N. 283 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 gennaio 1992

                                 N. 283
 Ordinanza  emessa  il 29 gennaio 1992 dalla Corte d'appello di Genova
 nel procedimento penale a carico di Macciardi Leonardo
 Processo penale - Giudizio immediato - Imputato detenuto - Richiesta
    di rito abbreviato - Mancata  notifica  al  pubblico  ministero  -
    Sopravvenuta   decadenza  del  rito  alternativo  con  conseguente
    inapplicabilita'  dei  benefici  connessi   -   Lamentata   omessa
    previsione  per  il  detenuto di avvalersi dell'ufficio carcerario
    anche per la notifica al pubblico  ministero  -  Compressione  del
    diritto  di  difesa  -  Irragionevole  disparita'  di  trattamento
    rispetto al regime delle impugnazioni - Irrazionale  parificazione
    per le notifiche agli imputati in stato di liberta'.
 (C.P.P. 1988, art. 123; d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 44).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.22 del 27-5-1992 )
                          LA CORTE DI APPELLO
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza nel procedimento penale a
 carico di Macciardi Leonardo.
                           RITENUTO IN FATTO
    Macciardi  Leonardo,  imputato del reato di cui agli artt. 73/1› e
 80/2› d.P.R. n. 309/1990 e detenuto in custodia cautelare nella  Casa
 circondariale  di Imperia, ricevette il 29 luglio 1991 a mani proprie
 la notifica di un decreto di giudizio immediato emesso dal g.i.p. del
 tribunale di Savona. Il  giorno  seguente,  30  luglio  1991,  presso
 l'ufficio  matricola  dell'istituto  penitenziario presento', a norma
 degli  artt.  458  e  123  del  c.p.p.,  una  richiesta  di  giudizio
 abbreviato,  che l'ufficio iscrisse nell'apposito registro e trasmise
 al g.i.p., cui la richiesta pervenne per posta il 5 agosto  1991  (v.
 timbro datario di ricezione a f.10) e poi di nuovo a mezzo telefax il
 6 agosto 1991 (v. f. 52).
    L'8  agosto  1991,  il  g.i.p.,  rilevato che agli atti mancava la
 prova, prescritta dall'art. 458 del c.p.p., dell'avvenuta notifica al
 p.m. della richiesta di giudizio abbreviato, ritenne inammissibile la
 richiesta stessa e la rigetto'.
    In una memoria presentata al tribunale di Savona  il  2  settembre
 1991, in vista dell'udienza dibattimentale, la difesa rilevo':
      che il c.p.p., mentre prevede specificamente la disciplina delle
 notificazioni all'imputato detenuto, non fa invece altrettanto per le
 notificazioni dell'imputato detenuto;
      che  l'art. 123 del c.p.p. da' facolta' all'imputato detenuto di
 presentare impugnazioni, dichiarazioni e richieste con atto  ricevuto
 dal direttore, ma non prevede una equivalenza fra tale ricezione e la
 notificazione dell'atto formato dal detenuto;
      che   peraltro   le   impugnazioni,  dichiarazioni  e  richieste
 presentate  dal  detenuto  devono  essere  immediatamente  comunicate
 all'autorita'  giudiziaria  competente,  nel  giorno stesso o al piu'
 tardi nel giorno successivo come precisa l'art. 44 disp. att.;
      che invece non e' prevista, quando sia necessaria  una  notifica
 al  p.m.,  la  presentazione  da  parte  del  detenuto di una seconda
 richiesta da inoltrare al p.m. attraverso l'ufficio carcerario;
     che  pertanto   incombe   all'ufficio   carcerario   l'onere   di
 trasmettere   la   richiesta   di   giudizio  abbreviato,  presentata
 dall'imputato detenuto ex art. 458 del c.p.p., non solo al g.i.p.  ma
 anche al p.m., chiamato ad esprimere il proprio consenso o dissenso.
    In  conclusione  la  difesa chiedeva la restituzione in termini al
 fine di acquisire il parere del p.m. e la  successiva  pronuncia  del
 g.i.p.    in   ordine   alla   richiesta   di   giudizio   abbreviato
 tempestivamente formulata dall'imputato.
    In linea subordinata, qualora si fosse ritenuto che l'onere  della
 notificazione  al  p.m.  incombe  al  detenuto, la difesa eccepiva la
 incostituzionalita' degli artt. 458 e 123 del c.p.p. e 44  del  disp.
 att., con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, ossia per
 violazione  del  diritto  di difesa e per irragionevole equiparazione
 tra  imputato  libero  e  imputato  detenuto  quanto   al   modo   di
 presentazione della richiesta di giudizio abbreviato ex art. 458.
