N. 45 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 29 dicembre 1992

                                 N. 45
 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 29
 dicembre 1992 (della regione Emilia-Romagna)
 Sanita' pubblica - Attuazione della sentenza della Corte
    costituzionale  n.  343/1992  relativa  all'indennita' per rischio
    radiologico, con la  quale  la  Corte  ha  interpretato  la  norma
    impugnata  nel  senso  che  i  benefici  nella misura piu' elevata
    spettano non solo al  personale  di  radiologia,  ma  a  tutto  il
    personale  che  si  trovi  "in  posizioni  lavorative  individuali
    pienamente assimilabili, in relazione  alla  loro  esposizione  al
    rischio  radiologico  in  misura  continua  e permanente, a quelle
    proprie dei medici e dei tecnici di radiologia" - Precisazione con
    la nota impugnata della necessita' di attendere il  consolidamento
    nella  giurisprudenza  amministrativa  della interpretazione della
    norma fornita  dalla  Corte  costituzionale  con  la  sentenza  n.
    343/1992  -  Elusione  del giudicato della Corte costituzionale ed
    invasione della sfera di  competenza  della  regione  in  sede  di
    controllo   e   gestione   della  spesa  sanitaria  -  Illegittima
    emanazione di  un  atto  d'indirizzo  alla  regione  da  parte  di
    autorita' non competente (nota del Capo di Gabinetto "d'ordine del
    Ministro").
 (Nota Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la
    funzione pubblica, del 9 ottobre 1992 (prot. n. 4179/92/6/2.31)).
 (Cost., artt. 118 e 119).
(GU n.2 del 13-1-1993 )
   Ricorso per conflitto di attribuzioni della regione Emilia-Romagna,
 in   persona  del  Presidente  della  giunta  regionale  pro-tempore,
 autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 6220, del  15
 dicembre  1992,  rappresentata  e  difesa, come da mandato a margine,
 dall'avv. Giandomenico Falcon di Padova, con domicilio eletto  presso
 l'avv. Luigi Manzi di Roma, via Confalonieri, 5, contro il Presidente
 del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione - che non spetta alla
 Presidenza  del Consiglio dei Ministri - dipartimento per la funzione
 pubblica, con riferimento alla nota del  9  ottobre  1992,  prot.  n.
 4179/92/6/2.31,  concernente  sentenza della Corte costituzionale del
 20 luglio 1992, avente per oggetto la legge n. 460/1988  sul  rischio
 radiologico - il potere di dettare disposizioni di indirizzo circa il
 comportamento  da tenere nell'esercizio della funzione amministrativa
 regionale a seguito delle sentenza della Corte costituzionale,  volte
 a  ritardarne  l'attuazione;  e per il conseguente annullamento della
 predetta nota, cosi' come trasmessa dal commissariato del governo con
 propria nota del 16 ottobre 1992, prot. n. 1441/4.14.09/amm (che  qui
 si  impugna anch'essa in quanto occorra) per violazione dell'art. 118
 della Costituzione,  e  dei  principi  costituzionali  sull'esercizio
 dell'autonomia     amministrativa     regionale,    secondo    quanto
 analiticamente di seguito svolto.
                            FATTO E DIRITTO
    1.  -  Alla  regione  Emilia-Romagna,  come  alle  altre  regioni,
 competono  le  funzioni  legislative  ed amministrative in materia di
 assistenza sanitaria, e spettano altresi' le  funzioni  di  controllo
 sulle unita' sanitarie locali.
    In questo quadro, compete in particolare alla regione di indicare,
 sia  in  sede  di  indirizzo  che  in  sede di controllo, alle unita'
 sanitarie i parametri di legittimita'  del  loro  comportamento,  con
 riferimento   alla  normativa  regionale  e  statale  vigente,  e  di
 finanziare le spese conseguenti.
    La nota impugnata riguarda le indennita' e i diritti spettanti  ad
 una  parte  del  personale sanitario, e precisamente l'indennita' e i
 diritti collegati al rischio radiologico "pieno" (cioe' non  precario
 e  occasionale),  in  relazione  alle  disposizioni  della  legge  n.
