N. 294 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 febbraio 1992

                                N. 294
 Ordinanza  emessa  il  13  febbraio  1992 dal giudice per le indagini
 preliminari presso il tribunale di Salerno nel procedimento penale  a
 carico di Posa Fabrizio ed altri
 Processo penale - Chiusura delle indagini preliminari - Sentenza di
    non luogo a procedere solo in caso di "evidenza" - Ritenuta dovuta
    emissione di decreto di rinvio a giudizio in caso di incompiutezza
    delle  indagini  -  Conseguente  impossibilita' di valutazione per
    l'adizione ai riti alternativi - Impossibilita' per l'imputato  di
    acquisire  elementi  di  prova  per la propria difesa, non potendo
    usufruire dell'integrazione prevista dall'art. 422,  primo  comma,
    del  c.p.p.  -  Disparita'  di  trattamento tra imputati a seconda
    dello stato delle indagini - Compressione del diritto di difesa.
 (C.P.P. 1988, art. 422, primo e secondo comma).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.22 del 27-5-1992 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Vista l'eccezione di incostituzionalita' sollevata dalla difesa;
    Considerato che nella specie Posa Fabrizio,  Bonito  Pantaleone  e
 Della Mura Marco, imputati ex artt. 110, 337, 339, secondo comma, del
 c.p.  e  artt. 81 cpv, 110, 112, n. 1, 582, 585 in relazione all'art.
 576,  n.  1,  e  61,  n.  10,  del  c.p.,  sono  stati  raggiunti  da
 dichiarazioni  accusatorie  dei  carabinieri  intervenuti  nel locale
 pubblico ove si sono svolti i fatti contestati;
      che   sentiti   nell'immediatezza,   in   sede   di    convalida
 dell'arresto,  gli  imputati hanno offerto una versione dei fatti del
 tutto diversa e  per  loro  scriminante,  indicando  anche  testimoni
 identificabili;
      che,  nelle  more  delle  indagini  preliminari,  e' intervenuta
 denuncia  del  proprietario  del  locale  confermativa   della   tesi
 difensiva;
      che non sono state espletate altre indagini da parte del p.m.;
    Considerato   che   principio  informatore  del  nuovo  codice  di
 procedura penale e' che le prove  vanno  acquisite  in  dibattimento,
 mentre  nella  fase  delle  indagini preliminari vanno acquisiti solo
 "elementi" di prova, salvi i casi eccezionali di cui all'art. 392 del
 c.p.p.;
      che  l'art.  425  del  c.p.p.  permette  al  g.u.p.  di emettere
 sentenza di non luogo a procedere solo nei casi  in  cui  risulti  la
 "evidenza";
      che  invece  non  vi e' analoga norma che stabilisca i requisiti
 per l'emissione del decreto di rinvio a giudizio;
      che quindi  e'  legittima  l'interpretazione  secondo  cui  deve
 disporsi  rinvio  a giudizio ogni volta in cui (come nel caso di spe-
 cie) non vi siano i presupposti dell'art. 425 del c.p.p.;
      che pertanto nelle ipotesi in cui vi siano elementi di prova per
 l'accusa e peraltro invece non  sono  state  sviluppate  indagini  in
 relazione  a  fatti  e  circostanze, emergenti dagli atti, in ipotesi
 favorevoli alla difesa, il g.u.p. deve emettere il decreto di  rinvio
 a giudizio;
      che  nei  casi  in  esame  (tra  cui il caso di specie) non puo'
 soccorrere la norma di cui all'art. 422 del c.p.p. sia  perche'  essa
 non  prevede  il  mezzo  istruttorio in concreto utile (confronto fra
 persone informate sui fatti) sia  perche'  alla  luce  dei  suesposti
 principi,  essa  fase  puo'  trovare  ingresso  solo in via residuale
 quando trattasi di elementi nuovi o incompleti con prove  ammissibili
 solo se corredate dal carattere della "decisivita'" (sia pure ai soli
 fini  del  rinvio  a  giudizio),  mentre invece nella specie dovrebbe
 darsi ingresso ad una nuova complementare  indagine  circa  la  reale
 dinamica   dei   fatti,   indagine  questa  non  compatibile  con  la
 residualita', la limitatezza e eccezionalita' proprie della fase;
