N. 9 SENTENZA 12 - 19 gennaio 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Catasto  -  Estimi  -   Revisione   delle   tariffe   -   Trattamento
 ingiustificatamente  differenziato  tra  i proprietari degli immobili
 delle varie categorie con l'esclusione per alcuni della  possibilita'
 di  adire le commissioni tributarie avverso l'attribuzione diretta di
 rendita  -  Riferimento  alla  giurisprudenza  interpretativa   delle
 commissioni  tributarie  -  In  discussione non gia' l' an ma solo il
 quomodo dell'accesso alla tutela giurisdizionale - Non fondatezza.
 
 (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 1).
 
 (Cost., artt. 3 e 113).
(GU n.4 del 27-1-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
    SPAGNOLI,  prof.  Antonio  BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
    avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.
    Renato  GRANATA,  prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,
    prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1 del d.P.R. 26
 ottobre 1972, n. 636  (Revisione  della  disciplina  del  contenzioso
 tributario),  promosso  con  ordinanza  emessa il 16 marzo 1992 dalla
 Commissione  Tributaria  di  primo  grado  di  Piacenza  sul  ricorso
 proposto  da  Colla Carlo contro l'U.T.E. di Piacenza, iscritta al n.
 301 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visti l'atto di costituzione di Colla  Carlo,  nonche'  l'atto  di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  18  novembre  1992  il giudice
 relatore Renato Granata;
    Uditi l'avv. Corrado Sforza Fogliani per Colla Carlo e  l'Avvocato
 dello  Stato  Franco  Favara  per  il  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - In un giudizio promosso da un contribuente per contestare  la
 maggior  rendita  derivante,  ad  immobili  di  sua proprieta', dalla
 applicazione delle nuove tariffe  di  estimo  approvate  con  decreto
 ministeriale del 27 settembre 1991, l'adita Commissione tributaria di
 primo   grado   di   Piacenza,   pronunziando   sulla   eccezione  di
 inammissibilita' del ricorso formulata dal resistente, ha  sollevato,
 con   ordinanza   del   16   marzo  1992,  questione  incidentale  di
 legittimita' dell'art. 1 del d.P.R. 26  ottobre  1972  n.  636  nella
 parte  in cui non prevede che i possessori di immobili urbani possano
 ricorrere alle Commissioni tributarie  anche  in  caso  di  mutamento
 della rendita (di ogni singola unita') per effetto di revisione delle
 tariffe  di  estimo,  per  contrasto  con  gli  artt.  113  e 3 della
 Costituzione.
    Premesso, in via di  interpretazione  del  citato  art.  1  d.P.R.
 636/72,  che  questo,  nel  fissare  la  competenza delle Commissioni
 tributarie in materia di controversie catastali, fa riferimento,  con
 riguardo  agli immobili urbani a destinazione ordinaria (categ. A, B,
 C),  alle  sole  vertenze  concernenti   la   "consistenza"   ed   il
 "classamento"  e, per gli immobili a destinazione speciale (categ. D)
 o particolare  (categ.  E),  alle  vertenze  sulla  "attribuzione  di
 rendita"  (quale  per  essi prevista mediante stima diretta) - con la
 conseguenza, in punto di rilevanza, che esulerebbero dalla cognizione
 delle predette Commissioni le controversie (come  quella  di  specie)
 riguardanti viceversa la revisione delle tariffe (non riconducibile a
 nessuna  delle  tre descritte operazioni) - ne ha inferito appunto il
 giudice remittente la duplice ipotesi  di  contrasto  del  denunciato
 contesto normativo con gli artt. 113 e 3 della Costituzione.
    Sotto  il  primo profilo, si evidenzierebbe infatti una violazione
 del diritto alla difesa  in  danno  dei  possessori  di  immobili  di
 categorie   A,   B,   C,   i   quali  "non  avrebbero  alcuna  tutela
 giurisdizionale  di  merito  contro  un  provvedimento  che  modifica
 indirettamente  il  classamento,  mediante  revisione  di  una  delle
 operazioni previste dalle norme catastali, ma contro cui non e'  dato
 ricorrere  alle Commissioni Tributarie, pur costituendo esso di fatto
 una attribuzione di rendita".
    E, sotto  il  secondo  profilo,  si  prospetterebbe  inoltre  "una
 discriminazione  tra  i proprietari degli immobili censiti nei gruppi
 A, B, C, e quelli degli immobili censiti nei gruppi  D,  E,  i  quali
 possono  invece  adire le Commissioni, in quanto l'attribuzione della
 rendita, effettuata dagli U.T.E., e' sicuramente  impugnabile  avanti
 alle Commissioni Tributarie".
