N. 486 SENTENZA 16 - 29 dicembre 1992

 
 
 Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e regione.
 Edilizia  - Edilizia residenziale pubblica - Regioni Liguria, Toscana
 ed Emilia-Romagna - Piani di cessione di alloggi  -  Disposizioni  di
 indirizzo  e  coordinamento  -  Potere  -  Esercizio  al  di fuori di
 preventiva disciplina legislativa - Lesione di attribuzioni regionali
 - Non spettanza allo Stato - Annullamento del d.P.R. 14 febbraio 1992
 
 (D.P.R. 14 febbraio 1992).
 
 (Cost., artt. 3, primo comma e 97).
(GU n.1 del 7-1-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
    SPAGNOLI,  prof.  Antonio  BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
    avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.
    Renato  GRANATA,  prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,
    prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio promosso con ricorsi delle Regioni Liguria,  Toscana  ed
 Emilia Romagna notificati, il primo il 31 marzo 1992, e gli altri due
 il  15  aprile 1992, depositati in Cancelleria rispettivamente il 13,
 21 e 27 aprile 1992, per conflitto di attribuzione  sorto  a  seguito
 della  emanazione  del  decreto  del  Presidente  della Repubblica 14
 febbraio 1992, avente ad oggetto: "Atto di indirizzo e  coordinamento
 alle  regioni  recante  i piani di cessione degli alloggi di edilizia
 residenziale pubblica", ed iscritti ai nn. 11, 12 e 16  del  registro
 conflitti 1992;
    Visti  gli  atti  di costituzione del Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
    Udito nell'udienza  pubblica  del  18  novembre  1992  il  Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
    Uditi  gli  avvocati  Gian Paolo Zanchini per la Regione Liguria e
 Alberto Predieri per la Regione  Toscana  e  l'avvocato  dello  Stato
 Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1.   -   Le  Regioni  Liguria,  Toscana  ed  Emilia-Romagna  hanno
 presentato  distinti  ricorsi  per  conflitto  di  attribuzione   nei
 confronti  dello  Stato, in relazione al d.P.R. 14 febbraio 1992, dal
 titolo "Atto di indirizzo e  coordinamento  alle  regioni  recante  i
 piani di cessione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica".
    Secondo tutte le ricorrenti, l'atto impugnato lederebbe i principi
 che  presiedono all'esercizio della funzione governativa di indirizzo
 e coordinamento essendo stato adottato senza il  supporto  di  alcuna
 disposizione   di   legge.   Un'ulteriore  lesione  delle  competenze
 regionali deriverebbe, secondo la  Regione  Liguria,  dal  fatto  che
 l'atto  impugnato  e'  stato emanato senza il parere della Conferenza
 permanente per i rapporti tra Stato e regioni. Infine,  il  carattere
 eccessivamente  analitico  e  dettagliato delle statuizioni contenute
 nell'atto impugnato manifesterebbe, a giudizio della Regione Toscana,
 uno sconfinamento dal legittimo esercizio della funzione  governativa
 di  indirizzo  e  coordinamento,  in  violazione degli artt. 3, primo
 comma, e 97 della Costituzione.
    Le stesse ricorrenti prospettano, poi, profili di lesivita'  delle
 proprie competenze concernenti singoli articoli dell'atto impugnato.
    Gli  articoli  1, 3 e 4 sono censurati dalla Regione Liguria sotto
 il profilo che conterrebbero una  lesione  delle  proprie  competenze
 legislative  e  amministrative  in  materia  di edilizia residenziale
 pubblica, essendo in contrasto con i  limiti  posti  agli  interventi
 statali dall'art. 28 della legge n. 412 del 1991.
