N. 149 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 febbraio 1992

                                N. 149
       Ordinanza emessa l'11 febbraio 1992 dal pretore di Genova
  nel procedimento civile vertente tra Labriola Vincenzo e l'I.N.P.S.
 Previdenza ed assistenza sociale - Crediti previdenziali (nella
    specie:   assegno  di  invalidita')  -  Ritardata  liquidazione  -
    Lamentata omessa previsione del risarcimento integrale  del  danno
    (interessi  legali  e  rivalutazione)  - Disparita' di trattamento
    rispetto ai crediti di  lavoro  -  Incidenza  sulla  garanzia  del
    trattamento   previdenziale   -   Discriminazione   tra  forme  di
    previdenza e forme  di  assistenza  previdenziale  -  Richiamo  ai
    principi affermati nella sentenza n. 156/1991.
 (Legge 30 dicembre 1991, n. 412, art. 16, sesto comma).
 (Cost., artt. 3 e 38).
(GU n.13 del 25-3-1992 )
                              IL PRETORE
    Nella  causa  in  decisione  il  ricorrente ha chiesto la condanna
 dell'I.N.P.S.,   oltre   che   alla    corresponsione    dell'assegno
 d'invalidita'  e  dei ratei arretrati, anche al pagamento d'interessi
 legali e rivalutazione intervenuti sui  ratei  arretrati  dalla  data
 della maturazione al saldo.
    Ai   fini  del  computo  degli  accessori  richiesti  deve  essere
 applicata pertanto la norma  contenuta  nell'art.  16,  sesto  comma,
 della  legge  30  dicembre  1991, n. 412, che appare tuttavia viziata
 d'incostituzionalita'.
    In virtu' di tale norma, gli enti gestori di forme  di  previdenza
 obbligatoria  sono  tenuti a corrispondere gli interessi legali sulle
 prestazioni dovute, a decorrere dalla data di  scadenza  del  termine
 previsto  per l'adozione del provvedimento sulla domanda; e l'importo
 di tali interessi e' portato in detrazione dalle somme  eventualmente
 spettanti  a  ristoro  del  maggior  danno  subito dal titolare della
 prestazione per la diminuzione del valore del suo credito.
    La  Corte  costituzionale,  con  la  sentenza  n.   156/1991,   ha
 dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 442 del c.p.c. nella
 parte  in cui non prevede che il giudice, quando pronunci condanna al
 pagamento di somme di denaro per crediti relativi  a  prestazioni  di
 previdenza  ed  assistenza  sociale,  debba  determinare,  oltre  gli
 interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente  subito
 dal titolare per la diminuzione di valore del suo credito.
    Con  tale  pronuncia la Corte costituzionale ha dunque equiparato,
 sotto il profilo quantitativo, il risarcimento dei danni  da  ritardo
 nell'adempimento  di  crediti previdenziali a quello spettante per il
 tardato adempimento di crediti di lavoro.
    La Corte non  ha  mancato  di  sottolineare  l'assimilabilita'  di
 queste   categorie   di  crediti,  perche'  i  crediti  previdenziali
 costituiscono una integrazione di un  reddito  di  lavoro  cessato  o
 ridotto a causa di eventi previsti dall'art. 38, secondo comma, della
 Costituzione.
    Nella  pronuncia  ora richiamata la Corte ha preso come termine di
 riferimento la statuizione contenuta nell'art. 429  del  c.p.c.,  nel
 senso   in  cui  esso  e'  stato  interpretato  dalla  giurisprudenza
 consolidata, ossia nel senso che  il  credito  di  lavoro,  giunto  a
 maturazione,  attribuisce  automaticamente  il diritto agli interessi
 legali sull'importo rivalutato del credito, fino a che intervenga  il
 pagamento.