   2.   -  Nel  giudizio  innanzi  alla  Corte  si  e'  costituito  il
 contribuente aderendo solo in linea subordinata alle conclusioni  del
 giudice a quo e prospettando, in via principale, l'infondatezza della
 questione per essere in realta' le Commissioni tributarie, gia' sulla
 base  della  normativa  vigente,  competenti  (anche)  in ordine alle
 controversie in materia di revisione della tariffa d'estimo.
    E cio'  per  l'assorbente  considerazione  che  la  previsione  di
 competenza,  ex  art.  1 d.P.R. 634 cit., in ordine alle controversie
 relative al classamento comprende ex se la possibilita' di "impugnare
 anche le variazioni dei metodi  inerenti  una  delle  tre  operazioni
 (qualificazione,  classificazione  e  determinazione  della  tariffa,
 appunto) sulla base delle quali si determina  poi  in  concreto  ogni
 singolo classamento".
    3.  -  L'Avvocatura  dello Stato, per l'intervenuto Presidente del
 Consiglio dei ministri, ha a sua volta direttamente concluso per  una
 decisione   di  infondatezza  basata  sul  presupposto  esegetico  di
 inclusione della controversia in esame nell'area di cognizione  delle
 Commissioni tributarie.
    4.  -  Entrambe  le  parti  hanno  anche  depositato  memoria  per
 illustrare i rispettivi assunti.
                        Considerato in diritto
    1. - A seguito della revisione delle tariffe d'estimo delle unita'
 immobiliari urbane, disposta con D.M. 20 gennaio 1990 ed attuata  con
 successivo  decreto del 27 settembre 1991, in un giudizio promosso da
 un  contribuente  per  far  dichiarare,  previa  disapplicazione  dei
 riferiti  atti  generali,  nulla  o  comunque  inefficace  la maggior
 rendita per l'effetto cosi' attribuita ad immobili di sua proprieta',
 la Commissione tributaria  di  Piacenza  adita  ha  negato  di  avere
 potesta' decisoria in materia.
    E  cio'  -  come in narrativa detto - con riguardo al quadro delle
 competenze del giudice tributario in tema di controversie  catastali,
 come definito nell'ultimo comma dell'art. 1 d.P.R. 26 ottobre 1972 n.
 636  (sulla  revisione  del  contenzioso  tributario),  con  limitato
 riferimento, secondo la lettura del giudice a quo, per  gli  immobili
 urbani a destinazione (abitativa-commerciale) ordinaria (categ. A, B,
 C)   alle   sole   vertenze   concernenti   la  "consistenza"  ed  il
 "classamento" (l'attribuzione, cioe', ad ogni unita',  accertata  nel
 suo  possessore e nella sua consistenza, della rispettiva categoria e
 classe) e, per gli immobili a  destinazione  speciale  (categ.  D)  o
 particolare (categ. E), alle vertenze sulla "attribuzione di rendita"
 (quale per essi prevista mediante stima diretta).
    In  tale prospettiva pero' - sempre secondo l'autorita' rimettente
 - ne deriverebbe, nei confronti dei proprietari di immobili del primo
 tipo, un vuoto di tutela avverso i provvedimenti di  revisione  delle
 tariffe  di  estimo,  non rientranti nel novero di quelli impugnabili
 ancorche' "di fatto indirettamente modificativi del classamento".
    Da cio' appunto la sollevata questione  di  costituzionalita'  del
 citato art. 1 d.P.R. 636/1972, in parte qua, in riferimento oltreche'
 all'art.  113  anche  all'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo
 del trattamento ingiustificatamente deteriore che si assume riservato
 ai titolari degli immobili in questione rispetto ai proprietari degli
 immobili di categ. D, E che possono viceversa  adire  le  Commissioni
 tributarie  avverso  l'attribuzione diretta di rendita, come per essi
 prevista.
    2.  -  Osserva  la Corte che la premessa esegetica da cui muove il
 giudice a quo - e che sia l'Avvocatura  dello  Stato  sia  la  difesa
 della  parte  costituita  viceversa  contestano (eccependo sotto tale
 profilo  l'infondatezza  della  impugnativa)  -   e'   effettivamente
 controversa  in dottrina e nella giurisprudenza fino ad oggi nota del
 giudice tributario.
