N. 795 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 ottobre 1992
N. 795 Ordinanza emessa il 28 ottobre 1992 dalla Commissione tributaria di primo grado di Verbania sul ricorso proposto da societa' Cerutti & Dulio S.n.c. contro l'ufficio ii.dd. di Verbania Contenzioso tributario - Organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia tributaria - Attribuzione delle relative competenze al Ministro per le finanze invece che al Ministro della giustizia - Commissioni tributarie - Composizione e funzionamento - Impossibilita' per i componenti di commissioni tributarie dipendenti dello Stato di assentarsi dal servizio (per l'espletamento delle funzioni giurisdizionali) per il tempo determinato dal presidente del collegio giudicante al di la' dei limiti fissati dal capo dell'ufficio da cui dipendono - Lamentata ingerenza da parte di autorita' estranea alla giurisdizione. (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 2, 6, 12, 13, e successive modificazioni). (Cost., artt. 54, 108 e 110).(GU n.1 del 7-1-1993 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO All'udienza del 28 ottobre 1992 ha pronunciato la seguente ordinanza su ricorso proposto dalla societa' Cerutti & Dulio S.n.c., corrente in Pella, via Lungo Lago, n. 70, avverso ufficio imposte dirette di Verbania. Sentiti il relatore dott. Mario Piscitello. La societa' Cerutti & Dulio S.n.c., corrente in Pella, via Lungo Lago, n. 70, in data 1½ febbraio 1992, in persona del suo legale rappresentante, sig. Cerutti Armando, proponeva ricorso contro l'avviso di accertamento - notificatole in data 3 dicembre 1991 - con il quale l'ufficio imposte dirette di Verbania aveva rettificato, per il 1986, il reddito d'impresa da L. 197.338.000 a L. 204.526.000 e l'imponibile Ilor da L. 165.338.000 a L. 204.526.000. La ricorrente, dopo aver contestato le riprese fiscali operate dall'ufficio (costi di non competenza dell'esercizio relativi a canoni leasing anticipati per L. 4.920.000 costi non inerenti l'attivita' relativi a spese per ristorante ed omaggi per L. 2.268.000 e disconoscimento di variazioni in diminuzione per L. 351.000) e il recupero a tassazione Ilor di L. 32.000.000 dedotte ai sensi dell'art. 7 del d.P.R. n. 599/1973 e dell'art. 13 della legge n. 72/1983, chiedeva in via principale la conferma dei redditi dichiarati e, in via subordinata, la rideterminazione dei costi e delle spese non riconosciuti dall'ufficio. L'ufficio imposte dirette di Verbania non resisteva al ricorso con deduzioni scritte. La ricorrente faceva pervenire in data 14 agosto 1992 a questa commissione tributaria, ai fini della declaratoria di estinzione del presente giudizio, copia fotostatica della dichiarazione integrativa (domanda di condono) prevista dagli artt. 32 e ss. della legge 30 dicembre 1991, n. 413, copia fotostatica della ricevuta della consegna, in data 29 giugno 1992, ad un ufficio postale della raccomandata di trasmissione dell'anzidetta dichiarazione e un'attestazione di pagamento Ilor di L. 4.293.000. La domanda di "condono", ai fini dell'estinzione del presente giudizio, pero', e' priva di effetti giuridici perche' e' stata presentata in data 29 giugno 1992 e quindi oltre il termine del 30 aprile 1992 previsto dall'art. 32, secondo comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 413. E' pur vero che con alcuni decreti-legge e, in particolare, con il d.l. 25 giugno 1992, n. 319, (art. 1, secondo comma), "Il termine .. per la presentazione delle dichiarazioni e delle istanze di cui agli artt. 32, secondo comma, primo periodo, .. della medesima legge n. 413 del 1991 e' stato stabilito al 30 giugno 1992", ma gli anzidetti decreti non sono stati convertiti in legge e quindi hanno perso efficacia sin dall'inizio. L'art. 77, terzo comma, della Costituzione, infatti, afferma che "I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione". Questo collegio non ignora che il Governo intende presentare un emendamento al d.l. n. 388/1992 per riaprire fino al 31 marzo 1993 i termini, ormai abbondantemente scaduti, del "condono" (Il Sole-24 Ore del 29 settembre 1992). Potra' trattarsi di riapertura e non di proroga di termini perche' i termini scaduti non possono essere prorogati e, pertanto, il relativo provvedimento, nel testo pubblicato dalla stampa specializzata, potrebbe non "sanare" le istanze presentate sotto il vigore del d.l. 25 giugno 