che puo' operare su piani diversi, ma non certo su quello della indenita' delle posizioni e degli oneri nell'ambito del rapporto processuale sotto il profilo della effettivita' della difesa. Il principio di eguaglianza in senso dinamico. Vi e' di piu': il principio di eguaglianza va valutato in senso dinamico (art. 3 della Costituzione) e la parte che si difende personalmente dovrebbe, (proprio per la sua caratteristica di "non- professionalita'" e per la presunzione di non essere particolarmente abbiente cosi' da non potersi permettere l'opera di un difensore tecnico) essere posta su un piano di particolare agevolazione processuale, quantomeno sotto il profilo della semplificazione del rito e degli oneri conseguenti a suo carico). Mancanza di ragionevolezza della norma rispetto al bene che vuole proteggere. Il bene che la norma vuole proteggere e' solo quella della speditezza delle comunicazioni da effettuarsi nell'ambito del processo. Ma a ben considerare l'onere imposto e' viziato da un "eccesso" formale rispetto al bene protetto. Non vi e' sostanziale differenza tra l'inviare una comunicazione nella citta' di Monza sede dell'ufficio giudiziario o in quella di Sesto San Giovanni o di Cologno Monzese (che distano 5-6 km dal capoluogo). Invece, senza che vi sia una valida ragione giustificativa, vengono posti a carico della parte che si difende personalmente oneri davvero gravosi. Si pensi alla persona che sia costretta a recarsi di tanto in tanto nella cancelleria della pretura (che giustamente non fornisce informazioni attraverso il telefono) posta in un comune diverso da quello ove egli abita, per sapere se e quando il pretore ha fissato l'udienza di comparizione; il tutto con dispendio di energie e di mezzi, proprio in contrasto con i principi di semplificazione processuale solennemente sbandierati in altre norme (art. 23, ottavo, nono e decimo comma). Le norme (ordinarie) di riferimento per valutare la disparita' di trattamento ex articolo 3 della costituzione. Se ne trae la conseguenza che la norma di cui all'art. 22, terzo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, si profila incostituzionale nei limiti in cui non prevede che la dichiarazione di residenza e di elezione di domicilio della parte che si difende personalmente possa essere legittimamente eseguita in qualsiasi comune ove egli risieda del circondario a cui appartiene l'ufficio di pretura adito (con conseguente obbligo di notificazione ivi degli atti del processo). La norma di riferimento, ai fini della disparita' di trattamento, e' quella dell'art. 82 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, nella interpretazione (diritto vivente) offerto dalla applicazione uniforme della giurisprudenza secondo cui la notificazione va effettuata, se il procuratore operi nell'ambito della propria circoscrizione, nel domicilio da esso indicato o risultante dall'albo professionale (ancorche' si trovi in un comune diverso da quello della sede dell'ufficio giudiziario), ovvero, quando eserciti fuori di detta circoscrizione, nel domicilio eletto nel luogo della sede dell'ufficio giudiziario (considerandosi, in difetto, elettivamente domiciliato presso la cancelleria di quell'ufficio) (Cass. 12 giugno 1990, n. 5704). Violazione del principio di difesa processuale. Il dubbio di costituzionalita' si configura, per quanto e' stato detto, anche sotto il profilo dell'art. 24 della Costituzione. Invero, l'imporre ad una parte non professionale l'onere di eleggere domicilio in un comune diverso da quello della sua residenza (posti entrambi nel medesimo circondario del tribunale) costituisce un aggravio di costi e di operazioni che, di fatto, rende inutilmente difficile l'esercizio del diritto di azione; la sanzione, in caso di mancata elezione o dichiarazione, costituisce ancor piu' una palese violazione del diritto di difesa perche' attua una forma di conoscenza legale fittizia a cui la parte privata puo' sopperire solo con una iniziativa di informazione che appare del tutto spropositata in tutti quei casi in cui la difesa personale caratterizza proprio, secondo cio' che accade normalmente, la infrazione di piu' modesta rilevanza sanzionatoria. Eventuale estensione della incostituzionalita' alle norme del processo civile. Spettera', poi, alla Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiarare eventualmente che la pronunzia di incostituzionalita' si estenda anche (vi e' la medesima ragione giustifiatrice) all'art. 314, secondo coma, del c.p.c. e 58 disp. att. al c.p.c. nell'attuale formulazione; va opportunamente evidenziato, pero', che mentre la norma oggetto della presente ordinanza di rimessione prevede che per la omessa elezione o dichiarazione "le notificazioni vengono eseguite mediante deposito in cancelleria" (senza possibilita' alcuna di agire diversamente), nel caso disciplinato dal codice di procedura civile la norma usa l'espressione "possono eseguirsi mediante ..), lasciando intendere una possibilita' discrezionale che, nondimeno, ad avviso di questo giudicante, non esclude anche in tale ipotesi una ingiustificata disparita' di trattamento, costituzionalmente sanzionabile da codesta Corte. Va segnalato altresi' che in una risalente pronunzia avente ad oggetto la questione di costituzionalita' dell'art. 58 delle disp. att. del c.p.c. (Corte costituzionale ord. 27 febbraio 1974, n. 49, in giurisprudenza costituzionale, 1974,179) codesta Corte restitui' gli atti al giudice a quo per un nuovo esame sulla rilevanza della questione proprio in relazione alla possibilita' di applicazione congiunta degli artt. 10 del r.d.-l. 27 novembre 1933, n. 1578, ed 82 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37; circostanza questa, evidentemente esclusa per la parte che si difende personalmente.
P. Q. M. Applicato l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara non manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 22, terzo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, nei limiti in cui non prevede che la dichiarazione di residenza o di elezione di domicilio della parte che si difende personalmente possa essere eseguita in qualsiasi comune del circondario a cui appartiene l'ufficio di pretura adito (con conseguente obbligo di notificazione ivi degli atti del processo; Ordina sospendersi il procedimento in corso; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle Camere del Parlamento; Si comunichi integralmente alle parti. Monza, addi' 29 gennaio 1992 Il pretore: (firma illeggibile) Depositata in cancelleria il 30 gennaio 1992. Il collaboratore di cancelleria: (firma illeggibile) 92C0319