    L'art.  5  dell'atto  impugnato  e', invece, oggetto di censure da
 parte delle Regioni Liguria  ed  Emilia-Romagna.  Secondo  la  prima,
 detto  articolo,  nel  porre  vari termini agli adempimenti regionali
 previsti dal ricordato art. 28 della legge n. 412 del 1991, lederebbe
 l'autonomia organizzativa assicurata alle regioni. Secondo la Regione
 Emilia-Romagna,  la  previsione  di  un  temine  di  90  giorni   per
 l'approvazione regionale dei piani di cessione violerebbe, invece, il
 principio  della  leale  cooperazione,  per  il  fatto  che in base a
 quest'ultimo dovrebbe esser necessario un confronto dello  Stato  con
 le  singole  regioni  al fine di poter valutare la congruita' di tale
 termine rispetto alle diverse situazioni locali.
    Tutte le ricorrenti, infine, muovono censure all'art. 6  dell'atto
 impugnato.   La   Regione   Liguria   ritiene,  in  particolare,  che
 quest'ultimo si ponga in contrasto con l'art. 28 della legge  n.  412
 del  1991  laddove  ricomprende fra gli alloggi sottoposti a cessione
 anche quelli realizzati con risorse proprie degli enti  gestori,  dal
 momento  che il ricordato art. 28, primo comma, si riferisce soltanto
 agli alloggi realizzati a totale carico o con il concorso dello Stato
 o della regione. Sempre secondo la  stessa  ricorrente,  il  medesimo
 art.  6,  nella  parte  in  cui  prevede il versamento degli introiti
 derivanti dalle cessioni nella contabilita' speciale tenuta presso la
 tesoreria dello Stato, violerebbe il citato  art.  28,  sesto  comma,
 della legge n. 412 del 1991, il quale stabilisce una gestione diretta
 dei fondi prima ricordati da parte degli enti titolari.
    Le  censure della Regione Toscana all'art. 6 del decreto impugnato
 attengono, invece, alla asserita violazione della  riserva  di  legge
 prevista  dall'art.  119  della  Costituzione,  dal  momento  che  il
 programma   di   reinvestimento   in   nuove   costruzioni    o    in
 ristrutturazioni,   da   inserire  nel  piano  di  cessione  previsto
 dall'articolo in questione, risulterebbe estraneo all'art.  28  della
 legge n. 412 del 1991. Lo stesso art. 6 sarebbe, poi, illegittimo per
 il  fatto  che  priverebbe  la  Regione  ricorrente  della  facolta',
 prevista dal ricordato art. 28, di scegliere tra i possibili impieghi
 delle somme ricavate dalla cessione degli alloggi.
    Infine, a giudizio della Regione Emilia-Romagna, lo stesso art. 6,
 nel prevedere un dovere di vigilanza delle regioni sui fondi ricavati
 dalle alienazioni, lederebbe le competenze regionali  in  materia  di
 enti  strumentali delle regioni, quali sono gli Istituti autonomi per
 le case popolari (IACP),  e  violerebbe,  inoltre,  per  la  medesima
 ragione, l'autonomia finanziaria regionale.
    2.  - Il Presidente del Consiglio dei Ministri si e' costituito in
 tutti  i  giudizi  per  chiedere  che  i  ricorsi  siano   dichiarati
 inammissibili o, comunque, infondati.
    L'eccezione di inammissibilita', sollevata con riferimento a tutti
 i   ricorsi,  poggia  sul  fatto  che  le  ricorrenti  hanno  chiesto
 l'annullamento, totale o parziale, dell'atto impugnato,  ma  non  una
 pronuncia sulla spettanza del potere.
    In via generale, l'Avvocatura generale dello Stato nega che l'atto
 impugnato, al di la' della sua autoqualificazione, possa configurarsi
 come  un  atto  di  indirizzo  e  coordinamento,  giacche' la materia
 disciplinata non rientrerebbe tra  quelle  trasferite  alle  regioni.
