N. 798 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 ottobre 1992

                                N. 798
  Ordinanza emessa il 2 ottobre 1992 dalla corte d'appello di Torino
  nel procedimento civile vertente tra Mottura Gianfranco e comune di
  Torino
 Espropriazione per pubblico interesse - Espropriazioni per la
    realizzazione di opere da parte o per conto dello Stato o di altri
    enti pubblici - Determinazione dell'indennita' di esproprio per le
    aree edificabili in base alla media tra il valore dei  terreni  ed
    il  reddito  dominicale  rivalutato, con la riduzione dell'importo
    cosi'  determinato   del   quaranta   per   cento   -   Esclusione
    dell'applicazione  di detta disciplina ai procedimenti per i quali
    l'indennita' predetta  sia  stata  accettata  dalle  parti  o  sia
    divenuta non impugnabile o sia stata definita con sentenza passata
    in  giudicato alla data di entrata in vigore della norma impugnata
    - Ingiustificato deteriore trattamento dell'espropriato che agisce
    giudizialmente  rispetto  a  quello  che  ricorre  alla   cessione
    volontaria  del  bene  espropriato,  con conseguente incidenza sul
    diritto  di  difesa  in  giudizio  -  Violazione  del   principio,
    affermatosi  nella  giurisprudenza  della  Corte, che l'indennizzo
    debba costituire un serio ristoro dell'espropriazione.
 (Legge 8 agosto 1992, n. 359, art. 5-bis, primo comma).
 (Cost., artt. 3, 24 e 42).
(GU n.2 del 13-1-1993 )
                          LA CORTE DI APPELLO
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile n.  1089/90
 r.g.  promossa  da: Mottura Gianfranco, res. in Torino, elettivamente
 domiciliato in Torino, via  Ponza  2,  presso  l'avv.  Mauro  Nebiolo
 Vietti,  che  lo rappresenta come da procura in atti, attore, contro,
 il  comune  di  Torino,   in   persona   del   sindaco   pro-tempore,
 rappresentato  e  difeso  dall'avv. Maria Antonietta Caldo c/o avv.ra
 comunale - palazzo civico Torino, come da procura in atti, convenuto.
                           OSSERVA IN FATTO
    Con atto di citazione notificato il  24  agosto  1990,  il  signor
 Gianfranco  Mottura  conveniva  in giudizio dinanzi a questa corte il
 comune di Torino, in persona del sindaco in carica, esponendo che  il
 proprio  padre  Armando  era  proprietario  di un'area sita in questa
 citta', via Aosta 18,  censita  a  catasto  alla  partita  n.  25496,
 mappali  193  a  b,  193  b b (N.C.E.U. mappali 640, 712 foglio 171),
 destinata ai fini urbanistici all'apertura del tratto della via Pavia
 tra le vie Alessandria e Aosta.  Con  decreto  del  presidente  della
 giunta regionale n. 490 del 26 aprile 1973 era dichiarata la pubblica
 utilita'  dell'opera  e  definita  in  lire 2.200.000 l'indennita' da
 corrispondere a titolo provvisorio  per  l'espropriazione  del  bene.
 Successivamente  sempre  il  presidente  della  giunta regionale, con
 nuovo decreto n. 933, del 9 aprile 1974, pronunciava l'espropriazione
 del  terreno  in  questione,  pur  facendo  difetto a quel momento la
 relazione di stima della relativa indennita'. L'esponente quindi, che
 in seguito alla morte del padre era subentrato nei  rapporti  con  il
 comune  e che da questo aveva percepito solo il menzionato importo di
 lire 2.200.000, sulla scia di una recentissima pronuncia della  Corte
 costituzionale  secondo cui il privato nei cui confronti era avvenuta
 una procedura  espropriativa,  anche  se  non  ancora  seguita  dalla
 relativa  stima, ben poteva al riguardo adire l'autorita' giudiziaria
 ordinaria,   chiedeva   a   questo    giudice    la    determinazione
 dell'indennita'  di  espropriazione  con  l'applicazione  dei criteri
 posti dagli artt. 39 e seguenti della legge  fondamentale  25  giugno
 1865, n. 2359, oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi di
 legge, vinte le spese di lite.
    Costituitesi   le  parti,  il  comune  con  comparsa  di  risposta
 precisava che su richiesta dell'attore il settore tecnico  VII  piani
 regolatori   dell'ente   locale  aveva  stimato  in  lire  20.000.000
 l'indennita' per i soli terreni, comunicata al Mottura con nota del 7
 febbraio 1990, e che al contempo era stata richiesta  la  valutazione
 definitiva  alla  commissione provinciale espropri: quest'ultima, con
 relazione del 26 giugno 1991,  avrebbe  quindi  effettuato  la  stima
 pervenendo  all'importo  complessivo  di  lire 7.681.000, di cui lire
 5.880.000 per il terreno e lire 1.801.000 per i fabbricati.
    In sede istruttoria, infine, era disposta una  consulenza  tecnica
 d'ufficio,  il  cui risultato dava una valutazione del bene pari a L.
 36.000.000;  e  la  causa  era  posta  in  decisione  all'udienza  di
 discussione del 2 ottobre 1992.
