N. 232 SENTENZA 18 - 27 maggio 1992

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza e assistenza - Pensionato che presti opera retribuita alle
 dipendenze dello Stato, di amministrazioni pubbliche o enti  pubblici
 -  Sostanziale decurtazione del complessivo trattamento pensionistico
 senza  stabilire  il  limite  minimo  dell'emolumento  dell'attivita'
 esplicata  in  relazione  alla  quale  la  decurtazione e' operante -
 Richiamo alla sentenza n. 204/1992 - Riduzione giustificabile solo se
 correlata ad una retribuzione  della  nuova  attivita'  tale  che  ne
 giustifichi la misura - Illegittimita' costituzionale.
 
 (D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 97, primo comma)
 
 (Cost., artt. 3 e 36).
(GU n.23 del 3-6-1992 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
    CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
    MENGONI,  prof.  Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Francesco
    GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  97,  primo
 comma,  del  d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo
 unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili
 e militari dello Stato) promosso con ordinanza  emessa  l'8  febbraio
 1991  dalla  Corte  dei  conti  - Sezione terza giurisdizionale - sul
 ricorso proposto da  Della  Gatta  Maria,  iscritta  al  n.  733  del
 registro  ordinanze  1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 1› aprile 1992 il Giudice
 relatore Gabriele Pescatore;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ordinanza dell'8 febbraio 1991,  la  Corte  dei  conti  -
 sezione  III giurisdizionale - ha sollevato questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 97, primo  comma,  del  d.P.R.  29  dicembre
 1973, n. 1092, nella parte in cui dispone che al titolare di pensione
 o di assegno rinnovabile, che presta opera retribuita alle dipendenze
 dello  Stato,  di  amministrazioni  pubbliche o di enti pubblici, non
 compete la tredicesima mensilita' per il periodo in cui  ha  prestato
 detta opera retribuita.
    La  Corte dei conti dubita della legittimita' costituzionale della
 norma sulla base dei seguenti argomenti:
       a) la tredicesima mensilita' ha natura  retributiva,  attenendo
 strettamente allo stipendio;
       b)  in quanto tale, essa non potrebbe non essere trasfusa nella
 pensione (o nelle piu' pensioni godute dal medesimo titolare);
       c) il mancato computo comporterebbe il "vulnus" degli artt. 3 e
 36  della Costituzione, rispettivamente per disparita' di trattamento
 fra dipendenti in  servizio  ed  in  quiescenza,  con  riguardo  alla
 medesima  voce  pensionabile,  e  per  mancata proporzionalita' della
 pensione, in quanto retribuzione differita, alla quantita' - qualita'
 del lavoro prestato.
    2. - L'ordinanza e' stata  ritualmente  comunicata,  notificata  e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
    3.  -  E'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata infondata.
    La  determinazione  del  quantum  del  trattamento di quiescenza -
 osserva  l'Avvocatura  -  e'  problema   di   politica   legislativa,
 censurabile  solo  se inficiata da un manifesto difetto di criteri di
 ragionevolezza.
    Non sembra irragionevole, peraltro, il  trattamento  differenziato
 fra  il  pensionato  statale,  che,  non  svolgendo  altre  attivita'
 lavorative alle dipendenze dello  Stato,  percepisce  la  tredicesima
 mensilita' sul trattamento pensionistico e il pensionato statale che,
 pur   essendo   collocato  a  riposo,  presta  la  propria  attivita'
 lavorativa come dipendente pubblico e non percepisce  la  tredicesima
 mensilita'   sulla  pensione,  percependola  invece  sul  trattamento
 retributivo in atto.
    La  diversa  situazione  nelle  due  fattispecie   giustifica   il
 trattamento   differenziato,   che,   del  resto,  appare  del  tutto
 ragionevole anche in considerazione della ratio della norma,  che  e'
 quella  di  limitare  gli  esborsi  dello  Stato,  di amministrazioni
 pubbliche o di enti pubblici, in relazione ad una prestazione che non
 trova giustificazione nel fine previdenziale cui e' destinata.
    Altrettanto inconsistente sarebbe la pretesa violazione  dell'art.
 36 della Costituzione;
    L'adeguatezza   della   retribuzione   va   valutata  infatti  con
 riferimento all'intero trattamento economico e non alle singole fonti
 della retribuzione o alle prestazioni  accessorie.  Non  puo'  dunque