    Il  tribunale  di  Savona,  con  ordinanza  dibattimentale  del  4
 settembre 1991, respinse le istanze  e  le  eccezioni  della  difesa,
 rilevando  che  e'  onere  della  parte e non dell'ufficio carcerario
 provvedere  alla  notifica  al  p.m.,  e   che   all'adempimento   di
 quell'onere  l'imputato detenuto puo' utilmente provvedere tramite il
 difensore, come espressamente prevede l'art. 153,  primo  comma,  del
 c.p.p.
    Nei   motivi   d'appello   contro   l'ordinanza   di   rigetto  (e
 contestualmente contro la sentenza di condanna) la  difesa  ripropone
 le  medesime  istanze  ed eccezioni contrastando la decisione assunta
 dal tribunale di Savona.
                        CONSIDERATO IN DIRITTO
    1. - L'art. 80 del c.p.p. 1930 consentiva all'imputato detenuto  o
 internato  di proporre istanze, dichiarazioni e impugnazioni con atto
 ricevuto dal  direttore  dello  stabilimento;  iscritte  in  apposito
 registro,  esse  dovevano  essere comunicate all'autorita' competente
 immediatamente  (nel  giorno  stesso  o  al  piu'  tardi  nel  giorno
 successivo,  precisava  l'art. 14 disp. regol.); ed avevano efficacia
 come se fossero ricevute direttamente dall'autorita' giudiziaria.
    Analoghe disposizioni sono contenute negli artt. 123, primo comma,
 del c.p.p. 1988 e 44 delle disp.  att.,  con  la  sostituzione  della
 parola  "richieste" alla parola "istanze". Tuttavia, con disposizioni
 del tutto innovative, il nuovo codice non solo  estende  a  tutte  le
 parti   private  ed  alla  persona  offesa  quella  stessa  facolta',
 riferendola  persino  alle  denunce,  oltre  che  alle  impugnazioni,
 dichiarazioni  e  richieste  (art.  123,  terzo comma); ma conferisce
 analoga facolta' all'imputato arrestato o detenuto a domicilio  o  in
 luogo di cura, cui consente di presentare impugnazioni, dichiarazioni
 e  richieste con atto ricevuto da un ufficiale di polizia giudiziaria
 (art. 123, secondo comma).
    Sono ovvie  le  ragioni  della  deroga  alle  forme  ordinarie  di
 presentazione delle impugnazioni, dichiarazioni e richieste: si vuole
 agevolare  l'esercizio  del  diritto  di  difesa, in alcune delle sue
 manifestazioni essenziali, a chi e' privo della liberta' personale.
    Ad esempio, le forme ordinarie di presentazione delle impugnazioni
 sono previste  negli  artt.  582  e  583:  l'atto  d'impugnazione  e'
 presentato  personalmente  o  a mezzo di incaricato nella cancelleria
 del giudice a quo ovvero, per chi si trova in  luogo  diverso,  nella
 cancelleria   della  pretura  locale;  oppure  lo  si  spedisce  alla
 cancelleria del giudice a quo mediante raccomandata o  telegramma,  e
 vale  la  data di spedizione. La legge, come si vede, si preoccupa di
 rendere  agevole  per  chiunque   la   presentazione   dell'atto   di
 impugnazione, ma con l'art. 123 aggiunge una facilitazione ulteriore,
 perfettamente  spiegabile e giustificabile, per le persone detenute o
 internate o arrestate a domicilio.
    E' sfuggito pero' al nuovo legislatore che nel "processo di parti"
 e' posto spesso a carico dell'imputato un onere,  prima  inesistente,
 di notificazione di atti al p.m.
    Per  esempio,  nel  corso  delle  indagini preliminari, la persona
 sottoposta a indagini (che puo' ben essere priva della  liberta'  per
 la  stessa  o  per altra causa) puo' depositare nella cancelleria del
 g.i.p. una richiesta di incidente probatorio  e  tale  richiesta  "e'
 notificata a cura di chi l'ha proposta al p.m." (art. 395).
    Sempre  nel  corso  delle  indagini  preliminari,  l'indagato puo'
 presentare richiesta di applicazione  della  pena  ex  art.  444  del
 c.p.p.;  in  tal caso il giudice fissa con decreto un termine al p.m.
 per esprimere il proprio  consenso  o  dissenso  e  dispone  che  "la
 richiesta e il decreto siano notificati a cura del richiedente" (art.
 447, terzo comma).
    Analogamente,   in  caso  di  opposizione  a  decreto  penale,  se
 l'opponente chiede il  giudizio  abbreviato  o  l'applicazione  della
 pena,  il giudice fissa con decreto un termine entro il quale il p.m.
 deve esprimere il consenso, disponendo che "la richiesta e il decreto
 siano  notificati  al  p.m.  a  cura dell'opponente" (art. 464, primo
 comma).