    Considerato  che  tale  situazione  oggettivamente  determina  una
 lesione  del  diritto  di difesa in quanto l'imputato nulla ha potuto
 fare in precedenza (non  conoscendo  gli  atti)  e  nulla  puo'  fare
 nell'udienza  preliminare  in relazione alla acquisizione di elementi
 di prova favorevoli alla sua tesi difensiva;
      che pertanto l'imputato, nel caso citato, nulla puo' opporre per
 evitare il decreto di rinvio a giudizio, legittimo e  doveroso  sulla
 base  della  non  esistenza  della "evidenza" di cui all'art. 425 del
 cit.;
      che tale lesione si riverbera in  maniera  ancor  piu'  decisiva
 sulla  conseguente  impraticabilita'  di  eventuali  riti alternativi
 essendo l'incompiutezza dell'indagine impeditiva sia  di  una  idonea
 valutazione  circa la "convenienza" dei riti alternativi, sia - fatto
 ancor piu' grave - di un provvedimento  ammissivo  ex  art.  440  del
 c.p.p.  in relazione all'eventuale richiesta di rito "abbreviato" non
 potendosi negare che  l'incompiutezza  dell'indagine  e'  circostanza
 sicuramente ostativa alla praticabilita' del rito abbreviato;
      che  tale  situazione  e' di sicura grave lesione del diritto di
 difesa,   attesa   la   improponibilita'   del   rito   nella    fase
 dibattimentale,  con conseguente impossibilita' di usufruire, in caso
 di condanna, della riduzione di un terzo della pena;
    Considerato che tale situazione produce una lesione  non  solo  ex
 art.  24  della  Costituzione, ma anche ex art. 3 della Costituzione,
 essendo evidente la disparita' di posizione in  cui  in  questa  sede
 viene  a  trovarsi  l'imputato  a  causa  dei  diversi  comportamenti
 processuali  dell'accusa:  in   particolare   essendo   evidente   la
 diversita'   di  "capacita'"  difensiva  tra  coloro  che  si  vedono
 raggiunti da una richiesta di rinvio  a  giudizio  corredata  da  una
 compiuta   istruttoria   che  permetta  idonea  difesa  e  pertinente
 valutazione circa la scelta del rito alternativo abbreviato, e coloro
 che invece, raggiunti da richiesta di rinvio a giudizio non corredata
 da  indagini  preliminari complete, non hanno invece ne' possibilita'
 di   idonea   valutazione   difensiva   ne'   soprattutto   effettiva
 possibilita'  di  richiedere  il  rito  abbreviato (rito quest'ultimo
 precluso nella fase successiva del dibattimento);
      che a tali situazioni non puo' rimediarsi - per quanto detto  in
 premessa  -  mediante  l'apertura  della fase di cui all'art. 422 del
 c.p.p. che e' per sua natura, in coerenza con i principi  informatori
 del codice processuale, del tutto residuale, limitata ed eccezionale;
    Ritenuto  che  le  questioni  dette  sono  rilevanti  ai  fini del
 decidere, cosi' come specificato in premessa;
                               P. Q. M.
    Visti gli artt. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  non   manifestatamente   infondata   la   questione   di
 legittimita' costituzionale dell'art. 422, primo e secondo comma, del
 c.p.p.  in  relazione agli artt. 3, primo comma, della Costituzione e
 24, primo e secondo comma, della Costituzione;
    Sospende la decisione nella presente fase e ordina che copia della
 presente ordinanza venga, a cura della cancelleria,  notificata  agli
 imputati, al p.m. in sede ed al Presidente del Consiglio dei Ministri
 e comunicata al Presidente della Camera dei deputati ed al Presidente
 del Senato della Repubblica;
    Dispone  che  la  presente  ordinanza  insieme  a  copi degli atti
 processuali con la prova delle avvenute notificazioni e comunicazioni
 di cui all'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, venga  trasmessa
 alla  Corte  costituzionale  per  gli adempimenti di competenza ed il
 relativo giudizio.
      Salerno, addi' 13 febbraio 1992
              Il giudice dell'udienza preliminare: FRASSO

 92C0622