    Della  correttezza di siffatta interpretazione si potrebbe, per la
 verita', dubitare, in quanto, in  particolare  dopo  l'avvento  della
 legge  26  novembre 1990, n. 353, che, all'art. 1, ha fissato nel 10%
 il tasso d'interesse legale, essa attribuisce al titolare di  crediti
 di  lavoro,  una  posizione del tutto privilegiata, in quanto questi,
 potendo sommare interessi e  rivalutazione,  raggiunge  un  tasso  di
 produttivita'  del  capitale  a lui spettante, ben superiore a quello
 riconosciuto  al  creditore  comune  dall'art.  1224  del c.c., e ben
 superiore anche ad ogni  investimento  finanziario,  con  un'evidente
 disparita'  di trattamento, questa volta in favore del titolare di un
 credito di lavoro.
    Comunque,   se,   recependo   l'orientamento   consolidato   della
 giurisprudenza,  il principio da cui ci si deve muovere e' quello per
 cui i crediti del lavoratore attribuiscono automaticamente,  in  caso
 di  tardato  pagamento,  il  diritto  a interessi e rivalutazione, le
 statuizioni contenute nella sentenza della  Corte  costituzionale  n.
 156/1991, comportano la non manifesta infondatezza della questione di
 costituzionalita'dell'art.  16,  sesto comma, della legge 30 dicembre
 1991, n. 412, per contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione.
    Infatti con questo  articolo  si  reintroduce  una  disparita'  di
 trattamento   del   credito   "previdenziale"   rispetto  al  credito
 retributivo di lavoro.
    La norma in questione limita il risarcimento del danno subi'to dal
 titolare   di   credito   previdenziale,   a   causa   del    ritardo
 nell'adempimento   da   parte   degli   enti   di   previdenza,  alla
 corresponsione degli interessi legali sulle prestazioni dovute; o, in
 alternativa,  al  maggiore  importo  calcolato   sulla   base   della
 diminuzione  del  valore  del  credito  per  intervenuta svalutazione
 monetaria: ma in nessun caso al maggiore  danno  da  svalutazione  si
 sommano  gli  interessi  legali, come invece avviene per i crediti di
 lavoro in virtu' del precitato art. 429, terzo comma, del c.p.c.
    In relazione all'art. 16, sesto comma, della legge n. 412/1991  si
 possono  rinvenire  percio' gli stessi profili di incostituzionalita'
 gia' rilevati dalla Corte  costituzionale  per  l'art.  442,  secondo
 comma,  del  c.p.c.,  e  quindi  di  contrarieta'  agli artt. 3 e 38,
 secondo comma, della Costituzione, per  gli  stessi  motivi  elencati
 nella sentenza n. 156/1991.
    Si  ritiene  inoltre  di  dovere  sottolineare che l'art. 16 della
 legge n. 412/1991 (qualora si dovesse interpretare letteralmente) op-
 era una ulteriore discriminazione tra forme di "previdenza"  e  forme
 di  "assistenza"  previdenziale, ricomprendendo nel proprio enunciato
 esclusivamente le forme di previdenza, e percio'  riservando  solo  a
 queste  la sopradetta limitazione quantitativa del danno risarcibile,
 avendo sempre come punto di riferimento i crediti di lavoro.
    Anche sotto questo aspetto percio',  appaiono  non  manifestamente
 infondate  le  censure  di  incostituzionalita' che si muovono contro
 l'art. 16, sesto comma, della legge n. 412/1991  rispetto  ai  citati
 articoli della Carta fondamentale.
                               P. Q. M.
    Visti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1
 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 16, sesto comma, della  legge
 30  dicembre  1991,  n. 412, per contrasto con gli artt. 3 e 38 della
 Costituzione;
    Dispone l'immediata trasmissione degli atti della causa di cui  in
 epigrafe alla Corte costituzionale e sospende il relativo giudizio;
    Ordina  che,  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
 notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e  comunicata  ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Genova, addi' 11 febbraio 1992
                    Il pretore: (firma illeggibile)
    Depositato in cancelleria oggi 13 febbraio 1992.
                Il collaboratore di cancelleria: GUZZO

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