 Secondo il resistente, infatti, le competenze regionali in materia di
 edilizia  residenziale pubblica sarebbero limitate alla costruzione e
 alla  gestione   ordinaria   dell'edilizia   residenziale   abitativa
 pubblica,  mentre  l'atto  impugnato  conterrebbe  una disciplina dei
 diritti di proprieta' e, in genere, dei rapporti giuridici  tra  enti
 gestori  e inquilini relativiamente ad alloggi gia' edificati. Quello
 impugnato,  pertanto,  non   sarebbe   un   atto   di   indirizzo   e
 coordinamento,   che   presupporrebbe   una   materia  di  competenza
 regionale, ma sarebbe un  atto  di  direttiva  verso  l'esercizio  di
 funzioni  delegate  alle  regioni  ovvero  un  atto di programmazione
 nazionale diretto a sviluppare e a specificare una  indicazione  gia'
 contenuta  nell'art. 28 della legge n. 412 del 1991.  Sicche', mentre
 l'approvazione  regionale  degli  atti di cessione sarebbe un atto di
 controllo di merito su un'attivita' (la vendita) propria  degli  enti
 gestori,  l'adozione  di misure per la mobilita', invece, sarebbe una
 funzione   attinente   all'assegnazione   degli   alloggi,   materia,
 quest'ultima, di competenza dei comuni.
    Infine,  il  resistente,  dopo  aver  rilevato che l'art. 12 della
 legge n. 400 del 1988 non prescrive il parere della Conferenza fra lo
 Stato e le regioni sui singoli atti  di  indirizzo  e  coordinamento,
 chiede  che  sia  dichiarata  la inammissibilita' della censura mossa
 dalla Regione Liguria all'art. 6  dell'atto  impugnato  in  relazione
 alla  gestione  dei  fondi  ricavati  dalla  cessione  degli alloggi,
 poiche' quest'ultima riguarderebbe un rapporto  tra  ente  gestore  e
 tesoreria  dello  Stato. Nello stesso tempo, l'Avvocatura dello Stato
 nega che l'art. 6 escluda la destinazione dei  fondi  alle  finalita'
 previste  dall'art.  28  della  legge n. 412 del 1991, come lamentato
 dalla Regione Toscana.
    3. - In prossimita' dell'udienza, rinviata due volte,  la  Regione
 Toscana  ha depositato due memorie nelle quali, oltre a contestare la
 richiesta avversaria di inammissibilita' del  conflitto  per  mancata
 richiesta  di pronuncia sulla spettanza del potere, replica alla tesi
 dell'Avvocatura generale dello Stato, secondo  la  quale  la  materia
 disciplinata  dall'atto  impugnato  sarebbe  estranea alle competenze
 trasferite alle regioni, richiamando, in proposito, gli artt. 88 e 93
 del d.P.R. n. 616 del 1977 e la legge n. 457  del  1978,  nonche'  la
 giurisprudenza  di  questa  Corte  che  ha  incluso  nella competenza
 regionale la disciplina attinente alle assegnazioni degli  alloggi  e
 alle vicende dei rapporti a queste conseguenti.
                        Considerato in diritto
    1.  - Con distinti ricorsi le Regioni a statuto ordinario Liguria,
 Toscana ed Emilia-Romagna hanno sollevato conflitto  di  attribuzione
 nei  confronti  dello  Stato,  in relazione al decreto del Presidente
 della Repubblica 14 febbraio 1992, dal titolo "Atto  di  indirizzo  e
 coordinamento  alle regioni recante i piani di cessione degli alloggi
 di edilizia residenziale pubblica".
    Numerosi sono i profili per i quali le ricorrenti  prospettano  la
 violazione delle attribuzioni ad esse garantite dagli artt. 117 e 118
 della    Costituzione.   Tutte   le   indicate   regioni   lamentano,
 innanzitutto, la lesione delle competenze loro trasferite dagli artt.
 88 e 93 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e dall'art. 4 della  legge
 5  agosto 1978, n. 457, per il fatto che l'atto impugnato conterrebbe
 disposizioni di indirizzo e  coordinamento  in  materia  di  edilizia
 residenziale  pubblica  senza  che  il relativo potere sia previsto e
 disciplinato da previe  norme  di  legge,  come  invece  richiede  il
 corretto   esercizio   di   tale   funzione   secondo   la   costante
 giurisprudenza di questa Corte.