    Cio' perche' - mentre, nella sequenza ordinaria  della  operazione
 di  formazione  del catasto urbano, la "determinazione della tariffa"
 (per le "categorie" e "classi" di  immobili  previamente  individuate
 attraverso  la  "qualificazione"  e la "classificazione" delle unita'
 tipo per ogni zona  censuaria)  conclude  la  fase  delle  operazioni
 generali, destinate ad avere una ricaduta sulla posizione dei singoli
 proprietari  in  esito  alle susseguenti operazioni individuali ed ai
 connessi provvedimenti di "consistenza" e  "classamento",  dichiarati
 espressamente   impugnabili   dal  citato  art.  1  d.P.R.  636/72  -
 nell'ipotesi invece di revisione degli estimi,  in  mancanza  di  una
 esplicita indicazione normativa al riguardo, si e' posto il dubbio se
 i  correlativi  atti  generali,  contenenti  i  prospetti delle nuove
 tariffe, siano o non censurabili innanzi al giudice tributario.
    Per la soluzione affermativa si e' pronunziata  gran  parte  della
 giurisprudenza delle Commissioni in considerazione della attribuzione
 di  rendita in concreto derivante dalla adozione delle nuove tariffe,
 sia  pur  con  diverse  motivazioni.   Talune   decisioni,   infatti,
 argomentano dalla locuzione normativa "attribuzione della rendita" di
 cui  all'ultima  parte  dell'art. 2 comma 1› dello stesso d.P.R. 636,
 (peraltro concernente, secondo una  opinione  recepita  dallo  stesso
 giudice  a  quo,  la  diversa ipotesi della stima diretta e singolare
 prevista per gli immobili D ed E); talaltre, invece, si basano  sulla
 considerazione  che  l'emanazione  delle nuove tariffe si risolve "di
 fatto"  in  una  modifica  del  "classamento"  (donde,  appunto,   la
 impugnabilita' davanti alla Commissione tributaria): tutte, comunque,
 pervenendo  -  per  l'una  o  per  l'altra  ragione - ad affermare la
 sindacabilita' incidenter tantum dei decreti ministeriali davanti  al
 giudice  tributario  ai  sensi dell'art. 16, comma quarto, del d.P.R.
 636/72 (nel testo sostituito dall'art. 7 d.P.R. 739/1981).
    Peraltro, anche le decisioni giurisprudenziali che,  discostandosi
 dal  ricordato  indirizzo,  concludono  per  la  inammissibilita' dei
 ricorsi  del   contribuente,   a   tale   soluzione   pervengono   in
 considerazione   della   non   ravvisabilita'   allo   stato   di  un
 provvedimento riconducibile ad uno di  quelli  tipicamente  richiesti
 dalla  legge  come "veicolo di accesso" al giudizio tributario, oltre
 che  per  carenza  attuale  dell'interesse  a  ricorrere,  con   cio'
 evidentemente  non  escludendo, ma anzi implicitamente ammettendo, la
 possibilita'   della   tutela   nel    momento    della    successiva
 concretizzazione   del  rapporto  tributario  ancorato  alla  rendita
 catastale derivante dalla applicazione dei nuovi estimi.
    Ma   tali   essendo   sul   punto   le   opzioni    interpretative
 alternativamente  formulate,  e'  chiaro  allora  che  cio'  che, con
 riguardo  ai  provvedimenti  di  revisione  degli  estimi,  viene  in
 discussione  e'  non  gia' l' an ma solo il quomodo dell'accesso alla
 tutela giurisdizionale avanti le Commissioni tributarie.
    E  tanto  basta  per  escludere  la   violazione   dei   parametri
 costituzionali  invocati dalla Commissione di Piacenza; non dovendosi
 sciogliere anticipatamente in questa sede un nodo interpretativo  che
 non    e'    funzionale    alla    decisione   della   questione   di
 costituzionalita'.
    3. - Per di piu' la stessa Commissione rimettente sembra non avere
 considerato    che    secondo   pressocche'   pacifica   dottrina   e
 giurisprudenza il proprietario degli immobili di categoria A, B, C e'
 legittimato ad impugnare i provvedimenti generali di revisione  degli
 estimi per vizi di legittimita', davanti al giudice amministrativo.
    Il che da' ulteriore conferma della infondatezza della questione.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 1 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, sollevata, in  riferimento
 agli  artt.  113 e 3 della Costituzione, dalla Commissione tributaria
 di primo grado di Piacenza con ordinanza emessa il 16 marzo 1992.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 1993.
                        Il presidente: CASAVOLA
                         Il redattore: GRANATA
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 19 gennaio 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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