1992, n. 319. Le Camere, ovviamente, potendo regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base di decreti non convertiti (art. 77, ultimo comma, della Costituzione), potranno "salvare", con una norma ad hoc, le dichiarazioni e/o le istanze di condono che sono state presentate sotto il vigore dell'anzidetto decreto, ma cio', a parere di questo collegio, non potranno fare con una semplice riapertura dei termini della legge 30 dicembre 1991, n. 413. La sanatoria anzidetta, se e quando verra' disposta dal Parlamento, potrebbe rendere inefficace e quindi irrilevante la decisione di questa commissione tributaria, la quale, comunque, non puo' esimersi dal decidere, anche se e' consapevole della grave confusione in cui svolge la sua funzione. Pertanto, questo collegio, a prescindere dalle future scelte politiche del Parlamento, non puo' dichiarare l'estinzione del presente giudizio e deve procedere ad un esame di merito del ricorso. La decisione del presente ricorso, pero, deve essere precedura dalla soluzione di alcune questioni di legittimita' costituzionale, a parere di questo collegio, "non manifestamente infondate" ed anche "rilevanti". I. - La Costituzione, cosi' come stabilisce che "La giustizia (senza alcuna limitazione o specificazione e quindi anche la giustizia tributaria) e' amministrata in nome del popolo" (art. 101, primo comma), cosi' affida l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia (senza alcuna limitazione o specificazione) soltanto al Ministro della giustizia e non anche al Ministro delle finanze (art. 110). Invece, in base a diverse norme del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, e sue successive integrazioni e modificazioni ed anche in base allo schema del decreto legislativo, di prossima emanazione, concernente la riforma del Contenzioso tributario, il Ministro delle finanze, parte in causa nei processi tributari, o quanto meno a questi interessato, puo' e deve occuparsi, con evidente violazione anche del principio di indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali (art. 108, seconco comma) delle commissioni tributarie (nomine e trattamento economico dei giudici tributari, organizzazione delle segreterie delle commissioni tributarie etc.). Lo schema del decreto anzidetto lascia la giustizia tributaria sotto la "tutela" del Ministro delle finanze, anche oltre i "principi e i criteri direttivi" della relativa legge delega (art. 30 della legge n. 413/1991). E trattasi di una situazione della quale ci si dovrebbe preoccupare in quanto il buon funzionamento degli Organi di giurisdizione tributaria, obiettivamente, nuoce non solo agli evasori fiscali ma anche all'amministrazione finanziaria. Basti pensare che i giudici tributari possono annullare tutti i suoi attiÝ Ma, a prescindere dalle norme (legge delega e leggi delegate) che dovrebbero riformare il contenzioso tributario e sulle quali, allo stato, ovviamente, non puo' essere sollevata alcuna questione di legittimita' costituzionale, sono, invece, quanto meno, di dubbia legittimita' le seguenti norme, attualmente in vigore, in relazione agli artt. 108, secondo comma, e 110 della Costituzione d.P.R. 26 ottobre 1972, modificato dal d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739 "Revisione della disciplinare del contenzioso tributario". Art. 2. - Commissioni tributarie di primo grado. Alle nomine (dei componenti delle commissioni tributarie di primo grado) provvede in conformita' il Ministro per le finanze con proprio decreto. Il numero delle sezioni di ogni commissione e' fissato e puo' essere variato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per le finanze, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia. Art. 6. - Decadenza dei componenti delle commissioni tributarie. La decadenza (dei componenti delle commissioni tributarie) e' dichiarata dal Ministro per le finanze su proposta del presidente del tribunale o della corte d'appello, secondo le rispettive competenze. Art. 12. - Compensi ai componenti delle commissioni tributarie. Con decreto del Ministro per le finanze, di concerto con il Ministro per il tesoro, e' annualmente determinato il compenso unitario globale per ogni ricorso deciso. La misura dei compensi dovuti .. e' stabilita dal Ministro per le finanze .. Art. 13. - Segreterie delle commissioni tributarie. Il Ministro delle finanze determina annualmente