    Accanto a siffatta censura di carattere  generale,  le  ricorrenti
 prospettano  profili  di  lesione  delle proprie competenze di natura
 piu' particolare. Segnatamente, la Regione Liguria, oltre a lamentare
 la lesione delle proprie attribuzioni in materia di ordinamento degli
 enti amministrativi da essa dipendenti, si duole  del  fatto  che  lo
 Stato,  nell'adottare  il  decreto  impugnato, non abbia richiesto il
 parere della  Conferenza  permanente  per  i  rapporti  tra  Stato  e
 regioni, ai sensi dell'art. 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400. La
 Regione  Toscana, poi, prospetta l'ulteriore violazione degli artt. 3
 e  97  della  Costituzione. Infine, la Regione Emilia-Romagna lamenta
 tanto  la  lesione  del  principio  di  leale  cooperazione,   quanto
 l'illegittima  invasione  delle  proprie  competenze  in  materia  di
 disciplina degli enti strumentali dell'amministrazione regionale.
    Poiche' i ricorsi concernono il medesimo atto, i relativi  giudizi
 vanno riuniti per essere decisi con un'unica sentenza.
    2.  -  I  ricorsi  delle  sopraindicate regioni vanno accolti, dal
 momento che l'atto impugnato lede le attribuzioni  costituzionalmente
 assegnate   alle  ricorrenti  in  materia  di  edilizia  residenziale
 pubblica, trattandosi di un atto di indirizzo  e  coordinamento  che,
 nel  suo  complesso,  non  rispetta il principio di legalita' posto a
 tutela dell'integrita' delle competenze regionali.
    E'  appena  il  caso  di  osservare,  in  via  preliminare,   che,
 contrariamente  a  quanto  suppone l'Avvocatura generale dello Stato,
 nessun rilievo puo' accordarsi,  ai  fini  della  ammissibilita'  dei
 conflitti,  al  fatto  che  in  tutti  i  ricorsi  manchi una formale
 richiesta relativamente alla  spettanza  del  potere  contestato.  In
 primo  luogo,  infatti,  occorre  sottolineare  che l'art. 39, quarto
 comma, della legge 11 marzo 1953,  n.  87,  considera  come  elementi
 essenziali   del  ricorso  per  conflitto  di  attribuzione  soltanto
 l'indicazione  delle  attribuzioni  costituzionali  ritenute  lese  e
 quella   del   modo   in  cui  e'  sorto  il  conflitto,  oltre  alla
 specificazione dell'atto che il ricorrente reputa come invasivo della
 sfera delle competenze costituzionali invocate. In secondo luogo, non
 va trascurato che nel caso  in  esame  le  regioni  ricorrenti  fanno
 valere,  non  gia'  un'invasione  delle  proprie attribuzioni, bensi'
 l'illegittimo esercizio di un potere, quale la  funzione  governativa
 di indirizzo e coordinamento, indiscutibilmente spettante, a giudizio
 delle stesse ricorrenti, allo Stato.
    Quanto  al  merito dei conflitti di attribuzione sollevati, nessun
 dubbio puo' sussistere, contrariamente a quel che opina  l'Avvocatura
 dello  Stato,  in  relazione  al  fatto  che le competenze contestate
 abbiano ad oggetto la materia della edilizia  residenziale  pubblica,
 trasferita  alle  regioni  dagli  artt.  88 e 93 del d.P.R. 24 luglio
 1977, n. 616, e dall'art. 4  della  legge  5  agosto  1978,  n.  457.
 Premesso  che  tale  materia,  come  ha  gia' avuto modo di affermare
 questa Corte (v. sent.  n.  217  del  1988),  ha  un  ampio  oggetto,
 ricomprendente  la  predisposizione  di  interventi pubblici di varia
 natura comunque diretti al fine di  provvedere  al  servizio  sociale
 della  provvista  degli  alloggi  a  favore  dei  lavoratori  e delle
 famiglie meno abbienti, non si puo'  negare  che  la  cessione  degli
 alloggi, oggetto di disciplina dell'atto impugnato, costituisca parte
 integrante  dell'assegnazione  degli alloggi di edilizia residenziale
 pubblica, assegnazione che e' sicuramente iscritta nell'ambito  della
 materia  in  considerazione (v. sentt. nn. 493 del 1970, 16 del 1972,
 727 e  1115  del  1988).  La  cessione  degli  alloggi,  infatti,  e'
 indissolubilmente connessa con l'assegnazione degli stessi, posto che
 la  qualifica  di  assegnatario rappresenta una condizione necessaria
 per poter partecipare  alla  cessione  di  un  alloggio  di  edilizia
 residenziale pubblica.