 460/1988.
    Conviene ricordare che, pacifica la spettanza di tali benefici  al
 personale   tecnico  e  medico  di  radiologia,  era  controversa  la
 potenziale  spettanza  al  rimanente  personale  che  di  fatto,   in
 relazione alle proprie mansioni, fosse esposto al rischio radiologico
 in  misura piena (e non semplicemente in modo discontinuo, temporaneo
 o a rotazione). Era tuttavia evidente che, nell'eguale situazione  di
 rischio,  la  discriminazione  tra  il  personale  di radiologia e il
 rimanente personale avrebbe generato una situazione di illegittimita'
 costituzionale.
    In questa situazione, su giudizio sollevato in via incidentale dal
 Tar per la Lombardia, codesta eccellentissima Corte costituzionale ha
 statuito, con sentenza n. 343/1992, che la denunciata disparita'  non
 sussiste,  in  quanto  l'art. 1 della legge n. 460/1990 va inteso nel
 senso che i benefici nella misura piu' elevata spettano non  solo  al
 personale  di  radiologia,  ma  a  tutto il personale che si trovi in
 "posizioni  lavorative  individuali   pienamente   assimilabili,   in
 relazione  alla  loro  esposizione  al  rischio radiologico in misura
 continua e permanente, a quelle proprie dei medici e dei  tecnici  di
 radiologia".  Detto  personale e' individuabile con le procedure gia'
 previste dal d.P.R. n.  270/1987,  ed  ora  previste  dal  d.P.R.  n.
 384/1990.
    A  seguito  di  tale sentenza, e' evidente che le unita' sanitarie
 locali, e in relazione alle loro competenze le  stesse  Regioni,  non
 solo  possono  ma  debbono  procedere  al  riconoscimento  di  quanto
 spettante al personale  interessato,  sia  per  la  salvaguardia  del
 diritto  alla  salute,  evidentemente  dovuta, sia nell'interesse del
 buon andamento del servizio, sia  nell'interesse  stesso  finanziario
 del  servizio sanitario nazionale e delle regioni, altrimenti esposte
 ad azioni di risarcimento  ed  al  pagamento  di  interessi  e  spese
 legali, a seguito delle azioni giudiziarie gia' intentate e di quelle
 che  ovviamente  seguirebbero  da  parte del personale che si volesse
 continuare ad eslcudere.
    Inopinatamente,  invece,  con  davvero  improvvida  iniziativa  il
 dipartimento   per   la   funzione  pubblica  ha  ritenuto  di  dover
 intervenire non gia' per consigliare il comportamento dovuto (il  che
 sarebbe  stato  del  tutto superfluo, ma almeno sul piano pratico non
 dannoso), ma, incredibilmente, per cercare di impedirlo.
    Infatti, secondo l'impugnata nota, anziche' dare pronta attuazione
 alla sentenza di codesta Corte costituzionale,  sarebbe  "allo  stato
 del contenzioso .. necessario attendere l'andamento giurisprudenziale
 successivo  alla  predetta  sentenza  per  verificare  in concreto il
 consolidarsi  presso  il  giudice  amministrativo  della   autorevole
 interpretazione data dalla Corte costituzionale". E' chiaro nel passo
 citato,  al  di  la' del formale rispetto per la giurisprudenza della
 Corte, l'intento di evitarne o almeno il  piu'  possibile  ritardarne
 l'applicazione.
    Va  sottolineato  che  tale  applicazione e' comunque inevitabile,
 dato che  la  sentenza  n.  343/1990  ha  chiaramente  affermato  che
 l'illegittimita'  costituzionale  delle  disposizioni  della legge n.
 460/1988  sussisterebbe,  se  dovesse  essere  interpretata  in  modo
 diverso da quello indicato dalla Corte stessa.
    Da  parte  dell'amministrazione  statale  la  scelta  di evitare o
 ritardare  l'attuazione  delle  sentenze  di  codesta  ecc.ma   Corte
 costituzionale sarebbe comunque una scelta illegittima ed arbitraria,
 in   violazione  del  generale  principio  di  legalita'  dell'azione
 amministrativa:  ma  tanto  piu'  e'  illegittimo  ed  arbitrario  il
 tentativo  di  imporre tale scelta alle Regioni, nell'esercizio delle
 proprie funzioni amministrative, in palese violazione  dell'autonomia
 amministrativa regionale.