    E, venendo al caso nostro, l'imputato raggiunto da un  decreto  di
 giudizio  immediato puo' chiedere al g.i.p. il giudizio abbreviato ma
 deve depositare in cancelleria, oltre alla richiesta, anche "la prova
 dell'avvenuta notifica al p.m."; e per di piu' deve farlo, a pena  di
 decadenza,  entro sette giorni dalla notifica del decreto di giudizio
 immediato (art. 458, primo comma).
    In mancanza di apposita disciplina, il detenuto che debba eseguire
 una di tali notificazioni deve  avvalersi  delle  forme  ordinarie  e
 cioe'  o  deve  rivolgersi all'ufficiale giudiziario, che e' l'organo
 tipico delle notificazioni (art. 148, primo comma), oppure -  escluso
 ch'egli possa accedere personalmente nella segreteria del p.m. - deve
 affidarsi  al difensore, ammesso che gia' ce l'abbia. Questi potra' o
 eseguire  la  notifica  direttamente  mediante  consegna   di   copia
 dell'atto  nella  segreteria  del p.m. (art. 153, primo comma) oppure
 inviare copia dell'atto alla segreteria mediante lettera raccomandata
 con avviso di ricevimento (art. 152), per poi depositarne altra copia
 in cancelleria unitamente all'avviso di ricevimento  (art.  56  delle
 disp. att.).
    E' una procedura che per il detenuto puo' rivelarsi eccessivamente
 onerosa,  tale  da  rendere, di fatto, assai difficile l'esercizio di
 facolta' che sono estrinsecazioni del diritto di difesa, tra le quali
 indubbiamente vanno annoverate le richieste di  giudizio  abbreviato,
 di applicazione della pena, di incidente probatorio.
    Nel  caso  previsto  dall'art.  458, primo comma, la situazione e'
 aggravata dalla previsione di un breve termine  di  decadenza  (sette
 giorni)  entro  il  quale si deve non solo presentare la richiesta di
 giudizio abbreviato, non solo notificarla  al  p.m.,  ma  addirittura
 depositare  la  prova  dell'avvenuta  notifica  nella cancelleria del
 g.i.p.; con il che si fa  dipendere  l'adempimento  di  un  onere  di
 grande  rilevanza  processuale  e  sostanziale da fattori esterni, in
 larga parte estranei alla  volonta'  dell'interessato,  che  sfuggono
 alla  sua  diligenza, al suo impegno, alle sue effettive possibilita'
 di controllo.
    Si pensi al caso, non infrequente, di un imputato  che  non  abbia
 mai  conosciuto ne' ancora contattato il proprio difensore d'ufficio;
 oppure di un imputato detenuto in luogo lontano dalla sede del  p.m.,
 il  cui  difensore  eserciti  in  localita'  distante  e dal luogo di
 detenzione e dalla sede del p.m.
    E si consideri che l'attivita' del difensore deve  necessariamente
 iniziare  dopo la formulazione della richiesta di giudizio abbreviato
 e dopo che egli ne abbia avuto conoscenza, perche' e' appunto  quella
 richiesta  -  formulata,  si badi, personalmente dall'interessato o a
 mezzo  di  procuratore  speciale  (art.  438,  terzo  comma)  -   che
 costituisce  l'atto  da  notificare  al  p.m. mediante la consegna in
 segreteria di una copia, o la spedizione della copia  per  posta,  ad
 opera del difensore.
    Orbene,  la  mancata  previsione  di  un  una forma semplificata e
 agevolata per le notificazioni destinate a  un'autorita'  giudiziaria
 da  eseguirsi  da  chi  e'  privo  della liberta' personale, non solo
 costituisce una menomazione del diritto di difesa (art.  24/2›  della
 Costituzione)  che subisce una compromissione talvolta irrimediabile,
 ma  determina  anche,  per  un  verso, un'irragionevole disparita' di
 trattamento rispetto  alla  disciplina  che,  in  nome  di  identiche
 esigenze,  e'  dettatta  per  le  contigue  ipotesi  di impugnazioni,
 dichiarazioni e richieste (art. 3/1› della Costituzione);  per  altro
 verso,  determina  un'irragionevole  parificazione, quanto ai modi di
 eseguire le notificazioni,  della  persona  detenuta  o  internata  o
 arrestata  a domicilio alla persona in stato di liberta' (ancora art.
 3/1› della Costituzione).
    2.  -  La  difesa  del  Macciardi  ha  cercato  di  superare  ogni
 difficolta'  trasformando  l'onere di notificazione al p.m.. gravante
 sulla parte privata interessata, in obbligo  dell'ufficio  carcerario
 di   trasmissione   immediata  dell'atto  al  p.m.    Ma  il  sistema
 processuale accusatorio non  consente  siffatta  interpretazione:  le
 norme  sopra  richiamate, e segnatamente gli artt.  464, primo comma,
 447, terzo comma, e 395 del c.p.p., rivelano  senza  possibilita'  di
 equivoci che, in certi istituti processuali di carattere "negoziale",
 la  richiesta  di una parte deve essere notificata all'altra parte "a
 cura del richiedente" prima che il giudice possa provvedere.