con proprio decreto il contingente di personale da assegnare alle commissioni triutarie, ripartito numericamente fra le diverse province. La presente questione di legittimita' costituzionale e' rilevante ai fini della definizione del presente giudizio in quanto attiene alla composizione dell'organo giudicante, ai suoi collaboratori e all'organizzazione del suo ufficio. II. - L'attivita' e il funzionamento di molte commissioni tributarie e, in particolare, di questa commissione e di questo collegio dipendono da autorita' estranee alla giurisdizione. Infatti, i dipendenti dello Stato, componenti di commissione tributaria, per l'espretamento delle loro funzioni giurisdizionali, possono e debbono essere autorizzati ad assentarsi dal servizio dalla competente autorita' amministrativa (ved. nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dipartimento per la funzione pubblica, del 31 marzo 1988, n. 8017/10.0337). Le autorizzazioni anzidette, secondo il dipartimento per la funzione pubblica, troverebbero fondamento e giustificazione nelle disposizioni di cui all'art. 8 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, le quali stabiliscono che la carica di giudice tributario costituisce "ufficio pubblico ed e' obligatoria". Ma la Corte costituzionale, gia' investita della questione da questa commissione tributaria che ha ritenuto l'autorizzazione incompatibile con il principio di indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali (art. 108, secondo comma, della Costituzione), ha affermato che per la pubblica amministrazione la "autorizzazione" anzidetta e' un "atto dovuto" (ord. n. 581/1989) ed una mera "presa d'atto" della comunicazione dell'assenza da parte dell'impiegato (ordinamento n. 141/1991) e, che, cosi' intesa, la c.d. "autorizzazione" non e' in contrasto con i principi costituzionali. La Corte costituzionale, pero, ha anche ritenuto che il tema della "autorizzazione" ad assentarsi dall'ufficio per il tempo necessario all'espletamento delle funzioni di componente di commissioni tributarie e' del tutto estraneo alle disposizioni (prescindendosi dal problema della loro attuale vigenza) dettate con l'art. 8 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 (ord. n. 141/1991). Pertanto, dall'insegnamento della stessa Corte costituzionale deriva, sia pure implicitamente, che le "autorizzazioni" ai dipendenti dello Stato, componenti di commissione tributaria, sono, o quanto meno, potrebbero essere illegittime perche' prive di fondamento o giustificazione normativa (esclusa la norma costituzionale di cui all'art. 108, secondo comma, norma programmatica e non precettiva). Peraltro, alcune autorita' amministrative, pur dopo le citate pronunce della Corte costituzionale, non si limitano ad una mera "presa d'atto" della segnalazione dell'assenza dell'impiegato, per il tempo determinato dal presidente del collegio giudicante, e richiamandosi ad un'interpretazione, probabilmente errata, del Ministro per la funzione pubblica in data 4 luglio 1991 delle pronunce della Corte costituzionale, continuano ad "autorizzare" l'assenza soltanto per il tempo dell'udienza. L'attivita' e l'impegno dei giudici, compresi i giudici tributari, pero', non consistono soltanto nella partecipazione alle udienze di discussione. Basti pensare agli esami degli atti, agli adempimenti istruttori, alla redazione delle motivazioni e, per i presidenti, alla fissazione delle udienze, alla nomina dei relatori, etc. La determinazione del tempo necessario all'espletamento del mandato dei giudici tributari, per la doverosa osservanza del principio di indipendenza, a parere di questo collegio, puo' e deve spettare soltanto al presidente di ogni collegio giudicante e mai ad un'autorita' estranea alla giurisdizione. La Corte costituzionale, infatti, insegna che il giudice deve essere indipendente da poteri ed interessi estranei alla giurisdizione (sentenza n. 18/1989). L'autorita' all'assenza dei dipendenti dello Stato, componenti di commissione tributaria, soltanto per la durata dell'udienza, cosi' come ha disposto il Dipartimento per la funzione pubblica, contrasta anche con il principio costituzionale di cui all'art. 54, secondo comma, il quale impone che "I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore". L'attivita' dei giudici, infatti, solo in parte si svolge in udienza, mentre la maggior parte di essa