                          OSSERVA IN DIRITTO
    La   pretesa   dell'attore   Gianfranco   Mottura,   diretta  alla
 determinazione dell'indennita' di espropriazione di  un  suo  terreno
 edificabile  in  Torino,  che  il  consulente  tecnico  d'ufficio  ha
 individuato siccome insistente in zona  interna  alla  perimetrazione
 del  centro edificato destinata dal piano regolatore generale ad aree
 per industrie innocue in zona mista a densita' di  330  abitanti  per
 ettaro,  corrispondente a 4 metri cubi per metro quadrato e ridotta a
 3 metri cubi per metro quadrato per  effetto  della  legge  6  agosto
 1967, n. 765, e' oggi influenzata dal disposto dell'art. 5- bis della
 legge  8  agosto  1992,  n. 359 che ha dettato i nuovi criteri per la
 determinazione dell'indennita' stessa e  che  trova  applicazione  al
 caso  vertendosi  in  un  rapporto  non  ancora definito con sentenza
 passata in giudicato: normativa che,  a  opinione  di  questa  Corte,
 impone  il  sorgere  di  questione di legittimita' costituzionale per
 contrasto con gli  artt.  24,  3  e  42,  terzo  comma,  della  Carte
 fondamentale.
    Invero  sotto  il primo profilo va rilevato come la norma ostacoli
 l'accertamento giudiziale dell'indennita' di esproprio, una volta che
 l'ultimo inciso del menzionato art. 5-bis,  primo  comma,  stabilisce
 che  l'importo  determinato  in  sede  contenziosa  e'  per cio' solo
 ridotto del quaranta per cento. Ove quindi il privato espropriato non
 intenda pervenire alla cessione volontaria del bene e  azioni  invece
 in  via  giudiziale il suo diritto alla liquidazione dell'indennita',
 vi e' una penalizzazione per legge  che  influisce,  automaticamente,
 sull'importo  che deve essere determinato e che viene dunque a essere
 decurtato di una aliquota percentuale addirittura vicino alla  meta'.
 Cosicche' scaturisce un preciso deterrente per il privato ad agire in
 giudizio  ai  fini della tutela di un proprio diritto soggettivo, con
 conseguente limitazione delle facolta'  in  proposito  e  sostanziale
 vanificazione di quanto riconosciuto dalla Costituzione.
    Sotto il secondo profilo concernente il contrasto con gli artt. 42
 e 3 della Costituzione, deve anzitutto osservarsi che nella specie il
 calcolo,  effettuato  alla  stregua  dei criteri fissati dalla citata
 legge n. 359/1992, porterebbe, con  la  riduzione  del  quaranta  per
 cento,  a una liquidazione dell'indennita' pari a circa il trenta per
 cento del valore venale del bene espropriato.
    Orbene,  secondo  l'indirizzo  piu'  volte  espresso  dalla  Corte
 costituzionale,  l'indennizzo  assicurato  all'espropriato  dal terzo
 comma dell'art. 42 della Costituzione  deve  rappresentare  un  serio
 ristoro per la perdita subita e non puo' essere fissato in una misura
 irrisoria o meramente simbolica.
    A questo proposito il valore del bene ablato deve essere correlato
 alle sue caratteristiche essenziali e alle legittime potenzialita' di
 utilizzazione  economica:  le aree edificabili, quindi, poste in zone
 gia' interessate allo sviluppo edilizio, devono essere  valutate  con
 riferimento  a  tale  qualita',  che  inerisce al bene e lo valorizza
 anche nel regime della legge 28 gennaio 1977,  n.  10,  cosicche'  le
 norme  di  legge  che  adottino,  anche per i terreni edificabili, il
 valore  agricolo  medio   come   criterio   per   la   determinazione
 dell'indennita'   contrastano   con   l'ora  menzionata  disposizione
 costituzionale, in quanto l'adozione di un criterio  presuntivo  con-
 duce  a  indennizzare  diversamente  terreni  di  eguale  valore  e a
 riconoscere la stessa indennita' a terreni di valore diverso.
    Il richiamo dunque alle pronunce della Corte costituzionale nn.  5
 del  30  gennaio  1980  e  223  del 19 luglio 1983 si pone in stretto
 raccordo con la  nuova  problematica  che  scaturisce  dalla  recente
 regolamentazione legislativa dell'agosto 1992.
    In   quest'ottica   la  giurisprudenza  costituzionale  ha  sempre
 sostenuto che, seppure la misura dell'indennizzo non sia ancorata  al
 criterio  dell'effettiva  corrispondenza  al  valore venale del bene,
 esso deve comunque consistere nel  massimo  del  contributo  e  della
 riparazione   che   la   pubblica   amministrazione   puo'  garantire
 all'interesse privato nell'ambito degli scopi di interesse  generale.
 Costante  e'  dunque l'affermazione che l'indennizzo non possa essere
 simbolico, irrisorio o apparente, con il  che  esso  dovrebbe  essere
 considerato  inesistente  e  quindi illegittimo, dovendo in ogni caso
 rappresentare un serio ristoro del pregiudizio  economico  risultante
 dall'espropriazione.
    L'abbattimento  dell'indennita'  ad appena un trenta per cento del
 valore venale del bene contrasta di conseguenza con  i  principi  ora
 ricordati,  finendo  con  il  ribaltare  l'entita'  dell'indennizzo e
 concedendo al privato proprio  quel  contributo  che  rappresenta  la
 decurtazione  del  di lui interesse al fine della partecipazione agli
 scopi generali.
    La  non  manifesta  infondatezza  della  questione  ne  impone  la
 rimessione all'esame della Corte costituzionale.
                               P. Q. M.
    Visti  gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, nn.
 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale e la sospensione del giudizio in corso;
    Ordina che, a cura della cancelleria, la  presente  ordinanza  sia
 notificata  alle  parti in causa, nonche' al Presidente del Consiglio
 dei Ministri,  e  comunicata  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
 Parlamento.
    Cosi'  deciso  in  Torino,  nella  camera di consiglio della prima
 sezione civile, il 2 ottobre 1992.
                        Il presidente: BRUNETTI

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