N. 299 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 marzo 1992
N. 299 Ordinanza emessa il 6 marzo 1992 dalla Corte di cassazione nel procedimento penale a carico di Santoriello Antonio Sicurezza pubblica - Misure di prevenzione - Sorveglianza speciale di P.S. con divieto di soggiorno in determinati comuni - Possibilita' di applicare tale misura, per la ritenuta sopravvivenza dell'art. 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, a soggetti che presentano una pericolosita' sociale minore di altri (quali gli appartenenti ad associazioni di stampo mafioso) ai quali e' invece possibile applicare solo la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno da considerarsi meno afflittiva della prima - Ingiustificata disparita' di trattamento. (Legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 3). (Cost., art. 3; d.-l. 13 maggio 1991, n. 152, art. 24; legge 12 luglio 1991, n. 203).(GU n.23 del 3-6-1992 )
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da Santoriello Antonio, nato a Cava dei Tirreni il 27 settembre 1965 avverso il decreto della Corte di appello di Salerno del 7 novembre 1991; Sentita la relazione fatta dal consigliere Paolino Dell'Anno; Lette le conclusioni del p.g. che ha chiesto il rigetto del ricorso; R I L E V A; Con il decreto indicato in epigrafe venne confermato quello del tribunale di Salerno del 23 aprile 1991 con il quale si applico' ai sensi dell'art. 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, a carico di Santoriello Antonio, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza con divieto di soggiorno nei comuni delle regioni Campania, Lazio, Basilicata e Calabria. Il prevenuto ha proposto ricorso deducendo la erronea applicazione di legge in ordine alla imposizione del divieto di soggiorno rilevando che all'art. 24 del d.-l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito nella legge 12 luglio 1991,n. 203, pur se espressamente riferito ai soggetti a cui carico si sia accertata la pericolosita' "qualificata" di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, debba riconoscersi l'effetto di una implicita abrogazione del secondo comma dell'art. 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, apparendo chiaramente che il legislatore avrebbe inteso espungere totalmente dall'ordinamento l'istituto del divieto di soggiorno. Osserva che, nella ipotesi nella quale si dovesse ritenere la sopravvivenza del dettato da questa ultima norma, la stessa non potrebbe sfuggire a rilievi di incostituzionalita'. Questa corte e' dell'avviso che si renda impossibile, di fronte alla inequivoca formulazione del combinato disposto degli articoli 20, secondo comma e 24 primo comma, del d.-l. sopra citato e nella assenza nello stesso testo di una qualche disposizione che permetta tale operazione, procedersi alla interpretazione suggerita dal ricorrente e concludere quindi per una intervenuta abrogazione implicita del secondo comma dell'art. 3 della legge n. 1423/1956. Deve peraltro osservarsi che la questione di illegittimita' costituzionale sollevata con il motivo di impugnazione non appare manifestamente infondata sicche' si rende necessario sottoporla al vaglio dei giudici della legge. Va infatti posto in rilievo che la possibilita' della imposizione del divieto di soggiorno, sia a carico dei soggetti rientranti in una delle categorie elencate nell'art. 1 della legge n. 1423/1956 che di quelli di cui all'art. 1 della legge n. 575/1965, era contemplata dall'art. 3 della prima, ricavandosi che, nella ipotesi di pericolosita' sociale "normale", il giudice dovesse limitarsi alla irrogazione della misura della sorveglianza speciale con le prescrizioni indicate nell'art. 5 della stessa legge, in quella di pericolosita' "intermedia"; si dovesse aggravare il provvedimento afflittivo con il divieto di soggiorno in determinate localita', e infine, in quella di una pericolosita' "particolare", si rendesse necessaria la imposizione dell'obbligo di soggiorno, cosi' gradatamente aumentandosi il grado di limitazione della liberta' di movimento del soggeto. La introduzione delle modificazioni apportate dagli artt. 20 e 24 del menzionato decreto-legge ha determinato che mentre per le persone indiziate di appartenenza ad associazioni mafiose, incontestabilmente portatrici di una carica di pericolosita' sociale piu' allarmante di quella propria delle altre rientranti nelle categorie elencate nell'art. 1 della legge n. 1423/1956, sia prevista esclusivamente la applicazione delle prescrizioni connesse alla misura della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza e, nei casi di pericolosita' massima, si renda possibile ricorrere all'obbligo di soggiorno escludendosi quindi per loro, nella ipotesi di pericolosita' intermedia, quello del divieto di soggiorno che continua peraltro a essere applicabile a carico delle altre, pur versando queste ultime in una situazione di pericolosita' pari, se non di gran lunga inferiore, a quella che deve riconoscersi alle prime che vengono quindi a essere sottoposte a un trattamento di maggior rigore che appare ingiustificato. Vero e' che alla innovazione il legislatore si e' indotto per ragioni di politica criminale motivate dalla necessita' di evitare o di ridurre il pericolo di infiltrazioni mafiose in altre parti del territorio nazionale nelle quali tale allarmante fenomeno non si avvertiva nella sua gravita'. Appare pero' innegabile che la sopravvivenza del disposto del secondo comma dell'art. 3 della legge n. 1423/1956 applicabile a carico di soggetti versanti nella stessa situazione di altri per i quali la stessa possibilita' resta esclusa sia causa di una irrazionale diversita' il trattamento contrastante con i principi dettati dall'art. 3 della Costituzione.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, nella parte in cui prevede la possibilita' della imposizione del divieto di soggiorno ai soggetti cui si riferisce la stessa legge, in relazione agli artt. 24 del d.-l. 13 maggio 1991, n. 152 convertito nella legge 12 luglio 1991, n. 203 e 3 della Costituzione; Sospende il presente giudizio e ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri e ne venga data comunicazione ai Presidenti delle due Camere del parlamento. Roma, addi' 6 marzo 1992 Il presidente: VITALE Il consigliere estensore: (firma illeggibile). Depositata in cancelleria il 24 marzo 1992. Il collaboratore di cancelleria: INNOCENZO 92C0627