    Che  il  senso  della nota sia di costringere o di condizionare le
 regioni -  a  prescindere  dalla  questione  della  sua  idoneita'  a
 raggiungere  lo  scopo  -  e'  reso  chiaro  dall'invito  rivolto  ai
 commissari del Governo a "portare quanto  sopra  a  conoscenza  delle
 regioni  interessate, al fine di evitare disomogenei comportamenti da
 parte delle  Unita'  sanitarie  locali  soprattutto  con  riferimento
 all'impegno  di  spesa".  Infatti,  non  esiste  alcun  altro modo di
 evitare di "disomogenei  comportamenti"  che  ritenere  il  contenuto
 della nota vincolante per tutte le regioni.
    Va  da se' invece che i disomogenei comportamenti andavano evitati
 - d'altronde senza bisogno di alcuna nota ministeriale  -  nel  senso
 opposto,  cioe'  nel  senso  di  dare  piena  attuazione alla vigente
 normativa,  secondo  l'interpretazione  fornitane  da  codesta  Corte
 costituzionale.
    D'altronde,  l'attuazione  puntuale  delle  leggi  costituisce per
 tutti gli amministratori pubblici un preciso dovere d'ufficio, e  non
 si spiega davvero l'invito a trasgredire tale dovere.
    In  questi  termini,  la  nota impugnata costituisce un arbitrario
 tentativo di imporre alle regioni di esercitare in  modo  illegittimo
 la  propria  funzione amministrativa, sia in sede di indirizzo che in
 sede di controllo che in sede di gestione della spesa sanitaria,  con
 evidente violazione dell'art. 118, nonche', per quest'ultimo profilo,
 dell'art. 119, primo comma, della Costituzione.
    Si  aggiunga,  ad  abundantiam,  che,  in  qualunque  modo  lo  si
 consideri, l'atto in questione e' totalmente privo di base normativa,
 ed inoltre modo proviene da una autorita' - che  non  e'  neppure  il
 Ministro  ma  "il capo di gabinetto d'ordine del Ministro" - inidonea
 ad emanare atti di indirizzo nei confronti delle regioni.
    Sotto  entrambi  i   profili,   la   giurisprudenza   di   codesta
 eccellentissima  Corte  costituzionale  e' ferma e consolidata. Ci si
 puo' percio' limitare qui a ricordare le ancora recenti  sentenze  n.
 517/1991 e nn. 422 e 453 del 1991.
    L'atto  impugnato,  in definitiva, risulta radicalmente arbitrario
 sia dal punto di vista del suo contenuto che dal punto di vista della
 sua forma e del suo fondamento.
    Tutto cio' premesso,  la  ricorrente  regione  Emilia-Romagna,  ut
 supra  rappresentata  e  difesa chiede voglia l'Eccellentissima Corte
 costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare  che
 non  spetta  alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dipartimento
 per la  funzione  pubblica  il  potere  di  dettare  disposizioni  di
 indirizzo  circa  il  comportamento  da  tenere  nell'esercizio della
 funzione amministrativa regionale  a  seguito  delle  sentenza  della
 Corte    costituzionale    volte   a   ritardarne   l'attuazione,   e
 conseguentemente annullare la nota  del  9  ottobre  1992,  prot.  n.
 4179/92/6/2.31,  concernente  Sentenza della Corte costituzionale del
 20 luglio 1992, avente per oggetto la legge n. 460/1988  sul  rischio
 radiologico,  per  violazione  dell'art. 118 della Costituzione e dei
 connessi  principi   sull'esercizio   dell'autonomia   amministrativa
 regionale,   nonche'   nel  senso  illustrato,  dell'art.  119  della
 Costituzione.
                    Avv. prof. Giandomenico FALCON
      Padova-Roma, addi' 18 dicembre 1992
 93C0001