N. 801 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 settembre 1992
N. 801 Ordinanza emessa il 30 settembre 1992 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto dal procuratore generale c/o la Corte di appello di Catania contro Romano Emanuele Reato in genere - Pena - Sanzioni sostitutive di pene detentive brevi - Ambito di applicazione - Ritenuta inapplicabilita' ai reati di competenza del tribunale - Irragionevolezza in considerazione della mutata competenza per materia del pretore oggi estesa a reati di particolare gravita', in precedenza ricompresi nella competenza del tribunale. (Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 54). (Cost., art. 3).(GU n.3 del 20-1-1993 )
LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente sentenza sul ricorso proposto dal procuratore generale presso la Corte d'appello di Catania contro Romano Emanuele, nato a Siracusa il 1½ giugno 1953, avverso la sentenza 22 giugno 1990, del tribunale di Siracusa; Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso; Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal consigliere Antonio Morgigni; Udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale Izzo che ha concluso per annullamento con rinvio per violazione di legge; O S S E R V A Il 22 giugno 1990 il tribunale di Siracusa, su richiesta delle parti, ha applicato la pena di mesi uno di reclusione e lire cinquantamila di multa e lire settecentocinquantamila di ammenda, sostituendo poi la pena detentiva con lire settecentocinquantamila di multa, a Romano Emanuele in riferimento ai seguenti reati: a) reato di cui all'art. 1, primo comma, della legge 7 agosto 1982, n. 516, per avere omesso, nella qualita' di amministratore unico della ditta Alfa immobiliare di presentare la dichiarazione dei redditi per gli anni 1984 e 1985; b) del reato di cui all'art. 1, ultimo comma, della legge 7 agosto 1982, n. 516, per avere omesso di tenere regolarmente nella sua qualita' di amministratore unico della ditta Alfa le scritture I.V.A.; c) del reato di cui all'art. 2, secondo comma, della legge n. 516/1982 per avere omesso nella sua qualita' di amministratore di versare all'erario le ritenute alla fonte, operate per l'anno 1984, ammontanti a L. 402.795. Ricorre il procuratore generale deducendo violazione dell'art. 54 della legge 24 novembre 1988 n. 689, essendo possibile la sostituzione solo per i reati di competenza del pretore. Reputa il collegio che sia rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, sollevata d'ufficio, del menzionato art. 54 in relazione all'art. 3 della Costituzione. Va innanzi tutto osservato che l'art. 444 del cod. proc. pen., nel disciplinare l'applicazione della pena su richiesta, non ha dettato una nuova regolamentazione delle sanzioni sostitutive. Ne deriva che si deve fare riferimento agli artt. 53 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689. L'art. 54 citato prevede che "la pena detentiva puo' essere sostituita con le pene indicate quando si tratti di reati di competenza del pretore, anche se giudicati, per effetto della connessione, da un giudice superiore ..". Sembra al collegio che la disposizione non sia piu' razionale ed adeguata allo sviluppo, che ha avuto la legislazione processuale nella vigenza ultradecennale della legge n. 689/1981, creando una situazione di contrasto con il principio di cui all'art. 3 della Costituzione. All'epoca, il pretore si occupava di reati che nel loro complesso potevano considerarsi minori. Attualmente invece la competenza pretorile e' stata notevolmente ampliata, portata in via generale ai reati per i quali e' prevista una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni. Sono stati inoltre attribuiti al pretore il furto aggravato, la truffa aggravata, l'omicidio colposo di cui all'art. 589 del cod. pen. Ritiene quindi il collegio che la scelta, a suo tempo coerentemente compiuta dal legislatore e come tale insindacabile, sia oggi priva di quella ragionevolezza, necessaria a mantenere ferma una diversita' di trattamento innanzi alle differenti magistrature di merito. Venuta meno la ratio della disciplina, e' rimasta tuttavia vigente la disposizione, divenuta "odiosa" e non piu' giustificata in un re- gime processuale radicalmente mutato: essa ingenera solo incomprensibile discriminazione. La necessita' di adire la Corte costituzionale deriva anche dal rilievo che la giurisprudenza di questa Corte - e cioe' il c. d. "diritto vivente" - e' costantemente orientata nel senso della vigenza della norma de qua e non della sua tacita abrogazione (per tutte Cass., sezione seconda, ud. 9 gennaio 1991, n. 29). Deve essere pertanto sollevata di ufficio, in quanto rilevante per la decisione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 54 legge 24 novembre 1981, n. 689, nella parte in cui limita l'applicabilita' delle pene sostitutive a quella detentiva solo ai reati di competenza del pretore, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione, sollevata di ufficio, di legittimita' costituzionale dell'art. 54 della legge 24 novembre 1981, n. 689, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione nella parte in cui limita la possibilita' di sostituire le pene indicate nell'art. 53 della stessa legge alla pena detentiva solo nei reati di competenza del pretore; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso; Ordina che la presente ordinanza sia notificata al Presidente de Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Roma il 30 settembre 1992. Il presidente: ACCINNI Il cancelliere: (firma illeggibile) 93C0009