precede o segue l'udienza (esame e studio delle cause, adempimenti istruttori, redazione della motivazione etc.). Ma se i giudici non possono dedicare la necessaria attenzione alle attivita' che precedono e che seguono l'udienza, l'adempimento delle loro funzioni non potra' avvenire "con disciplina ed onore", ma avvera' in modo "approssimativo" e la giustizia tributaria sara' giustizia "sommaria". Pertanto, questo collegio, adducendo anche nuove argomentazioni, ripropone la questione di legittimita' costituzionale della normativa sul contenzioso tributario (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, e sue successive modifiche ed integrazioni), in quanto l'anzidetta normativa non prevede che i dipendenti dello Stato, componenti di commissione tributaria, possano assentarsi dal servizio per il tempo determinato dal presidente del collegio giudicante, in relazione all'art. 108, secondo comma, ed anche in relazione all'art. 54, secondo comma, della Costituzione. Inoltre, questo collegio deve evidenziare che la suddetta questione non trova alcuna regolamentazione nello schema del decreto legislativo sull'"Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria", di prossima emanazione, il quale, peraltro, stabilisce espressamente che possono essere nominati giudici tributari anche i dipendenti civili dello Stato o di altre amministrazioni pubbliche e i docenti di ruolo, anche se in servizio. E, pertanto, anche in considerazione di quanto prevede o non prevede lo schema del decreto legislativo sulle commissioni tributarie, l'intervento della Corte costituzionale appare opportuno, anzi necessario. Nel caso in esame, la presente questione di legittimita' costituzionale assume concreta rilevanza in quanto questo collegio ritiene di non poter decidere il ricorso "subito dopo la discussione", ma di dover, in applicazione dell'art. 20, terzo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, nel testo modificato dal d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, "rinviare la decisione" e quindi di fissare ad altro giorno la prosecuzione della camera di consiglio, il cui svolgimento potrebbe essere impedito da un'autorita' estranea alla giurisdizione e, comunque, non dovrebbe dipendere da un'autorita' estranea alla giurisdizione. Inoltre, trattasi di questione rilevante perche' dalla sua soluzione dipendono anche i "tempi" per la stesura della motivazione della decisione e la possibilita' di una riunione del collegio per la discussione e l'approvazione della motivazione. La suddetta questione di legittimita', a parere di questo collegio, e' "non manifestamente infondata" ed anche "rilevante" ai fini della decisione del ricorso (uno dei componenti il collegio e' un dipendente dello Stato), perche' dalla sua soluzione dipende la prosecuzione del procedimento, oltre ad una possibile maggiore efficienza delle commissioni tributarie.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara, d'ufficio, "non manifestamente infondata" la questione di legittimita' costituzionale della normativa sul Contenzioso tributario (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, e sue successive modifiche ed integrazioni, artt. 2, 6, 12, 13), nella parte in cui dette norme attribuiscono al Ministro per le finanze e non al Ministro della giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia tributaria, in relazione agli artt. 108, secondo coma, e 110 della Costituzione e "rilevante" per quanto in motivazione: Dichiara, d'ufficio, "non manifestamente infondata" la questione di legittimita' costituzionale della normativa sul Contenzioso tributario (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, e sue successive modifiche ed integrazioni) in quanto detta normativa non prevede che i dipendenti dello Stato, componenti di commissione tributaria, possano assentarsi dal servizio per il tempo determinato dal presidente del collegio giudicante, in relazione all'art. 108, secondo comma, e all'art. 54, secondo comma, della Costituzione e "rilevante" per quanto in motivazione; Sospende il procedimento in corso ed ordina l'immediata trasmisione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza venga notificata alla ricorrente e all'ufficio imposte dirette di Verbania e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Verbania, addi' 28 ottobre 1992 Il presidente: PISCITELLO MARCONI - CAVAZZONI 92C1371