    La persona detenuta, internata o arrestata  a  domicilio,  dunque,
 dopo  aver  presentato  una  richiesta nelle forme previste dall'art.
 123, puo' ben pretendere che il direttore carcerario o l'ufficiale di
 polizia  giudiziaria  la  trasmettano  immediatamente   all'autorita'
 giudiziaria  cui  e'  destinata;  e,  del resto, un eventuale ritardo
 nella trasmissione non le arrechera' nessun pregiudizio, perche'  "le
 richieste  hanno  efficacia  come  se  fossero  ricevute direttamente
 dall'autorita' giudiziaria".
    La persona suddetta, pero', non puo'  fare  affidamento,  e  tanto
 meno  pretendere, che di propria iniziativa il direttore carcerario o
 l'ufficiale di polizia giudiziaria inoltrino ex officio la richiesta,
 a scopo di notifica, anche ad altra autorita'  giudiziaria  cui  essa
 non  e' indirizzata. Alle notifiche prescritte essa deve provvedere a
 cura propria e, allo stato attuale della  legislazione,  nelle  forme
 ordinarie, rivolgendosi agli organi abilitati alle notificazioni, che
 sono l'ufficiale giudiziario o il difensore.
    Il  direttore  carcerario e l'ufficiale di polizia giudiziaria non
 sono, invece, organi abilitati alle notificazioni, ne' queste possono
 essere  accomunate  per   via   interpretativa   alle   impugnazioni,
 dichiarazioni  e  richieste  elencate  nell'art.  123  del  c.p.p. Le
 notificazioni, infatti, sono atti processuali tipici, di ben  diversa
 natura giuridica ed aventi una propria apposita disciplina normativa.
 E l'elencazione contenuta nell'art. 123 e' da considerarsi tassativa,
 perche'  introduce  eccezioni  a  regole  formali  generali e perche'
 altrimenti non si spiegherebbero ne'  l'espressa  specifica  menzione
 delle  "impugnazioni"  accanto  alle "richieste" e alle pur generiche
 "dichiarazioni", ne' l'estensione ad un'altra categoria di atti -  le
 denunce - contenuta nel terzo comma con esclusivo riferimento, pero',
 alle parti private diverse dall'imputato e alla persona offesa.
    3.  -  La  questione  di  legittimita'  costituzionale  che qui si
 solleva ha sicura rilevanza nel procedimento penale in corso.
    Entro il termine  perentorio  del  5  agosto  1991,  il  Macciardi
 avrebbe   dovuto  far  pervenire  nella  cancelleria  del  g.i.p.  la
 richiesta  di  giudizio  abbreviato  e  la  prova  dell'avvenuta  sua
 notifica al p.m. Mentre fu agevole l'adempimento tempestivo del primo
 onere  (presentazione  della  richiesta)  nelle forme di cui all'art.
 123,  non  fu  invece adempiuto il secondo onere (notifica al p.m.) e
 percio' la richiesta venne dichiarata inammissile.
    In mancanza di un'esplicita previsione di legge, il Macciardi  non
 aveva  facolta'  di  avvalersi  dell'ufficio  carcerario anche per la
 notifica al p.m., facolta' che gli  avrebbe  reso  ben  piu'  agevole
 l'adempimento  del  secondo onere, cosi' come gli aveva consentito di
 adempiere il primo con tempestivita' e diligenza.
    Il p.m., se interpellato, avrebbe certamente prestato il  consenso
 al   giudizio   abbreviato   -  come  esplicitamente  dichiarera'  in
 dibattimento (v. f. 45) - e alla fine  il  Macciardi  avrebbe  potuto
 beneficiare  della  diminuzione  di  un  terzo  della  pena  a  norma
 dell'art. 442, secondo comma, del c.p.p.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento
 agli artt. 3 e 24 della Costituzione, la  questione  di  legittimita'
 costituzionale  degli  artt. 123 del c.p.p. e 44 del d.lgs. 28 luglio
 1989, n. 271, nella parte in cui non includono anche le notificazioni
 destinate a un'autorita' giudiziaria tra le attivita' che le  persone
 detenute  o  internate  hanno  facolta'  di  compiere  mediante  atto
 ricevuto, secondo i casi, dal direttore o da un ufficiale di  polizia
 giudiziaria;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale e sospende il giudizio in corso;
    Dispone che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
 notificata  al  Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Genova, addi' 29 gennaio 1992
                   Il presidente estensore: VIGNALE
    Depositata in cancelleria il 31 genaio 1992.
                  Il cancelliere: (firma illeggibile)

 92C0609