    Piu'   in   generale,   comunque,   ai  fini  della  dimostrazione
 dell'inerenza  della  cessione  degli  alloggi  alla  materia   della
 edilizia  residenziale  pubblica, non va trascurato il rilievo che la
 predetta cessione e' finalizzata, fra l'altro, al reinvestimento  dei
 ricavi  sia  in direzione della acquisizione delle aree edificabili e
 della  costruzione  di  edifici  per  l'incremento   del   patrimonio
 abitativo  pubblico,  sia  in direzione di urbanizzazioni socialmente
 rilevanti per il medesimo patrimonio (v. art. 28, comma 6, lettere b)
 e c), della legge 30 dicembre 1991, n. 412).  Ne',  del  resto,  puo'
 negarsi  valore al fatto che la cessione degli alloggi, la quale deve
 essere effettuata secondo piani approvati dalla regione, rientra  fra
 i  compiti  degli  istituti  autonomi  per  le  case popolari (IACP),
 comunque denominati o ridisciplinati dalle leggi regionali,  istituti
 che  vanno ricompresi tra gli enti operanti all'esclusivo servizio di
 funzioni attribuite alle regioni (tanto che e' nel potere  di  queste
 ultime   adottare   provvedimenti   relativi  a  una  loro  eventuale
 soppressione: v. art. 93, secondo comma, e 13 del d.P.R. n.  616  del
 1977).
    Posto,  dunque,  che  la  materia  disciplinata rientra fra quelle
 trasferite alla competenza  delle  regioni,  l'atto  di  indirizzo  e
 coordinamento   oggetto  di  impugnazione,  per  essere  conforme  ai
 parametri di legittimita' costituzionale precisati  da  questa  Corte
 con  una giurisprudenza da tempo costante (v., ad esempio, sentt. nn.
 150 del 1982, 338 del 1988, 139 del 1990, 37 e 359 del 1991, 30 e 384
 del  1992),  deve  avere  un  apposito  supporto  nella  legislazione
 statale, diretto a prevedere l'esercizio del potere stesso cosi' come
 il   contenuto  sostanziale  dell'atto  da  adottare,  attraverso  la
 predisposizione di principi e di criteri  idonei  a  vincolare  e  ad
 orientare  la  discrezionalita' governativa. Ma, poiche' nell'art. 28
 della legge n. 412 del 1991 o  in  qualsiasi  altra  disposizione  di
 legge  non  si  riscontra  il  minimo  cenno  a  un eventuale atto di
 indirizzo e coordinamento del Governo  in  materia,  il  decreto  del
 Presidente  della Repubblica 14 febbraio 1992 oggetto di impugnazione
 costituisce   un   esercizio   illegittimo    della    funzione    in
 considerazione, avente l'effetto di menomare una competenza regionale
 costituzionalmente   garantita.   Il   predetto  atto,  pertanto,  va
 consequenzialmente annullato.
    Resta  assorbito  l'esame  degli  ulteriori  profili  di  asserita
 lesione delle proprie attribuzioni sollevati dalle ricorrenti.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  che non spetta allo Stato adottare un atto di indirizzo e
 coordinamento in mancanza di un'apposita base in una norma  di  legge
 ordinaria  e,  conseguentemente,  annulla  il  decreto del Presidente
 della Repubblica 14 febbraio 1992 (Atto di indirizzo e  coordinamento
 alle  regioni  recante  i piani di cessione degli alloggi di edilizia
 residenziale pubblica).
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1992.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                       Il redattore: BALDASSARRE
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 29 dicembre 1992.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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