 ritenersi   che  il  trattamento  pensionistico,  pur  decurtato  del
 tredicesimo rateo ed in presenza di  una  ulteriore  retribuzione  in
 atto,   sempre   a   carico   dello   Stato   o   di  altra  pubblica
 amministrazione, non sia adeguato alle prescrizioni del  primo  comma
 dell'art. 36 della Costituzione.
                        Considerato in diritto
    1. - L'art. 97, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092,
 e'  stato  impugnato  nella  parte  in cui dispone che al titolare di
 pensione o di assegno rinnovabile, che presta opera  retribuita  alle
 dipendenze  dello  Stato,  di  amministrazioni  pubbliche  o  di enti
 pubblici non compete la tredicesima mensilita' per il periodo in  cui
 ha prestato detta opera retribuita.
    La  previsione si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 36 della
 Costituzione,  rispettivamente  per  disparita'  di  trattamento  fra
 dipendenti  in  servizio ed in quiescenza, con riguardo alla medesima
 base pensionabile, e per mancata proporzionalita' della pensione alla
 quantita' e qualita' del lavoro prestato.
    La questione si e' posta nel corso del giudizio  promosso  avverso
 il  provvedimento di recupero di un credito erariale relativo a somme
 indebitamente erogate a titolo di indennita' integrativa  speciale  e
 tredicesima  mensilita'.  Il giudice remittente, sulla base di quanto
 statuito  da  questa  Corte  con  sentenza n. 566 del 1989, disponeva
 istruttoria con riferimento alla effettiva percezione dell'indennita'
 integrativa speciale; sollevava invece incidente di costituzionalita'
 per quanto concerne la tredicesima mensilita'.
    2. - La questione e' fondata.
    Con la sentenza n. 566 del 1989, questa Corte ha affermato che, in
 caso di concorso della pensione con altra prestazione retribuita,  e'
 ragionevole  che  il  legislatore  tenga conto della maggiorazione di
 compenso derivante al pensionato a seguito della nuova  attivita'  e,
 dunque,  non  e'  di  per  se'  illegittima l'eventuale riduzione del
 trattamento pensionistico complessivo.
    Tuttavia, tale riduzione  puo'  essere  giustificata  e  risultare
 quindi compatibile col principio stabilito dall'art. 36, primo comma,
 della  Costituzione,  soltanto  se  e'  correlata ad una retribuzione
 della nuova attivita', tale che ne giustifichi la misura.
    Di conseguenza, sono  illegittime  le  norme  che  "implicano  una
 sostanziale  decurtazione  del complessivo trattamento pensionistico,
 senza  stabilire  il  limite  minimo  dell'emolumento  dell'attivita'
 esplicata,   in   relazione  alla  quale  tale  decurtazione  diventa
 operante".
    Analoghe enunciazioni sono state poste a fondamento della sentenza
 n. 204 del 1992, con cui questa Corte ha dichiarato  l'illegittimita'
 degli  artt.  17, primo comma, della legge 21 dicembre 1978, n. 843 e
 15 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, nella parte in cui non
 determinano la misura della retribuzione, oltre  la  quale  diventano
 operanti  l'esclusione  e il congelamento dell'indennita' integrativa
 speciale.
    La questione ora all'esame non si  sottrae  alle  stesse  rationes
 decidendi.  Mentre  e'  ragionevole  infatti che il legislatore tenga
 conto del  maggior  introito  percepito  dalla  persona  titolare  di
 pensione che presti opera retribuita, la decurtazione del trattamento
 pensionistico  complessivo  non puo' essere disposta, senza stabilire
 il limite minimo dell'emolumento dell'attivita' esplicata,  oltre  il
 quale  la decurtazione diventa operante. La determinazione del limite
 e delle connesse statuizioni,  ivi  compresa  quella  concernente  la
 decorrenza,  spetta  al  legislatore  e  deve  attuarsi  in  modo  da
 salvaguardare  il  precetto  dall'art.   36,   primo   comma,   della
 Costituzione.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 97, primo comma,
 del  d.P.R.  29  dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico
 delle norme sul trattamento di quiescenza  dei  dipendenti  civili  e
 militari  dello  Stato),  nella  parte in cui non determina la misura
 della  retribuzione,  oltre  la  quale  non  compete  la  tredicesima
 mensilita'.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 maggio 1992.
                       Il Presidente: CORASANITI
                        Il redattore: PESCATORE
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 27 maggio 1992.
                       Il cancelliere: DI PAOLA
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